MANCINI, Pietro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 68 (2007)

MANCINI, Pietro

Paolo Mattera

Nacque a Malito (Cosenza) l'8 luglio 1876, da Giacomo e Teresa Anselmi, in una famiglia di agiati professionisti. Dopo gli studi liceali, si iscrisse all'Università di Roma, dove nel 1901 conseguì la laurea in giurisprudenza, nel 1902 quella in lettere e filosofia; fu allievo di Antonio Labriola, attraverso il cui insegnamento conobbe il pensiero di K. Marx. Terminati gli studi universitari, tornò a Cosenza, dove sposò Giuseppina De Matera, e si dedicò a una duplice attività professionale: quella di docente di filosofia presso il liceo Bernardino Telesio - insegnamento che tenne fino al 1921 - e quella di avvocato penalista. Intanto cominciava anche il suo impegno in campo politico, che si tradusse nel 1904 nella decisione di prendere la tessera del Partito socialista italiano (PSI).

Nel pieno dell'età giolittiana in Calabria l'organizzazione del partito socialista mostrava i segni di una grave debolezza strutturale. Notevoli erano infatti le difficoltà di natura ambientale. L'economia agricola dominata dal latifondo e la natura sovente arcaica dei rapporti sociali rendevano estremamente difficile la penetrazione delle dottrine marxiste: i contadini, vuoi per timore di perdere il lavoro, vuoi per un atavico sentimento di deferenza nei confronti dei proprietari, si mostravano spesso diffidenti e sospettosi verso i propagandisti socialisti; la mancanza di grandi città e di centri industriali dove potesse formarsi un moderno proletariato di fabbrica faceva il resto, creando enormi ostacoli alla formazione di una piena coscienza di classe. Non meraviglia quindi che, nel 1909, nel quadro di un censimento politico degli elettori richiesto ai prefetti da G. Giolitti, in occasione della periodica revisione delle liste elettorali, risultassero poche decine di potenziali votanti socialisti (Roma, Arch. centrale dello Stato, Ministero dell'Interno, Comuni, relaz. del prefetto di Cosenza, 13 ott. 1909) e, alcuni mesi più tardi, la "mancanza di veri e propri partiti organizzati" (ibid., relaz. dell'8 luglio 1910). In effetti gli aderenti al PSI in Calabria erano in quegli anni quasi esclusivamente professionisti, avvocati o professori, comunque esponenti di estrazione borghese sensibili alla questione sociale.

In questo ambiente il M. mosse i primi passi e, grazie alle doti di oratoria che già ne facevano la fortuna come avvocato, emerse rapidamente come una delle personalità di maggior spicco. Nel 1905 fondò La Parola socialista, organo provinciale del PSI a Cosenza, di cui fu direttore. Poco dopo, al congresso provinciale socialista di Cosenza del 1906, entrò nel comitato federale. Intensificò quindi il proprio impegno per l'emancipazione dei contadini, dapprima lottando per il riscatto delle terre demaniali, poi per la distribuzione delle terre incolte dei latifondi (Ibid., Casellario politico centrale, relaz. del 10 giugno 1925). Nel 1907 si candidò in una lista comune socialista e repubblicana per le elezioni comunali di Cosenza, e riuscì eletto; fu però un'esperienza breve.

Era già entrato in contrasto con gli esponenti repubblicani del gruppo, quando si impegnò in una dura polemica contro i cattolici guidati dal "murriano" C. De Cardona, che vinse le successive elezioni amministrative del 1908.

Non rieletto consigliere comunale, il M. si dedicò all'attività organizzativa di partito e, nel 1913, partecipò al congresso regionale socialista, dove venne eletto membro della federazione calabrese; proprio in quegli anni, del resto, la presenza socialista stava aumentando: un processo di espansione e consolidamento, soprattutto nei centri urbani, che venne però bruscamente interrotto dallo scoppio della Grande Guerra.

Gli anni del primo dopoguerra furono anche per la Calabria densi di tensioni sociali; forti furono le proteste contro il carovita e notevole il movimento per l'occupazione delle terre, guidato dal M. e dall'emergente F. Gullo. A tale fermento non corrispose però, almeno all'inizio, un'azione compatta e incisiva del movimento socialista. Al contrario, soprattutto nel Cosentino, il partito appariva debole e percorso da profonde divisioni interne. Una nuova leva di organizzatori, provenienti dai borghi rurali e guidati dai fratelli Graziani, si poneva in contrapposizione con i dirigenti del capoluogo e contestava la leadership di Gullo e del Mancini.

