GUICCIARDINI, Piero

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 61 (2004)

GUICCIARDINI, Piero

Vanna Arrighi

Nacque a Firenze nel primo decennio del sec. XIV da Ghino di Tuccio; della madre, morta nel 1323, si conosce il solo nome: Telda.

I Guicciardini, di antichissime origini, erano attestati a Firenze dal 1199 e da allora è documentata la proprietà del castello di Poppiano, nella Val di Pesa fiorentina. In quanto popolani, parteciparono alla vita pubblica dagli anni Ottanta del Duecento, che videro la rimonta e la vittoria dell'elemento popolare sulla componente aristocratica della cittadinanza.

Il nonno Tuccio fu membro dei Dodici buonuomini nel 1281 e consigliere nel 1284, mentre non pare che il padre abbia ricoperto uffici pubblici. Il G., ancora giovanissimo, fu assunto nella compagnia degli Acciaiuoli, asse portante dell'economia fiorentina con quelle dei Bardi e dei Peruzzi.

Nella compagnia Acciaiuoli, specializzata nel commercio dei panni di lana e nel credito e in cui era impiegato anche il fratello maggiore Niccolò, il G. percorse l'intero curriculum fino a diventare fattore, ruolo con compiti direzionali.

Almeno dal maggio 1337 è attestata la sua presenza a Chiarenza (porto della Morea), una delle principali piazze commerciali del Mediterraneo orientale, dove gli Acciaiuoli avevano una filiale della quale il G. fu direttore almeno nel periodo 1341-42, anni in cui sono documentati i pagamenti delle decime e degli altri diritti ecclesiastici riscossi nel vescovado di Olena e nell'arcivescovado di Patrasso da lui effettuati, per conto della compagnia, alla Camera apostolica.

In questo periodo egli approfondì i rapporti con Niccolò Acciaiuoli, gran siniscalco del re di Napoli, coetaneo del G. e amico di famiglia, che dal maggio 1338 al giugno 1341 soggiornò in Morea al seguito della sua protettrice Caterina di Valois, imperatrice titolare di Costantinopoli, e dei suoi figli; questa permanenza aveva come scopo primario quello di riorganizzare i territori orientali della casa d'Angiò, usando come base operativa la filiale di Chiarenza del banco di famiglia, di cui il G. era direttore. Si stabilì così tra i due un sodalizio d'affari, accompagnato però da un sincero legame affettivo, destinato a durare tutta la vita, sia pure costellato di qualche screzio.

Di questo variegato rapporto fanno fede la corrispondenza di Acciaiuoli e i libri di conti del G.; in particolare le lettere di Acciaiuoli (cfr. Léonard, 1936) contengono frequenti riferimenti al carattere irascibile del G., talvolta icasticamente definito "Piero collera", la cui suscettibilità doveva essere pari all'avarizia, dato che le sue violente sfuriate originavano sempre da questioni di denaro.

Nel 1343-44 intervenne il fallimento della compagnia Acciaiuoli, con conseguente chiusura delle filiali e fu probabilmente in seguito a ciò che il G. tornò definitivamente in patria. A Firenze egli mise in piedi un proprio banco di prestito, rimasto in attività almeno dal 1° nov. 1344 alla primavera del 1347.

Nello stesso periodo egli prese parte attivamente alle operazioni di liquidazione della compagnia Acciaiuoli, nei confronti della quale egli stesso vantava crediti, tanto che almeno per un certo periodo fu uno dei sindaci dei creditori. In seguito il suo ruolo cambiò e nel periodo 1346-48 divenne il prestanome di Niccolò Acciaiuoli, ricomprando a proprio nome, ma per conto dell'amico, beni di proprietà Acciaiuoli che venivano messi in vendita a istanza dei creditori; parte di questi beni furono poi dal G., sempre per conto dell'Acciaiuoli, ceduti come dotazione alla certosa di S. Lorenzo al Galluzzo, alle porte di Firenze, che si stava costruendo per iniziativa dell'Acciaiuoli. Il denaro per queste operazioni veniva anticipato dal G., che poi veniva rimborsato dall'Acciaiuoli, talvolta con grande ritardo; ciò suscitava le ire del G. che, in qualche caso, dovette essere compensato con possedimenti terrieri nell'Italia meridionale e in Grecia. Oltre al recupero dei beni di famiglia e alla dotazione della certosa, il G. anticipava somme di denaro all'Acciaiuoli anche per l'acquisto di armature da giostra o di regali preziosi, ma soprattutto per l'arruolamento di fanti e cavalieri da inviare nel Regno di Napoli per domare l'Abruzzo in rivolta. A questo scopo il G. stesso si recò a Perugia e vi rimase dodici giorni per sovrintendere al reclutamento. Per tutte queste operazioni il G. ricevette dall'Acciaiuoli nel periodo 1344-47 esborsi per circa 27.000 fiorini. Un passo di una lettera dell'Acciaiuoli del 31 ott. 1352 adombra però il sospetto che il G. si fosse indebitamente appropriato di parte di queste somme e la stessa convinzione espresse a distanza di due secoli Francesco Guicciardini nelle sue Memorie di famiglia.

