PEZETERI

Enciclopedia Italiana (1935)

PEZETERI (Πεζεταῖροι)

Gustavo Giovannoni

Nome col quale si designavano i soldati della fanteria pesante dell'esercito macedone. Secondo una notizia dello storico Anassimene (fr. 4 Jacoby), furono chiamati con questo loro nome da un re Alessandro di discussa identificazione; certo la denominazione aveva lo scopo d'equipararli in qualche misura agli eteri, cioè ai cavalieri. Formavano, nell'esercito, diversi corpi di fanteria, corrispondentemente alle diverse regioni di reclutamento del regno. Forse nel riordinamento militare di Filippo, pur conservando l'antica suddivisione a base regionale, andarono tutti insieme a formare la ben nota unità tattica, chiamata falange (ϕάλαγξ). I pezeteri, o falangiti, rappresentavano dunque, nell'esercito macedone, la fanteria di linea: si reclutavano fra gli uomini più alti e robusti; erano coperti di un'efficace armatura difensiva - elmo, gambali, piccolo scudo, probabilmente anche una corazza di cuoio e metallo - e armati della spada e della caratteristica sarissa, la lunga lancia che s'impugnava a due mani.

All'inizio della spedizione in Asia di Alessandro Magno, si può calcolare che la fanteria pesante macedone noverasse una forza di 18 o 20 mila uomini; di essi, una metà rimase in Macedonia, gli altri partirono con Alessandro insieme con 3 mila ipaspisti (armati alla leggiera). I pezeteri della falange di Alessandro erano suddivisi in 6 battaglioni (τάξεις), la cui forza media era, alla partenza, di circa 1500 uomini e variò più volte durante la spedizione.

Nei primi anni di guerra, ogni τάξις era comandata da un alto ufficiale della nobiltà macedone, detto stratego o tassiarco: i sei tassiarchi dipendevano direttamente dal re e stavano coi loro pezeteri in rapporti di salda ma patriarcale disciplina. Le τάξεις erano suddivise in λόχοι (o compagnie). L'ordinamento dei pezeteri subì naturalmente una profonda trasformazione, in seguito alle radicali innovazioni che Alessandro portò alla costituzione e al reclutamento dell'esercito, dopo il suo ritorno a Susa, nel 324 a. C.

Bibl.: H. Droysen, Untersuchungen zum Heerwesen Alex. d. Grossen, Friburgo 1885; H. Delbrück, Geschichte der Kriegskunst, 3ª ed., Berlino 1920; K. J. Beloch, Griech. Geschichte, III, ii, 2ª ed., Berlino e Lipsia 1923, p. 322 segg.; H. Berve, Das Alexanderreich auf prosopographischer Grundlage, Monaco 1926, I, p. 112 segg.; F. Geyer, Makedonien bis zur Thronbesteigung Philipps II., Monaco 1930, p. 89 segg.; F. Hampl, Der König der Makedonen, diss., Lipsia 1934; A. Momigliano, Filippo il Macedone, Firenze 1934, p. 4 segg.

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