Polluce

Enciclopedia Dantesca (1970)

Polluce (Poluce)

Antonio Martina

Fratello gemello di Castore (i due erano detti Dioscuri, figli di Zeus), oltre che di Elena e di Clitennestra; era figlio di Zeus e di Leda, il cui amore il dio aveva ottenuto trasformandosi in cigno.

Connessi con l'ambiente dorico i Dioscuri ebbero sin dall'antichità particolare culto a Sparta e in altre città della Laconia. Presiedevano agli agoni pubblici; Castore era famoso come domatore di cavalli, P. era ritenuto eccellente pugilatore o addirittura inventore dell'arte del pugilato. In quanto protettori dell'ospitalità erano chiamati θεοί σωτῆρες. I momenti più importanti di questo antichissimo mito sono la spedizione dei due fratelli contro l'Attica per la liberazione di Elena rapita e nascosta da Teseo e Piritoo, la partecipazione alla caccia al cinghiale calidonio e alla spedizione degli Argonauti e, infine, la lotta con i figli di Afareo che si erano visti sottrarre dai Dioscuri le due cugine figlie di Leucippo, nel corso della quale Castore cadde per mano di Idas. P. chiese a Zeus di morire al posto del fratello, ottenendo soltanto di alternarsi con lui nell'Ade (cfr. Pindaro Nem. X 55 ss., Virg; Aen. VI 121). Secondo altra tradizione (cfr. per es. Servio ad Aen. VI 121) Zeus mostrò di apprezzare il loro intenso amore reciproco, collocandoli tra le stelle della costellazione dei Gemelli, terza dello Zodiaco.

D. ricorda P. in Pg IV 61, quando Virgilio, approfittando della sosta e avendo notato lo stupore del discepolo, gli parla del cammino del sole. La meraviglia di D. deriva dal fatto che, a differenza di quanto succede nell'emisfero boreale, nel Purgatorio egli vede il sole salire a sinistra, fatto straordinario che Virgilio gli spiega prospettando, come osserva il Torraca, una condizione ancora più straordinaria: se Castore e P. (cioè la costellazione dei Gemelli) fossero (come accade verso il solstizio d'estate), col sole che sù e giù del suo lume conduce (v. 63), tu vedresti la parte rosseggiante dello Zodiaco, dov'è il sole - e cioè il sole stesso - ruotare più vicino alle due Orse, cioè più a settentrione, essendo la costellazione dei Gemelli più a nord di quella dell'Ariete, con la quale il sole era allora in congiunzione (si veda G. Della Valle, Il senso geografico astronomico della D.C., Faenza 1869, 45); a meno che, cosa impossibile, il sole non deviasse dal suo cammino consueto, che è l'eclittica. Un'allusione a P. (e a Castore) è da ravvisare ogni volta che D. fa riferimento alla costellazione dei Gemelli (oltre a Rime C 3, If XXVI 23, Pg XXII 110-111 e XXVII 98).

È notevole che, come già osservato dal Renucci (D. disciple et juge du monde gréco-latin, Parigi 1954, 217), molte figure del mito sono ricordate da D. come costellazioni solo in funzione delle sue cognizioni astronomiche: in casi come questo il lettore non ha nessun bisogno, per leggere D., di conoscere il mito (v. GEMELLI).

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