NOBILE, Pietro

Dizionario Biografico degli Italiani (2013)

NOBILE, Pietro

Enrico Lucchese

– Nacque a Tesserete, presso Campestro, nel Canton Ticino, il 10 ottobre 1776, primogenito di Stefano e di Marianna Ferrario, fra loro cugini.

Verso il 1785 raggiunse a Trieste il padre, capomastro alla canalizzazione del Borgo Teresiano, dove lavorava pure il padrino Carlo Francesco Ferrari. Una prima formazione architettonica è attestata da una raccolta in volume di disegni della Biblioteca civica di Trieste (Lucchese, 2012), eseguiti parte a Firenze nel 1793 e parte a Venezia nel 1794, alcuni dei quali copie dalle coeve incisioni di Ottavio Bertotti Scamozzi (ibid.).

Diventato capitano di mare nel 1797, fu al contempo impiegato nell’attività edilizia e progettuale, come confermano una lettera del 1794  al padre in cui scriveva: «posto al bivio della nautica o dell’architettura, preferisco abbracciare la seconda» (Savi, 1969, p. 67) e un atto del 28 dicembre 1797 in cui l’architetto carnico Uldarico Moro lo citava tra i suoi allievi, «uno di quelli, che à dato saggio in questa città» (Firmiani, 1990, p. 188). Rossella Fabiani (in Pagine architettoniche, 1997, pp. 26-28, 184) ha approfondito il rapporto tra Moro e Nobile, giungendo ad attribuire al più anziano artista almeno il disegno n. 82 del volume (Trieste, Soprintendenza per i beni storici, artistici, etnoantropologici del Friuli Venezia Giulia, Fondo disegni Pietro Nobile, n. 7) che raccoglie le esercitazioni di copiatura dal primo tomo del trattato Perspectiva pictorum et architectorum di Andrea Pozzo (Walcher, 1995).

Una serie di vedute con episodi della prima occupazione francese (marzo-maggio 1797), conservata a Trieste presso la Fondazione Giovanni Scaramangà di Altomonte, documenta le capacità grafiche acquisite dal giovane Nobile, chiamato subito dopo a eseguire il disegno per il Prospectum Tergesti forum inciso nel 1798 da Felice Zuliani, immagine emblematica di Trieste neoclassica: «in un radicale capovolgimento dell’ottica rovinistica, la veduta esibisce, nei cumuli di marmi e pietre in primo piano, non già i relitti di un’antica magnificenza, bensì i materiali dell’inarrestabile crescita urbana» (Pavanello, 1990, p. 135).

Il 26 agosto 1797 chiese un salario quale «studente di architettura civile [...] per intraprendere in Roma lo studio di tale scienza» (Guidi, 1999B, p. 215); con decreto dell’11 gennaio 1798 (Fabiani, 1988, p. 77) gli fu prorogato lo «stipendio nautico» di cui già godeva. Nell’Urbe la frequentazione dell’Accademia di S. Luca, con la probabile conoscenza di Giuseppe Valadier (Montesi, 1963, pp. 223, 225), gli consentì di affinare la formazione.

Durante il soggiorno romano, conclusosi nella prima metà del 1800 (Pavan, 1998, p. 21), concepì un grandioso progetto architettonico (cfr. Fabiani, in Pagine architettoniche, 1997, pp. 28-36) nel quale, essendosi trovato «a misurare ed esaminare gli avanzi dell’antica Roma», immaginava «un Campidoglio pentagono atto a celebrare il trionfo degli alleati e la loro unione nel Tempio della Pace e della Concordia» (Progetti di varj monumenti architettonici, Trieste 1814, p. 3).

Trasferitosi a Vienna almeno dall’agosto 1800 (Pavan, 1998, p. 21), presentò a Francesco II il disegno eseguito a Roma meritandosi l’accesso all’Accademia di belle arti della città e una borsa di studio quinquennale che gli consentisse di proseguire gli studi in Italia. A Roma «presumibilmente dalla primavera del 1801» (Fabiani, 2007, p. 447), strinse amicizia con Antonio Canova, documentata dal marzo 1803 (Rusconi, 1923, p. 363). Il soggiorno capitolino, di cui molte tracce sono nei 70 volumi di disegni conservati presso la Soprintendenza di Trieste (cfr. Pagine architettoniche, 1997), proseguì, a parte un breve periodo di nuovo a Vienna nel marzo 1802 (Pavan, 1998, p. 22), fino al febbraio 1805, quando dovette rientrare a Trieste a causa dell’aggravarsi dei disturbi alla vista di cui soffriva da un triennio (ibid., p. 24). Invano Canova tentò di fargli prorogare la borsa dell’Accademia (Rusconi, 1923).

