ANDOKIDES, Pittore di

Enciclopedia dell' Arte Antica (1958)

ANDOKIDES, Pittore di

E. Paribeni

Ceramografo attico operante entro l'ultimo quarto del VI sec. a. C. Artista notevolissimo, egli costituisce forse la personalità chiave di questo periodo di transizione. Si hanno di lui vasi a figure rosse, vasi "bilingui" in cui, tuttavia, la sua partecipazione ai dipinti a figure nere è dubbia, vasi in tecniche speciali, a colore applicato. Assai conveniente è quindi la deduzione che a lui si debba l'invenzione della tecnica a figure rosse, come è ammesso da alcuni studiosi e in primo luogo da J. D. Beazley. È, in realtà, appunto a un temperamento di instancabile ricercatore come il suo è legittimo attribuire questa scoperta così rivoluzionaria.

L'artista che dipinge i lati a figure nere dei vasi bilingui, il Pittore di Lysippides, è stato di nuovo distaccato, per opera di J. D. Beazley, dal maestro che dipinge figure rosse e che chiamiamo il Pittore di Andokides. Questa separazione è in realtà convincente e opportuna in quanto suggella l'inconciliabilità di un fitto gruppo di opere, spesso non di primo piano, dalle poche, inconfondibili, che portano il segno del grande maestro pittore di figure rosse. Anche se fosse stato possibile superare il dislivello sensibilissimo di qualità tra il lato a figure rosse e quello a figure nere nei vasi bilingui, restava il fatto che, nella complessa costruzione che riuniva i due artisti, il gruppo a figure nere veniva a gonfiarsi continuamente di nuovi apporti e di una larghissima "maniera", mentre il gruppo a figure rosse continuava ad essere esattamente circoscritto e senza rapporti o discendenze.

L'opera del Pittore di A. resta quindi limitata a quattro grandi anfore a figure rosse, alla parte rossa di sei bilingui e della coppa di Palermo, e all'anfora del Louvre a colore applicato. Gruppo estremamente conchiuso perché il linguaggio raffinato e personalissimo del pittore non era evidentemente assimilabile e deve aver scoraggiato gli imitatori.

Così come il Pittore di Lysippides, il Pittore di A. viene considerato allievo di Exekias. Ma di questa discendenza, di cui fanno fede il tipo dell'anfora e, indubbiamente, lo schema dei due eroi che giuocano a dadi, ripreso due volte dal nostro artista, non restano tracce essenziali. La lezione di solenne classicità e di concentrata, elevatissima poesia tragica di Exekias non pesa davvero sulle lievi ed esplosive conquiste dello scolaro sperimentatore. Il Pittore di A. è anzitutto un ricercatore del colore e il disegno, anche puro e intenso, non è per lui espressione compiuta. E da questa sua esigenza è derivata certamente l'invenzione della nuova tecnica. In lui le vesti decorate con svariatissimi motivi a croci, spesse o filiformi, a stelle e gruppi di puntolini, con bordi ampi ed elaborati, hanno un valore esclusivamente coloristico di masse più o meno fittamente decorate. Le brevi tuniche scure delle Amazzoni e di Eracle nell'anfora Faina, servono di base ai variopinti toni chiari delle corazze e della leontè di Eracle. Ugualmente i capelli, sia quando scendono in lunghe ciocche serpentine, curiosamente irraggiate e quasi individuali, sul fondo chiaro, sia quando si coagulano in dense gocce di vernice a rilievo, obbediscono anzitutto a esigenze coloristiche. Né manca il colore vero e proprio, il rosso purpureo impiegato con una larghezza e con una precisione di significato come s'incontra unicamente nella coppa di Palermo.

Le sue figure sofisticate e pungenti appaiono per lo più isolate in un loro squisito e sdegnoso raffinamento. Persino Atena, che interviene ad assistere i suoi eroi, sembra non comunicare con loro. E quando l'artista è costretto a descrivere un corpo a corpo, Eracle e il leone o i lottatori dell'anfora di Berlino, egli crea degli elaborati viluppi formali da cui è assente qualsiasi slancio, abbandono, partecipazione intima all'azione. Tanto più sorprendente, dopo questa solitudine, ci appare l'amazzonomachia dell'anfora Faina, in cui le figure, affiancate con decisa baldanza, si sovrappongono m un complesso movimento polifonico. Questo vaso, che del resto è ritenuto il più recente di quanti ci siano giunti del Pittore di A., può indicare un singolare rinnovamento dell'artista e può far supporre contatti con l'opera di Euphronios.

Bibl: Norton, in Am. Journ. of Arch., I, 1896; Fr. Hauser, in Furtwängler-Reichhold, II, 267, III, 75; E. Langlotz, Zeitbestimmung, 23; E. Pfuhl, Mal. u. Zeich. d. Griechen, Monaco 1923, p. 286; J. D. Beazley, Red-fig. in Am. Mus., p. 3; id., Vasenm. rotfig., p. 467; id., Black-fig., 1928, pp. 25, 33; B. Schweitzer, in Jahrbuch, XLIV, 1929, p. 129; W. Kraiker, in Jahrbuch, XLIV, 1929, p. 145; J. D. Beazley, in Journal Hell. Stud., LIV, 1934, p. 91; W. von Technau, in Corolla Curtius, p. 132; W. Hafner, Viergespanne, p. 25; J. D. Beazley, Red-fig., p. i; H. Bloesch, in Journ. Hell. Stud., LXXI, 1951, p. 29; J. D. Beazley, Development, pp. 75-78; id., Black-fig., 1956, p. 253.