PIANETINI

Enciclopedia Italiana (1935)

PIANETINI (o Asteroidi)

Emilio Bianchi

Dopo la scoperta di Urano, fatta da Guglielmo Herschel nel marzo 1781, occorre attendere circa 20 anni prima che un nuovo membro del sistema solare sia rivelato dalle osservazioni; ed esso fu il pianetino scoperto da G. Piazzi a Palermo, la prima notte del sec. XIX (1° gennaio 1801), mentre attendeva all'osservazione del suo famoso Catalogo stellare. Ebbe allora il Piazzi a notare un astro ignoto che nelle successive sere dimostrò uno spostamento rispetto alle stelle vicine; dal suo movimento fu riconosciuta la caratteristica planetaria del nuovo astro, che il Piazzi designò col nome di Cerere Ferdinandea. Scoperta memorabile; sia perché essa diede argomento al Gauss di concludere il suo famoso metodo di determinazione dell'orbita di un pianeta sulla base di tre osservazioni di esso; sia perché s'iniziava così la precisazione d'una configurazione planetaria affatto nuova, anche se preconizzata in passato da Keplero; la configurazione, cioè, costituita dallo sciame di piccoli pianeti che oggi sono conosciuti in numero di circa 1500, di cui circa 1250 con elementi orbitali abbastanza bene assestati, nella grande maggioranza circolanti su cammini compresi fra quello di Marte e quello di Giove; ai quali, come è noto, corrispondono distanze medie dal Sole di 1,5 rispettivamente e 5,2 unità astronomiche (dicendosi unità astronomica la distanza media Terra-Sole).

A Cerere segue, nel 1802, per opera di H. W. Olbers, la scoperta di Pallade; Giunone è rintracciato da K. L. Harding nel 1804; nel 1807 Olbers ancora scopre Vesta. Occorre attendere il 1845 perché K. L. Hencke scopra il quinto pianetino che fu chiamato Astrea; nel 1847-48 ne furono rintracciati altri tre; e così continuarono gli astronomi osservatori a scoprire pianetini, tanto che, verso il 1891, questi ammontavano a più di 300.

Ma da quest'anno il numero dei pianetini man mano scoperti aumenta notevolmente. Il procedimento visuale sino allora usato allo scopo, e consistente nel paragone delle immagini stellari visibili nel campo del cannocchiale con quelle già fissate in precedenza su carte celesti descriventi la stessa regione del cielo, venne, appunto nel 1891, radicalmente superato in rendimento dall'applicazione, allora fatta da M. Wolf a Heidelberg, del procedimento fotografico. Con esso un cannocchiale fotografico di corto fuoco, e quindi di grande campo, è puntato verso la regione del cielo che si vuole indagare, e guidato, per un notevole intervallo di tempo (in generale due o tre ore), sul moto apparente della vòlta stellata, riferendosi ad una stella. Le stelle dànno perciò le loro immagini, sulla lastra sviluppata, individuate da punti; mentre, se fra esse si trova un pianeta, questo, per il movimento compiuto rispetto alle stelle nel tempo di posa, si rende manifesto con una striscia, o linea, più o meno lunga a seconda del moto dell'astro e del tempo di posa, e più o meno intensa a seconda dello splendore dell'astro.

Scoprirono pianetini con metodo visuale gli astronomi italiani Piazzi a Palermo, A. De Gasparis a Napoli, G. V. Schiaparelli a Milano, E. Millosevich a Roma, Collegio Romano; con metodo fotografico L. Carnera ad Heidelberg, L. Volta a Pino Torinese e altri astronomi di questo osservatorio.

Caratteristiche orbitali dei pianeti. - Eccezione fatta per alcuni pianetini particolarmente interessanti, e di cui faremo subito cenno, la distanza media di questi astri dal Sole si aggira, in buon accordo con quanto vorrebbe la legge di Titius e Bode, fra le 2 e le 3,5 unità astronomiche; l'inclinazione delle orbite sull'eclittica è, sempre in media, intorno a 10°; l'eccentricità dell'ordine di 0,15; il periodo rivolutivo intorno ai 4-5 anni.

Di fronte a questi valori medî, ecco invece le caratteristiche orbitali di taluni pianetini eccezionali e degni di particolare rilievo. Il pianetino che porta il numero 944 e il nome Hidalgo - e che perciò s'indica con il simbolo (944) Hidalgo - ha una distanza media dal Sole a = 5,7 U.A.; un periodo rivolutivo di 13,5 anni; una inclinazione di ben 43° e un'eccentricità di 0,65. Il pianeta (719) Alberto ha, sì, una distanza media del Sole a = 2,58 U.A., ma anche un'eccentricità e assai notevole, circa 0,54. Ne consegue che esso può giungere dal Sole a una distanza minima (perielia) a - a.e = 1,18; talché la sua orbita sta in parte interna a quella di Marte 0,18 unità astronomiche, pari a circa 27 milioni di km. soltanto. Altra importante eccezione è quella del pianeta (433) Eros. Con un'eccentricità di 0,22 e una distanza media di appena 1,46 U.A., Eros può giungere dal Sole a una distanza minima di 1,14 U.A. e quindi dalla Terra di 0,14, pari a circa 22 milioni di km.; peculiarità orbitale questa già sfruttata, ai fini della determinazione della parallasse solare, in occasione delle due opposizioni, particolarmente atte allo scopo, del 1900-01 e del 1930-31. Quasi metà dell'orbita di Eros è interna a quella di Marte.

