CARENA, Pia

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 20 (1977)

CARENA, Pia

Massimo Ilardi

Nacque a Torino il 14 sett. 1893 da Ottavio e da Rosina Dodero.

Di carattere intrepido e vivace seppure minuta, delicata, sensibile, era portata per inclinazione agli studi classici, ma fu costretta dai genitori a frequentare una scuola femminile di commercio, dove conseguì il titolo di computista commerciale nel 1910. Nello stesso anno il padre contrasse, per colpa di un amico, forti debiti, per cui la situazione economica della famiglia divenne precaria. La C. fu costretta a cercarsi un lavoro e a studiare ad un tempo, ma non riuscì a superare l'esame di perito commerciale a causa di un primo attacco di cuore, avvisaglia di un disturbo che l'avrebbe accompagnata sino alla fine della vita. Sfumata così la possibilità di iscriversi alla facoltà di scienze economiche della Bocconi di Milano, frequentò i corsi di storia dell'arte ed egittologia dell'università di Torino. Contemporaneamente si impiegò alla società "Davit", avendo il compito di curare la corrispondenza in italiano, tedesco e francese. Un anno dopo (1913) i suoi genitori si divisero: la C. rimase con la madre e con il fratello più piccolo Attilio, mentre l'altro fratello Zaverio (18 anni) andò a vivere per conto suo, e il padre si trasferì ad Alessandria.

Sono questi anni di intense letture, specie letterarie, e di attenzione per i fenomeni di avanguardia artistica. Agli inizi dell'anno 1916 il fratello Attilio le faceva conoscere A. Gramsci, il quale prese a frequentare spessissimo la famiglia Carena, che lo aiutò a superare due anni di pesante isolamento umano. Nasceva così un profondo legame sentimentale tra Gramsci e la C., reso più saldo da un proficuo incontro sul piano intellettuale, in cui questa avrà un ruolo quasi sempre anonimo e oscuro (per il suo carattere schivo e modesto) ma nondimeno fondamentale in quegli anni di formazione del movimento operaio comunista. Nell'ag. 1917 la C. curava la diffusione dell'appello conclusivo della sommossa degli operai torinesi, e poco dopo organizzava con Gramsci e il fratello Attilio il "Club di vita morale", centro di discussione giovanile. Nel dicembre diventava redattrice dell'Avanti! (ediz. torinese).

Il 1º maggio del 1919 uscì L'Ordine nuovo settimanale: la C. ne verbalizzava le riunioni redazionali, batteva le note, lavorava nell'amministrazione, nella contabilità, alla corrispondenza; traduceva anche, con precisione e sensibilità, gli autori francesi M. Martinet, R. Rolland, H. Barbusse, A. France. Ormai era diventata la segretaria dell'occupatissimo Gramsci, di cui programmava gli impegni, al suo fianco nell'attività politica centrata in quel periodo sul movimento, dei consigli di fabbrica. Nel 1921, dopo la scissione del Partito socialista italiano, al congresso di Livorno, la C. dissentì dai suoi compagni "separatisti" per la loro violenza nella polemica con G. M. Serrati. Nel maggio 1922 iniziò per lei un lungo periodo di lontananza da Gramsci partito per Mosca, a rappresentare il P. C. d'I. al IV congresso della III Internazionale.

Era il tempo della violenza fascista e poliziesca, che nell'ottobre del 1922 costrinse i redattori dell'Ordinenuovo, quotidiano dal '21, a lavorare nella clandestinità, finché, a dicembre, la redazione cessò definitivamente: 14 morti, 26 feriti e 60 incendi sono il bilancio delle azioni squadristiche del 18-20 dicembre a Torino. La C. si prodigò nel prestare assistenza ai compagni feriti, il più grave dei quali era Gennaro Gramsci, fratello di Antonio, e nell'organizzare la fuga dei ricercati. All'inizio del 1923 era a Trieste, nella sede de IlLavoratore, doveoccupò il posto vacante di A. Leonetti, arrestato e trasferito a Torino due mesi prima: ma anche il quotidiano triestino, dopo ripetute incursioni fasciste, venne soppresso in agosto dalla polizia. Intanto da Gramsci, a Vienna in quel periodo, venivano le indicazioni per un nuovo giornale, L'Unità, che si stamperà dal febbraio 1924 a Milano, dove anche la C. si trasferirà per lavorare alla sua redazione.

Ogni illusione d'un legame sentimentale con Gramsci cessò per la C. nel giugno 1924 dopo un colloquio avuto con lui, assente ormai da due anni dall'Italia e sposatosi all'estero.

La C. tornò a Milano, dove aiutò G. M. Serrati a scrivere le sue memorie, lavorando contemporaneamente al giornale e lottando coraggiosamente con i suoi compagni, oggetto in quel periodo di una continua violenza da parte dei fascisti. Nel 1926, anno della soppressione de L'Unità e l'arresto di tutti i dirigenti del Partito comunista d'Italia, la C. s'iscrisse per la prima volta al partito comunista, entrò nel cosiddetto "centro interno" clandestino del partito ormai fuorilegge, lavorando in Liguria all'Agitprop insieme con Leonetti, cui si legò sentimentalmente per la vita. Nel luglio 1927 il "centro interno" fu scoperto dalla polizia: la C. fu tra gli ultimi a lasciare Genova per la Svizzera, dove rimase qualche mese, trasferendosi quindi a Parigi.

