FRACCARO, Plinio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 49 (1997)

FRACCARO, Plinio

Emilio Gabba

Nacque a Bassano del Grappa l'8 genn. 1883 da Antonio, falegname, e da Maria Marostica; nel 1897 il padre emigrava in America, senza più dare notizie. Del F. si può dire (con A. Bernardi) che, pur dopo l'abbandono nella giovinezza delle intense pratiche religiose tradizionali, il cristianesimo come norma etica di vita e nel suo postulato più genuino, la riabilitazione degli umili, rimase vivo fermento nei suoi pensieri e nelle sue azioni.

Sostanzialmente autodidatta, nel luglio 1901 superò come privatista con buone votazioni gli esami di licenza nel liceo-ginnasio "A. Canova" di Treviso. Nello stesso anno superò il concorso alla Scuola militare di Modena, ma successivamente fu dichiarato inabile dalla commissione sanitaria della Scuola stessa per gravi difetti alla vista. S'iscrisse allora alla facoltà di filosofia e lettere dell'università di Padova dove si laureò con lode il 26 giugno 1905.

L'interesse per i problemi di tecnica e storia militare rimase costante per tutta la sua vita: una ricca sezione della sua biblioteca era dedicata a questa materia. Negli anni giovanili tale interesse si dimostrò anche nella partecipazione come inviato di giornali veneti (Il Giornale di Venezia, 1901; La Gazzetta di Venezia, 1904) alle grandi manovre estive dell'esercito nell'area veneta, e i suoi resoconti furono molto apprezzati. Aveva presto acquisito un'approfondita conoscenza geografica e topografica della zona attorno a Bassano, come prova la sua Guida alpina del Bassanese e delle montagne limitrofe (Bassano 1903, 2ª ed. 1909).

A Padova era stato allievo di A. Cima, docente di grammatica greca e latina e incaricato di letteratura latina, che lo avviò, con lo studio dell'eloquenza latina preciceroniana, alla conoscenza del mondo romano tardorepubblicano. Seguì anche le lezioni dell'archeologo G. Ghirardini curandone le dispense. Non sembra aver avuto su di lui alcuna influenza il docente di storia antica G. Tropea, proprietario-editore della Rivista di storia antica, nella quale il F. pubblicò nel 1901 una recensione. È stata giustamente rilevata (A. Momigliano) l'influenza che deve aver esercitato indirettamente sul F. la grande tradizione culturale nel campo latino del seminario di Padova, anche se egli fu certamente lontano dalla concezione vichiano-cattolica della storia romana che era stata propria dell'esponente ultimo di quella tradizione, P. Canal, del quale il F. valorizzò l'edizione antonelliana (1874) del De lingua latina di Varrone. Di ogni aspetto della cultura letteraria, artistica, tecnica veneta il F., ad ogni modo, fu conoscitore attento.

La tesi di laurea fu una ricerca storico-letteraria e ricostruì un'opera perduta di Varrone, il De gente populi Romani, che trattava la preistoria e la protostoria di Roma. Vinse il premio Lattes di Venezia e fu pubblicata a Padova nel 1907.

L'analisi del materiale frammentario consentì la ricostruzione delle linee generali dell'opera. Vennero precisati nel campo della storia culturale i rapporti fra mondo greco e mondo romano. Etnografia, religione, mitologia, cronografia, storiografia ellenistica sono problemi centrali nell'opera varroniana e nella ricostruzione del Fraccaro.

Prima supplente nelle scuole tecniche a Padova (19o6-08), poi vincitore di concorso, il F. insegnò nel 19o8-10 alla scuola tecnica "G. Bertazzolo" di Mantova, nel 1910-13 alla scuola di avviamento commerciale "A. Manuzio" a Roma, nel 1914-15 alla scuola tecnica "A. Cavalletto" a Padova. Durante il periodo romano conobbe e frequentò E. Pais, K.J. Beloch, E. Schwartz, G. Bloch; strinse amicizia con G. Pasquali, G.Q. Giglioli e probabilmente J. Carcopino.

