MELLI, Pietro Paolo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 73 (2009)

MELLI, Pietro Paolo

Sauro Rodolfi

MELLI (Megli, Melii, Melio, de Mellis), Pietro Paolo. – Nacque a Reggio nell’Emilia il 14 luglio 1579 da Ottavio e Laura (della quale è ignoto il cognome) e fu battezzato il giorno successivo nel battistero cittadino (cfr. Reggio Emilia, Archivio del Battistero, Registri dei battesimi, sub data).

Nulla si conosce sulla formazione musicale del M.; è tuttavia probabile che abbia avuto luogo presso la cattedrale, dove studiò anche il compositore Domenico Maria Melli, suo cugino di secondo grado.

Sono scarse le notizie biografiche sui suoi anni giovanili e un documento pubblicato con l’intento di illuminare quel periodo non sembra potersi prendere in considerazione. Si tratta di una lettera di raccomandazione spedita il 12 ott. 1599 da Virginio Arlotti, «mandatario et nuncio della comunità di Reggio», al consigliere segreto di Cesare d’Este, duca di Modena e Reggio, in cui si chiede «di favorire il Mellio, conforme al alligato memoriale» (Torelli, 1984, pp. 35 s.). In sostanza, il contesto della lettera, che contiene allusioni ad avvenimenti poco circostanziati, nonché la perdita dell’accluso memoriale non aiutano a decifrare l’identità del personaggio raccomandato e, in ogni caso, non autorizzano a ritenere che questi fosse proprio il Melli.

Le lacune biografiche sono lievemente attenuate dalla conoscenza di otto atti notarili stipulati a Reggio Emilia tra il 1600 e il 1612, nei quali il M. compare come attore principale (ibid.). Benché se ne ignori il contenuto, si può tuttavia dedurre che il M. fosse ancora residente in città nel periodo in cui furono rogati. La sua presenza a Reggio Emilia è tra l’altro confermata anche da altri riscontri: nel 1604, per esempio, il M. era presente alla morte del padre e l’8 marzo alla sua sepoltura nell’oratorio della locale Confraternita della Ss. Trinità (Reggio Emilia, Archivio parrocchiale di S. Pietro, Libro dei defunti, sub data, n. 547); inoltre chiese allo zio paterno Ludovico di scarcerare un debitore insolvente (Archivio di Stato di Reggio Emilia, Archivio notarile, b. 1920, atto n. 343 del 15 luglio 1604, notaio Nicola Andreoli).

La fama del M. come virtuoso di liuto varcò i confini cittadini già intorno al 1610. Da un dispaccio indirizzato a Modena da Bartolomeo Bassi, segretario dell’ambasciatore estense presso il granduca di Toscana, si apprende che il 16 maggio 1610 il M. fu arrestato a Firenze perché «trovato coll’archiboso corto», ovvero venne sorpreso illegalmente armato. Sembra tuttavia che il M. riottenesse in breve la libertà grazie alla sua reputazione di liutista, evidentemente già manifesta fuori dei confini del Ducato estense. La nota di Bassi conclude appunto asserendo che «pare che Sua Altezza [Cosimo II de’ Medici] voglia liberarlo per sentirlo suonare, essendo molto valente» (Archivio di Stato di Modena, Archivio segreto Estense, Ambasciatori, Italia, Firenze, ad annum). Nel 1612, allorché il M. iniziò a pubblicare a Venezia le sue composizioni per «liuto attiorbato» o arciliuto, divenne «musico di camera» alla corte imperiale e si trasferì a Vienna come «lautenista, musico di camera di Sua Maestà Cesarea e gentilhomo di corte». Alla corte viennese fu ufficialmente assunto il 1° dic. 1612 e rimase in servizio fino al 1621 circa, ossia arrivò e se ne partì all’indomani delle incoronazioni imperiali di Mattia d’Asburgo e del suo successore Ferdinando II.

Dai documenti contabili di corte sappiamo che il M. percepì un trattamento salariale elevato, incrementato da numerose gratifiche. Ottenne inoltre vari congedi, alcuni dei quali gli consentirono di rientrare in Italia e raggiungere Venezia (nel 1614, nel 1616 e nel 1620) per pubblicarvi nuove raccolte di composizioni liutistiche. In particolare, il lungo rientro del 1614 lo vide occupato non solo in questioni editoriali, ma anche nel reclutare musicisti per conto dell’imperatore. L’eco del suo crescente successo non sfuggì al governatore di Reggio, che ne diede notizia a Cesare d’Este: «Pietro Paolo Melii, musico reggiano, venne, ormai saranno due anni, al servitio dell’imperatore al quale, et all’imperatrice, è molto caro et da loro maestà riceve molti favori et da tutta la corte. Il Melio è venuto a Venezia per far stampare alcune sue opere et per ricondure altri musici alle maestà loro» (Ibid., Carteggi dei rettori dello Stato, Reggio, b. 60, 11 giugno 1614).

