PIANETA

Enciclopedia Italiana (1935)

PIANETA (dal gr. πλανήτης "errabondo")

Francesco PORRO de SOMENZI
Ornella TOMASSONI

Questo nome si attribuiva dagli antichi a tutti i corpi celesti che si spostano sul fondo immutabile delle stelle fisse. Il moto relativo alle stelle era dunque l'unico criterio per distinguere quelli da queste; e solo con l'attento studio continuato per secoli e secoli si è venuti a riconoscere altri caratteri che differenziano gli astri mobili dai fissi (come il variabile splendore, la luce meno scintillante, la dipendenza delle loro posizioni sul cielo dal movimento annuo del Sole), finché l'applicazione del telescopio non è riuscita a confermare, con l'aspetto fisico dei dischi planetarî, ben diversi dalle immagini puntiformi delle stelle, ciò che già si era intuito e sino a un certo punto accettato dagli astronomi circa la maggiore vicinanza a noi dei pianeti rispetto alle stelle. Mentre infatti dei primi si andarono misurando con sempre maggiore esattezza le distanze da noi, delle stelle non si incominciarono a conoscere le enormi lontananze dal nostro sistema prima della fine del sec. XVIII, quando i primi tentativi del Herschel, seguiti dalle più accurate misure di Bessel e di Struve, non ebbero rivelato una legge che nell'estremamente grande governa la materia con singolare rassomiglianza, per non dire identità, alla legge stabilita dai fisici moderni per le suddivisioni minime della materia. Così negli spazî sterminati che separano sistema da sistema nell'universo stellato, come negli intervalli minutissimi tra molecola e molecola, tra atomo e atomo, nell'interno stesso dell'atomo fra le unità impercettibili che lo compongono; il rapporto tra le dimensioni dei singoli elementi e le distanze mutue degli aggruppamenti d'ordine superiore è sempre estremamente piccolo. Limitandoci al rapporto tra le dimensioni del pianeta e le distanze rispettive, abbiamo, ad esempio, che la distanza media della Terra dal Sole è ventiquattromila volte maggiore del raggio terrestre. Prendendo poi un valore di quaranta volte la distanza fra la Terra e il Sole (press'a poco la distanza di Plutone dal centro del sistema) come misura delle dimensioni di questo, troviamo che la stella più vicina (α del Centauro) non è a distanza minore di seimilanovecento volte la distanza di Plutone dal Sole.

Gli antichi fissavano a sette il numero dei pianeti, comprendendo in tale classe di corpi anche il Sole e la Luna, insieme con i cinque visibili, Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno. A siffatto numero, cui attribuivano speciale significazione in relazione alle interpretazioni astrologiche, erano arrivati per gradi, man mano che l'identità di Venere (più tardi di Mercurio) nei due aspetti di astro vespertino e mattutino veniva accertata. Le scoperte di Urano (W. Herschel, 1781), di Nettuno (J. C. Adams, U.-J.-J. Leverrier, J. G. Galle, 1846) e la recente di Plutone (astronomi-dell'osservatorio di Flagstaff, 1930), hanno portato a nove il numero dei maggiori pianeti conosciuti, cui si debbono aggiungere i numerosi corpuscoli noti sotto il nome di piccoli pianeti o pianetini (v.), sino ad oggi 1500 circa, incominciando da Cerere (G. Piazzi, 1801). Il nome di "asteroidi", dato dal Herschel, e adottato da taluni, anche in Italia, non si addice a simili corpi, per le ragioni chiaramente esposte dal Piazzi.

Posta uguale a uno la distanza della Terra dal Sole (149 milioni e mezzo di chilometri), gli altri pianeti si trovano alle distanze seguenti: Mercurio 0,387, Venere 0,723, Marte 1,52, Giove 5,20, Saturno 9,55, Urano 19,21, Nettuno 30,11, Plutone 39,6. In realtà la distanza di ciascun pianeta dal Sole oscilla tra un massimo e un minimo abbastanza vicini tra loro, per effetto dell'eccentricità delle orbite rispettive; la massima eccentricità è quella di Plutone, che arriva a ¼; per conseguenza a ogni rivoluzione la distanza di Plutone dal Sole è inferiore alla distanza media di ¼ di essa nel punto dell'orbita più vicino (perielio), la supera di altrettanto nel punto più lontano (afelio). Nessuno degli altri pianeti arriva all'eccentricità di un decimo, tranne Mercurio, che ha l'eccentricità di 1/5. Tutti i pianeti indicati descrivono orbite piane poco inclinate sul piano dell'orbita terrestre (eclittica): la più inclinata arriva appena a 17° (Plutone); seguono le altre con valori inferiori alla metà di questo.