A pochi anni dal suo ritorno a Firenze il G. era diventato - anche in conseguenza della peste nera del 1348 che aveva determinato una notevole concentrazione della ricchezza - uno degli uomini più ricchi della città: ne fanno fede le sue quote, tra le più alte della città, di "prestanze", ovvero i periodici prestiti forzosi indetti per alimentare le finanze del Comune. All'attività bancaria, in cui agiva in società con altri, il G. affiancò anche la manifattura laniera e un fondaco a Foligno, attività che poi furono continuate dal figlio Luigi. Accanto a queste attività ufficiali il G. dovette praticare anche il prestito privato a forte interesse e, occasionalmente, il prestito su pegno. Parte dei guadagni veniva investita negli acquisti terrieri e nella fondazione e dotazione della cappella di famiglia nella chiesa del monastero di S. Felicita.

I suoi primi passi nella vita pubblica furono condotti all'interno dell'arte del cambio, ove fu eletto console una prima volta il 1° genn. 1349 e poi di nuovo il 1° genn. 1359, ma il vero e proprio ingresso nella politica risale al 15 dic. 1352, quando divenne membro, in rappresentanza del quartiere di S. Spirito, dei Dodici buonuomini, uno dei due Collegi che coadiuvavano la Signoria nella sua azione di governo (ne fece di nuovo parte il 15 dic. 1366); nel bimestre maggio-giugno 1355 fece parte per la prima volta della Signoria in qualità di priore e dal 1° sett. 1356 fu membro dei Sedici gonfalonieri, il secondo dei due Collegi.

Gli uffici pubblici che ricopriva gli servivano anche per fare da tramite tra il governo fiorentino e il potente amico Acciaiuoli, che agiva per conto dei sovrani di Napoli. Il G. lo teneva costantemente informato sia sulle intenzioni del governo fiorentino sia sulle notizie che alla Cancelleria fiorentina giungevano dagli altri Stati. All'occorrenza faceva pressioni per venire incontro alle richieste napoletane: come nell'aprile 1353, quando il re di Napoli Luigi di Taranto, marito di Giovanna I, chiese aiuti militari alla Repubblica fiorentina: quest'ultima tergiversò e alla fine promise l'invio di 100 cavalieri, che però furono inviati, in grande ritardo, con una lettera di scuse, solo nel mese di luglio, quando il G. era tra i Priori. Altro esempio di questo rapporto di mediazione si era avuto nel 1351 quando l'Acciaiuoli aveva fatto del G. uno dei suoi procuratori incaricati di vendere Prato al Comune di Firenze.

Il G. nel 1358 fu uno dei sindaci dei creditori nel fallimento del banco di Alessandro Lamberti e Adovardo Del Buono. Nel 1364 partecipò a una pratica, cioè a uno dei consigli segreti convocati dalla Signoria, in questo caso per averne pareri sull'opportunità di stipulare un accordo con Pisa, che ponesse fine alla guerra scoppiata tra le due Repubbliche nella primavera del 1362, in seguito all'occupazione pisana di Pietrabuona e quando, nel settembre, si giunse al trattato di pace, egli fu uno dei sindaci che lo sottoscrissero per conto di Firenze. Nel bimestre novembre-dicembre 1367 fu gonfaloniere di Giustizia, raggiungendo così il vertice della sua ascesa politica. Quando il suo mandato stava per finire, il 23 dic. 1367, ricevette l'investitura a cavaliere dalle mani del podestà in carica Paolo di Rinaldo (Cima) da Staffulo.

Per questa ascesa politica e per l'adesione alla fazione capeggiata dai Ricci il G. fu vittima di attacchi: come nell'inverno 1368-69 quando fu accusato, mediante tamburazione, cioè denuncia anonima, di aver fomentato la ribellione di San Miniato e di aver offerto prestiti in denaro per finanziare l'insurrezione, ma l'accusa non fu provata e rimase senza conseguenze.

Il G. si era sposato poco dopo il suo ritorno a Firenze con Tessa di Bonaccorso Bardi, da cui ebbe l'unico figlio maschio Luigi e probabilmente anche due figlie, Mattea, sposata a Cristoforo Spini, e Dianora, sposata a Giovanni Mozzi; il G. aveva avuto anche una figlia naturale, Antonia, sposata a Simone Pallaleoni di San Miniato. Verso il 1360, rimasto vedovo, sposò Costanza di Franceschino Alamanni.

