FOSCARI, Piero

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 49 (1997)

FOSCARI, Piero

Cesco Chinello

Nacque a Venezia il 25 ag. 1865 da Annibale, discendente dalla casata patrizia, in decadenza dopo la fine della Repubblica, e da Teresa Lozzi. A dodici anni iniziò a frequentare la R. Scuola macchinisti dell'Arsenale per diventare, a diciotto, sottufficiale macchinista e subito imbarcarsi. Completò poi gli studi all'Accademia navale di Livorno da cui uscì ufficiale di stato maggiore, col grado di guardiamarina.

Nel 1895-96 prestò servizio sulla costa dell'Africa Orientale e nel 1896, sbarcato con il corpo di spedizione italiano a Zanzibar per proteggere i consolati stranieri, il F. descrisse sotto pseudonimo, in una serie di corrispondenze per la Gazzetta di Venezia, i metodi brutali del colonialismo inglese. Metodi, peraltro, che usò lui stesso nel novembre dello stesso anno, quando - tenente di vascello sulla "Volturno" - diresse personalmente una dura repressione a Mogadiscio contro gli autori di un agguato a militari italiani. Tale impresa - per cui gli fu concessa la medaglia d'argento al valor militare - costituì per lui motivo di orgoglio e segnò la sua formazione politica nazionalista.

Il 20 giugno 1897 il F. si unì in matrimonio con Elisabetta Widmann Rezzonico - ultima discendente di una ricca e aristocratica famiglia - che nel 1899 lo nominò procuratore delle sue ingenti proprietà in Carinzia. Ne conseguirono le dimissioni e la rinuncia alla carriera militare.

Il F. fu eletto, per la prima volta, nel Consiglio comunale di Venezia nelle elezioni parziali del 30 luglio 1899 e sempre rieletto nelle successive, rimanendo in carica sino al dicembre 1919. In tale veste impresse subito un'impostazione dinamica al dibattito sul futuro di Venezia. Nell'agosto 1902, con uno Studio per un programma finanziario e di lavori nella città di Venezia (Arch. Foscari, b. 11/3, ms.) e successivamente con una serie di proposte di ridefinizione della sua funzione centrata sull'espansione del porto, il F. riuscì a conquistare un ruolo primario nella contesa che nell'ultimo decennio del secolo XIX aveva diviso la città sull'alternativa tra il neoinsularismo tradizionalista e l'espansionismo industrialista dei nuovi ceti capitalistici. Nel giugno 1904 - sulla traccia di un progetto tecnico del capitano marittimo L. Petit, rielaborato sul piano regolatore di risanamento di Venezia del 1891 - il F. presentò, in una conferenza tenuta all'Ateneo veneto dal significativo titolo Il porto di Venezia nel problema adriatico, la proposta di un nuovo piano regolatore per l'ampliamento del porto, la nuova stazione marittima e la nuova edilizia di Marghera e il 5 luglio la portò in Consiglio comunale.

Si trattava di un'idea rivoluzionaria per i tempi che sollevò forti opposizioni nei ceti commerciali e tra i "padroni di casa": la costruzione di un nuovo porto industriale in terraferma, fronte a Venezia, sulle barene dei Bottenighi. A P. Lanzoni (Sistemazione del porto di Venezia. Giudecca o Bottenighi?, Venezia 1904) - che aveva sciolto l'interrogativo a favore della tradizione, perché mettere insieme laguna e terraferma "è un cosa contro natura" - il F. ribatté che "dovunque è laguna ivi è Venezia" e che "il meccanismo della grande industria moderna… tende continuamente al mare appunto perché richiede d'aver navi e vagoni alle porte dell'officina" (Interessi veneziani. La questione dell'ampliamento portuale. Giudecca o Bottenighi?, in Gazzetta di Venezia, 14 giugno 1904). Fu l'idea base su cui si progettò e poi si costruì Porto Marghera. Tale proposta, da un lato, aveva le radici materiali nella fase di forte espansione dell'economia italiana nel primo decennio del secolo - che segnò il decollo industriale dell'Italia nel sistema politico giolittiano nel cui ambito si formò il "gruppo veneziano" capitanato dal F. e da G. Volpi e sostenuto dalla Banca commerciale italiana - e, dall'altro, basava le sue politiche nell'"imperialismo industriale italiano" (Webster, 1974), cioè la mira espansionista nei Balcani con il supporto di una politica estera italiana attiva nelle due facce di irredentismo e di lotta per il controllo dell'Albania.