I pianeti si distinguono in interni o inferiori, ed esterni o superiori, secondo che le loro distanze dal Sole sono maggiori o minori di quella della Terra. I due pianeti interni non si allontanano mai troppo nel cielo dalla posizione del Sole, e sono quindi visibili soltanto nelle ore che seguono il tramonto o che precedono il sorgere dell'astro maggiore.

Rispetto alla loro densità, i pianeti si dividono nettamente in due gruppi. I più vicini al Sole (da Mercurio a Marte) hanno densità maggiori di quella dell'astro centrale (Sole 0,256, Mercurio 1,1, Venere 0,91, Marte 0,69, posta uguale all'unità la densità terrestre, che, come sappiamo, è cinque volte e mezzo quella dell'acqua). Le densità dei pianeti esterni sono assai minori, e si avvicinano a quella del Sole (Giove 0,25, Saturno 0,13, Urano 0,23, Nettuno, 0,22). Di Plutone non si è ancora avuto il tempo di determinare questo importante elemento.

Sotto l'aspetto cosmologico, i due gruppi di densità lasciano sospettare una notevole analogia di condizioni fisiche tra le superficie visibili dei pianeti esteriori e quella del Sole, ciò che forse accenna a uno stadio di evoluzione poco diverso. I pianeti interni si staccano dal Sole e dagli esterni, per trovarsi presumibilmente in uno stadio più avanzato, cosa che per la Terra, per la Luna e per Marte è confermata dalle osservazioni fisiche dirette sulla loro superficie. La stabilità delle delineazioni permanenti, che sul nostro satellite e su Marte ci permette di tracciare gli elementi essenziali della topografia con notevole sicurezza, è indizio sicuro di un assestamento della crosta solida esterna, del quale i maggiori pianeti, come Giove e Saturno, non presentano traccia. È anzi presumibile che sui due più grandi pianeti la superficie non si sia ancora depositata in assise solide come quelle che osserviamo sulla Terra e sulla Luna. Ma la soluzione dei problemi fisici inerenti alla struttura dei singoli pianeti, alla visibilità di una superficie solida, all'esistenza di atmosfere più o meno trasparenti, alla loro temperatura, è subordinata alle sempre meno incerte determinazioni fornite dall'uso degli strumenti e dei metodi moderni. La stessa rotazione dei pianeti interni non ha ancora potuto fissarsi in maniera ineccepibile con i metodi astrofisici, benché le applicazioni di questi sino a oggi tentate sembrino ai moderni osservatori abbastanza probanti per escludere che la rotazione si compia con periodo uguale alla rivoluzione attorno al Sole, come lo Schiaparelli aveva dedotto dalle osservazioni dirette dei predecessori e sue. Osserviamo ad ogni modo che delle acute indagini storiche ed astronomiche dell'astronomo di Brera intorno alla rotazione di Mercurio e di Venere nessuno degli oppositori dei risultati da lui raggiunti ha cercato fare una discussione critica imparziale e serena; molto meno si è messo in raffronto il grado di attendibilità dei diversi metodi applicati per verificare l'asserzione dello Schiaparelli che i due astri si comportino, quanto alla rotazione, nello stesso modo che la Luna rispetto alla Terra.

Anche i volumi dei pianeti, preso uguale a uno quello della Terra, sono divisi in due gruppi: i quattro più vicini al Sole uguali rispettivamente a 0,050 (Mercurio), 0,90 (Venere), 1 (Terra), 0,157 (Marte); gli altri notevolmente superiori: Giove 1295, Saturno 745, Urano 63, Nettuno 78. Mancano sino ad oggi dati sicuri per Plutone.

Si conoscono 27 satelliti ai principali pianeti, e cioè: 1 alla Terra, 2 a Marte, 9 a Giove, 10 a Saturno, 4 ad Urano, 1 a Nettuno.

Mentre la scoperta di Plutone ha dimostrato che Nettuno non era il più lontano dal centro del sistema, le ricerche tra Mercurio e il Sole sono rimaste sinora infruttuose.

Iconografia dei pianeti. - Le rappresentazioni dei pianeti sono frequenti nell'antichità orientale, soprattutto presso Babilonesi e Assiri, data l'importanza che l'astronomia e l'astrologia ebbero presso questi popoli; e così anche nel mondo greco, specie ellenistico, nell'arte etrusca e in quella romana, a partire dall'età imperiale (affresco di Pompei, calamaio bronzeo del museo di Napoli, pasta verde nel museo di Berlino; e cfr. inoltre, per tutto l'evo antico, alcune delle illustrazioni alle voci astrologia; astronomia); rare sono invece nella primitiva arte cristiana, la quale fra esse raffigurò a preferenza il Sole e la Luna. I due astri si trovano per lo più nei rilievi di sarcofagi a significare il dileguarsi rapido della vita umana; in modi ancora vivamente classicheggianti sono rappresentati insieme con Saturno, Marte e Mercurio nel cosiddetto Calendario dei figli di Costantino dell'anno 354. La raffigurazione diviene assai comune nel Medioevo, favorita dall'importanza assunta dalle dottrine astrologiche, che alcuni padri della Chiesa, e poi S. Tommaso, cercarono di conciliare con le credenze religiose. Secondo la concezione di questo, seguito da Dante, il moto si propagava dall'Empireo e, scendendo attraverso le sfere celesti, rette da "substantiae spirituales", imprimeva poi nelle anime le varie nature dei pianeti.

