SENNO, Pietro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 92 (2018)

SENNO, Pietro

Emanuele Barletti

SENNO, Pietro. – Nacque a Portoferraio (isola d’Elba) il 7 giugno 1831, terzo di quattro fratelli, figlio di Fortunato e di Teresa Esclapon. Proveniva da una famiglia di navigatori e mercanti di origine ligure, i Senno, che alla fine del Settecento si erano stabiliti all’Elba prosperando in attività economiche legate al commercio del vino e alla pesca.

Compiuti gli studi, si arruolò nell’esercito granducale, abbracciando così la carriera militare, in ciò seguendo le orme del padre, che era stato ufficiale napoleonico. Nella seconda metà degli anni Quaranta il clima politico generale nell’Italia della restaurazione si andava deteriorando con i primi moti insurrezionali a Milano e Venezia e l’intervento del Piemonte di Carlo Alberto che, nel 1848, ingaggiò battaglia contro gli austriaci a Curtatone e Montanara, insieme a diversi corpi di spedizione formati per lo più da volontari giunti da varie parti d’Italia. Tra questi, le truppe toscane di cui fece parte, agli ordini del generale Cesare De Laugier, veterano delle campagne napoleoniche, anche il giovane Senno.

A tale episodio è ispirata una delle opere più famose del suo repertorio pittorico, oggi nella collezione della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, dal titolo I toscani a Curtatone. Campagna del 1848, realizzata nel 1861 e presentata nello stesso anno alla Prima Esposizione nazionale di Firenze. Il quadro è considerato uno dei manifesti visivi della prima guerra d’indipendenza e, per questo, assai conosciuto e pubblicato. Esso documenta la strenua ed eroica difesa dei volontari toscani contro l’esercito austriaco presso il villaggio di Curtatone.

Gli elementi compositivi fondamentali del dipinto sono quattro: la linea del fronte sullo sfondo, il caseggiato della locanda sulla sinistra, il ponte sul fiume Osone in primo piano e la strada principale. Dal momento che l’autore aveva vissuto in prima persona la vicenda, non ci si trova dinanzi alla classica e retorica rappresentazione frontale di una battaglia, ma a una scena bellica di retrovia con i due schieramenti contrapposti che si intravedono in lontananza con le rispettive linee di difesa e i fumi dei cannoni. È appunto una visione di seconda posizione, umana e realistica, caratterizzata da episodi piuttosto che da un’epica principale: soldati e volontari si muovono sul teatro delle operazioni agli ordini dei comandanti, tra loro morti e feriti, inclusi gli animali. Sul lato sinistro del ponte, infatti, vicino a un milite esanime appoggiato alla spalletta, è ben evidente la carcassa di un cavallo ‘caduto’. Il fedele compagno dell’uomo assume, nell’impeto della mischia, uguale dignità. Sul lato destro due portantini trasportano un ferito e due suoi compagni che si sorreggono a vicenda: uno è seminudo, forse l’eroico cannoniere Elbano Gasperi che la cronaca del tempo non mancò di celebrare. Al centro della concitata azione il pittore-soldato pone il capo delle truppe toscane e suo comandante, Cesare De Laugier, sul dorso di un cavallo nero, assistito al fianco, su cavallo bianco, dal luogotenente, probabilmente Giacomo Cipriani. Unico momento in cui Senno sembra indulgere alla retorica, ponendo l’indomito e coraggioso generale De Laugier a dominare il campo senza indietreggiare, mentre intorno succede di tutto, compreso l’arrivo a poca distanza di una palla di cannone in procinto di esplodere.

Nel 1852 Senno lasciava la vita militare per rientrare temporaneamente a casa, a Portoferraio. Fu in quel periodo che scoprì la vocazione artistica e, dopo i primi fruttuosi tentativi, presa fiducia nelle sue potenzialità, decise di frequentare dei corsi per imparare le tecniche e perfezionare lo studio della pittura. Si affidò quindi ad Antonio Ciseri, pittore di origine ticinese stabilitosi a Firenze, che aveva fama di bravo insegnante e godeva di largo seguito. Da lui sviluppò il disegno e la figura, oltre all’uso appropriato della tavolozza.

Nell’alternare la vita artistica a Firenze a quella familiare a Portoferraio, ben presto Pietro tornò a incrociare il proprio destino con quello della nascente nazione italiana, partecipando in prima persona agli eventi del 1859 che diedero la spallata finale, anche in Toscana, ai vecchi regimi prerisorgimentali. Con il 1860 e la nascita di uno Stato unitario finivano definitivamente anche le sue aspirazioni militari, potendo egli dedicarsi definitamente e più convintamente alla sua vocazione artistica. Il 25 luglio 1860 sposò Giuseppina, ultimogenita dello zio Bernardo Senno, dalla quale ebbe la figlia Marcellina, pure lei pittrice.