Ristabilitosi a Trieste, partecipò al cantiere della nuova Borsa, edificata da Antonio Mollari, fornendo il 1° agosto 1805 un disegno per la decorazione pittorica della sala Maggiore (Lucchese, 2005). Il giorno dopo indirizzò al governo cittadino «supplica a volerlo prendere in considerazione in qualche circostanza» (Guidi, 1999A, p. 70), ricevendo risposta positiva ma con la richiesta di perfezionarsi a Vienna anche nel campo amministrativo-contabile; nel 1806, per due volte, fu «stipendiato a Vienna» (ibid., p. 66 n. 6) dalla Cassa civica triestina.

Nella capitale asburgica trascorse i primi otto mesi del 1807 come praticante di Louis Montoyer alla Direzione delle pubbliche fabbriche. Ritornato a Trieste, fu assunto, presso la locale Direzione, come «ingegnere terzo aggiunto», avanzando di grado durante la terza occupazione francese (1809-13); nel 1810 fu «ingegnere divisionario» per poi diventare nel 1811 «ingegnere in capo […] per il Litorale illirico» (Guidi, 1999A, pp. 67 s.). Giovò senz’altro alla sua carriera la raccomandazione di Canova, che lo segnalò al maresciallo Auguste Marmont in una lettera datata 30 dicembre 1809 (Rusconi, 1923, p. 366); il 29 giugno dello stesso anno erano stati spediti da Roma a Trieste per la collezione di Nobile cinque gessi canoviani (Pavanello, 1990, p. 136).

Nel 1808 aveva partecipato a titolo personale al concorso per la chiesa triestina di S. Antonio Nuovo, vincendolo; il cantiere tuttavia non si aprì e solo nel 1823 fu riproposto il problema della costruzione della chiesa. Nobile si aggiudicò nuovamente la selezione, con un progetto simile a quello di quindici anni prima cui aggiunse «nel prospetto principale un pronao a sei colonne con alcuni gradini che occupano anche i lati del prospetto, che nella precedente idea erano assenti, mentre nel primitivo piano soltanto due colonne avrebbero ornato la facciata principale» (Fabiani, 1980, p. 94). La gestazione dell’opera, consacrata nel 1849, fu lunga e non attese tutte le indicazioni, soprattutto ornamentali, dell’architetto; Jean-Nicolas-Louis Durand (1833) comunque la segnalò per grandiosità, biasimandone tuttavia la cupola ellittica e le torri sul retro. Nonostante le dimensioni, «garden temple» (Meeks, 1960) piuttosto che basilica solenne (come invece pare meglio all’interno), S. Antonio dimostra una coerente «funzione urbanistica [...] di fronte al reticolo regolarissimo del borgo teresiano» (Semenzato, 1971, p. 155).

Un ruolo di grande importanza nell’impresa fu svolto da Domenico Rossetti, con il quale Nobile aveva fondato nel 1810 il Gabinetto di Minerva e collaborato al progetto del cenotafio di Winckelmann (Bonifacio, 2000). Per il Gabinetto Nobile chiese il 14 settembre 1809 a Canova un Autoritratto, ricevendo invece un calco in gesso del busto di Napoleone (Pavanello, 1990, p. 136), opera ricordata  «da molto tempo» a Trieste in una lettera di Nobile a Canova del 10 gennaio 1811 (Rusconi, 1923, p. 350).

A questo periodo risale la sua iscrizione alla massoneria (Pacorig, 1991, p. 226). Nel 1813 divenne membro ordinario dell’Accademia italiana di Pisa e, l’anno dopo, ottenne il diploma all’Accademia di archeologia di Roma; nel 1815 fu proposto per la prima volta come accademico di merito in quella di S. Luca, titolo che gli fu confermato nel 1822 (Pavan, 1998, pp. 27, 30-32).

Con il ritorno sotto il dominio austriaco, mantenne i suoi incarichi e, nella primavera del 1816, accompagnò l’imperatore in Istria (ibid.). Studioso delle antichità aquileiesi, triestine, istriane e dalmate (Fabiani, 2012), dal 1809 aveva seguito scavi e compiuto rilievi archeologici, elaborando nel 1813 un «Project relatif aux antiquitées architectoniques d’Illyrie» (di cui esiste trascrizione moderna: Trieste, Biblioteca civica, Fondo Pietro Sticotti, R.P. Ms. Misc. 501, c. 14). Nel 1818 si trasferì a Vienna, come consigliere aulico di Francesco II e direttore della Scuola di architettura all’Accademia di belle arti (Schoeller, 2008, pp. 20 s.). Morto il 14 dicembre 1816 Johann Ferdinand Hetzendorf von Hohenberg, direttore della scuola dal 1772, ottenne questo incarico prevalendo su altri candidati grazie alla stima del presidente dell’Accademia, il principe Klemens von Metternich, che «ne elogiò i meriti, ponendo in risalto le sue conoscenze artistiche e la sua energia, importanti presupposti per riformare la Scuola» (ibid., p. 20).