Agl'influssi dei pianeti sugli uomini vogliono per certo alludere gli affreschi della Rocca di Angera, ove le imprese dell'arcivescovo Ottone Visconti sono ritratte inferiormente ai pianeti nei loro "domicilî" (cioè nei segni zodiacali), nei quali, secondo l'opinione degli astrologi, più vivo era l'influsso da essi esercitato. Ancora più complesso è il ciclo eseguito dal Guariento agli Eremitani di Padova, nel quale i pianeti appaiono in stretto rapporto con i varî stadî della vita umana. Nel campanile di Santa Maria del Fiore a Firenze le personificazioni degli astri si accompagnano alle Arti liberali, alle Virtù e ai Sacramenti; concetto non dissimile da quello che anima gli affreschi del Cappellone degli Spagnoli in.S. Maria Novella, dove i pianeti sono raffigurati al disopra delle Arti liberali.

Agl'inizî del sec. XV sussistono ancora nella rappresentazione dei pianeti evidenti tracce dell'iconografia medievale; lo si può agevolmente rilevare nelle sculture dei capitelli del Palazzo Ducale a Venezia e negli affreschi del Salone di Padova. Nel palazzo Trinci, a Foligno, i pianeti si succedono vicino alle Arti liberali, che, come gli astri, dominano l'uomo in determinati periodi della sua vita. Quali divinità pagane essi ci appaiono nella cappella dei pianeti a Rimini, trasfigurati dall'arte di Agostino di Duccio, così delicata e armoniosa.

Nella seconda metà di questo secolo, nel quale l'astrologia, divenuta parte costitutiva della morale del tempo, ha preso il suo posto fra le scienze riconosciute, con maggiore ricchezza di particolari si svolgono le formule iconografiche. Le scene divengono più complesse poiché alla raffigurazione dei pianeti si accompagna quella di tutti coloro che ne subiscono gli influssi: di qui un tono più vivace nella rappresentazione, una maggiore varietà nella scena, dove numerosi s'affollano i personaggi e s'intrecciano i varî episodî, come, ad es., si può riscontrare negli affreschi del palazzo di Schifanoia a Ferrara (v. V, tav. XXII), in alcune incisioni nel British Museum, attribuite all'artista fiorentino Baccio Baldini e nelle miniature del De Sphaera (Modena, Bibl. Estense). Numerose altre rappresentazioni si hanno in questo secolo dei pianeti (Tarocchi cosiddetti del Mantegna, affreschi di P. Vannucci nella sala del Cambio a Perugia, affreschi del Pinturicchio nell'appartamento Borgia al Vaticano), i quali trovano la loro ultima, più originale conclusione nei cartoni eseguiti da Raffaello nel 1516 in S. Maria del Popolo a Roma nella cupola della cappella funeraria di Agostino Chigi, che nella loggia della Farnesina aveva fatto dipingere da B. Peruzzi i segni celesti dominanti nel giorno della sua nascita. Poi le rappresentazioni dei pianeti caddero rapidamente in disuso. (V. anche zodiaco e tavv. XI, XII).

Bibl.: F. Piper, Mythologie der christlichen Kunst, Weimar 1847; L. F. Alfred Maury, La magie et l'astrologie dans l'antiquité et au moyen-âge, Parigi 1877; F. Lippmann, Die sieben Planeten, Berlino 1895; G. Thiele, Antike Himmelsbilder, Parigi 1898; A. Bouché-Leclercq, L'astrologie grecque, Parigi 1899; B. Soldati, La poesia astrologica nel Quattrocento, Firenze 1906; E. Mâle, L'art réligieux de la fin du moyen-âge en France, 2ª ed., Parigi 1922; A. Fuchs, Die Ikonographie der sieben Planeten in der Kunst Italiens bis zum Ausgang des Mittelalters, Monaco 1909; F. Saxl, Verzeichnis astrologischer u. mythologischer illustr. Handsber. d. lateinischen Mittelalter, Heidelberg 1915; A. Hauber, Planetenkinderbilder u. Sternbilder, Strasburgo 1916; K. Künstl, Ikonographie der christlichen Kunst, Friburgo in B. 1928; P. D'Ancona, L'uomo e le sue opere nelle figurazioni italiane del Medioevo, Firenze 1933.

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