A questo fine proprio il F. - dopo una visita in Montenegro insieme con il Volpi, solidale amico sin dalla vigilia del nuovo secolo, su invito del nobile sud-slavo L.A. Vojnović - costituì nel gennaio 1903 il Sindacato italo-montenegrino, diventandone presidente il 19 febbraio dopo aver ottenuto dal governo montenegrino quattro concessioni per la costruzione del porto di Antivari (su progetto dell'ingegner E. Coen Cagli - autore più tardi del piano regolatore di Porto Marghera costruito sul modello di quello montenegrino - fu inaugurato il 23 ott. 1909) e della ferrovia Antivari-Nikšić (concepita come primo tronco della ferrovia transbalcanica tra il Danubio e l'Adriatico), l'utilizzazione di vari giacimenti minerari e lo sfruttamento delle foreste di Nikšić e della Morateia. Il finanziamento per tali opere venne risolto con i profitti della Regia cointeressata dei tabacchi del Montenegro costituita a Venezia, sempre su concessione del governo montenegrino, il 15 luglio 1903, presieduta dal Volpi e con il F. fra gli azionisti. L'altro pilastro economico-finanziario del gruppo veneziano fu la costituzione a Venezia, il 31 genn. 1905 - il F. e la Banca commerciale fra gli azionisti promotori - della SADE (Società adriatica di elettricità), l'industria idroelettrica determinante per lo sviluppo del Veneto e del futuro polo industriale di Marghera, di cui presto il Volpi diventerà presidente e A. Gaggia direttore.

È in questo contesto che si inasprisce una contraddizione nel F. tra il suo modo di lavorare sul "problema di Venezia", pregno di "una cultura tecnica di modernità stupefacente" (Lanaro, 1981) - in effetti fu il F. a fornire il supporto teorico di Porto Marghera come porto industriale di base, di cui poi il Volpi fu il realizzatore e il costruttore - e quello più propriamente politico in cui prevalsero la retorica nazionalista e un dannunzianesimo sfrenato, congiunti a un moralismo spesso venato da qualunquismo e a un rifiuto aprioristico dei nuovi processi politici innescati dalla crescita del movimento socialista, così sminuendo il senso costruttivo della ricerca e del lavoro sui temi veneziani.

Con la nomina a primo presidente della sezione veneziana della Trento-Trieste nel 1903, il F. si inserì per tempo nel movimento nazionalista sino a diventarne uno dei promotori e dei dirigenti più impegnati.

Dopo il fallimento in un collegio di Venezia nelle elezioni politiche del 1904, il F. venne eletto, in quelle del marzo 1909, nel collegio di Mirano - come deputato moderato e con il sostegno dei clericali - nonostante l'opposizione di G. Giolitti che lo fece boicottare dal prefetto di Venezia A. Nasalli Rocca.

Partecipò al congresso costitutivo dell'Associazione nazionalista italiana nel dicembre 1910 e ne presiedette il secondo nel dicembre 1912. Il suo irredentismo fu talmente aggressivo che, benché deputato, in seguito a un suo viaggio a Trieste il 12 maggio 1909 gli fu vietato l'ingresso "in tutti i paesi della corona asburgica". Nell'agosto 1911 partecipò alla guerra di Libia imbarcato, con il grado di capitano di corvetta, sul "Duca d'Aosta".

Nelle elezioni politiche del novembre 1913 il F. fu rieletto deputato nello stesso collegio e subito nominato capogruppo dei parlamentari nazionalisti. Partecipò poi con grande impegno - viaggiando per l'Italia, scrivendo articoli e organizzando innumerevoli incontri - alla campagna interventista, accentuando fortemente il suo nazionalismo fino a chiedere l'annessione della Dalmazia. Nel giugno 1915 assunse il comando della difesa antiaerea di Venezia: fu questo il periodo in cui strinse i maggiori legami con G. D'Annunzio che viveva nella casetta rossa sul Canal Grande.