Nel 1867 partì per Parigi, dove prese contatto con alcuni dei più affermati pittori del momento, Alberto Pasini, Giuseppe Palizzi, lo stesso Stefano Ussi. Senno scoprì, soprattutto, il genere del paesaggio così come era stato portato avanti con successo dai colleghi francesi, ma che stentava ancora ad affermarsi in Italia: sostanzialmente una visione d’ambiente che rompeva con i vecchi canoni neoclassici per un tipo di approccio più vicino all’osservazione della natura anche nei suoi aspetti fenomenici. Si trattava di quella prospettiva ‘romantica’ che il pittore seppe interpretare in modo autentico e personale, riscuotendo peraltro notevoli consensi all’Esposizione nazionale del 1871 a Milano e all’Esposizione universale di Vienna del 1873. Negli ultimi due decenni del secolo partecipò ad altri eventi collettivi con dipinti di grandi dimensioni come la Battaglia di Waterloo, la Spiaggia del Re di Noce (Isola d’Elba), Levar del sole sul Frejus, L’Arno al Varlungo presentati alle Promotrici fiorentine svoltesi tra il 1887 e il 1900. All’Esposizione nazionale di Venezia del 1887 propose una delle sue opere più note: Acqua morta.

«Il bosco, la marina, le praterie divennero il suo studio ed il contatto con la natura, poi rielaborato nella quiete dell’atelier, generò opere di alto merito e di grande efficacia. Ai silenzi dei boschi, alla maestosità delle querce nodose dai rami contorti e fronzuti, alle ombre del sottobosco, agli acquitrini egli sapeva ormai dare immediata espressione con pennellata semplice e pastosa, fresca e vibrante» (Daddi, 1992, p. 38).

In effetti l’artista sembra prediligere luoghi selvaggi e impervi, come in certe zone interne delle Apuane, del Mugello o della sua prediletta terra elbana, con cadenze atmosferiche e forti contrasti chiaroscurali di sicuro impatto visivo che, in certa misura, anticipano gli esiti del naturalismo toscano di fine Ottocento. Nelle sue peregrinazioni Senna viaggiò molto in Italia, dalla Liguria all’Umbria al Piemonte, non mancando, specie negli ultimi anni, di trascorrere lunghi periodi a Castiglioncello, ospite dell’amico fraterno e collega Giacomo Martinetti.

Morì a Pisa il 26 agosto 1904.

Egli ha potuto beneficiare di una vasta e favorevole critica. Giampaolo Daddi, nella monografia a lui dedicata, ne ha raccolto ampi stralci. Suggestivo è, per esempio, il giudizio di Guido Carocci (1883): «Nato all’isola d’Elba dove gli ampi orizzonti imprimono nel cuore effetti di albe splendide, di tramonti abbaglianti, di meriggi, di chiari di luna, di cieli plumbei, di tempeste, quasi splendide sinfonie nelle quali il mare mette sempre la sua nota di azzurro, di verde o di glauco, il Senno tradusse mirabilmente nei suoi quadri quella vivacità e molteplicità di verità, di colore cui fin da giovinetto aveva abituato lo sguardo» (cit. in Daddi, 1992, p. 42).

Fonti e Bibl.: G. Rosadi, Di P. S. pittore, inaugurandosi la mostra delle sue opere alla Società di belle arti in Firenze il 22 gennaio 1905, Firenze 1905; Raccolta Roberto Papi, Milano, asta 26-29 maggio 1928, Milano [1928], p. 12, n. 104, fig. 104; G. Daddi, Immagini elbane, P. S., Oggiono 1981; E. Spalletti, Dipinti e sculture dell’Ottocento e Novecento, in Opere d’arte della Cassa di Risparmio di Firenze, Firenze 1990, pp. 127-239 (in partic. pp. 140-143); G. Daddi, P. S., Firenze 1992 (con bibliografia precedente); E. Barletti, Cassa di Risparmio di Firenze: una raccolta, tante collezioni tra arte e cultura, in Gazzetta antiquaria, n.s., 1996, n. 29-30, pp. 60-65 (in partic. p. 61); F. Castellani - F. Magani, Aria di Toscana. Le stagioni della macchia, in Cortona antiquaria. XL Mostra Mercato nazionale d’antiquariato (catal., Cortona), Piazzola sul Brenta 2002, pp. 11-35 (in partic. p. 26); M. Gavelli - O. Sangiorgi, Le Termopili toscane: la memoria iconografica e poetica della battaglia, in Tanto infausta sì, ma pur tanto gloriosa. La battaglia di Curtatone e Montanara, a cura di C. Cipolla - F. Tarozzi, Milano 2004, pp. 130-140 (in partic. pp. 133 s., copertina, p. 128, tav. 1); E. Barletti, I Toscani a Curtatone. Campagna del 1848. Veduta presa dal Ponte dell’Osone, in Curtatone e Montanara 29 maggio 1848. 160° anniversario della battaglia, Atti del Convegno, Curtatone… 2008, a cura di G. Annaloro, Mantova 2009, pp. 313-320; Id., in Italia sia! Fatti di vita e d’arme del Risorgimento italiano (catal., Seravezza), a cura di E. Dei, Ospedaletto 2010, pp. 119-126; Id., Dentro la battaglia: il dipinto di P. S., in Insieme sotto il Tricolore. Studenti e professori in battaglia. L’Università di Siena nel Risorgimento (catal. Siena), a cura di D. Cherubini, Cinisello Balsamo 2011, pp. 158 s. (cfr. anche pp. 30-32); Le vie del sole. La “scuola di Staggia” e il paesaggio in Toscana fra Barbizon e la “macchia” (catal., Seravezza), a cura di N. Marchioni, Ospedaletto 2014, p. 126, n. 60.

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