CATANEO, Pietro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 22 (1979)

CATANEO (Cattaneo), Pietro

Arnaldo Bruschi

È incerta la data di nascita, da porsi presumibilmente nei primissimi anni del sec. XVI, di quest'artista senese, figlio di Giacomo, il quale, benché attivo come architetto militare nella Maremma senese, è soprattutto noto come autore di trattati.

Si formò nell'ambito della tradizione rinascimentale instaurata a Siena da Francesco di Giorgio Martini e in rapporto diretto con B. Peruzzi, dei quali dovette conoscere idee e disegni. Oltre che con D. Beccafumi (secondo il Milanesi marito, dal 1533, della sorella del C., Caterina, figlia per altri di un Angelo Catanei libraio), dal quale secondo alcuni imparò il disegno, ebbe relazioni con i due maggiori architetti del Cinquecento senese: Anton Maria Lari detto il Tozzo e Bartolomeo Neroni detto il Riccio. E intorno alla metà del secolo, divenne uno dei principali esponenti della cultura architettonica della sua città. Fu tuttavia nominato solo incidentalmente da Giorgio Vasari, che pure è molto probabile lo conoscesse personalmente, quale proprietario di una Madonna, "in un tondo a olio",del Beccafumi (Le vite..,a cura di G. Milanesi, I, Firenze 1880, p. 653 e n. 4). Scarsamente nota e studiata - e forse anche poco significativa - è la sua attività di architetto civile. Mentre è in prevalenza documentata la sua attività di architetto militare al servizio della Repubblica senese, attività che lo tenne occupato, con sospensioni dovute probabilmente alle vicende politiche, nelle zone della Maremma minacciate dalle incursioni saracene, per circa un decennio, almeno fino al 1552. Lettere patenti dei governanti della Repubblica (12 febbraio e 23 apr. 1546 , in Borghesi-Banchi, pp. 561 s.) presentano l'architetto al commissario governativo di Orbetello come "persona virtuosa e a noi molto accetta" incaricata di esaminare le fortificazioni di Porto Ercole e la "muraglia" di Orbetello. Secondo una lettera della Signoria di Siena allo stesso C. (Gaye, pp. 347 s., n. CCXLIII), diresse i lavori alla "muraglia" di Orbetello, affiancato, dal maggio dello stesso anno, da A. M. Lari e in generale ebbe "commissione di vedere le fortificationi principiate e da farsi ne le terre... d'Orbetello, Talamone, Portercole, Montauto et altri luoghi... et in quelle considerare quanto fusse bene di fare per maggiore sicurezza de' luoghi" (Borghesi-Banchi, p. 563). L'incarico gli fu rinnovato il 5 dic. 1547, e diversi pagamenti per i lavori eseguiti gli vennero effettuati dalla primavera alla fine dello stesso anno (ibid., pp. 563-65). Il 24 apr. 1548 era a Orbetello e riferiva alla Signoria sulla "muraglia fatta aTalamone" (Gaye, p. 366, n. CCLVI; Milanesi, p. 178 n. 107), mentre gli venivano inviati denari per pagare gli operai (Borghesi-Banchi, p. 565). Nell'ottobre 1552 era ancora impegnato in lavori di fortificazione, a Capalbio (ibid., p. 566), e il 27 novembre dello stesso anno scriveva da Campagnatico agli Otto della guerra inviando "la pianta de la terra di Campagnatico fatta con quella diligenza e prestezza che per me s'è possuto, et con certe poche d'aggiontioni che secondo il parer mio si doveria farle, volendola sicurar dalla artiglieria". E aggiungeva: "Non mancherò nel tornarmene da Pienza dar volta a Asinalonga... e giudicarla secondo che il poco saper mio mi detterà; et a la tornata mia..., lo'[ro] referirò" (Milanesi, p. 195, n. 117).

In questi stessi anni il C. doveva essere occupato alla redazione de I quattro primi libri di architettura che furono pubblicati nel 1554 (Vinegia, in casa de' figliuoli di Aldo). Nel trattato, che è in parte frutto dell'esperienza di questi anni nel campo dell'architettura militare, il C. ricorda le fortificazioni di Orbetello "il quale hoggi si truova occupato da Spagnuoli".

Èassegnata da alcuni al C., negli anni successivi al 1550,la partecipazione al completamento dell'oratorio di S. Giuseppe a Siena, ora chiesa della contrada dell'Onda, in collaborazione con B. Neroni (Thieme-Becker; su questa opera di controversa attribuzione e per alcuni iniziata da B. Peruzzi, si veda E. Romagnoli, Cenni storico-artistici di Siena...,Siena 1840, p. 26;A. Rondini, Siena e la sua provincia, Siena 1932, p. 75;L. Marri Martini, L'architettura di B. Peruzzi, in La Diana, IV, [1929], p. 204;A. Liberati, Chiese, monasteri, oratori e spedali senesi, in Bull. sen. di storia patria, XLVIII [1941] p. 298;F. Secchi Tarugi, Aspetti del manierismo nell'architettura senese del Cinquecento, in Palladio, XVI [1966], 1-4, pp. 108 s.). Incerta è anche la partecipazione del C. al completamento del palazzo Francesconi (ora Coli Mocenni), secondo alcuni iniziato anch'esso dal Peruzzi, per il quale da un lodo del 6 nov. 1562 ilC.risulta essere stato arbitro e stimatore dei lavori fatti (Borghesi-Banchi, p. 561 e nota a p. 562: sul palazzo si veda Secchi Tarugi, cit., pp. 107 s., con bibliografia).