Il 19 marzo 1916 il F. negò, a nome del gruppo nazionalista, la fiducia al governo Salandra; qualche mese dopo, in ottobre, il F. - commemorando il cinquantenario della liberazione del Veneto - dopo un attacco al "socialismo dissolvitore", così idealizzò gli scopi della guerra: "Nell'Adriatico, nel Mediterraneo, verso l'Oriente asiatico e africano, s'apre per la terza volta il corso della nostra storia. Se mancassimo alla imperiosa necessità di seguirlo, tradiremmo la memoria dei nostri martiri e dei nostri morti in guerra". Non a caso, dunque, è stato indicato come "il maestro e il simbolo per due generazioni di veneziani di destra" (Isnenghi, 1988).

Il 19 giugno 1916 il F. fu nominato sottosegretario alle Colonie nel nuovo governo Boselli (riconfermato anche nel successivo ministero Orlando). In tale funzione, a palazzo Chigi, il 23 luglio 1917 il F. firmò, come testimone, la convenzione relativa alla concessione della costruzione del nuovo porto di Venezia in regione di Marghera, e ai provvedimenti per la zona industriale e il quartiere urbano tra governo, Comune di Venezia e Società Porto industriale di Venezia, presieduta dal Volpi.

Nel Consiglio comunale del 16 agosto che ratificò la convenzione, al socialista E. Musatti che criticava la giunta per essersi "lasciata facilmente insaccare dai signori della Società industriale", il F. rispose - stranamente patetico - che "c'era molto più civismo che ricerca dell'interesse particolare in coloro che trattavano in nome della città di Venezia, per il Sindacato": in realtà, la vicenda di Porto Marghera era legata per mille fili alla guerra, ai suoi scopi strategici, alle forze sociali ed economiche che l'avevano sostenuta e in particolare, come il F. riconobbe nello stesso Consiglio comunale, alla "legge benefica dei sovrapprofitti" di guerra.

Nel settembre 1919 il F. collaborò all'occupazione di Fiume condotta dal D'Annunzio e il suo palazzo a Venezia divenne centro operativo e di raccolta di aiuti per tale impresa. Nell'ottobre del 1919 il F., con E. Corradini, tornò a Fiume nell'intento di organizzarvi un'azione di forza contro Roma e il governo, ma ne fu subito dissuaso dal capo di gabinetto di D'Annunzio, G. Giuriati.

Presentatosi candidato nella circoscrizione di Venezia, il F. non fu rieletto nelle elezioni politiche del 16 nov. 1919. Un anno dopo prese decisa posizione contro il trattato di Rapallo, portato a conclusione dal suo amico Volpi, e sfogò la sua rabbia e la sua delusione - di fatto fu la crisi della sua leadership a Venezia - a Montecitorio, dalla tribunetta degli ex deputati, con interruzioni e grida di "viva la Dalmazia italiana" nel momento in cui Giolitti presentava il trattato stesso. Continuò poi la sua campagna con accesi articoli ne L'Idea nazionale.

Il 4 marzo 1923 presiedette, alternativamente con L. Federzoni, l'ultima seduta del Comitato centrale nazionalista, deliberante la fusione dell'Associazione nazionalista italiana con il Partito nazionale fascista imposta dall'"amore che tutto dà e nulla chiede" e dalla "disciplina che è patriottica abnegazione", secondo le sue stesse parole pronunciate nell'occasione.

Il 7 apr. 1923 morì a Venezia, prima che la nomina a senatore del Regno come "combattente della prima ora per la ricostruzione politica del paese" - annunciata il 2 marzo 1923 - fosse convalidata. Gli furono tributati funerali nella chiesa dei Ss. Giovanni e Paolo "con grandiosità di apparato" (Gazzetta di Venezia, 10 apr. 1923).

Altri scritti: Il porto di Venezia nel problema adriatico. Conferenza tenuta nella sala maggiore dell'Ateneo veneto nel giugno 1904, Venezia 1904; Il piano regolatore per l'ampliamento del porto e della città di Venezia. La nuova stazione marittima e la nuova edilizia di Marghera, Venezia 1905 (ripubblicato con il titolo Per il più largo dominio di Venezia, Milano 1917); L'Italia nel Mediterraneo e la questione tripolina…, Roma 1911; Contro il Turco, per il nostro pane, in L'Idea nazionale, 22 marzo 1915; I fini adriatici e mediterranei della nostra guerra…, ibid. 1916; Salviamo la Dalmazia!, ibid. 1916; Nel cinquantenario della liberazione del Veneto (15 ottobre 1916), ibid. 1916; Per l'Italia più grande. Scritti e discorsi, a cura di T. Sillani (con prefazione di L. Federzoni), ibid. 1928.