In data 15 marzo 1370 fece stilare un elenco di persone cui aveva concesso prestiti privati ad alto interesse e fu proprio la presenza di questo documento che permise al figlio Luigi, restituendo ai mutuatari una percentuale delle somme versate a titolo di interesse, di salvare il G. da un processo post mortem per usura.

Il G. morì a Firenze il 22 marzo 1370 (stile comune).

Fu sepolto nella cappella maggiore della chiesa del monastero di S. Felicita, ove tuttora si conserva una lapide con la dicitura: "Hic iacet d. Pierus Ghini de Guicciardinis qui obiit a. D. 1369 die 22 martii".

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Consulte, 4, c. 60r; Carte Sebregondi, 2829; Carte Ceramelli Papiani, 2570; Esecutore degli ordinamenti di giustizia, 553, c. 36; Notarile antecosimiano, 11380, c. 168; Tratte, 891, c. 10; Corporazioni religiose soppresse dal governo francese, 51/235, cc. 198, 379; Manoscritti, 557 (spoglio delle pergamene della famiglia Guicciardini), c. 9; Diplomatico, Certosa di S. Lorenzo al Galluzzo, 30 ott. 1326; 19 ott. 1344; 28 sett. 1345; 8 genn. 1346; 7 dic. 1346; 14 maggio 1347; 4 ott. 1348; 7 ott. 1348; 1° maggio 1355; ibid., S. Felicita, 2 giugno 1362; Provvisioni, Registri, 45, c. 200; 54, cc. 70, 72v; 55, c. 109; Arte del cambio, 12, c. 20v; 14, cc. 1, 5v, 36; Firenze, Archivio Guicciardini, Libri di amministrazione, 1 (Libro di dare e avere e ricordi del G. dal 1344 al 1366); 2 (Libro di debitori e creditori del 1370 del G. continuato dal figlio Luigi). Questi due registri sono stati oggetto di una tesi di laurea inedita, Università di Firenze, facoltà di lettere, a.a. 1998-99, relatore F. Sznura, consultabile in abstract su Internet: www.storia.unifi.it/PIM/EFSM/francescosensoli.htm; Firenze, Biblioteca nazionale, Poligrafo Gargani, 1041-1044; F. Guicciardini, Memorie di famiglia, in Id., Scritti autobiografici, a cura di R. Palmarocchi, Bari 1936, ad ind.; D.M. Manni, Osservazioni istoriche sopra i sigilli antichi dei secoli bassi, IX, Firenze 1742, pp. 99-103; Delizie degli eruditi toscani, XIV (1781), pp. 6, 61; R. Ridolfi, L'Archivio della famiglia Guicciardini, in La Bibliofilia, XXX (1928), p. 457; G. Salvemini, La dignità cavalleresca nel Comune di Firenze, Firenze 1896, p. 116; É.-G. Léonard, Nicolas Acciaiuoli victime de Boccacce, in Mélanges de philologie, d'histoire et de littérature offerts à H. Hauvette, Paris 1934, pp. 146 s.; Id., Histoire de Jeanne Ire reine de Naples, comtesse de Provence, III, Monaco-Paris 1936, ad ind.; Y. Renouard, Le compagnie commerciali fiorentine nel Trecento, in Arch. stor. italiano, s. 8, III (1938), 1, p. 51; E. Dori - P. Guicciardini, Le antiche case ed il palazzo dei Guicciardini in Firenze, Firenze 1952, pp. 21, 26 s., 105, 111; S. Borsari, L'espansione economica fiorentina nell'Oriente cristiano sino alla metà del Trecento, in Riv. stor. italiana, LXX (1958), 4, p. 500; R.A. Goldthwaite, Private wealth in Renaissance Florence: a study of four families, Princeton 1968, pp. 114 s.; G. Brucker, Florentine politics and society, Princeton 1968, pp. 71, 201; G. Leoncini, La certosa di Firenze nei suoi rapporti con l'architettura certosina, Salzburg 1980, pp. 116, 118; H. Hoshino, Nuovi documenti sulla compagnia degli Acciaiuoli di Firenze nel Trecento, in Annuario dell'Istituto giapponese di cultura, XVIII (1982-83), pp. 15, 23; G. Leoncini, Le grange della certosa di Firenze, Firenze 1991, pp. 24-27, 74, 117, 130; F.P. Tocco, Niccolò Acciaiuoli. Vita e politica in Italia alla metà del XIV secolo, Roma 2001, pp. XXVII, 7, 28, 44, 66 s., 72, 108, 143, 226, 243, 262, 308-312, 314, 330; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Guicciardini di Firenze.

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