Qui, oltre all'attività sindacale e di propaganda del partito comunista, svolse un lavoro di intensa collaborazione coll'agenzia antifascista "Paris-Rome" e con il comitato "H. Barbusse" per la difesa delle vittime politiche del fascismo. Difatti a febbraio del 1928 si occupò della mobilitazione intorno alla morte di G. Sozzi, "suicidato" in carcere dai fascisti, e, nell'estate, della campagna di stampa in favore di U. Terracini, ammalatosi gravemente nel penitenziario di Porto Santo Stefano. Nel giugno 1930, dopo i noti contrasti all'interno del partito comunista, venne espulsa dal partito insieme con Leonetti, Tresso e Ravazzoli). Collaborò a vari giornali oppositori (La Verité e Lutte des classes, soprattutto).

Negli anni dal 1931 al 1933 la C. partecipò con il gruppo trotzkista al Bollettino italiano dell'opposizione, iniziando nel frattempo un lavoro che le permise di sanare la precaria situazione economica: si impiegò alle Halles centrali, presso una ditta svizzera di frutta e verdura, dove lavorò duramente fino al 1942. Leonetti condivideva le sue stesse difficoltà, e insegnava in un istituto privato. A parte un breve periodo di assenza, i due restarono a Parigi fino al 1942, quando la repressione nazista li costrinse a riparare a Le Puy, nella Francia non occupata. Leonetti insegnava in un paio di collegi, mentre la C. lavorava in una azienda forestale di più di cento operai (in gran parte profughi spagnoli, ebrei, ecc.), dove rendeva servigi preziosi a tutti, occupandosi di assicurare il vettovagliamento e collegamenti con le formazioni partigiane. Dal novembre '42 aiutava i partigiani tra l'altro truccando la contabilità e i registri dell'azienda in cui lavorava, per proteggere i giovani dalla deportazione in Germania. Dall'aprile 1945 è a Parigi, dove iniziava a lavorare all'ufficio emigrazione dell'ambasciata italiana; vi resterà quindici anni fin quando lascerà la Francia. In questo arco di tempo collaborò alla attività della sezione francese dell'Unione donne italiane, diresse Noidonne (redaz. parigina), curando in particolare l'assistenza agli orfani di guerra e del fascismo.

Era in Italia nel settembre '45 quando morì il fratello Attilio, e nel gennaio '48 quando perse la madre. Il 1º apr. 1960 lasciò il servizio all'ambasciata, interrompendo gli studi sulla storia dell'emigrazione italiana, per cui aveva già accumulato vasti materiali e i dossiers sugli accordi italo-francesi. A novembre era finalmente in Italia, a Roma, dove il 3 febbr. 1961 il presidente della Repubblica le conferì la Stella della solidarietà italiana per l'opera svolta a Parigi.

Anche a Roma la C., nonostante l'età e la salute non buona a causa della mole enorme di lavoro svolto in Francia, continuò la sua attività collaborando - mantenendo l'anonimato - con Leonetti (che nel frattempo aveva sposato) e altri a varie pubblicazioni quali Aula IV. Tutti i processi del tribunale speciale fascista (Roma 1961); per il centenario dell'Italia Chiesa e Risorgimento (Milano 1963) e poi Giornali fuori legge e la stampa clandestina antifascista dal 1922 al 1943 (Roma 1964). Il2 dicembre del 1962, dopo trent'anni di "scomunica", la C. e Leonetti vennero invitati al X congresso del Partito comunista italiano. La notte stessa ella ebbe il primo attacco di edema polmonare che la renderà una malata bisognosa di cure. Ciononostante nel novembre 1966 uscì a Milano il suo libro Gli italiani del Maquis, contributo alla storia degli emigrati della Resistenza, dei caduti in combattimento, dei deportati in Germania, delle donne "maquisard", di tutti i numerosissimi combattenti italiani in Francia. Nell'aprile 1967 andò a Torino a tenere una relazione per il trentesimo anniversario della morte di Gramsci, ma a novembre entrò in clinica per quattro mesi. Tornò a casa nella primavera 1968; nell'estate scrisse la parte in francese dei Racconti che dovevano essere pubblicati postumi (Roma 1971), bozzetti in cui, in mezzo agli orrori della guerra, emergono le figure dei militanti politici conosciuti durante la lotta antifascista.

Dopo una ricaduta del suo male, in settembre, la C. moriva a Roma il 9 ott. 1968.

Fonti e Bibl.: P. C. Leonetti. Una donna del nostro tempo, a cura di C. Pillon, Firenze 1969; P. Spriano, Storia del Partito comunista ital., I, Torino 1967, ad Indicem;A. Leonetti, Da Andria contadina a Torino operaia, Urbino1974, ad Ind.; Enc. dell'antifascismo e della Resistenza, I, ad vocem.

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