Nel 1820 subentrò a Luigi Cagnola nel progetto della Burgtor (Pavan, 2005), ideandone un altro ispirato «ai propilei di Atene, come modello antico, ed a quelli di Berlino come riferimento contemporaneo» (Fabiani, 2007, p. 449). Come la Burgtor, pure il contemporaneo Theseustempel, sede espositiva per il gruppo canoviano del Teseo e il centauro, ebbe una «progettualità intensa» (Pacorig, 1993, p. 241), con l’architetto portato da un lato ad accettare le richieste dello scultore, specie sull’illuminazione interna della cella (Rusconi, 1923, pp. 367 s.), e dall’altro a rispettare le istanze dell’imperatore (ibid., pp. 353 s.). In tale edificio «netti sono i riflessi dell’esperienza romana: aver introdotto a Vienna lo stile dorico, direttamente esemplato sui modelli greci attraverso le nuove teorie architettoniche» (Fabiani, 2007, p. 450).

La permanenza viennese (Hüttl-Hubert, 1999), documentata dal copialettere alla famiglia (Pavan, 2002), lo vide impegnato non solo dal lato progettuale; infatti, «dal suo insegnamento sarebbe nata una generazione di tecnici che dalla metà del XIX secolo doveva rivoluzionare l’assetto architettonico di Vienna e di tutto l’Impero» (Fabiani, 2007, p. 450). Dal 1829 impartì al duca di Reichstadt «lezioni sui monumenti antichi greci e romani e sull’estetica in generale» (ibid.).  Nel 1835 ideò il sarcofago di Francesco I per la cripta dei Cappuccini di Vienna (Hüttl-Hubert, 1999, pp. 148 s.) e progettò, su commissione di Metternich, opere a Vienna, a Plass, a Johannisberg, a Marienbad e a Königswart (Kinžvart), in Boemia.

Membro di varie società in Italia e in Europa, ottenne il cavalierato di S. Vladimiro nel 1835 e quello della Corona ferrea nel 1845 (Pavan, 1998, pp. 43, 48, 53, 55, 58, 61). Negli ultimi anni, ormai malato (Premuda, 2007), si dedicò anche alla natale Tesserete, fondandovi nel 1844 una scuola di disegno. Un’amara lettera al fratello, del 19 agosto 1845, è significativa dei suoi «dispiaceri grandi all’Accademia [...] non si vuole più ne Vignola ne Palladio ne altri architetti di stile romano, ma si vuole lo stile tedesco originale» (Pavan, 2002, I, p. 580).

Ritiratosi nel 1850 a vita privata, morì a Vienna il 7 novembre 1854.

Opere: Trieste, casa Fontana (1813), casa Costanzi, palazzo Biserini (1817);  Canale d’Isonzo, ponte (1815-16); Gradisca, carceri (1816), e Salvore, faro (1817-18), in Istria; Vienna, Cortisches Kaffehaus (1820-24), Festsaal del Politecnico (1826-1834); Graz, teatro (1824-25); Baden, villa Hudelist (1816); Leopoli, biblioteca Assolinski (1819) e collegio delle carmelitane (1833); Salisburgo, restauro del castello di Mirabell (1819-20); Wawel, Cracovia, cappella Potocki nella cattedrale (1832); Esztergom, progetto della cattedrale (1834); Chelmo (Kulm), monumento della vittoria (1835). Per altri progetti e realizzazioni, si veda: Pavan, 1998; Fabiani, 2007.