Lo studio degli oratori latini del II sec. a.C. condusse il F. a penetrare il mondo sociale e politico romano dell'età fra la seconda guerra punica e i Gracchi. Al centro di questo periodo storico, che vide la conquista romana dell'egemonia mediterranea con i profondi cambiamenti nella politica, nella società e nell'economia, sta Catone il Vecchio, che del F. divenne in certo senso modello umano e politico. D'altro canto è proprio su queste tematiche che avvenne il suo incontro con Th. Mommsen. L'interpretazione dei frammenti delle orazioni di Catone e dei politici dell'età graccana, nonché la paziente ricostruzione della complessa biografia catoniana, rappresentano altrettanti particolari di un ampio quadro unitario che mira a ricostruire in tutti i suoi aspetti etici, politici, sociali, costituzionali quella società e quello Stato, composti da piccoli contadini proprietari, romani e italici, retti da profondi ideali di lealtà civica e di patriottismo, in quanto direttamente partecipi, a differenti livelli, della vita civile e statale, nelle assemblee popolari, nel Senato, nella milizia, così come nella religione e nell'economia.

Questa visione storica, già chiara nei lavori degli anni 1908-15, andò poi sempre meglio precisandosi, svolgendosi e arricchendosi. Furono approfonditi problemi di storia giuridica e sociale (come i sistemi di voto romani, le leggi giudiziarie). L'analisi della tradizione storica su Catone, sui processi degli Scipioni e sui Gracchi precisò i diversi strati compositivi e il vario grado di attendibilità delle nostre fonti; furono demolite molte interpretazioni anacronistiche e attualizzanti (specialmente per i Gracchi) antiche e moderne. In questi contesti, ma anche su tematiche collaterali, il F. condusse attente e spregiudicate revisioni di molti punti dello Staatsrecht del Mommsen e presentò soluzioni nuove e più convincenti per spinose questioni relative all'organizzazione politico-amministrativa dello Stato repubblicano e alla condizione giuridica dei cittadini.

Come è stato notato dal Momigliano, il F. fu pressoché il solo storico europeo che nei primi trent'anni del secolo ripensò autonomamente e criticamente i problemi e i metodi del Mommsen, proprio nel momento in cui l'influenza del grande storico tedesco conosceva in Germania e in Europa una fase di declino. L'indagine del F. seguiva una via indipendente rispetto alle scuole allora dominanti di E. Pais e di G. De Sanctis. Con il primo era entrato in rapporto negli anni romani; molti dei suoi lavori uscirono negli Studi storici per l'antichità classica di questo. Il F. lo aiutò nella correzione delle bozze della Storia critica di Roma (suggerendo rettifiche: tradizione orale), ma poi i rapporti si ruppero in occasione del concorso del 1915. Il metodo di lavoro del Pais, ipercritico, ipotetico, combinatorio gli restò estraneo anche quando in seguito il F. trattò della storia di Roma arcaica. Con il De Sanctis vi fu molto maggior consenso e affinità di interessi (come indica lo scambio epistolare fra i due studiosi), sebbene il F. abbia sempre discusso con indipendenza le teorie del De Sanctis sulla storia di Roma nel II secolo e sull'imperialismo: ma questa discussione scientifica, soprattutto a proposito dell'età dell'ordinamento centuriato, fu veramente proficua per gli studi.

Nel 1915 il F. riuscì vincitore della cattedra universitaria in un concorso molto controverso. I commissari (G. De Sanctis, E. De Ruggiero, G.M. Columba, G. Oberziner, G. Cardinali) trovarono un accordo solo sul suo nome che riuscì unico ternato. Tentativi di impedire l'approvazione degli atti da parte del ministero della Pubblica Istruzione fallirono: essi furono approvati in data 13 maggio 1915 per quanto riguardava il primo designato, annullati e dichiarati di nessun effetto per quanto si riferiva agli altri concorrenti.

Il F. fu chiamato a Pavia come straordinario di storia antica dal 16 ott. 1915; il 23 novembre tenne la prolusione su La preparazione e la condotta della guerra presso i Romani dalle origini a Zama, che fu pubblicata con titolo leggermente diverso nella Rivista d'Italia, XIX (1916), pp. 3-24. Il F. ottenne la stabilità nello straordinariato nel 1919 e l'ordinariato dal 16 luglio 1919; insegnò a Pavia fino al 1953, fu professore fuori ruolo fino al 1958, emerito dal 1° nov. 1958.

