BONO, Pietro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 12 (1971)

BONO, Pietro (Bono Lombardo)

Cesare Vasoli

Solo scarse notizie si possiedono sulla vita del B., autore di un trattato di alchimia, la Pretiosa margarita novella, a quanto attesta l'explicit dello stesso trattato nei codici più accreditati, in cui egli è chiamato "magister Bonus Lombardus de Ferraria" ed è definito "fisico", ossia dottore in medicina. L'explicit aggiunge che l'opera fu composta nell'anno 1330 a Pola "in provincia Ystriae". E in fine del trattato l'autore dichiara inoltre di avere già composto una quaestio simile, quando si trovava a Traù nel 1323 (e potrebbe forse trattarsi della redazione contenuta nel ms. Lat. 299= α. M. 8. 16 della Biblioteca Estense di Modena: cfr. anche G. Tiraboschi, Storia della letter. ital., II, Milano 1833, p. 311).

Al di fuori di queste notizie non si possiede altro riferimento sicuro sulla persona del B., che è stato talvolta identificato con Pietro Buono Avogaro, professore di astronomia e astrologia a Ferrara nella seconda metà del Quattrocento: identificazione non suffragata da alcuna prova, contro la quale ostano vari argomenti giustamente valutati dal Thorndike (pp. 147 s.: fra l'altro, il cognome "Avogaro" non ricorre mai nella tradizione manoscritta, e d'altra parte non sono noti particolari interessi alchimistici dell'Avogaro, mentre l'autore della Pretiosa margarita novella dimostra, a sua volta, di attribuire scarsa importanza all'astrologia e alla sua conoscenza per il compiuto possesso dell'arte alchimistica). La concordanza dei nomi e del luogo di origine non ha del resto un gran valore, perché il nome di Pietro Bono (o Buono) è molto diffuso sia a Ferrara sia in altre città dell'Italia settentrionale, come provano numerosi esempi citati sempre dal Thorndike (pp. 148 ss.). Tra l'altro è da ricordare che il Tiraboschi (pp. 311 s.), citando un Opuscolum de doctrina virtutum et fuga vitiorum, opera di un Pietro Buono da Mantova che si dichiara esiliato dalla sua città, avanza l'ipotesi di una sua identificazione col B., che avrebbe dunque soggiornato durante l'esilio a Ferrara e poi a Pola. Un'altra possibile identificazione lo stesso Tiraboschi propone con l'alchimista noto con il nome di "frater Ferrarius", autore di un'opera sulla pietra filosofale (edita sotto il nome evidentemente deformato di "Efferarius", in Verae alchemiae doctrinae, Basileae 1561, II, pp. 232-237): ma anche in questo caso, senza alcuna prova oggettiva (e il fatto che il B. autore della Pretiosa margarita novella non sia mai qualificato come frate o comunque come appartenente allo stato ecclesiastico toglie ogni verisimiglianza all'ipotesi).

Accettabile sembra la datazione al 1330 fornita dai manoscritti, che appare confermata dal fatto che nella Pretiosa margarita novella non vengono citati autori, come Alberto Magno, Tommaso d'Aquino, Ruggero Bacone, Arnaldo da Villanova e Raimondo Lullo per le opere alchimistiche loro attribuite (Thorndike, pp. 150 s.); più tardi, sarebbe stato impossibile che uno studioso e praticante di alchimia ignorasse opere ormai largamente diffuse e comunemente commentate, discusse e adoperate. È vero che la Pretiosa margarita novella non viene citata in altre importanti opere alchinustiche del Trecento o, addirittura, del Quattrocento; ma la circostanza non appare del tutto straordinaria, dato il carattere particolare della circolazione dei testi alchimistici.

Comunque, a parte la circolazione manoscritta, la Pretiosa margarita novella deve la sua discreta influenza sulla letteratura alchimistica del Cinquecento all'edizione - che in effetti è una rielaborazione in forma ridotta, insieme con testi provenienti da altre opere alchimistiche - stampata a Venezia, per i tipi aldini, nel 1546. L'autore di questa edizione, che si presenta sotto il nome di Giano Lacinio (ma sarebbe in realtà il francescano calabrese Giovanni da Crotone, secondo G. C. Sbaralea, Supplementum... ad scriptores trium Ordinum s. Francisci, II, Romae 1921, p. 22), mostra di considerare la Pretiosa margarita novella come opera di un contemporaneo di Alberto Magno, Lullo e Arnaldo da Villanova.

Il trattato è stato più volte ripubblicato: a Venezia nel 1557; in forma ridottissima, insieme con gli altri testi editi dal Lacinio, a Norimberga nel 1554; poi, a Basilea nel 1572, a Mömpelgard nel 1602, a Strasburgo nel 1608. Queste tre ultime edizioni recano un testo uguale a quello del codice del British Museum, Harleian. 672 studiato dal Thorndike; ed è questo il testo ristampato più tardi nelle classiche collezioni alchimistiche di L. Zetzner e di J. J. Manget nelle loro diverse edizioni. L'opera fu tradotta in tedesco a Lipsia nel 1714 da W. G. Stollen, ed ha avuto più recentemente anche una versione e riduzione inglese di A. E. Waite (The New Pearl of Great Price, London 1894).

