ARCUDIO, Pietro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 4 (1962)

ARCUDIO (Arcudi, Arcudius, dal greco ᾿Αρκούδης), Pietro

Gregorio Mykoliw

Nacque a Corfù verso il 1563. Entrò nel Collegio greco a Roma nel 1578; vi rimase dodici anni e vi venne ordinato sacerdote in rito greco. Fu il primo allievo che ottenne il titolo accademico di dottore nel Collegio (24 genn. 1591). Subito dopo, su richiesta del vescovo latino di Łuck, Bernardo Maciejowski, il papa Gregorio XIV inviò l'A. nel regno polacco-lituano, perché predicasse l'unione ecclesiastica con Roma nei territori dell'odierna Ucraina, Bielorussia e in parte della Lituania, riuniti alla metropolia di Kiev e sottomessi al patriarca di Costantinopoli. Il piano di Maciejowski era molto attuale perché nella metropolia di Kiev esistevano già disposizioni unionistiche, le quali però tendevano a mantenere immutate le cerimonie e il rito orientale anche dopo la conclusione dell'unione con la S. Sede. L'A. doveva convincere la popolazione ucraina e biancorutena che l'unità della fede poteva essere facilmente conciliata con la diversità del rito. Egli lasciò Roma nella primavera del 1591 insieme con il Maciejowski, legato del re Sigismondo III, e partì per la Polonia.

Durante i tre anni trascorsi nella metropolia di Kiev, l'A. non solo rese popolare l'idea dell'unione, ma convertì alla fede cattolica Ipazio Potij, uno dei futuri realizzatori dell'unione di tutta la metropolia. Le difficoltà di lingua e del clima, la nostalgia dei genitori e della patria influirono sul ritorno dell'A. a Roma nella primavera del 1594 col proposito di ottenere il permesso da parte della S. Sede di svolgere il suo apostolato di unione nelle isole greche poste sotto il dominio di Venezia. Il progetto non ebbe seguito poiché erano giunti intanto dal papa Clemente VIII i rappresentanti della metropolia di Kiev, I. Potij e C. Terleckyj, i quali, dopo aver posto sotto l'autorità del pontefice tutta la loro provincia ecclesiastica (23 dic. 1595), pregarono l'A. e alcuni allievi del Collegio greco di organizzarvi il primo seminario. L'A., pur essendo contrario, dietro preciso ordine di Clemente VIII, nella primavera del 1596 partì di nuovo per la metropolia di Kiev, dopo aver ottenuto in qualità di aiutante un connazionale di Candia, G. Moschetti. Arrivato nell'Ucraina occidentale, insieme con il Potij preparò il clero ed il popolo per la ratifica dell'unione, che ebbe luogo nel sinodo provinciale di Brest (16-20 ott. 1596).

Contro l'unione insorse però una forte opposizione, organizzata e sostenuta dal principe C. Ostrožskyj. L'A. indusse i vescovi latini alla difesa in Senato dell'unione contro la coalizione scismatico-protestante, si adoperò per la fondazione del seminario con i fondi forniti dalla S. Sede, scrisse la sua più notevole opera polemica, l'Antirrhesis, dove difese tenacemente i vescovi uniti. Solo all'inizio del 1601, con l'aiuto del metropolita I. Potij, poté fondare il seminario nella città di Vilna, dove insegnò fino al 1603, traducendo anche dal greco in latino le opere classiche sulla processione dello Spirito Santo, che furono pubblicate a Cracovia. Il metropolita Potij inviava sovente l'A. dal nunzio apostolico e dal re per trattare diverse questioni riguardanti la sua metropolia. Per benemerenze in difesa dell'unione e per l'insegnamento in seminario l'A. ottenne alcuni benefici ecclesiastici.

Nell'ottobre del 1603 il Potij inviò l'A. a Roma per ottenere dalla S. Sede sovvenzioni per un nuovo seminario e, per il vescovo latino di Vilna Wojna, la concessione di un giubileo straordinario in Lituania. L'A. trattò, senza risultato, entrambe le questioni col cardinale P. Aldobrandini. All'inizio del 1605 tornò a Vilna dove preparò un catechismo per i giovani.

Nel 1609 il Potij inviò di nuovo l'A. ad limina. Alcuni biografi pensano che l'A. sia rimasto da allora per sempre a Roma: notizia che però contrasta con le stesse parole dell'A., secondo le quali egli rimase nella metropolia di Kiev per "interi 20 anni". I primi segni della dimora stabile dell'A. a Roma si hanno solo dopo il 1613, cioè dopo la morte del Potij. A Roma fu teologo del cardinale Scipione Borghese, passando al rito latino. Su alcuni libri editi a quel tempo figura come censore. Dopo la fondazione della Congregazione di Propaganda Fide (1622), l'A. prese parte alle sue sessioni come teologo. Desiderando solitudine e quiete si trasferì dal palazzo del cardinale Borghese al Collegio greco. Un documento del 1627 lo dichiara infortunato da tre mesi: passando per una via di Roma, l'A. era rimasto vittima di una disgrazia che gli aveva fatto perdere la facoltà di camminare. Morì nel 1633 e venne sepolto nella chiesa di S. Atanasio.

