PICENO

Enciclopedia Italiana (1935)

PICENO (ἡ Πικεντίνη, Πικενίς, Picenum)

AIdo Neppi Modona

Fu così denominata quella striscia dell'Italia centrale, delimitata dall'Appennino a O. e dall'Adriatico a E., che si estendeva dalla foce dell'Esino (antico Aesis) al N. a quella del Salino (poco al disotto dell'antico Matrinus) a S. Corrispondeva quindi alla parte inferiore delle Marche e alla superiore dell'Abruzzo. Confinava a N. coi Galli Senoni (ager Gallicus), a O. con gli Umbri, a SO. coi Sabini, a S. coi Vestini. Vi abitavano i Picenti. Veramente nella parte costiera meridionale era abitato, al S. dell'Acquarossa (antica Helvinus), dai Praetuttii o Praetuttiani (donde Abruzzi), per cui questa zona venne detta anche ager Praetuttianus, così come il rimanente era pure denominato ager Picenus e una più ristretta zona tra il Vomano e il Salino fu più tardi chiamata ager Hadrianus. Ma il nome di Piceno comprese in genere tutto il territorio.

I Picenti furono dapprima legati, fino dall'inizio del sec. III a. C., coi Romani da un trattato d'alleanza, e vennero poi da questi sottomessi sotto i consoli P. Sempronio Sofo e Appio Claudio Rufo intorno al 268 a. C. La popolazione era allora, secondo Plinio, valutata in 360.000 anime, ma una parte emigrò nella Campania, dove fondarono Picentia sul golfo di Salerno. Il territorio, fertilissimo (rinomate erano specialmente le uve, le olive e le pere), venne suddiviso fra i varî stanziamenti in virtù della legge Flaminia "de agro Piceno et Gallico dividundo", del 232 a. C., tranne la città greca di Ancona e la picena di Ascoli che erano rimaste città alleate, le colonie latine di Sena (283 a. C.) e di Fermo (264), le colonie cittadine di Hadria (289 a. C.) e di Castrum (Hadria era stata la prima loro colonia sul mare orientale). Il Piceno sofferse molto durante la seconda guerra punica. Nel 91 a. C. scoppiò ad Asculum (odierna Ascoli Piceno) la guerra sociale, e la città, roccaforte dei Picenti, fu presa dopo lungo assedio dal console Gn. Pompeo Strabone, che il 25 dicembre dell'89 a. C. "trionfò degli Ascolani Picenti" (Acta triumph., C. I. L., I, 2ª ed., p. 49). Dell'assedio resta una testimonianza contemporanea nelle numerose ghiande plumbee missili là trovate, con iscrizioni latine che si riferiscono o ai belligeranti, o alle legioni.

Nella divisione della penisola in regioni, fatta da Augusto, il Piceno formò la regione V, comprendente 23 comunità autonome, delle quali cinque (Ancona, Fermo, Ascoli, Atri e Teramo) erano colonie. Nel 292 d. C., il Piceno fu riunito con l'Umbria nord-orientale nella provincia "Aemilia et Picenum". Sotto Diocleziano, la parte maggiore del Piceno fu posta sotto il vicario d'Italia, mentre una piccola parte settentrionale restò unita all'Umbria con la denominazione di "Flaminia et Picenum Annonarium"; il resto fu detto "Picenum Suburbicarium". Dal tempo di Costantino ne curava l'amministrazione dapprima un corrector e poi un consularis. Nel Liber coloniarum troviamo incluse nel Piceno anche le città confinanti di Senigallia e di Aterno (od. Pescara). Al momento della formazione dell'Esarcato di Ravenna, la porzione costiera del Piceno Annonario costituì la Pentapoli marittima con le città di Rimini, Pesaro, Fano, Senigallia e Ancona.