Il contrasto, condotto dietro lo schermo della battaglia ideologica fra "elezionisti" e "astensionisti", raggiunse punte tanto alte da portare, nel novembre 1919, alla rinuncia a presentare liste socialiste per le elezioni nazionali. In provincia di Cosenza ne derivarono uno fra i tassi di astensione più alti del Paese (che raggiunse quasi il 60%) e un notevole successo della lista dei combattenti.

Seguì, all'inizio del 1920, il congresso provinciale del partito, che sembrò sancire i nuovi rapporti di forza interni e si concluse con la messa in minoranza del M. e di Gullo, la cui emarginazione fu, comunque, solo temporanea. Nel corso del 1920 l'attività di proselitismo e di organizzazione dei due leader continuò e si tradusse in novembre nella presentazione delle liste di partito per le elezioni amministrative. Il successo fu notevole: nella sola provincia di Cosenza furono conquistate undici amministrazioni comunali. Il PSI appariva dunque in ripresa quando giunse la scissione di Livorno, che segnò il passaggio di Gullo al Partito comunista d'Italia (PCd'I). Il partito socialista resse bene il colpo: alle elezioni del maggio 1921 presentò liste proprie e registrò una notevole affermazione, conquistando due seggi, uno per E. Mastracchi e l'altro per il M., i primi due deputati socialisti della Calabria. Fu quindi indetto un congresso regionale "pacificatore" (Paola, 21 ag. 1921) che segnò la riconciliazione tra i fratelli Graziani e il M., tornato figura di primo piano del socialismo calabrese.

"Pericoloso nei riflessi dell'ordine pubblico" lo definiva una relazione di polizia, in quanto "oratore spigliato ed arguto" che riusciva "nei pubblici comizi a conquistare le masse" (Roma, Arch. centr. dello Stato, Casellario politico centrale, b. 2974, f. Mancini Pietro, scheda biografica).

Inevitabilmente il M. divenne oggetto delle aggressioni squadriste, che anche in Calabria cominciarono a moltiplicarsi nel corso del 1922: l'episodio più grave si ebbe il 23 ottobre, quando il M., in viaggio sul treno Catanzaro-Cosenza, venne assalito e insultato da una squadra fascista che, dopo aver cercato di scacciarlo dal treno, dovette desistere per la ferma resistenza del deputato e l'intervento di alcuni passeggeri e ferrovieri. Nel medesimo clima di paura e di intimidazione si svolse la campagna elettorale del 1924, "scomposto movimento - denunciava il M. - che si gabella come lotta elettorale" (in Avanti!, 4 apr. 1924). Nonostante ciò, i socialisti conservarono i due seggi e il M. fu confermato deputato. Dopo il delitto Matteotti si oppose alla secessione dell'Aventino: contestava la presenza del PSI in una formazione troppo eterogenea sul piano politico e proponeva invece un'intesa di soli partiti proletari, in particolar modo con il PCd'I. Nel corso del 1925 accentuò il proprio dissenso verso la linea del partito e, stando anche a una relazione di polizia, progettò la fondazione di un nuovo giornale a sostegno delle proprie posizioni (Roma, Arch. centr. dello Stato, Casellario politico centrale, b. 2974, f. Mancini Pietro, relaz. dell'8 sett. 1926). Ma la sospensione delle libertà politiche avvenuta nel 1926 pose fine a questa esperienza e aprì una fase del tutto nuova.

Dichiarato decaduto da deputato, fu assegnato al confino a Nuoro; ottenuta poco tempo dopo la libertà condizionata, tornò a Cosenza, dove, nonostante la vigilanza e le formali diffide, si mantenne in contatto con i vecchi compagni di partito e si astenne dal voto al "plebiscito" del 1929.

Suscitò così la preoccupata attenzione delle autorità locali che, reputandolo "un non lieve pericolo per una più seria e concreta azione antinazionale", ne suggerirono il rinvio al confino (ibid., relaz. del 16 apr. 1929).

Nuovamente condannato, fu mandato a Gaeta. Scontata la pena, negli anni Trenta si dedicò alla professione, astenendosi, almeno pubblicamente, dallo svolgere attività politiche e di propaganda. Conservò comunque intatta la sua antica fede politica, tanto che nel giugno del 1943 una relazione della polizia evidenziava come il M. dovesse ancora "considerarsi elemento pericoloso a cagione della sua elevata cultura e dei suoi sfavorevoli precedenti" (ibid., relaz. del 29 giugno 1943).

Infatti, non appena cadde il fascismo, il M. fu uno dei protagonisti della ricostituzione del partito socialista in Calabria; si mise in contatto con i leader nazionali, soprattutto con P. Nenni, e si adoperò per la riapertura di circoli e sezioni. Il 7 nov. 1943, all'arrivo degli Alleati e per indicazione del Comitato antifascista, fu nominato prefetto. Gli incarichi pubblici si moltiplicarono rapidamente; fu infatti designato ministro senza portafoglio nel secondo governo Badoglio (22 aprile - 18 giugno 1944); poi fu chiamato a Roma, come ministro dei Lavori pubblici nel governo Bonomi (18 giugno - 12 dic. 1944) e venne eletto vicepresidente della Consulta nazionale. Infine, nel 1946, si candidò nelle file del Partito socialista di unità proletaria (PSIUP) per l'Assemblea costituente e riuscì eletto con un alto numero di preferenze. Fece parte della Commissione dei settantacinque che formularono lo schema della costituzione, lavorando nella prima sottocommissione. Senatore di diritto della prima legislatura repubblicana, durante la quale fu membro sia della giunta per il regolamento sia della VII commissione (Lavori pubblici e Trasporti), rinunciò al seggio nel 1953, essendosi candidato alla Camera il figlio Giacomo.

Ritiratosi dalla politica attiva, mantenne alte cariche all'interno degli organi forensi, in qualità di rappresentante della Calabria nell'ordine superiore forense e di presidente della Cassa di previdenza per avvocati e procuratori; nel 1964 fu infine nominato giudice costituzionale aggiunto.

Il M. morì a Cosenza il 19 febbr. 1968.

Del M. si veda: Storia del socialismo calabrese, in Almanacco socialista, Milano 1922, pp. 370-379; Il movimento socialista in Calabria, in Il Ponte, VI (1950), pp. 1205-1213.

Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centrale dello Stato, Casellario politico centrale, b. 2974, f. Mancini Pietro (in particolare: scheda biografica, 17 giugno 1921; relazioni: 10 giugno 1925, 8 settembre e 18 nov. 1926, 16 apr. 1929, 29 giugno 1943; nota 15 maggio 1929); Ministero dell'Interno, Comuni, 1907-1909, b. 310 (relaz. del prefetto di Cosenza, 13 ott. 1909); 1910-1912, b. 592 (relaz. del prefetto di Cosenza, 8 luglio 1910); Ibid., Fondazione P. Nenni, Arch. Pietro Nenni, Carteggio, b. 31, f. 1554 (lettera del M. a Nenni, s.d.); G. Mela, I deputati della Costituente, Torino 1949, ad nomen; I deputati e i senatori del primo Parlamento repubblicano, Milano, 1949, ad nomen; J. Lattari Giugni, I parlamentari della Calabria dal 1861 al 1967, Roma 1967, ad nomen; F. Spezzano, La lotta politica in Calabria (1861-1925), Manduria 1968, ad ind.; F. Pellegrini, Origini del movimento socialista in Calabria, con prefaz. di G. Mancini, Cosenza 1969, passim; E. Misefari, Le lotte contadine in Calabria nel periodo 1914-1922, Milano 1972, ad ind.; La "Parola socialista". Settant'anni. Speciale 1905-1975, Cosenza 1976 (in particolare: L. Petroni, Il PSI nella provincia di Cosenza dal dopoguerra alla marcia su Roma, pp. 135-139 e G. Masi, Il movimento socialista a Cosenza negli anni 1892-1900, pp. 381-390); G. Masi, Socialismo e socialisti in Calabria (1861-1914), Salerno-Catanzaro 1981, ad ind.; G. Cingari, Storia della Calabria dall'Unità ad oggi, Roma-Bari 1982, ad ind.; V. Cappelli, Politica e politici, in Storia d'Italia (Einaudi), Le regioni, La Calabria, a cura di P. Bevilacqua - A. Placanica, Torino 1985, ad indicem.

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