L'A. consacrò tutta la sua vita alla causa dell'unione ecclesiastica come missionario e come teologo. Proprio il lavoro missionario fu per lui lo stimolo all'attività controversistica, nella quale si distinse prima come polemista e traduttore degli autori classici, in seguito come autore originale. Era un profondo conoscitore dei Santi Padri, la cuidottrina pose alla base delle sue opere. Diffuso nella trattazione, nella polemica spesso è mordace, tagliente e intollerante, secondo il gusto del tempo.

I suoi scritti in ordine cronologico sono:

1. Antirrhesis sive Apologia adversus Christophorum Philalethem. Fino al sec. XIX era conosciuto soltanto il testo polacco dell'opera, stampato anonimo a Vilna nel 1600. La tradizione cattolica dalla fine del sec. XVIII ne considerava autore l'Arcudio. Nel secolo passato fu rintracciata anche l'edizione ucraina del trattato, mutila delle trenta pagine iniziali, titolo incluso: taluni studiosi, prendendo in considerazione soprattutto elementi formali, attribuirono allora l'opera al Potij. La loro ipotesi resse finché E. Legrand confermò definitivamente l'attribuzione dell'opera all'A. scoprendo il manoscritto contenente il testo latino dell'Antirrhesis, sul quale figurava il titolo: Petri Arcudii Corcyraei Apologia adversus Christophorum Philalethem (cfr. E. Legrand, p. 222). I testi slavi sono perciò verosimilmente traduzioni; ma, persasi nuovamente traccia del manoscritto, non è possibile accertare se si tratta di traduzioni letterali o libere.

2. Bessarionis Cardinalis Archiepiscopi Nicaeni Opusculum de processione Spiritus S. ad Alexium Lascarim Philantropinum, Cracoviae 1602. La traduzione polacca di quest'opera apparve a Cracovia nel 1605.

3. Ioannis Becci Constantinopolitani Patriarchae Inscriptiones, in sententias sanctorum Patrum, quas de processione Spiritus Sancti collegit, Cracoviae 1603.

4. Libri VII de concordia Ecclesiae Occidentalis et Orientalis in septem sacramentorum administratione, in folio, Parisiis 1619, 1626; in 4º, 1672. Questo è lo scritto più importante dell'A., cui egli attese per circa vent'anni, compiendo un'esposizione complessiva della dottrina sacramentale della Chiesa orientale; descrive il rito nell'amministrazione dei singoli sacramenti e sottopone ad una severa censura le reali o apparenti deviazioni dall'insegnamento dei SS. Padri. Quest'opera suscitò la polemica tra l'A. e Catumsyritus (cfr. Dict. de Théol. Cath., II, 2, coll. 2013 s.). Le opere furono dall'A. dedicate ai difensori più illustri dell'unione di Brest, e rispettivamente a: L. Sapieha, B. Maciejowski, S. Karnkowski e al re di Polonia Sigismondo III.

5. Opuscola aurea theologica quorundam clariss. virorum posteriorum Graecorum... circa processionem Spiritus Sancti, Romae 1630, 1670. È una raccolta dei migliori trattati sulla processione dello Spirito Santo, la quale tra l'altro contiene l'Opusculum Bessarionis e le Inscriptiones Becci, tradotti e stampati in precedenza a Cracovia.

6. Utrum detur purgatorium et an illud sit per ignem, Romae 1630, 1717.

7. De purgatorio igne adversus Barlaam, Romae 1637; opera postuma, stampata a cura di P. Ligaridio, discepolo dell'A., scritta in greco con traduzione latina a fronte.

8. Menologium Graecorum jussu Basilii junioris Imp. Constantinopolitani ante annum sal. DCCCCLXXXIV conscriptum, tradotto dall'A. da un manoscritto vaticano e pubblicato da F. Ughelli, in Italia Sacra, VI, Romae 1659, coll. 1049-1230; Venetiis, XX, suppl., coll. 243-348.

Tra le opere inedite dell'A. bisogna ricordare anche: un elogio del papa Gregorio XIII (cod. Parisinus 1100, ff.56-60); una Responsio ad librum Gabrielis Severi Philadelphensis de Sacramentis; una Responsio ad Catumsyritum (cfr. E. Legrand, p. 220). Tra le opere perdute bisogna ascrivere: la Historia de Ruthenorum cum Romana Sede unione; la Summa doctrinae christianae (catechismo). Delle numerose lettere dell'A. sono pervenute soltanto sette, una delle quali in greco, le altre in italiano.

Fonti e Bibl.: Roma, Arch. del Collegio greco, vol. I, f. 12 rv; vol. III, f. 38 rv; X, ff. 59-68; E. Legrand, Bibliographie hellénique... au XVII siècle, III, Paris 1895, pp. 209-232, 479-493; O. Halecki, Unia Brzeska..., in Sacrum Poloniae Millennium, I, Rzym 1954, pp. 71-125; Id., From Florence to Brest, Rome 1958; A. G. Welykyj, Litterae Nuntiorum Apostolicorum historiam Ucrainae illustrantes, II e III, Romae 1959. Cfr. anche gli altri volumi dello stesso autore nella serie: Documenta... ex Archivis Romanis, che si riferiscono al tempo dell'A.; R. Holowackyj, Seminarium Vilnense SS. Trinitatis, Romae 1957; G. Mykoliw, Opera unionistica Petri Arcudii (diss. ad lauream), Romae 1961; Dict. de Théol. Cath., I, 2, coll. 1771-1773.

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