PIOMBO

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1979)

PIOMBO (XXVII, p. 329.; App. II, 11, p. 552)

Dante Buttinelli

La metallurgia del p. non ha subìto sostanziali modificazioni da moltissimo tempo e l'unico processo industrialmente valido per l'estrazione di questo metallo è tuttora quello classico dell'arrostimento della galena in forni Dwight-Lloyd e della successiva riduzione e fusione al forno a vento (XXVII, p. 331); tuttavia sono stati apportati sensibili miglioramenti, sia nella preparazione della carica, sia nella conduzione del processo.

Se si parte, infatti, dai ricchi concentrati di galena, a 60 ÷ 65% di Pb, oggi facilmente ed economicamente ottenibili con i moderni processi di flottazione, sarebbe necessario, considerata la notevole esotermicità delle reazioni di arrostimento, effettuare l'operazione stessa in due distinte e successive fasi, al fine di diluire il calore svolto ed evitare pericolosi surriscaldamenti del minerale. Secondo le attuali tecniche si preferisce invece tagliare il concentrato di galena con inerti, quali fondenti e scorificanti necessari per la fusione nel forno a vento, desolforati di ritorno, polveri di abbattimento dei fumi e scorie di ripasso, in modo da preparare una carica omogenea e diminuire nello stesso tempo il tenore di zolfo. È così possibile svolgere l'arrostimento in un solo stadio con minore impegno, quindi, di mano d'opera e di apparecchiature; inoltre, proprio per la presenza dei fondenti, si viene a preformare la scoria direttamente nell'agglomerato e a spese del calore di arrostimento, la qualcosa permette di smaltire più velocemente la carica nel forno a vento, con aumento della produttività di questo, e porta a un discreto risparmio di coke. L'arrostimento viene effettuato quasi esclusivamente in forni Dwight-Lloyd, modificati secondo lo schema Barrow, per cui l'aria attraversa il letto di minerale spinta dal basso verso l'alto, e non viceversa come nel modello classico, con i concreti vantaggi di mantenere fredda la griglia, preservandola dall'usura, di diminuire le quantità di polveri trascinate dai gas e di aumentarne, invece, il contenuto di SO2, fino a 6 ÷ 7%, facilitandone il recupero al fine della sua trasformazione in acido solforico.

Per quanto riguarda poi i moderni forni a vento (v. fig.) si notano un'altezza complessiva minore, ottenuta eliminando la parte del tino costruita in muratura di refrattario ed estendendo invece fino alla bocca quella a camicie d'acqua, e la presenza di una doppia serie di tubiere tra le quali ripartire il vento. L'impiego, infine, di marce particolari, preriscaldando, per es., il vento (v. anche zinco: Processo IS, in questa App.), o arricchendolo in ossigeno e iniettando nel tino, attraverso tubiere aggiuntive, nafta o idrocarburi gassosi o polverino di coke, ha permesso per i forni di più recente costruzione di ridurre del 20 ÷ 25% il consumo di coke.

Anche il processo di raffinazione termica è stato migliorato e, negl'impianti più capaci, reso continuo come nello stabilimento di Port Pirie (Australia).

In particolare l'operazione di allontanamento dello zinco dal p., dopo la disargentazione viene svolta con la distillazione sottovuoto, che permette di recuperare direttamente zinco metallico per poterlo riciclare.

La capacità produttiva mondiale (v. tabella) di p. raffinato è andata espandendosi dal 1960 a oggi con un ritmo medio annuo di poco inferiore al 4%, pur avendo registrato alcune lievi flessioni, nel 1962, nel 1971 e nel 1975. Dal 1972 la produzione ha superato il livello di 4 milioni di t/anno; nel 1976 sono state infatti prodotte oltre 4.112.000 t di p. raffinato e circa 1.470.000 t di seconda fusione, con prospettive di consumo apparse sempre piuttosto favorevoli. Non altrettanto sembra potersi affermare per l'immediato futuro, tenuto presente, infatti, che oltre metà della produzione di p. è destinata all'industria automobilistica e dei trasporti (piastre per accumulatori e composti antidetonanti per le benzine). È facilmente prevedibile una recessione dei consumi, sia per l'attuale crisi di tale industria nei paesi occidentali, e sia, a più lunga scadenza, a causa della necessità di protezione dell'ambiente dall'inquinamento, che dovrebbe portare alla diminuzione del tenore di Pb nelle benzine.

La produzione italiana di metallo raffinato è assai modesta: appena 64.200 t nel 1976, rispetto a un fabbisogno oscillante in questo periodo intorno alle 200.000 ÷ 220.000 t/anno. È pertanto necessario il ricorso a massicce importazioni di p. grezzo, per oltre 100.000 t/anno, che provengono per la maggior parte da Germania, Messico, Perù, Rep. Sudafricana, Australia.

Bibl.: G. Rolandi, Il piombo, Faenza 1956; W. Hofmann, Lead and lead alloys, New York e Berlino 1970.

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