Fonti e Bibl.: Mira (Venezia), Villa Malcontenta, Archivio Piero Foscari; Carte d'archivio Piero Foscari. Inventario, a cura di G. Bonfiglio Dosio, Venezia 1984; Venezia, Archivio municipale, Atti del Consiglio comunale di Venezia (1899-1919). Scritti sul F.: T. Sillani, Per P. F. Discorso con la risposta di L. Federzoni (ministro delle Colonie), Roma 1928; A. Odenigo, P. F. Una vita esemplare, Bologna 1959. Inoltre: L. Federzoni, Venezia e il suo porto, in L'Idea nazionale, 30 giugno 1917; G. Damerini, La tragedia di Venezia, ibid., 23 febbr. 1919; A. Nasalli Rocca, Memorie di un prefetto, Roma 1946, pp. 235-237; M. Mainardis, La creazione del porto industriale di Marghera, in G. Volpi. Ricordi e testimonianze, Venezia 1959, pp. 30, 40; Discorsi parlamentari di A. Salandra…, Roma 1969, II, p. 827; R.A. Webster, L'imperialismo industriale italiano…, Torino 1974, ad Indicem; S. Peli, Le concentrazioni finanziarie industriali nell'economia di guerra: il caso di Porto Marghera, in Studi storici, XVI (1975), pp. 186, 192 s., 203; F. Piva, Lotte contadine e origini del fascismo, Padova-Venezia: 1919-1922, Venezia 1977, pp. 16, 24, 28 s., 45, 80, 87, 93, 140; R. De Felice, D'Annunzio politico 1918-1938, Roma-Bari 1978, p. 11; C. Chinello, Porto Marghera 1902-1926. Alle origini del "problema di Venezia", Venezia 1979, passim; S. Romano, G. Volpi. Industria e finanza tra Giolitti e Mussolini, Milano 1979, pp. 11, 14-16, 18 s., 22, 27, 64, 71, 86, 88, 94 s., 196; S. Lanaro, La cultura antigiolittiana, in Storia della società italiana. L'Italia di Giolitti, Milano 1981, pp. 449-451; Id., Genealogia di un modello, in Storia d'Italia. Le regioni dall'Unità ad oggi. Il Veneto, Torino 1984, pp. 13, 15, 88; M. Isnenghi, I luoghi della cultura, ibid., p. 321; E. Franzina, Tra Otto e Novecento, ibid., pp. 767, 769, 777, 784, 821, 839 s., 845, 847; E. Brunetta, Dalla grande guerra alla Repubblica, ibid., p. 936; Porto Marghera le immagini la storia 1900-1985, Torino 1985, p. 36; E. Franzina, L'unificazione, in Venezia, Roma-Bari 1986, p. 45; Id. - E. Brunetta, La politica, ibid., pp. 142 s., 145 s., 148-151, 159; M. Reberschak, L'economia, ibid., pp. 244 s., 252, 254; E. Franzina - L. Magliaretta, La società, ibid., pp. 317, 324, 328, 339; M. Isnenghi, La cultura, ibid., pp. 423 s., 452, 462, 465; M.G. Romanelli, Venezia dell'Ottocento. Ritorno alla vita e nascita del mito della morte, in Storia della cultura veneta, 6, Dall'età napoleonica alla prima guerra mondiale, Vicenza 1986, p. 764; Il Parlamento italiano, IX, 1915-1919. Guerra e dopoguerra, Roma 1988, pp. 41 s., 470; M. Isnenghi, Presentazione a M. Damerini, Gli ultimi anni del Leone. Venezia 1929-1940, Padova 1988, p. 17; R. Petri, Storia di Bolzano, Padova 1989, p. 44; Id., La frontiera industriale, Milano 1990, pp. 59 s., 65; Il Parlamento italiano, VIII, 1909-1914. Da Giolitti a Salandra, Roma 1990, pp. 96, 98, 100, 578; M. Isnenghi, L'Italia in piazza. I luoghi della vita pubblica dal 1848 ai giorni nostri, Milano 1994, p. 222; S. Barizza, Storia di Mestre, Padova 1994, pp. 19, 250.

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