Il nome del C. ricorre per l'ultima volta in documenti d'archivio sotto la data del 9 nov. 1564, allorché sua figlia Augusta andò in moglie ad Adriano di Francesco Giusi. In quest'occasione suoi beni sono indicati nel comune di Santa Colomba (Gaye, p. 348 n.). Nel 1567 fu pubblicata a Venezia l'ediz. accresciuta del suo trattato (L'Architettura di P. C. Senese. Alla quale oltre all'essere stati dall'istesso autore rivisti, meglio ordinati e di diversi disegni e discorsi arricchiti i primi quattro libri per l'adietro stampati, sonovi aggiunti di più il quinto, sesto, settimo e ottavo libro...).

La morte del C. è datata a Siena per lo più al 1569, anche se altri (Tafuri, p. 226, nota 12) la pone tra il 1567 e il 1573.

La fama del C. è tutta affidata al trattato di architettura, che è un documento di notevole importanza nella letteratura architettonica del Cinquecento, segnando il passaggio da trattati sul tipo di quello del Serlio - e con quest'ultimo contribuendo a diffondere idee rinascimentali sull'architettura e sulla città derivate dal Peruzzi e, prima, da Francesco di Giorgio - a trattati sul tipo di quelli di G. Vasari il Giovane, di B. Ammannati e, per certi aspetti di quello di G. B. Montano (Tafuri, pp. 220, 225-229,245, 249)ed anche di T. Gallaccini. Ma il suo atteggiamento risente del parziale isolamento dell'ambiente senese - la cui libertà politica era agonizzante - e della generale crisi politica, economica e culturale che corrisponde al periodo del manierismo e della Controriforma. Motivo dominante e in certa misura nuovo è l'interesse per la città e per le sue attrezzature: l'architettura nasce con il "vivere politico" (cap. II) e la sua "più bella parte... certamente sarà quella che tratta della città" (l. I, capp. I e VI), argomento al quale il C. dedica tutto il primo libro occupando quasi la metà dell'intero sviluppo della prima edizione del trattato. L'argomento è sviluppato con considerazioni originali, seppur radicate nella cultura del tempo e non ignare di Vitruvio, di diversi scrittori classici e non senza frequenti citazioni bibliche e di storia romana. La preoccupazione principale è la sicurezza militare, accentuata, nella trattazione, a confronto della "sanità",della comodità e dell'amenità: se la città più "comoda" è quella fluviale o portuale, la città più forte è quella circondata da acque, come Venezia, Mantova, Ferrara (che egli sembra conoscere). In ogni caso la città non deve essere edificata "a caso" e "senza ordine",come anche l'antica e la moderna Roma contro la quale ha parole di forte critica, ma in base a un impianto razionale. Ed è bene che la pianta non sia circolare, come errando "anco mostra Vetruvio",ma "angulare" (cioè con mura formanti un poligono e bastioni) "in modo che tutte le parti della muraglia si possino facilmente difendere" (cap. VI). Grande cura è poi da porsi nella razionale distribuzione degli edifici pubblici che il C. enumera (cap. VI) analiticamente con grande precisione e ricchezza indicandone la collocazione preferenziale e prendendo come riferimento un'organizzazione civile e politica del tipo di quella senese del suo tempo, ma anche introducendo edifici (bagni o terme, circo, naumachia, ecc.) tipici del mondo antico. Dopo l'esposizione teorica di una città "ideale" - che tuttavia in più casi sembra voglia alludere a Siena - segue l'illustrazione, anche con disegni, di esempi particolari secondo una casistica, ordinata per forma geometrica e per dimensione, che si preoccupa soprattutto di problemi pratici, e in particolare di quello dell'efficienza militare,con scarso interesse per l'organizzazione spaziale e, talvolta, per la stessa regolarità planimetrica. Questo atteggiamento empirico, da architetto militare, addirittura teorizzato a proposito della "città nel monte o colle",dove è necessario "in tutto obbedire al sito" e adottare forme irregolari con "recinti di strana, sgarbata et fantastica figura",entra spesso in conflitto con l'astratto concetto teorico di città "ideale" rinascimentale, geometrica e centrica, ancor memore nel C. di una simbologia antropomorfica, e forse astrologica, verosimilmente derivata da Francesco di Giorgio, che permane come iniziale riferimento. Il terzo libro (dopo il secondo che esamina i materiali da costruzione) tratta l'architettura religiosa mediante una casistica tipologica che riprende la tradizione rinascimentale, specie, anche letteralmente, di Francesco di Giorgio del quale ripete il sistema di diretto proporzionamento antropomorfico, giustificandolo tuttavia con una simbologia cristiana, di origine medievale, ora attualizzata dalla Controriforma: "dal suo [di Cristo] santissimo corpo bisogna pigliare le misure del tempio" e il suo interno è più nobile dell'esterno così come "fu più nobile l'anima et la divinità, parte interiore di Giesù Cristo, che il corpo, parte sua esteriore". Anche nella tipologia dei palazzi (l. IV) il C. suggerisce schemi teorici diffusi nel Cinquecento ma, come per i templi, vuol fornire un'ampia casistica di impianti geometrici diversi proponendo anche nuove, "manieristiche",invenzioni in quanto "è conveniente talvolta, per variare, così ne' palazzi come nell'altre fabriche, uscire delle figure contenute da anguli retti et fabricare il palazzo circulare, ovale, o di altre simil figure". E propone un bizzarro e insieme accademico palazzo circolare "ancor ch'io non creda",soggiunge, "che hoggi si vegga, né che nell'antico si sia visto usata tal figura nei palazzi o casamenti; né ch'io approvi che sia da usare, se non per capriccio... di chi avesse da spendere, la quale harebbe però del grande et all'occhio si dimostrarebbe molto grata".