Al suo arrivo a Pavia il F., neutralista, fu guardato con un certo sospetto dagli studenti (così nei ricordi di due allievi: G. Devoto, in Corriere della sera, 25 maggio 1971, p. 3, e F. Gianani, poi studioso di storia pavese, in una intervista raccolta da G. Guderzo e pubblicata a cura di P.L. Vercesi, Faustino Gianani, Corteolona 1983).

La sua attività come docente fu sempre intensa e ampia. Nella facoltà di lettere tenne per due anni (1920-21, 1921-22) l'incarico di storia moderna e svolse corsi sulla storia veneta e sulla Rivoluzione francese (del corso esistono dispense litografiche: Pavia 1922). Dal 1926-27 al 1935-36 tenne l'incarico di storia del diritto romano (l'ultimo anno di istituzioni di diritto romano) presso le facoltà di scienze politiche e di giurisprudenza. Dal 1936-37 al 1952-53 ebbe l'incarico di topografia dell'Italia antica alla facoltà di lettere.

L'insegnamento della storia antica fu sempre tenuto dal F. come approccio critico a un problema storico determinato, ma con uno sguardo aperto sullo svolgimento globale della storia del Mediterraneo antico. Interessato alle culture del vicino Oriente, cooperò a indirizzare P. Meriggi allo studio della civiltà ittita. Il corso del 1928-29 era appunto dedicato agli Ittiti (Etei), come ricordava anche G. Devoto. Conoscitore attento dell'opera di E. Meyer, nel discorso inaugurale dell'anno accademico 1924-25 (in Annuario dell'Univ. di Pavia, 1924-25, pp. 21-44), Oriente e Occidente, espose talune idee generali sulle relazioni fra le culture mediterranee nell'età antica e sulle loro distinte caratteristiche.

Lo studio della società romana e italica del III-II sec. e della crisi graccana condusse il F. alla storia agraria romana, ai problemi della colonizzazione e della trasformazione dell'ambiente naturale con l'insediamento umano. L'indagine geografica e topografica si ampliò durante l'insegnamento pavese anche per la collaborazione con il geografo M. Baratta in un impegno cartografico crescente, con vari atlanti storici pubblicati dal 1924 presso la De Agostini, fino al Grande atlante storico, 4ª ed., Novara 1938 (con M. Baratta e L. Visintin) e alle molte, importanti carte murali, dedicate non solo all'età antica ma anche all'Italia moderna. Dietro queste realizzazioni stava una ricerca topografica, storica, toponomastica imponente. In questo campo il F. risentì una qualche influenza del Beloch, dei suoi interessi nella geografia e del suo realismo storiografìco (al Beloch il F. fornì qualche ausilio per la Bevölkerungsgeschichte Italiens, III, Berlin 1961, p. 214; della Römische Geschichte del Beloch il F. stese una recensione memorabile nella Rivista di filologia, n.s., VI [1928], pp. 551-569; VII [1929], pp. 267-276).

Con vivo senso della relazione fra natura e storia umana e dei condizionamenti ambientali, il F. studiò la malaria nella storia degli antichi popoli classici (1919) e soprattutto dell'Italia antica (1928), gli antichissimi lavori idraulici di Roma e della Campagna (1923), i fattori geografici della grandezza di Roma (1926), la topografia storica della Campagna romana (1928). Nella stesura delle voci Agrimensura (nel mondo antico) e Colonizzazione (la colonia grecoromana) nell'Enciclopedia Italiana (1929 e 1931) sono le premesse anche metodiche all'indagine dedicata alle sistemazioni agrimensorie operate dai Romani, la cosiddetta centuriazione, intesa come base della colonizzazione, per determinare i modi di vita degli insediamenti antichi, il loro significato economico e amministrativo, la loro capacità di mantenersi nei contesti storici successivi. Era lo studio sul terreno di quella civiltà contadina, già indagata nella tradizione storico-letteraria a proposito di Catone e dei Gracchi. La tematica non era nuova, ma era stata per lo più considerata sul piano dell'antiquaria. Il F. la calò nella realtà della storia umana e del paesaggio con un'indagine basata sulle fonti gromatiche antiche, sulla cartografia, sulla toponomastica, con l'ispezione diretta sul terreno e da ultimo con la lettura della fotografia aerea. Consapevolmente dietro a questo approccio vi era la tradizione tecnicoscientifica e idraulica veneta dell'800 (E. Lombardini, E.N. Legnazzi, P. Kandler, A. Gloria).