Da ricordare poi i due pianetini eccezionali del 1932. Il primo, (1221) Amor, scoperto da E. Delporte ad Uccle (Belgio) il 12 marzo di quell'anno, ha una distanza media di 1,92 ed un'eccentricità di 0,44; esso può quindi arrivare a sole 0,08 U.A. dalla Terra, la metà della distanza minima alla quale può arrivare Eros. Sarebbe Amor particolarmente adatto per ulteriori indagini sulla parallasse solare, se i rilievi fisici fatti su esso non lo indicassero di dimensioni minime e quindi eccezionalmente debole di luce per una grande parte della sua orbita.

Il secondo pianeta eccezionale del 1932, che ebbe la designazione, ancora provvisoria, di 1932 U.A., fu scoperto da K. Reinmuth a Heidelberg il 24 aprile 1932. Ha una distanza media dal Sole di appena 1,39 U.A. ed un'eccentricità di ben 0,53. Esso può quindi giungere dal Sole ad appena 0,67 U.A.; cioè la sua distanza perielia è ancora più piccola di quella di Venere (0,72); dal che consegue l'eccezionale particolarità orbitale di questo astro, che il cammino suo in cielo è in parte non solo interno all'orbita di Marte e della Terra, ma perfino a quella di Venere. Anche questo pianetino è debole assai di luce e certamente di dimensioni assai piccole.

Infine accenneremo semplicemente ad un altro gruppo di pianetini di speciale interesse; intendiamo alludere ai cosiddetti pianetini "Troiani", così chiamati perché portano tutti dei nomi che si riferiscono alla leggenda della guerra di Troia (Patroclo, Ettore, Achille, ecc.). Essi hanno tutti una distanza media di circa 5,2 U.A.; prossima assai, dunque, a quella spettante a Giove. Il loro cammino non si scosta molto da quello del massimo pianeta, e costituiscono per questo un caso orbitale teoricamente assai interessante, di cui non possiamo qui dire in particolare.

Caratteristiche fisiche. - I pianetini sono astri di dimensioni piuttosto modeste. Le misure fatte da E. E. Barnard su Cerere, Pallade, Vesta e Giunone (che sono i maggiori) assegnano rispettivamente ad essi il diametro di circa 750, 480, 380 e 200 chilometri. Vi sono poi pianetini di dimensioni minime; così i due eccezionali del 1932, sopra ricordati, è assai probabile abbiano diametri dell'ordine di qualche chilometro soltanto.

L'albedo dei pianetini ha valore assai diverso dall'uno all'altro; essa è di 0,06 per Cerere, di 0,07 per Pallade, di 0,13 per Giunone e di 0,26 per Vesta; in altre parole la superficie di tali astri è di tale natura che riflette rispettivamente il 6, 7, 13, 26 per cento della luce totale solare incidente. L'albedo della Luna è di 0,07.

Se si accetta la congettura che la densità dei pianetini sia non molto diversa da quella della crosta superficiale terrestre, la massa di essi è piccola assai; per Cerere è dell'ordine di 1/10.000 di quella terrestre; è poi da ritenersi come assai probabile che la massa totale di tutti i pianetini sinora conosciuti arrivi appena ad 1/1000 circa della massa della Terra.

Di alcuni pianetini è stata messa in evidenza una periodica variazione di splendore che si svolge nel corso di poche ore; è ben naturale di assumere tale variazione come probabile indice d'una rotazione di essi attorno a un proprio asse.

Numero totale dei pianetini. - Poiché il numero dei pianetini cresce sensibilmente man mano che si considerano quelli compresi entro valori decrescenti del loro splendore, viene fatto di domandarsi quale possa essere il probabile numero totale di tali astri compresi entro un determinato grado di luminosità. Recenti ricerche statistiche hanno concluso che, entro la diciannovesima grandezza stellare, può ritenersi esistano in cielo circa 40-50.000 pianetini.

Origine dei pianetini. - Quale peso è da assegnarsi all'ipotesi secondo la quale questi astri proverrebbero o dalla esplosione di un grande pianeta origine, o da più esplosioni di tal genere, oppure dalla collisione di astri in cielo? L'astronomia non ha saputo ancora dare una risposta a questa domanda. È fuori dubbio, però, che ricerche statistiche sulle caratteristiche orbitali dei pianetini permettono di suddividerli in alcuni gruppi ben distinti; i componenti di ciascun gruppo rappresenterebbero ciò che è risultato da ciascuno dei fenomeni catastrofici sopra accennati; ma resta del tutto ignoto il meccanismo attraverso il quale tutto ciò si è svolto sino alle constatazioni odierne.

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