L'edizione del 1567, accresciuta di alcune significative aggiunte nei primi quattro libri (come cenni sulla castramentatio romana, desunti da Polibio, nel primo libro; un consistente inserto vitruviano sui templi antichi e un'accademica critica al tempietto di S. Pietro in Montorio del Bramante nel terzo libro), svolge nel libro quinto, con stretta osservanza vitruviana e con frequenti critiche al Serlio ed anche all'Alberti, l'argomento dell'ornato delle fabbriche, cioè degli ordini architettonici. E mentre il sesto libro tratta delle acque in rapporto alla città e dei moderni edifici termali, il settimo e l'ottavo svolgono rispettivamente un breve corso di geometria ed uno di prospettiva rivolti, senza troppe disquisizioni teoriche, alla pratica degli architetti. Il tono da una parte accentuatamente libresco e accademico, dall'altra essenzialmente pratico, senza possibilità di sintesi tra i due atteggiamenti, indica in questa seconda edizione il diverso clima culturale stabilitosi nella seconda metà del secolo ed è il frutto di studi nel campo della letteratura architettonica, della geometria e della matematica che probabilmente impegnarono il C. nei suoi ultimi anni (come matematico, il C. aveva già scritto le Pratiche delle due prime mathematiche..., stampate da N. Bascarini a Venezia nel 1546).

Nel Gabinetto delle stampe e dis. degli Uffizi è conservata una serie di disegni del C. (Dis. arch., 3275-3381)di argomento vario, in molti casi tratti direttamente da Francesco di Giorgio (C. Maltese, Il protomanierismo di Fr. di G. Martini, in Storia dell'arte, IV [1969], pp. 440-45).

Fonti e Bibl.: Per notizie e docum., vedi Siena, Bibl. com., L II 7: E. Romagnoli, Biografia cronologica de' Bellartisti Senesi (ms.; ediz. anast, Firenze 1976, VII, cc. 171-242); G. Gaye, Cart. ined. d'artisti...,II, Firenze 1840, pp. 347 s. (n. CCXLIII) e nota, 366 (n. CCLVI); G. Milanesi, Docc. per la storia dell'arte senese..., Siena 1856, pp. 178 (n. 107) e 195 (n. 117); S. Borghesi-L. Banchi, Nuovi docc. per la storia dell'arte senese, Siena 1898, pp. 561-566 e note; C. Pini-C. Milanesi, Scrittura di artisti ital., s.l. né d., II, n. 178; J. Schlosser Magnino, La letter. artistica, Firenze-Wien 1967, pp. 405, 418; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 178; Encicl. univ. dell'arte, XIV, pp. 112, 572, 593 s., 641; Dizion. di archit. e urbanistica, ad vocem;M. Morini, Atlante di storia dell'urbanist., Milano 1963, p. 200, figg. 807 s. Per indicazioni interpretative e critiche: A. Blunt, Artistic theory in Italy, London 1940, p. 130; H. De La Croix, Military architecture and the radial city plan in Sixteenth Century in Italy, in The art bulletin, XLII (1960), pp. 263-90; R. Wittkower, Principîarchit. nell'età dell'Umanesimo, Torino 1964, p. 33; M.Tafuri, L'archit. del Manierismo nel Cinquecento europeo, Roma 1966, pp. 46 s., 220, 225-229, 240, 245, 249.

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