Per la Mostra augustea della romanità (1937-38) il F. delineò carte della centuriazione nell'Italia antica, ma studi sulle singole aree si ebbero per Pisa (1939), Pavia, Padova e Asolo (1940), Ivrea (1941), per le strade dell'agro pavese (1947), per la via da Milano a Piacenza (1951), per la via Postumia nella Venezia (1952), per Altino (1956), per il sistema stradale intorno a Padova (1959). Tutti questi studi furono riediti nel volume III degli Opuscula (1957) con l'importante lavoro inedito su Tortona. Sebbene estesa a tutta l'Italia, l'indagine del F. privilegiò l'area padana dove la sistemazione agrimensoria romana ha lasciato tracce meglio rilevabili e ha trasformato il paesaggio antico.

Il F. si trovò in difficoltà durante il periodo fascista. Di tendenze socialiste, aveva firmato nel 1925 il manifesto Croce. Lo stesso anno aveva curato l'organizzazione delle XI ferie centenarie dell'università di Pavia volute dal rettore A. Solmi come reazione alla fondazione dell'università di Milano, dando singolare prova di capacità esecutiva. La celebrazione era stata mal tollerata dai gerarchi fascisti pavesi. Dopo la morte di C. Pascal, nel 1927 aveva assunto la direzione della rivista Athenaeum, restringendone l'ambito all'antichità; la rivista continuò a essere palestra indipendente, malgrado i tempi, di libero dibattito scientifico. Con il rafforzarsi del regime fascista anche egli, come altri docenti pavesi (sebbene avesse prestato nel 1931 il giuramento imposto ai professori universitari, non era iscritto al partito fascista), ebbe a subire affronti e vessazioni e fu anche tratto nel 1926 davanti a una commissione istituita per procedere contro coloro che venivano designati dalla voce pubblica come pericolosi all'ordine nazionale dello Stato (la situazione è descritta dal F. stesso nella relazione rettorale letta per l'inaugurazione dell'anno accademico 1945-46, ora in Relazioni e discorsi, pp. 14-18). La sua posizione politica non fu però di ostacolo all'ampia collaborazione (208 voci), fra il 1929 e il 1938, all'Enciclopedia Italiana, diretta da G. Gentile, nella sezione "Antichità" alla quale presiedeva G. De Sanctis.

Per contro agli inizi degli anni Trenta era stato affidato al F. dall'Istituto di studi romani il volume della Storia di Roma sull'arte militare. L'incarico gli venne presto tolto con scuse vaghe e fu assegnato al generale F.S. Grazioli, al quale il F. promise collaborazione; ma non se ne fece nulla, e dopo la guerra l'incarico gli fu ridato. Del Gentile il F., rettore, ebbe poi sempre a ricordare l'alto ingegno ma anche lo scarso senso della realtà universitaria emerso in molti colloqui. Il Gentile insistette più volte con il F. perché si iscrivesse al partito fascista. Nel 1938-39, per sottrarsi all'ambiente pavese ostile, il F. aveva chiesto e ottenuto il trasferimento alla cattedra di storia greca e storia romana dell'università di Milano, ma la proposta della facoltà fu respinta dal ministro dell'Educazione nazionale. Quando nel 1939-40 anche il F., come altri docenti pavesi, chiese l'iscrizione al partito fascista, la domanda apparve come una beffa e fu respinta.

L'interesse per i problemi di storia militare, la perfetta conoscenza delle montagne bassanesi e il suo patriottismo dominano le belle pagine da lui scritte nel volume del Touring Club italiano, Sui campi di battaglia. Il Monte Grappa. Guida storico-turistica, Milano 1928 (3ª ed. 1932; la 4ª ed. con modifiche non reca il suo nome), nelle quali sono descritti il terreno e gli itinerari. Egli strinse allora rapporti di confidenza con il maresciallo G. Giardino, comandante l'armata del Grappa, e partecipò al fascicolo dedicato al Giardino in occasione dell'inaugurazione del suo monumento (Bassano 1936). Sul Grappa il F. aveva acquistato della terra, dove promosse un rimboschimento per cui ricevette dal ministero dell'Agricoltura la medaglia d'argento al merito silvano. Nel 1937 anche egli partecipò a un fascicolo in onore di R. Graziani, con un articolo su Attilio Regolo e la tribù Pupinia, che si concludeva con l'affermazione che "moralità e umanità sono la base precipua ed essenziale di ogni civiltà" (Graziani e la sua terra. Scritti per l'annuale di reggenza del viceré d'Etiopia, a cura di L. Alonzi, Milano 1937, pp. 29-32).

