GHIGLIONE, Piero

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 53 (2000)

GHIGLIONE, Piero

Lauro Rossi

Nacque a Borgomanero (Novara) il 5 apr. 1883 da Angelo e Costanza Pagliani. Laureatosi in ingegneria a Torino, si avvicinò presto alla montagna praticando lo sci e lo sci-alpino, di cui può essere considerato uno dei fondatori insieme con A. Rivera e O. Mezzalama. Trasferitosi, per ragioni di lavoro, prima in Svizzera poi in Germania, si specializzò nel pattinaggio su ghiaccio e nello sci, pubblicando diversi articoli al riguardo sulla Rivista mensile del Club alpino italiano.

La vera e propria passione per le scalate si manifestò nel 1913, allorché prese parte a una spedizione nel Caucaso, raggiungendo con van der Plüg e P.G. Lutschkov la vetta del Kasbek. Dopo il primo conflitto mondiale, abbandonata la professione di ingegnere, si dedicò a tempo pieno all'alpinismo, sviluppando un'attività davvero eccezionale sia sotto il profilo geografico-esplorativo, sia per la sua amplissima durata.

Il G. può essere considerato uno degli esponenti di punta del gruppo piemontese della generazione legata alla prima guerra mondiale, il quale, pur non detenendo più il primato dell'iniziativa sul piano nazionale, vantava tuttavia ancora alcuni tra i migliori alpinisti.

Nel 1926, nel gruppo del Gran Paradiso scalò la parete nord della Roccia Azzurra insieme con E. Barisone, U. Balestreri e G. Brosio; nel 1930, con R. Chabod, G. Boccalatte e M. Antoldi, compì la prima del Couloir du Diable al Mont Blanc du Tacul. Ma il salto di qualità verso i vertici dell'alpinismo avvenne nel 1934 allorché, con la spedizione Dhyrenfurt, scalò il Balthoto Kangri (m 7260) e la cima mediana del Sia Kangri (m 7315), raggiungendo la quota allora mai toccata dei 7000 metri con gli sci.

Da quel momento la sua attività non conobbe più soste: nello stesso anno era sulle Ande con la spedizione del Club alpino italiano, risalendo il Chimborazo; nel 1937 fu in Kenia (Kilimangiaro, Mawenzi, Kenia); l'anno seguente dapprima fu in Africa (Ruwenzori, Mont au sources, Table Montain), poi effettuò un giro del mondo, scalando le cime che maggiormente lo attraevano in Giappone, nel Borneo, a Sumatra, a Giava, a Taiwan, in Australia e in Nuova Zelanda, alle isole Hawaii, in California, Arizona e Colorado. Nel 1939 compì ascensioni in Ecuador, in Bolivia e nelle Ande cilene (Cerro Altar, Chimborazo, Illimani, Sajania, Tronador); nel 1942 si recò in Albania compiendo diverse prime ascensioni su montagne praticamente inesplorate.

Negli intervalli tra una spedizione e l'altra in varie parti del globo si allenava sul Bianco avendo come compagni di cordata G. Gervasutti, G. Boccalatte, R. Chabod e F. Ravelli.

Con loro aprì alcune nuove vie tra cui, nel 1947, la parete ovest sul ghiacciaio del Bianco; nel 1948, la parete sudovest del Pic de la Brenva, la parete est del Maudit e la direttissima da sud delle Grandes Jorasses; nel 1951, la cresta est dell'Aiguille de l'Aigle e la parete sudovest dell'Aiguille de Savoye; nel 1956 affrontò pure il Tour des Jorasses e l'Aiguille Marbrée.

Contemporaneamente, nel 1949, scalò il Ruwenzori con due prime; nel 1950 compì tre nuove ascensioni nell'Hoggar, quindi effettuò varie spedizioni nelle Ande peruviane; l'anno dopo scalò alcune delle cime più importanti del Messico e nel 1952 fu di nuovo sulle Ande, le montagne che, in assoluto, più lo affascinarono (Solimana punta nord per il versante nord, Corocuna punta nord e mediana, Ausangate, punta Lomellini). Vi ritornò nel 1953 scalando il Lasontay, l'Humantay, il Coylloriti, l'Huacratanca, l'Halancoma.

L'anno seguente, nell'Himalaya, nell'affrontare l'Api persero la vita tre componenti della sua spedizione. Superato un periodo di depressione, nel 1955 scalò nuove cime nella Cordillera del Vilcanota. Nel '56 tornò sul Ruwenzori per una nuova via e nel biennio successivo penetrò nelle Ande colombiane, per poi dirigersi nella zona dell'Everest (Cima Borgomanero, Ama Dablam, Pumori). Nel 1959 fu ancora sulle Alpi peruviane con tre ascensioni, per poi aprire una nuova via sul Ruwenzori e partecipare, con l'allora giovanissimo C. Mauri, a una spedizione in Groenlandia.

Il G. morì in un incidente stradale presso Lavis (Trento) il 10 ott. 1960.

Brillante conferenziere, pubblicò un grande numero di articoli di narrativa e tecnica sciistica e alpinistica su riviste specializzate, ma collaborò anche con periodici e quotidiani di più ampia divulgazione come Epoca e il Corriere della sera. Scrisse quattordici libri, tra cui: Dalle Ande all'Himalaya (Torino 1936); Montagne d'Albania (Tirana 1941); Le mie scalate nei cinque continenti (Milano 1942); Himalaya (Novara 1946); A zonzo per il mondo (Torino 1951), Nelle Ande del Sud Perù (Milano 1953), Dall'Artico all'Antartico (ibid. 1959); sorta di diari nei quali, in uno stile sobrio e misurato, rende conto delle difficoltà e delle traversie incontrate nel corso delle sue innumerevoli ascensioni ed esplorazioni, ma cerca pure di dare un'idea degli straordinari scenari visitati.

Fonti e Bibl.: Les alpinistes célèbres, Paris 1956, ad nomen; In memoriam P. G., in Journal de la Fondation suisse pour l'exploration alpine, III (1961), 10, pp. 3-17; M. Mila, Cento anni di alpinismo italiano, in C.-E. Engel, Storia dell'alpinismo, Torino 1965, ad indicem; R. Chabod, Le cime di Entrelor, Bologna 1969, pp. 84, 133 s.; Alpinismo italiano nel mondo, a cura di M. Fantin, Torino 1972, ad indicem; M. Fantin, Tricolore sulle più alte vette, Torino 1975, passim; La montagna: grande enciclopedia illustrata, Novara 1976, pp. 268 s.

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