GHERARDI, Piero

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 53 (2000)

GHERARDI, Piero

Gloria Raimondi

, Nacque a Pioppi, in provincia di Firenze, il 20 nov. 1909 da Giuseppe e Pia Bianchi. Dopo aver esercitato negli anni Trenta l'attività di architetto, si avvicinò alla scenografia frequentando lo studio del pittore, scenografo e costumista senese G.C. Sensani. Iniziò la sua attività professionale nel 1945 disegnando l'arredamento del film Notte di tempesta del regista G. Franciolini e, l'anno seguente, quello per Eugenia Grandet di M. Soldati, in collaborazione con lo scenografo M. Colasson. Per Soldati firmò ancora, nel 1947, la scenografia del film Daniele Cortis e nello stesso anno, per Franciolini, Amanti senza amore.

Del film Senza pietà di A. Lattuada, girato nel 1948, disegnò costumi e curò l'ambientazione, d'impronta neorealista, in cui la critica notò l'influenza di M. Carné e J. Duvivier (G. Sadoul, in Masi, I, p. 49). Fu in occasione di questo film che il G. conobbe F. Fellini, col quale instaurerà un fortunato sodalizio professionale. Gli anni Cinquanta sono contrassegnati da significativi episodi nella carriera del G., quali le scene, firmate in collaborazione con P. Filippone, per Napoli milionaria di E. De Filippo, film del 1950 tratto dalla commedia omonima scritta nel 1945, in cui è evidente l'esigenza di connotare gli ambienti conservandone il carattere teatrale.

Tra i più fantasiosi scenografi italiani, il G. seppe interpretare le atmosfere neorealiste dei film d'esordio disegnando ambientazioni di grande rigore formale, ma evitando i rischi di un facile naturalismo descrittivo. L'attività degli inizi, limitata alla sola ideazione dei costumi e degli arredamenti del set, si sviluppò negli anni fino a definirsi nei termini di una vera e propria progettazione totale, in cui ogni elemento d'ambiente assume valenza scenografica.

Nel 1953 firmò la sua prima scenografia teatrale per la commedia La Mandragola, diretta da M. Pagliero e L. Lucignani (rappresentata al teatro delle Arti di Roma), e le scene per il film Anni facili di L. Zampa, che raccontò con amaro realismo i compromessi morali nei duri anni del dopoguerra. Nel 1956 collaborò con M. Chiari agli apprezzatissimi arredi e alle ambientazioni di Guerra e pace, il film kolossal del regista K. Vidor.

L'anno seguente, grazie a Le notti di Cabiria di Fellini, il G. ebbe finalmente la possibilità di liberare pienamente la sua fantasia inventiva. I costumi e le ambientazioni creati per questo film, come per gli altri del regista riminese, esemplificano i criteri sui quali il G. basò il suo lavoro. La lunga e significativa parentesi rappresentata dalla collaborazione con Fellini produsse, infatti, opere di grande originalità espressiva, in cui la fantasia dello scenografo toscano e la poetica visionaria del regista seppero evocare atmosfere di particolare suggestione. La dolce vita del 1960 - che valse al G. il premio Oscar per i migliori costumi in bianco e nero e una nomination per le scene e, in Italia, il Nastro d'argento - consolidò l'intesa tra i due autori, che tre anni dopo tornarono a collaborare nel film Otto e mezzo. Anche in questo caso i costumi (premiati con un altro Oscar) e le scene (segnalate ancora per una nomination) del G. seppero interpretare, con la giusta intonazione, certi caratteri introspettivi e grotteschi tipici di Fellini, che lo scenografo esaltò attraverso un ricchissimo apparato simbolico. Del 1963 è Giulietta degli spiriti, dove, anche in virtù del colore, il G., ancora premiato con un Nastro d'argento, poté giocare in completa libertà e, con incontenibile fantasia, creare scene, costumi e ambienti ricchi di elementi dichiaratamente espressionisti.

Il rapporto professionale tra Fellini e il G. rappresenta ancora oggi un unicum nel panorama cinematografico italiano, per la particolare fusione di due universi creativi del tutto originali tanto che, scrive Masi (I, p. 51), "è certamente difficile… distinguere i meriti del Fellini uomo di matita oltreché di cinema, da quelli di Gherardi, fine arredatore di gusto teatrale. Ma l'ironia degli ambienti e dei costumi che si ritrova nei film di Fellini progettati da Gherardi è assolutamente nuova rispetto al Fellini pre-Gherardi e ben lontana dal Fellini successivo, le cui future visioni si incarneranno nell'universo barocco e decadente di Danilo Donati".