La storia militare antica venne studiata dal F. negli aspetti tecnici, della tattica e della strategia, e in quelli politico-sociali. L'opera complessiva Della guerra presso i Romani restò incompiuta e limitata all'età arcaica e mediorepubblicana (fu pubblicata postuma nel 1975). Le indagini sulle origini dell'ordinamento centuriato e sulla sua connessione con la struttura della legione (1931), definite dal De Sanctis una scoperta (Riv. di filologia e di istruz. classica, 1932, rist. in Scritti minori, Roma 1970-1983, VI, p. 834) venivano a saldarsi con quelle dedicate alla storia arcaica di Roma. Il F. manifestò in questo campo una tendenza moderatamente conservatrice, difendendo anche la sostanziale autenticità dei Fasti consolari e individuando nella tradizione antica alcuni punti fermi a garanzia, non del racconto storico tardo (Livio è espressione di quello che si pensava della storia arcaica di Roma all'età di Augusto: 1942), ma della cronologia dell'impianto storico globale: la memoria del 1952 riassume bene le sue idee. La visione della "grande Roma dei Tarquini", proposta dal Pasquali e oggetto di accesa discussione, deve parecchio all'indagine del Fraccaro.

Nell'agosto 1943, dopo la caduta del regime fascista, fu nominato rettore; conservò questa carica anche dopo l'8 settembre fino al febbraio 1944 e riprese tali funzioni il 26 apr. 1945; poi come prorettore per incarico del Governo militare alleato. Eletto con libera votazione il 1° nov. 1945, gli fu riconfermato il mandato per cinque trienni; dal 1946 al 1951 fu anche consigliere comunale di Pavia, eletto nella lista del partito socialista.

Il rettorato gli diede modo di dispiegare impegno e energie in un'opera di completo rinnovamento dell'università di Pavia. Il riassetto edilizio degli edifici universitari o acquisiti all'università ha rappresentato un momento importante per la storia urbanistica e artistica di Pavia. L'acquisizione all'università dell'antico ospedale di S. Matteo consentì un raddoppio dell'edificio centrale universitario. Le annuali relazioni rettorali indicano chiaramente che il F. intendeva il potenziamento delle strutture e delle attrezzature scientifiche in funzione di studenti interessati e partecipi alla vita degli studi favoriti dalla residenzialità. A questo fine, sull'esempio del due grandi collegi universitari esistenti ("Borromeo" e "Ghislieri"), propugnò la creazione di nuovi collegi. Più che la selezione, lo scopo finale era di offrire occasioni agli studenti meno favoriti. La caserma "Cairoli", ceduta dallo Stato, fu trasformata nel collegio "Fratelli Cairoli". L'edificio dell'antico collegio "Branda Castiglioni" fu ristrutturato e ampliato a divenire il collegio femminile "Castiglioni Brugnatelli". Questa iniziativa incontrò dure obiezioni in ambienti clericali pavesi, che sollecitarono nel 1953 l'intervento del ministro della Pubblica Istruzione, A. Segni, per bloccarla. Il F. riuscì con tenace caparbietà a superare ogni ostacolo (Relazioni e discorsi, pp. 140, 168, 184). Un terzo collegio, da lui iniziato, fu completato dopo la sua morte e porta ora il suo nome. Con il rettorato del F. l'università di Pavia ha conosciuto il suo punto più alto dopo l'età teresiana e giuseppina. Il F. aveva già pubblicato nel 1930 una storia dell'università di Pavia; durante il rettorato promosse la pubblicazione e la ristampa di varie opere ad essa relative.