Fonti e Bibl.: J.N.L. Durand, Recueil et parallèle des édifices de tout genre, Venise 1833, p. 76; C.L. Rusconi, P. N. e il gruppo del Teseo di Antonio Canova a Vienna, in Archeografo triestino, XXXVIII (1923), pp. 346-372; C.L.V. Meeks, Pantheon paradigm, in Journal of the Society of architectural historians, XIX (1960), p. 138; P. Montesi, L’architettura neoclassica a Trieste, in Bollettino del Centro internazionale di studi di architettura Andrea Palladio, V (1963), pp. 215-227; P. Savi, P. N. architetto capriachese, in Almanacco della Croce rossa, 1969; C. Semenzato, L’architettura neoclassica a Trieste, in Bollettino del Centro internazionale di studi di architettura Andrea Palladio, XIII (1971), pp. 151-157; R. Fabiani, P. N. e la chiesa di S. Antonio Nuovo, in Archeografo triestino, LXXXIX (1980), pp. 85-116; Id., P. N. a Roma, in Arte in Friuli Arte a Trieste, X (1988), pp. 77-82; F. Firmiani, L’architetto Uldarico Moro (1737-1804). Documenti inediti, proposte, interrogativi, in Neoclassico. La ragione, la memoria, una città: Trieste. Relazioni presentate al Convegno, Trieste… 1989, a cura di F. Caputo - R. Masiero, Venezia 1990, pp. 182-189; G. Pavanello, Le belle arti nel «Porto-franco», in Neoclassico arte, architettura e cultura a Trieste 1790-1840, a cura di F. Caputo (catal., Trieste), Venezia 1990, pp. 134-136; M. Pacorig, Massoneria e architettura nella Trieste neoclassica: il caso di P. N., in Arte Documento, V (1991), pp. 226-231; Id., Canova e il tempio di Teseo a Vienna, in Arte Documento, VII (1993), pp. 239-242; M. Walcher, Andrea Pozzo e le ripercussioni del suo trattato nel Friuli e nella Venezia Giulia, in Arte in Friuli Arte a Trieste, XV (1995), pp. 116-124; Pagine architettoniche. I disegni di P. N. dopo il restauro, a cura di R. Fabiani, in Relazioni, X (1997), n. monografico; G. Pavan, P. N. architetto (1776-1854), Trieste-Gorizia 1998; L’architetto P. N. (1776-1854) e il suo tempo. Atti del Convegno internazionale di studio, Trieste…1999, a cura di G. Pavan, in Archeografo triestino, s. 4, CIX (1999); N. Guidi, Nuovi documenti sulla carriera di P. N. presso la Direzione delle pubbliche fabbriche di Trieste, ibid., 1999A, pp. 63-82; E. Hüttl-Hubert, N. a Vienna, ibid., pp. 131-156; G. Pavan, P. N. architetto: nuovi documenti e notizie da materiali d’archivio di Trieste e Milano, ibid., pp. 423-481; N. Guidi, P. N. Regesto degli atti presenti nell’Archivio storico del Comune di Trieste, in Atti e memorie della Società istriana di archeologia e storia patria, XCIX (1999B), pp. 207-336; P. Bonifacio, Il cenotafio di Winckelmann, in Altertumskunde im 18. Jahrundert, Stendal 2000, pp. 23-50; G. Pavan, Lettere da Vienna di P. N. (dal 1816 al 1854), I-II, Trieste 2002; E. Lucchese, Un disegno di P. N. per il «Volto della Gran Sala» nel palazzo della Borsa di Trieste, in Atti e Memorie della Società istriana di archeologia e storia patria, CV (2005), 2, pp. 475-481; G. Pavan, La Burgtor di N. e di Cagnola a Vienna, in Archeografo triestino, CXIII (2005), pp. 183-214; R. Fabiani, P. N. (1776-1854), in Contro il Barocco. Apprendistato a Roma e pratica dell’architettura civile in Italia (1780-1820), a cura di A. Cipriani - G. P. Consoli - S. Pasquali (catal.), Roma 2007, pp. 447-452; L. Premuda, Considerazioni retrospettive per una diagnosi sulle cause di morte di P. N., in Archeografo Triestino, CXV (2007), pp. 295-301; K. Schoeller, P. N. direttore dell’Accademia di architettura di Vienna (1818-1849), Trieste 2008 (con bibl.); G. Pavan, P. N., i francesi e un padiglione trionfale per Napoleone, in Archeografo Triestino, CXIX (2011), pp. 79-93; G. A. Cattaneo - A. Graf Reina - G. Reina, La Comunità svizzera a Trieste dal  ’700 al ’900, Trieste 2012, pp. 130-134, 210-220; R. Fabiani, La scoperta dell'antico a Trieste ed in Istria all'inizio dell'Ottocento: P. N. archeologo, in L'architecture de l'Empire entre France et Italie, a cura di L. Tedeschi - D. Rabreau, Mendrisio 2012, pp. 383-394; E. Lucchese, Tasselli per il Neoclassicismo a Nord Est: N., Bison, Bevilacqua, in Valori tattili, I (2012), in corso di stampa.

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