La Pretiosa margarita novella è un manuale pratico di alchimia, anzi potremmo dire di divulgazione dell'arte alchimistica; il che non toglie che l'opera risulti lunga e prolissa - più della maggior parte degli altri trattati alchimistici - e mostri la tendenza a dare una formulazione e un andamento tipicamente "scolastici" alla trattazione della materia, rivelando la mentalità professorale del suo autore. Questi d'altro canto non perde un'occasione per insistere sulla natura veramente "mistica" dell'opera alchimistica; così come è sempre propenso ad inserire nel suo discorso concetti e termini di natura schiettamente filosofica, anzi a cercare una giustificazione della sua arte nei canoni della "fisica" e della filosofia aristotelica della natura. Proprio per questo discute minutamente gli argomenti contro l'alchimia contenuti nel testo allora corrente del quarto libro delle Meteore, sostenendo che essi non rispecchiano il genuino pensiero di Aristotele, il quale sarebbe invece perfettamente espresso nel Secretum Secretorum. Egli sa, e lo dichiara, che la paternità aristotelica di quest'opera è stata posta in serio dubbio, ma ritiene che la testimonianza di Haly sia argomento sufficiente per attribuire senz'altro il Secretum allo Stagirita. Anzi la sua fede nella piena conciliabilità tra la pratica alchimistica e la filosofia aristotelica è tale da indurlo a confortare le proprie dottrine con citazioni della Metaphysica, dell'Organon, del De anima e della Historia animalium.

Il rapporto dell'alchimia con la filosofia naturale è simile a quello che connette la medicina alla stessa naturalis philosophia: come il medico mira con la sua arte a preservare la salute, curare le malattie e ristabilire l'equilibrio naturale, così anche l'alchimista ha come scopo la cura e il perfezionamento dei "metalli vili"; egli vuole trasformare in oro quei metalli imperfetti che non hanno ancora raggiunto il loro ultimo stadio di perfezione.

Il B. ritiene del tutto indiscutibile il principio della relativa "imperfezione" dei "metalli vili e questi sono però naturalmente "ordinati" a diventare oro, e costituiscono insomma i gradi "medii" di una "scala" che ha come estremi, da un lato, l'argento vivo e lo zolfo, dall'altro, l'oro e l'argento. Perciò l'alchimista potrà operare facilmente su di loro, giacché sono in uno stadio avanzato lungo la via che li porterà a diventare oro.

Quanto al carattere particolare che distingue l'alchimia da tutte le altre arti e scienze, il B. non ha difficoltà ad ammettere che essa si fonda più su di un'ispirazione di carattere divino ed iniziatico che sulla rigorosa argomentazione scientifica. Confessa che è impossibile addurre ragioni sufficienti per spiegare la "pietra filosofale" e che l'operazione alchemica esige, soprattutto, una fede profonda. Proprio perché mancavano di questa fede, gli antichi alchimisti fallirono nei loro propositi e non, raggiunsero quel segreto divino, trascendente la natura e l'esperienza, nel quale consiste tutta la potenza e superiorità dell'arte.

L'aspetto più interessante della Pretiosa margarita novella è costituito dai frequenti e vasti riferimenti ai testi e agli autori classici della tradizione alchimistica, come Geber, Morienus, Senior, il Lilium, Haly, Razis, le cosidette Scoliae e Stellicae miticamente attribuite a Platone, Alphidius, ecc. Non si citano invece esplicitamente gli autori latini, che sono però indicati in modo generico come i "moderni" e contrapposti agli "antiqui". Tuttavia il Thorndike segnala l'utilizzazione della versione-esposizione del De mineralibus attribuita ad Aristotele, opera di Alberto Magno. Non mancano inoltre citazioni di opere di medicina (Galeno e Avicenna) e di astrologia (Abū Ma`shar).

Come gran parte dei trattati di alchimia del tempo, la Pretiosa margarita novella dedica solo una parte, del resto abbastanza sviluppata e ricca di notizie interessanti anche per la storia della tecnologia trecentesca, allo studio delle operazioni effettive necessarie per la pratica alchimistica. In questo il trattato non si allontana da quegli insegnamenti comuni e divulgati (operare solo sui metalli e non sugli altri minerali, considerare l'argento vivo come la causa materiale della pietra filosofale e lo zolfo come l'"agente", ecc.) che s'incontrano nei vari scritti attribuiti ad Alberto Magno, Ruggero Bacone e Arnaldo di Villanova. Si distingue però per la notevole semplicità dei procedimenti proposti e per la sua natura di manuale pratico, scritto per un pubblico di "fisici" e professori scolastici.

Bibl.: L. Thorndike, A History of magic and experimental Science, III, New York 1934, pp. 147-162; P. O. Kristeller, Iter Italicum, I London-Leiden 1963, pp. 315, 379.

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