Quest'ultima, fondata dai Greci siracusani intorno al 380 a. C., possedeva l'unico porto sicuro di tutto il Piceno e fu il punto di partenza per le spedizioni illiriche; salì a grandissima importanza commerciale e militare dopo l'ampliamento del suo porto curato dall'imperatore Traiano. In epoca imperiale tarda, capoluogo del Piceno divenne Auximum (odierna Osimo). Altre località di maggiore importanza, oltre le già ricordate, procedendo dal S. verso il N., erano Interamna Praetuttiorum (Teramo), Castrum Novum (presso l'odierna Giulianova), fondata dai Romani nel 265-64 a. C., Truentum o Castrum Truentinum, presso la foce del Tronto, Firmum Picenum (Fermo), fondata dai Romani pure nel 265-64 a. C., loro roccaforte contro Ascoli, Potentia (Porto Potenza Picena), Numana, sulla costa, un po' al disotto di Ancona, che ebbe importanza soltanto in epoca romana tarda. Centri minori da ricordare sono inoltre Cupra Maritima (Cupramarittima, già Civita di Marano), Falerio (presso Falerone), Urbs Salvia (Urbisaglia), in fiore in epoca imperiale, decaduta al tempo delle guerre gotiche, Tolentinum (Tolentino), Septempeda (S. Severino Marche), Trea (Treia), Cingulum (Cingoli), fondata da T. Labieno nel 63 a. C., Cupra Montana (Cupramontana, già Massaccio), Ricina (Recina, pr. Macerata), Pausulae (Pausula), Cluentum Vicus (Civitanova Marche). Tutte le città del Piceno appartengono alla tribù romana Velina, salvo Hadria, che era iscritta nella Maecia, Ascoli Piceno nella Fabia, e Castrum Novum, forse nella Papiria. Non è accertata la tribù degli Anconetani.

Il Piceno era una delle regioni romane d'Italia più sprovviste di vie consolari, come è comprovato anche dalla scarsità delle pietre miliari trovatevi. La via Salaria, provenendo dalla Sabina, attraversava per tutta la sua larghezza il Piceno, passando per Ascoli e terminando a Truentum. Un suo diverticolo, la via Caecilia, dopo essere passato per Amiterno (San Vittorino, presso Aquila degli Abruzzi), entrava nel Piceno e seguiva il corso inferiore del Vomano, toccando forse Atri. Il prolungamento della via costiera Flaminia da Pescara tra i Vestini, al S., risaliva ad Ancona.

Le vie locali più importanti, quali risultano dalla Tavola Peutingeriana e dall'Itinerario di Antonino, erano quelle che congiungevano le foci dell'Aterno con Castrum Novum passando per Atri; Pinna, tra i Vestini, con Atri; Castrum Truentinum con Septempeda; Fermo col Castello fermano; Urbisaglia con Ancona, dove giungeva pure una via proveniente da Nocera Umbra.

Bibl.: Per la storia e la topografia storica: G. Colucci, Delle antichità picene, I, Fermo 1786; II, ivi 1788, con "dissertazioni" di vario argomento, la seconda delle quali è del can. M. Catalani; H. Nissen, Italische Landeskunde, II, i, Berlino 1902, pp. 409-32. Per le vie: G. Castelli, La via consolare Salaria Roma-Reate-Asculum-Adriaticum, Ascoli Piceno 1886; Corp. Inscr. Lat., IX, pp. 478 seg., 580 segg. Per il dialetto e le iscrizioni prelatine: R. S. Conway, The Italic Dialects, Cambridge 1897, I, p. 449. Per le iscrizioni greche (5 sole): G. Kaibel, Inscriptiones Graecae, XIV, p. 533. Per le latine: Corp. Inscr. Lat., IX (Th. Mommsen), pp. 479-579 e 687. Le iscrizioni sulle ghiande plumbee missili ascolane e le restanti picene sono edite ivi da C. Zangemeister alle pp. 631-647. Per le monete: A. Sambon, Les monnaies antiques de l'Italie, I, Parigi 1903, p. 91 seg.; B. V. Head, Hist. Num., 2ª ed., Oxford 1911, p. 23. Le fonti storiche antiche sono in Pauly, Real-Encycl., 1ª ed., V, col. 1602 segg.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata