MOSCATI, Pietro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 77 (2012)

MOSCATI, Pietro

Paola Zocchi

– Nacque a Milano il 4 giugno 1739 da Bernardino, chirurgo, e da Elisabetta Beretti. Figlio primogenito, fu battezzato nella parrocchia di S. Nazaro il 15 giugno.

Ebbe un fratello, Giovanni, anch’egli medico, e due sorelle, Luigia e Caterina. Avviato agli studi classici presso il liceo milanese S. Alessandro, seguì la carriera paterna iscrivendosi alla facoltà di medicina dell’Università di Pavia, dove si laureò il 17 febbraio 1758. Nello stesso ateneo, a soli 24 anni (dicembre 1763), ottenne la cattedra di anatomia e chirurgia, comprensiva dell’insegnamento di ostetricia.

Appartiene a questi primi anni l’Indice de’ discorsi anatomici che si tengono pubblicamente nel teatro della Regia Università di Pavia (Milano 1768), dedicato al padre, nel quale Moscati, partendo dall’anatomia, allarga lo sguardo alla fisiologia, alla patologia e alla pratica medica, sottolineando l’importanza dell’indagine sul cadavere, sussidiata dall’anatomia comparata per la conoscenza generale e filosofica della natura.

Gli studi anatomici furono sempre alla base dei suoi lavori: del periodo pavese è il Discorso intorno alla struttura de’ tendini (1771), nel quale dimostrò di aver compreso chiaramente il rapporto tra fibre muscolari e tendinee descritto in epoca molto più recente. L’influenza del padre, ostetrico di fama e fondatore della scuola di ostetricia per levatrici e chirurghi dell’ospedale Maggiore, è evidente soprattutto nell’approccio ‘pratico’ e attento alle innovazioni tecniche seguito da Moscati nell’insegnamento, per esempio grazie all’utilizzo delle nuove macchine che riproducendo gli stadi dello sviluppo fetale rendevano possibile agli allievi un efficace esercizio delle manovre ostetriche fondamentali.

Sempre a suo agio di fronte a una platea di uditori, attento a recepire le novità scientifiche che provenivano dall’estero, Moscati amava stupire il pubblico con tesi brillanti e a volte provocatorie: fece molto scalpore il suo discorso accademico Delle corporee differenze essenziali che passano fra la struttura de’ bruti e la umana (1770), nel quale si afferma che non vi sono differenze sostanziali tra il corpo degli uomini e quello degli animali e che il passaggio dalla postura quadrupede a quella bipede è stato per l’uomo causa di innumerevoli malesseri fisici, configurandosi come una degenerazione dello stato di natura. Moscati anticipa inoltre in questo testo le teorie sui rapporti di causalità fra la stazione eretta e la conformazione del cranio e del cervello, che solo molto più tardi vennero identificati dagli antropologi come fenomeni evolutivi della specie umana. Nonostante le critiche, che lo costrinsero a stampare un’Appendice alla seconda edizione, del 1771, il discorso ebbe vasta risonanza, tanto che nello stesso anno fu tradotto in tedesco da Johann Beckmann e poi ristampato a Gottinga.

Nel 1771 sposò la nobile Claudia Caterina Lambertenghi, che non gli diede figli e dalla quale si separò dopo 18 anni. Nell’ottobre 1772, lasciò Pavia per l’ospedale Maggiore di Milano, subentrando al padre con il titolo di regio professore di medicina, chirurgia e chimica. Maria Teresa d’Austria fece istituire per lui nel nosocomio milanese, su richiesta del padre che si avviava al pensionamento, una cattedra simile a quella appena lasciata all’ateneo pavese. Si trattava di una delle 14 nuove cattedre istituite presso le Scuole palatine di Milano, dove insegnavano intellettuali di prestigio come Paolo Frisi, Giuseppe Parini e Cesare Beccaria. Prima di partire, indicò come suo successore a Pavia l’allievo Giacomo Rezia, al quale lasciò il compito di dare inizio a una vera e propria scuola di anatomia e di allestire il Museo anatomico universitario, che Rezia sviluppò negli anni successivi sotto la supervisione del maestro.

L’arrivo di Moscati a Milano coincise con un notevole cambiamento nella gestione del cosiddetto Quarto delle balie dell’ospedale Maggiore, il reparto degli esposti e delle partorienti. Al nuovo professore fu affidato, oltre all’insegnamento chirurgico e ostetrico, tutto il servizio clinico del Quarto, compresa la vigilanza medica sulle balie e sugli esposti, unendo di fatto per la prima volta al ruolo dell’ostetrico quello di medico dei bambini.

Testimonia l’attività di Moscati in campo pediatrico un opuscolo dal titolo Memorie interessanti sulle malattie de’ bambini di vari celebri autori, come Wilson e Saillant (conservato a Milano presso l’Istituto lombardo di scienze e lettere). Privo di data e di frontespizio, con il titolo scritto a matita, l’opuscolo appare singolare poiché alle parti a stampa (capitoli incompleti di un testo più ampio) sono intercalate fitte pagine manoscritte dello stesso Moscati, il quale corresse e commentò i vari autori, citando le proprie esperienze e annotando i rimedi sperimentati con successo sugli esposti milanesi.

Dapprima insieme al padre, poi da solo, Moscati si cimentò in un generale rinnovamento dell’assistenza medica nell’ospedale Maggiore. Si deve a loro il riconoscimento della trasmettibilità della sifilide e l’adozione nel brefotrofio di precauzioni igieniche per contrastare la diffusione del male. In particolare  i bambini luetici, o anche solo sospettati d’esserlo, cominciarono a essere isolati e nutriti artificialmente con latte di mucca o di capra, decotti d’orzo e altri nutrimenti preparati appositamente. Moscati sperimentò per diversi anni anche la cura della sifilide infantile con la somministrazione dei mercuriali alle capre stesse.

I due Moscati furono inoltre i primi a eseguire l’innesto del vaiolo umano in Lombardia: il padre lo eseguì per la prima volta a Milano, privatamente, nel maggio 1761, mentre al figlio si deve il primo innesto pubblico su 24 fanciulli nell’ottobre 1778.

Formatosi nel contesto del dispotismo illuminato teresiano, Moscati recepì e fu attivo portavoce della nuova concezione dello Stato come comunità di cittadini, la cui salvaguardia dal punto di vista igienico-sanitario era oggetto diretto di interesse pubblico. La fiducia nella scienza e nelle sue possibilità di trasformazione della realtà sociale fu un tratto caratteristico di tutta la sua attività, che lo portò ad aderire ai progetti di riforma attuati da Maria Teresa e da Giuseppe II, i quali avocarono allo Stato il controllo delle professioni mediche e del sistema sanitario lombardo, sottraendolo all’arbitrio di corpi e collegi.

Nel 1774, con l’approvazione del Regolamento generale della facoltà medica, Moscati fu nominato assessore del nuovo Direttorio medico istituito a Milano. Si trattava di un ufficio centrale, di nomina regia, incaricato di presiedere a tutte le questioni relative alla sanità, nel quale sedevano, oltre a lui, l’assessore Guglielmo Patrini e il direttore della facoltà medica Giuseppe Cicognini. Moscati fu incaricato, in particolare, di effettuare le visite periodiche agli ospedali lombardi, per le quali occorreva un soggetto ugualmente preparato in medicina, chirurgia e farmacia, un ruolo che già svolgeva dal 1766 come membro della Deputazione interinale della facoltà medica e che mantenne fino al 1788. Divenuto un uomo di fiducia della Corte imperiale, nel dicembre 1776 vide riconosciuti i suoi servigi con la nomina a membro della Società patriotica, istituita quell’anno da Maria Teresa.

All’inizio degli anni Ottanta ebbe inizio l’ampliamento dell’ospedale Maggiore. Nel dicembre 1780 l’intero Quarto delle balie confluì nell’ex monastero di S. Caterina alla ruota, situato proprio di fronte all’ospedale. Moscati seguì in prima persona i lavori di adattamento del nuovo edificio, nel quale dovette trasferire la propria residenza essendo incaricato, come regio professore di chirurgia, di assistere i ricoverati in S. Caterina a qualunque ora del giorno e della notte. Il suo impegno fu premiato dal governo nel gennaio 1785 con la nomina a direttore medico dell’ospedale Maggiore e dell’annessa Pia casa di S. Caterina alla ruota. Poco dopo, nel gennaio 1786, fu chiamato da Giuseppe II a visitare gli ospedali di Vienna per studiarne i regolamenti. Al suo rientro, ai primi di marzo, l’incarico di direttore ospedaliero si estese anche all’Istituto aggregato di S. Corona e a tutte le «case de’ pazzi, scemi, schifosi ed incurabili nella città di Milano e suo circondario».

Di lì a poco, tuttavia la carriera di Moscati fu bruscamente interrotta. Le connessioni e i compromessi con i collegi cittadini portarono nel 1786, dopo la morte di Cicognini, al trasferimento del Direttorio medico da Milano a Pavia, dove le cattedre di clinica medica e di anatomia e chirurgia erano state affidate rispettivamente a Johann Peter Frank (1785) e ad Antonio Scarpa (1783). L’ascesa dell’astro di Frank comportò la progressiva decadenza di quello di Moscati, che nel luglio 1788 – in seguito all’accentramento voluto dal governo e alla nomina di Frank a capo del Direttorio medico e a regio consigliere assessore della Commissione delle Pie fondazioni – fu destituito da tutte le cariche, compresa quella di direttore dell’ospedale Maggiore, mantenendo soltanto il ruolo di medico ordinario di S. Caterina alla ruota.

L’occasione di liberarsi di Moscati fu data al governo da una poco chiara vicenda di irregolarità amministrative nella gestione della farmacia ospedaliera, il cui servizio era appaltato a speziali esterni sotto la responsabilità del direttore, che fu facilmente accusato di mancata vigilanza. Anche se sul finire del 1791, con la riapertura ufficiale della Scuola di ostetricia come scuola governativa da parte del nuovo imperatore Leopoldo II, gli fu restituito l’incarico di professore in S. Caterina (in luglio aveva anche rinunciato alla cattedra di chimica a Pavia per motivi di salute), successivamente l’immagine di perseguitato dagli austriaci finì per facilitare anziché ostacolare la sua carriera.

Intanto, in quei pochi anni di forzata inattività, si diede a tradurre gli Elementa medicinae del medico scozzese John Brown (1780), che stavano rivoluzionando le teorie medico-scientifiche. La traduzione fu pubblicata nel 1792 presso lo stampatore Galeazzi di Milano e uscì quasi contemporaneamente a quella dell’altra opera browniana, le Observations on the principles of the old system of Physic. Exhibiting a compend of the new doctrine, realizzata a Pavia da Giovanni Rasori. L’approccio di Moscati al brownismo fu molto più cauto e strumentale rispetto a quello entusiastico del giovane Rasori, tanto che nella prefazione specificava che non intendeva avallare una teoria  destinata al vaglio dell’esperienza clinica, ma semplicemente sottolinearne l’importanza al fine di controbilanciare l’ippocratismo dominante e di combattere l’usanza indiscriminata di sottrarre a pazienti già gravemente debilitati – mediante salassi, purganti ed emetici – presunti umori peccanti. Il confronto con Rasori, tuttavia, era destinato a radicalizzarsi negli anni seguenti.

Nel giugno 1796, con l’entrata dei francesi a Milano, la vita di Moscati ebbe una svolta. Grazie alla fama di vittima dell’Austria, non solo riottenne la direzione dell’ospedale Maggiore, ma divenne un esponente di spicco del governo rivoluzionario fino a meritare, nel luglio 1797, la nomina a membro del primo Direttorio della Repubblica Cisalpina. Moscati ben rappresentava, del resto, quella figura di savant di cui amava circondarsi Napoleone, il quale, dopo avergli affidato la salute della moglie, Giuseppina di Beauharnais, lo nominò membro del comitato incaricato di redigere la Costituzione repubblicana e presidente della Società di pubblica istruzione.

Esponente di quell’alto ceto amministrativo, scientifico e intellettuale che era stato il nerbo della Milano teresiana, Moscati passò da un regime all’altro mantenendo sostanzialmente immutate le proprie opinioni in merito al ruolo della scienza nell’amministrazione statale. Nonostante il suo rispetto per la cultura, nel 1797 partecipò – a suo dire solo per obbedire agli ordini di Napoleone – alla requisizione dei beni ecclesiastici e in particolare al trasporto a Parigi dei tesori di Loreto, tra cui la celebre statua della Madonna nera.

Con il primo colpo di Stato attuato nella Repubblica Cisalpina nell’aprile 1798, fu espulso dal Direttorio (16 aprile) per aver cercato di difendere fino all’ultimo l’indipendenza repubblicana. Nel febbraio 1799 accettò la cattedra di clinica medica lasciata libera all’Università di Pavia dal ‘giacobino’ Rasori, costretto ad abbandonare l’insegnamento dopo i tumulti suscitati dalla sua veemente prolusione anti-ippocratica. Moscati assunse allora il ruolo dell’anti-Rasori, pronunciando a sua volta un discorso inaugurale, Dell’uso dei sistemi nella pratica medica, in cui riconosceva Ippocrate come l’intramontabile campione della «medicina d’osservazione», l’unica arma valida contro gli «erronei sistemi».

Il suo magistero pavese ebbe però vita breve. In maggio, con l’occupazione austro-russa della Lombardia, l’università fu chiusa e Moscati fu arrestato nella sua casa di campagna di Gorla mentre si preparava all’espatrio. Imprigionato a Milano, dovette aspettare diversi mesi prima che si istruisse il processo a suo carico, iniziato nel gennaio 1800. In maggio, per ordine dell’imperatore austriaco, fu prelevato con altri prigionieri e condotto alla fortezza di Cattaro in Dalmazia, dove giunse ai primi di luglio. Sopravvisse a sette mesi di prigionia soprattutto grazie alla sua fama di clinico, che lo portò a curare gli infermi della città su istanza del governatore di Cattaro e a raggiungere addirittura a Vienna l’arciduca Carlo malato, e poté rientrare in patria alla fine del febbraio 1801 dopo la pace di Lunéville, con la definitiva vittoria dei francesi sulle armate imperiali.

Nel giugno 1801 riprese quindi posto nella vita politica della seconda Repubblica Cisalpina, partecipando al suo processo di trasformazione in Repubblica italiana come membro della Consulta legislativa, dei Comizi di Lione e del Collegio elettorale dei dotti. Fu eletto nella Consulta di Stato con delega alla pubblica istruzione e nel novembre 1802 entrò a far parte dell’Istituto nazionale, previsto dalla nuova costituzione.

In quegli anni i suoi incarichi si moltiplicarono. Nel 1804 fu nominato presidente del nuovo Magistrato centrale di sanità e nel maggio 1805 entrò nel Consiglio di Stato del neocostituito Regno d’Italia. Il 7 giugno 1805 (giorno in cui Eugenio di Beauharnais fu proclamato viceré) ottenne la nomina a direttore generale dell’Istruzione pubblica, cui facevano capo non solo la politica scolastica, ma anche quella della scienza e, in generale, quella culturale del nuovo Regno. Si diede allora – ormai ultrasessantenne – a un lavoro impegnativo su più fronti, ordinando inchieste conoscitive sul territorio, progettando la riorganizzazione del sistema scolastico, riformando e potenziando il sistema museale, bibliotecario e archeologico (in particolare nella Milano che Napoleone voleva trasformare in capitale culturale del Regno), curando l’organizzazione della propaganda e la formazione della classe dirigente dello Stato napoleonico.

Negli anni la sua autonomia decisionale fu progressivamente ridimensionata e sottoposta al controllo capillare del ministero dell’Interno, motivo per cui sul finire del 1809, dopo aver ottenuto in febbraio la nomina a senatore, fu sostituito nell’incarico da Giovanni Scopoli.

Nel 1812 la polemica con Rasori ebbe uno spiacevole epilogo: il medico lionese Jean-Félix-Antoine Ozanam, fatto laureare a Pavia dallo stesso Moscati con l’assenso di Antonio Scarpa grazie a un’apposita formula ad honorem, pubblicò un libello in cui il metodo rasoriano veniva pesantemente accusato di danneggiare anziché curare i pazienti. Un decreto sovrano obbligò quindi Rasori a sottoporre le sue teorie al giudizio di una commissione, nella quale figuravano gli stessi Scarpa e Moscati. Il crollo del regime napoleonico (aprile 1814) giunse però a interrompere bruscamente il procedimento.

Con il rientro degli austriaci a Milano Rasori fu estromesso e poi processato per cospirazione, mentre Moscati, più moderato e considerato ormai innocuo anche per motivi di età, poté ritirarsi a vita privata e dedicarsi ai suoi studi di meteorologia.

Fin dalla metà degli anni Sessanta del Settecento Moscati aveva svolto ricerche sugli effetti delle condizioni ambientali sulla salute, prima in collaborazione con Giuseppe Visconti di Saliceto (che ne aveva pubblicato i risultati ne Il Caffè nel 1764), poi con Marsilio Landriani, professore di fisica sperimentale alle Scuole palatine. Egli stesso nel 1780 aveva allestito, nella sua abitazione all’interno dell’ospizio di S. Caterina alla ruota, un vero e proprio osservatorio meteorologico, progettando personalmente macchine in grado di registrare automaticamente le variazioni atmosferiche e ordinando all’estero strumenti sofisticati e all’avanguardia, spesso utilizzati per la prima volta in Italia. Questo patrimonio confluì, nel 1808, nella nuova specola che Moscati allestì sulla torre del campanile di S. Giovanni in Conca, messogli a disposizione dal governo napoleonico. Qui continuò le registrazioni meteorologiche e diede avvio a una serie di osservazioni astronomiche, facilitato dall’altezza del campanile, che superava quella dell’Osservatorio astronomico di Brera. Il peggioramento delle condizioni della vista e l’avanzare dell’età lo convinsero, nel 1821, a lasciare la specola al governo austriaco, affinché la desse in dotazione al Liceo di S. Alessandro, al quale fu effettivamente donata l’anno successivo.

Moscati aveva disposto nella sua abitazione anche un laboratorio di chimica, nel quale realizzò una preparazione che ebbe vasta diffusione con il nome di «mercurio solubile del Moscati».

Morì a Milano il 17 gennaio 1824. In base al testamento, del 18 settembre 1823, lasciò erede l’ospizio di S. Caterina alla ruota, destinando la sua collezione di macchine fisiche al conte Alessandro Annoni e la ricca biblioteca all’Istituto lombardo di scienze e lettere.

Opere: oltre a quelle citate, Osservazioni ed esperienze sul sangue fluido, e rappreso; sopra l’azione delle arterie; e sui liquori che bollono poco riscaldati nella macchina pneumatica, Milano 1783; Discorso accademico dei vantaggi della educazione filosofica nello studio della chimica, ibid. 1784; Compendio di cognizioni veterinarie all’occasione dell’epizoozia del 1795, ibid. 1795; Discorso letto nella solenne apertura della Società di pubblica istruzione ed arti di Milano dal cittadino P. M. … il giorno 17 piovoso nella gran sala del Palazzo nazionale, 1797; Osservazioni sulla medicina dei Morlacchi e sulle conformità del loro empirismo antichissimo con più recenti principi della teoria medica, Bologna 1806; Della morbosa chiusura dell’orificio dell’utero nell’occasione di parto imminente e di un metodo assai facile e sicuro per rimediarvi, Milano 1821.

Fonti e Bibl.: Milano, Arch. dell’ospedale Maggiore, Carte Moscati, 91-92; Arch. di Stato di Milano, Autografi, b. 216; Studi, parte moderna, b. 417, f. 8; Pio Istituto di S. Corona, Archivio della direzione medica, b. 14; Arch. di Stato di Pavia, Università, Facoltà medica, b. 634 (Relazione di P.M., visitatore degli ospedali nello stato di Mantova nel 1781); Milano, Arch. storico civico e Biblioteca Trivulziana, Ufficio di sanità, Registri dei morti, anno 1824. Diario dell’innesto del vaiolo fatto per la prima volta in Milano nel mese di maggio del 1761 ne’ due figliuoli del dottor Tadini, in Novelle letterarie pubblicate in Firenze l’anno 1761, XXII, Firenze 1761, pp. 521-524, 542-544, 549-551, 569 s.; Regolamento generale della facoltà medica, Milano 1775; N. Rosen de Rosenstein, Trattato delle malattie dei bambini … trasportato dal tedesco con alcune note da Giovanni Battista Palletta, Milano 1780, pp. 179 s.; A. Cattaneo, Alcuni cenni sul conte M., in Giornale di farmacia-chimica e scienze accessorie, 1828, n. 7, pp. VII-XIII; P. Sangiorgio, Cenni storici sulle due Università di Pavia e di Milanoe notizie intorno ai più celebrimedici, chirurghi e speziali di Milano …, Milano 1831; Biographie universelle, ancienne et moderne. Supplément, LXXIV, Paris 1843, pp. 445 s.; A. Vannucci, I martiri della libertà italiana dal 1794 al 1848, Firenze 1860, pp. 128-136; C. Decio, Notizie storiche sulla ospitalità e didattica ostetrica milanese, Pavia 1906; P. Pecchiai, Della vita del dott. P. M. (1739-1824), estr. da L’Ospedale Maggiore, 1913, n. 11; R. Soriga, Il processo al cittadino P. M., in Bollettino di storia pavese e storia patria storica, XIV (1914) pp. 211-241; G. Castelli, Figure dell’Ottocento alla Ca’ Granda, Milano 1940; L. Belloni, La scuola ostetrica milanese dai Moscati al Porro, Milano 1960; G.A. Ferrari, M. e i potenti, in Economia, istituzioni, cultura in Lombardia nell’età di Maria Teresa. Atti del convegno … Pavia … 1980, a cura di A. De Maddalena - E. Rotelli - G. Barbarisi, II, Istituzioni e società, Bologna 1982, pp. 925-955; G. Cosmacini, Teorie e prassi mediche tra Rivoluzione e Restaurazione, in Storia d’Italia, Annali, VII, Malattia e medicina, a cura di F. Della Peruta, Torino 1984, pp. 153-205; M.T. Monti, Inediti di P. M.: un episodio del dibattito italiano sull’insensibilità della dura madre, in Nuncius, 1987, n. 1, pp. 157-170; G. Cosmacini, Rasori e M.: una polemica giacobina, in Annali di storia pavese, 1991, n. 20, pp. 147-152; E. Proverbio, Sul Gabinetto meteorologico e sulla Specola meteorologica e astronomica di P. M. in Milano, in Memorie della Società astronomica italiana, 1997, vol. 68, pp. 543-572; G. Remotti, L’assistenza materno-infantile nella città di Milano attraverso i secoli, VI, P. M., in Annali di ostetricia, ginecologia, medicina perinatale, 1998, n. 1, pp. 14-98; P. Zocchi, L’assistenza agli esposti e alle partorienti nell’ospedale Maggiore di Milano e nell’ospizio di S. Caterina alla ruota tra Sette e Ottocento, in Bollettino di demografia storica, 1999, nn. 30-31, pp. 165-184; L. Bonandrini, P. M., in «...parlano un suon che attenta Europa ascolta». Poeti, scienziati, cittadini nell’Ateneo pavese tra riforme e rivoluzione, Pavia 2000, pp. 237-245; F. Monza, Anatomia in posa. Il Museo anatomico di Pavia dal XVIII al XX secolo, Milano 2006; A. Ferraresi, La Direzione generale di pubblica istruzione nel Regno d’Italia, in Istituzioni e cultura in età napoleonica, a cura di E. Brambilla - C. Capra - A. Scotti, Milano 2008, pp. 341-391; P. Mazzarello, La medicina e le discipline affini nelle pubblicazioni dell’Istituto lombardo, in L’Istituto lombardo Accademia di scienze e lettere, II, Storia della classe di scienze matematiche e naturali, a cura di E. Gatti - A. Robbiati Bianchi, Milano 2008, pp. 565-670.

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