Già socio di varie accademie, divenne nel 1952 socio corrispondente dell'Accademia dei Lincei, e nazionale nel 1957; nel 1953 ebbe la medaglia d'oro dei benemeriti della scuola, della cultura e dell'arte. Aveva fatto parte subito dopo il 1945 del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione; fu presidente della commissione per la Carta archeologica d'Italia. Nel 1952 fu scelto "honorary fellow" della Society for the promotion of Roman studies (Londra) e nel 1953 ricevette la laurea honoris causa di Oxford.

Morì a Pavia il 1° nov. 1959.

Opere: La bibl. più completa delle opere del F. è quella raccolta da E. Gabba, in Athenaeum, XLVII (1959), pp. XXII-XLI. Una serie di suoi importanti lavori sono stati ristampati negli Opuscula (Pavia 1956-57): nel volume I sono gli Scritti di carattere generale, Studi catoniani, I processi degli Scipioni; il II contiene Studi sull'età della rivoluzione romana, Scritti di diritto pubblico, Militaria; nel III (in due parti: Testo e Tavole) sono gli Scritti di topografia e di epigrafia. Un IV volume, uscito postumo a Pavia nel 1975, si intitola Della guerra presso i Romani e contiene dodici capitoli con appendici, prima parte del volume sull'argomento affidatogli dall'Istituto di studi romani. Sono rimasti fuori dalla ristampa gli Studi varroniani (Padova 1907), gli Studi sull'età dei Gracchi. Orazioni ed oratori dell'età dei Gracchi (in Studi storici per l'antichità classica, V [1912], pp. 317-448; VI [1913], pp. 42-136), gli Studi sull'età dei Gracchi. La tradizione storica sulla rivoluzione graccana (I, Città di Castello 1914). Postumi videro la luce la voce Mura e Fortificazione, C. Appendice: l'agger, pp. 264-266, in Encicl. dell'arte antica, V, Roma 1963, e le Relazioni e discorsi degli anni del rettorato (1945-1959), Milano 1981.

Fonti e Bibl.: L. Polverini, F. e De Sanctis, in Athenaeum, LXXIII (1985), pp. 68-113 (è pubblicata la parte essenziale dell'epistolario intercorso fra i due studiosi); Id., Dal carteggio di P. F., ibid., 2, LXXXIII (1995), pp. 411-429 (altre lettere del F. al De Sanctis e ad altri). Per i rapporti del F. con l'Istituto dell'Encicl. Italiana, vedi Roma, Ibid., Arch. storico, Fondo E. I., serie Lettere, fasc. "Fraccaro, Plinio" e Ibid., serie M. E.,s.s., Mss., fasc. "Fraccaro, Plinio"; cfr. anche M. Cagnetta, Antichità classiche nell'Encicl. Italiana, Bari 1990, passim; F. Giordano, Filologi e fascismo. Gli studi di letteratura latina nell'Encicl. Italiana, Napoli 1993, pp. 77-83. Per la biografia del F. cfr.: E. Malcovati, P. F., in Athenaeum, XLVII (1959), pp. IV-VIII, e in Rend. dell'Ist. lombardo, parte gen., XCIII (1959), pp. 172-176; G. Tibiletti, Notizie su P. F., in Athenaeum, XLVII (1959), pp. IX-XXI; Id., P.F., in Annuario dell'Univ. di Pavia, 1959-60, pp. 3-7; A. Bernardi, P. F., Commemorazione, Bassano del Grappa 1960; A. Momigliano, Commemorazione del socio P. F., in Rend. dell'Acc. dei Lincei, s. 8, XV (1960), pp. 361-367; G. Forni, P. F., in Studi etruschi, XXVIII (1960), pp. 535-543; E. Gabba, P. F., in Riv. stor. ital., LXXII (1960), pp. 398-402; A. Garzetti, P. F., in Atene e Roma, V (1960), pp. 79-85; A. Momigliano, Terzo contributo alla storia degli studi edel mondo antico, II, Roma 1966, pp. 827-835; G. Tibiletti, P. F., in Praelectiones patavinae, a cura di F. Sartori, Roma 1972, pp. 27-42; E. Gabba, Ricordo di P. F. e di A. Bernardi, in Notiziario degli amici del Museo di Bassano del Grappa, marzo 1992, 4-7, pp. 7-14.

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