A partire dal 1620 il M. cominciò a considerare l’eventualità di un definitivo rimpatrio, possibilmente suggellato da una buona mansione nella città natale. Ricordandosi che lo zio Ludovico aveva a suo tempo ottenuto, dietro raccomandazione dell’imperatore Mattia a Cesare d’Este, la carica di capitano di porta S. Croce di Reggio, iniziò una serie di manovre per subentrare allo zio, una volta che questi fosse deceduto. Il 22 apr. 1620 Ferdinando II scrisse a Cesare d’Este informandolo del desiderio del M. e sollecitandolo a darvi corso a tempo debito. Nel 1623, alla morte dello zio Ludovico, il M. gli subentrò, grazie al consenso del duca che aveva accettato la raccomandazione dell’imperatore, come si apprende da una lettera che questi inviò al musicista il 13 ott. 1623: «Raccordevoli della richiesta fattaci dalla maestà dell’imperatore di conferire nella vostra persona la Porta di Santa Croce di Reggio nella prima vacanza, scrivemmo fin sotto il primo di settembre prossimo passato alla maestà sovrana che, essendo morto quel capitano, eravamo pronti di dar a voi la detta carica, quando così a voi piacesse» (Ibid., Archivio segreto Estense, Cancelleria, Carteggi e documenti di particolari, b. 882, f. Melli).

In più occasioni la corte estense ebbe modo di apprezzare il talento musicale del M., talora con richieste stringenti, come quella inoltrata dal segretario del duca il 22 dic. 1623: «Io desidererei che vi trasferiste qua [a Modena] dimani sera col vostro instromento perché avrei da provare alcune cose nelle quali stimo necessaria anche la vostra persona […] dovendosi fare qui alcune musiche le quali io desidero che riescano con ogni possibile compostezza […]. Per quest’effetto ho dimandata licenza al signor duca il quale è contento che veniate a servizio» (ibid.).

Non si hanno notizie del M. posteriormente al 12 ag. 1625. In tale data egli scriveva da Reggio a Cesare d’Este, per trasmettergli una non meglio specificata lettera proveniente da Praga e informarlo sul suo precario stato di salute, essendo «quatro giorni [che] sono in letto et mal tratato di febre» (ibid.).

Si ignorano il luogo e la data di morte.

Le composizioni del M., pubblicate in cinque libri (il primo è andato disperso, il quarto contiene pure un balletto per nove strumenti, tra i quali la «citara tiorbata» e «l’alpa doppia», il quinto presenta anche pagine per tiorba), furono dedicate a diversi nobili, dignitari ed ecclesiastici dell’Impero o di alcune corti italiane, ma anche a musicisti, come Claudio Monteverdi, Christoph Strauss, il castrato Pedro de Nájera, nonché i reggiani Giacomo Abbati, Alfonso Fontanelli e il «parente carissimo» Domenico Maria Melli. Esse rappresentano un cardine della produzione liutistica seicentesca, che presenta importanti caratteristiche in seguito fatte proprie dalla scuola francese, quali, per esempio, il cosiddetto «stile spezzato» o le mutazioni di accordatura, collegabili agli accords nouveaux dei liutisti transalpini. Assai interessanti per la storia dello strumento e la prassi esecutiva sono gli «avertimenti» posti in apertura di ciascun libro, in particolare quelli che trattano del vibrato, dell’appoggiatura in glissando e degli arpeggi.

Opere stampate (a Venezia se non diversamente indicato): Intavolatura di liuto attiorbato, libro I, 1612 (perduto); Intavolatura di liuto attiorbato, libro II, 1614; Intavolatura di liuto attiorbato, libro III, 1616; Intavolatura di liuto attiorbato, libro IV, 1616; Intavolatura di liuto attiorbato, libro V, 1620 (ed. anast. dei quattro libri di Intavolatura di liuto attiorbato, a cura di O. Cristoforetti, Firenze 1979); una gagliarda per liuto nella raccolta Novus partus a cura di J.-B. Besard (Augsburg 1617). Opera manoscritta: una composizione nel Libro di leuto di Giuseppe Antonio Doni (Archivio di Stato di Perugia, Archivio Fiumi Sermattei Della Genga, VII.H.2, ed. anast. a cura di D. Fabris, Firenze 1988).

Fonti e Bibl.: F. Torelli, Una prima documentazione sui Melii, musicisti di Reggio Emilia, in Il Flauto dolce, X-XI (1984), pp. 35-39; Id., P.P. Melii artista di successo a Vienna e parente di Domenico Maria, in Reggio Storia, VIII (1985), 1, pp. 18-23; S. Saunders, Cross, sword and lyre. Sacred music at the court of Ferdinand II of Habsburg (1619-1637), Oxford 1995, ad ind.; B. Bonacini, Le danze per liuto di P.P. M. (1614-1620), tesi di laurea, Università di Parma, a.a. 1997-98; D. Fabris, Mecenati e musici. Documenti sul patronato artistico dei Bentivoglio di Ferrara nell’epoca di Monteverdi (1585-1645), Lucca 1999, ad ind.; The New Grove Dict. of music and musicians, XVI, pp. 352 s.

S. Rodolfi