Giannóne, Pietro

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Storico e scrittore politico (Ischitella 1676 - Torino 1748); gli studî giuridici, e le dispute che divampavano nel Regno di Napoli, accentrarono gli interessi di G. sul problema dei rapporti fra Stato e Chiesa, che costituiscono il filo conduttore della sua Istoria civile del Regno di Napoli (1723), narrazione delle vicende politiche, giuridiche, culturali e religiose dell'Italia meridionale dalle origini del cristianesimo alla fine del sec. 17º. L'opera, anche storiograficamente di notevole rilievo, per avere posto al centro della narrazione un problema giuridico, ampliando così i confini della storiografia politico-militare, ebbe un valore politico e ideale grandissimo. La requisitoria contro gli abusi della Chiesa - ai quali viene contrapposta la purezza della Chiesa primitiva - e la critica delle pretese dei papi riguardo alla natura divina del potere temporale, s'inserivano, oltrepassandola, nella vivace tradizione giurisdizionalistica napoletana. Da ciò la sua fortuna europea (fu presto tradotta in francese, inglese, tedesco) e la violenta reazione dell'autorità ecclesiastica, che costrinse G., scomunicato, a rifugiarsi a Vienna (1724), dove attese a continuare una serie di scritti minori (Sulle scomuniche invalide, Sull'apostolica legazia, Professione di fede, Risposta alle "Annotazioni" del Paoli, Sull'arcivescovado beneventano, ecc.: 1723-34) nei quali ribadiva quel programma di progressiva demolizione delle prerogative ecclesiastiche - dall'exequatur alla censura, dal foro ecclesiastico all'inquisizione, ecc. - che l'anticurialismo napoletano attuò nel settantennio successivo. Negli stessi anni componeva il Triregno: opera non destinata alla pubblicazione (venne alla luce nel 1895, in forma incompleta, e in forma definitiva nel 1940), nella quale G. afferma che nell'antichità ("regno terreno") non erano noti i dogmi della vita eterna e della risurrezione della carne: dogmi proclamati da Cristo e ai quali si riduce l'essenza del cristianesimo puro ("regno celeste"); ma intorno a essi la gerarchia ecclesiastica intessé una tal serie di abusi da restaurare un nuovo regno terreno, più pagano dell'antico ("regno papale"). E quindi G. auspica nel Triregno la soppressione del papato e della gerarchia, come sola via che possa permettere l'esplicazione piena della sovranità laica. Passata Napoli ai Borboni (1734), G. tentò di tornarvi, ma le ostilità sollevategli contro dalla Chiesa lo costrinsero a rifugiarsi a Ginevra (1735), donde fu attirato con un tranello negli Stati sabaudi e arrestato (1736). Costretto a perpetua prigionia e a firmare un atto d'abiura (1738), trascorse gli ultimi anni nelle carceri sabaude, occupando il "disperato ozio" nella composizione di un'Autobiografia e di opere storiche minori.

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