La fine degli anni Cinquanta e il decennio seguente furono contrassegnati da collaborazioni di rilievo anche con altri protagonisti del cinema italiano e straniero. Ciò dimostra la grande versatilità del G., capace di esprimere il carattere psicologico dei personaggi attraverso l'inserimento di minuti particolari e di inventare ambientazioni di vigoroso realismo e intensa forza espressiva. Infatti, si valsero della sua professionalità, tra gli altri, registi come D. Coletti, Steno (S. Vanzina), C. Lizzani, E. Petri, S. Lumet, R. Clément. In particolare G. Pontecorvo, col quale aveva già lavorato nella Grande strada azzurra (1957), gli affidò le scenografie di Kapò (1959), quelle della Battaglia d'Algeri (1966) e gli ambienti di Queimada, firmati insieme con S. Canevari e F. Bronzi nel 1969. Per L. Comencini, nel 1963, ideò le scenografie della Ragazza di Bube, caratterizzate da una rigorosa asciuttezza. Un altro fertile legame professionale fu quello tra il G. e M. Monicelli, iniziato nel 1955 con Proibito, che produsse episodi significativi per la storia della commedia all'italiana. Attraverso la costruzione di un'ambientazione dimessa e una ricerca sui costumi basata sulla sapiente fusione di piccoli elementi e particolari, nei Soliti ignoti (1958) il G. riuscì a rendere autentica la psicologia dei personaggi e naturale e realistico il contesto sociale della storia. Il grande successo riscosso con il film L'armata Brancaleone, girato nel 1966, e diretto dallo stesso Monicelli, nel quale il G. seppe utilizzare al meglio le sue capacità di cogliere e restituire le qualità espressive di paesaggi e ambienti naturali, confermò anche il suo talento particolare nell'invenzione dei costumi, liberamente ispirati a un Medioevo grottesco.

La multiforme personalità del G. trovò un interessante veicolo espressivo anche nella regia di alcuni shorts pubblicitari, firmati per la televisione nel 1966 e destinati alla promozione della pasta Barilla, che ebbero come protagonista la cantante Mina Mazzini. Come nelle contemporanee esperienze cinematografiche, anche nella pubblicità il G. lavorò sulla manipolazione del volto, creando un'immagine inedita della cantante. La stretta affinità con il cinema si coglie anche nel linguaggio adottato nelle scenografie in cui si muove "una Mina resa magica dagli abiti fantasiosi e assurdi, che in qualche caso rimandano a certi costumi di Giulietta degli spiriti" (Padovani, p. 154).

Nel 1969 curò la messa in scena della tragedia seicentesca di J. Webster The white devil per il National theatre di Londra. Importante nella carriera del G. fu anche la parentesi televisiva che lo vide ancora accanto a Comencini nella creazione dei costumi per il Pinocchio, uscito postumo nel 1971. Non è stata identificata l'opera Silvana e Pigmalione, "un lungo testo sul look dei personaggi da lui creati per Silvana Mangano" (Masi, II, p. 221).

Il G. morì a Roma l'8 giugno 1971.

Fonti e Bibl.: G. C., Due Oscar assegnati all'Italia: nota sull'Oscar per i migliori costumi in bianco e nero assegnato a P. G., in Rivista del cinematografo, XXXV (1962), n. 4-5, p. 126; L'avventurosa storia del cinema italiano raccontata dai suoi protagonisti, I-II, a cura di F. Faldini - G. Fofi, Milano 1979, passim; S. Masi, Costumisti e scenografi del cinema italiano, L'Aquila 1989-90, I, pp. 49-52 e passim; II, p. 221 e passim; F. Borghini, Arezzo al cinema, Firenze 1990, pp. 15 s. (con filmografia). Si veda inoltre: G. Calendoli, Il senso della satira obbiettiva ed amara della Mandragola, in Teatro scenario, XVII (1953), nn. 23-24, p. 18; C. Bertieri - R. Chiti, in Filmlexicon degli autori e delle opere, Roma 1959, s.v. (con filmografia); C.G. Fava, La camera di Lafayette, Roma 1979, p. 61; "Chi è?" del cinema, Novara 1984, p. 201; Floyd W. Martin, in The International Dictionary of films and filmmakers, IV, Writers and production artists, Chicago-London 1987, p. 170 (con filmografia); F. Di Gianmatteo, in Nuovo Diz. universale del cinema. Gli autori, II, Roma 1996, p. 512; F. Grassi, Gli scenografi felliniani. Architetti dei sogni, tesi di laurea, Accademia di belle arti Pietro Vannucci, Perugia, anno acc. 1997-98, pp. 31-37; R. Padovani, Mina. I mille volti di una voce, Milano 1998, p. 164; Diz. dello spettacolo del '900, Milano 1998, p. 465; I. Bignardi, Memorie estorte a uno smemorato. Vita di Gillo Pontecorvo, Milano 1999, ad indicem.

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