BATONI, Pompeo Girolamo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 7 (1970)

BATONI, Pompeo Girolamo

Isa Belli Barsali

Nato a Lucca il 25 genn. 1708 da Paolino, orafo, e da Chiara Sesti, iniziò a studiare il disegno nella bottega paterna, e intanto seguiva lo studio della pittura sotto la direzione dei lucchesi Giov. Domenico Brugieri e Giov. Domenico Lombardi. Con una pensione del suo protettore, Alessandro Guinigi, si trasferì a Roma nel 1728, scegliendosi come maestri Sebastiano Conca e poi Agostino Masucci; ma per suo conto, nella Farnesina e in Vaticano, studiava Raffaello e disegnava statue romane per committenti stranieri.

Nel 1730, essendosi sposato con la figlia del custode della Famesina, perse l'aiuto finanziario del Guinigi. Il B., che in quell'anno risulta alla scuola di F. Imperiali, campò la vita dapprima miniando ritratti e ventagli, e dipingendo poi figure in quadri di paesaggio di altri pittori.

Gli inizi del B., quali risultano dal suo primo quadro famoso - la Madonna con Bambino e santi fatta eseguire nell'anno 1733 per la chiesa di S. Gregorio al Celio dal marchese Gabrielli di Gubbio -, non si sottraggono all'influenza allora imperante del Maratta. Ma già nel quadro con Cristo e santi, per la chiesa dei SS. Celso e Giuliano (1735), siavvicinava a un classicismo più rigoroso, legato al Domenichino e al Reni. Con queste due pitture il B. si conquistò l'ambiente romano, e si susseguirono numerose commissioni di dipinti di soggetto religioso, allegorico, mitologico.

Nel 1737 riceveva l'incarico dal letterato Marco Foscarini - poi ambasciatore veneziano a Roma, e più tardi doge - di dipingere una Venezia trionfante (New York, Kress Foundation; più tardi dipinse un soggetto analogo, con S. Marino che rialza la Repubblica, oggi al Museo di S. Marino), il suo primo soggetto storico, se si eccettua il perduto quadro con Sofonisba che il Trenta dice posseduto dalle figlie di Silvestro Arnolfini. La sua Venezia, come ha notato il Clark, deriva dal Trionfo di Bacco di Pietro da Cortona e dal Trionfo di Flora del Poussin, e ha precisi ricordi di F. Albani - compreso un vero e proprio plagio, nel putto con cesto di frutta -, muove cioè dal più puro filone del classicismo del Seicento; e già d'altra parte in quest'opera il B. è spinto, per erudizione archeologica, a comporre- la figura di Minerva ispirandosi a due statue antiche di collezioni romane. Il Reni invece era tenuto presente in un'altra opera giovanile (circa 1737-1741D), la Verità scoperta dal Tempo (Roma, Galleria Colonna).

Dal 1738 a prima del 1750 il B. lavorò soprattutto per la famiglia dei conti Merenda di Forlì, che comprò una gran quantità di quadri, successivamente in parte dispersi.

Due abbozzi già appartenuti a questo gruppo sono a Roma, nella coll. A. Busiri-Vici (Allegoria delle arti, abbozzo del quadro di Francoforte; Giudizio di Salomone). Sulla base delle opere residue di questo gruppo, e dei rapporti con la città di Forlì' è stato ipotizzato un avvicinamento del B. al Correggio, verso il 1738-1740. La Marcucci (1942) suppose che ne avesse visto direttamente le opere a Parma; niente però risulta con certezza degli spostamenti del B. in questi anni. Un diretto rapporto con Parma è documentato solo nel 1761, quando il B. fu associato all'Accademia di quella città. Dalle opere del Correggio sarebbero derivati sia gli effetti di luce artificiale, sia il comporre a linee trasverse imprimenti alle forme un orientamento dinamico in profondità che favorisce la lorb fusione nell'atmosfera ombrata da cui emergono: si vedano, per esempio, il bozzetto con S. Sebastiano (Forlì, collezione Merenda), la Sacra Famiglia del 1747 (Pommersfelden, Castello), la Natività (Roma, Galleria naz.) e l'altra Natività (Torino, Galleria sabauda). Al Correggio del resto il B. sarebbe tornato anche negli ultimi anni d'attività, come nella Sacra Famiglia del 1778 (Leningrado, Ermitage), nel Sogno della fanciulla del 1782, nel ritratto della Marchesa Brignole del 1786.

Certamente, fin dagli anni in cui lavora per i marchesi Merenda, gli interessi del B. e le sue simpatie sono molteplici; sicché non è esatto sottovalutare questa complessità di apporti a vantaggio di una unitaria linea di svolgimento stilistico. Si tengano presenti le sensibili differenze che esistono tra i bozzetti, pieni di colore e intrisi di luce, velocissimi nella spontaneità della realizzazione, e la loro più solenne traduzione nell'opera. Si confrontino, a questo proposito, il già citato bozzetto delle Arti col dipinto del Museo di Francoforte, quest'ultimo molto più "disegnato" - e di un impianto compositivo assai più classico; il bozzetto (Lucca, coll. B. Vangelisti) col dipinto La fuga da Troia (Torino, Galleria sabauda). Il B. risente del classicismo francese, come appare dal ritratto della Marchesa Merenda in veste di Flora circa del 1740 (Forlì, Pinacoteca). Ma in un quadro di poco posteriore, l'Estasi di S. Caterina (Lucca, Pinac. naz.), circa 1743, cui il pittore dichiarava di tenere moltissimo (lettera in Cochetti, p. 288), di un forte "pathos" nella composizione "ondosa" delle figure, prezioso di effetti di luce e colore, di calde ombre che avvolgono le figure minori lasciando in piena luce zenitale la santa abbandonata all'indietro, è vivo il ricordo di un'altra Estasi, quella di s. Teresa del Bernini. Non a caso, più tardi, il B. invitava il giovane Canova a studiare in S. Pietro il Bernini, l'Algardi, il Rusconi.

La ricerca assidua della bella forma, qualsiasi fosse il punto di partenza - il "naturale, Raffaello e l'Antico", già indicati dal Boni; il Correggio; l'arte barocca; il "classicismo" francese e italiano del Seicento e del Settecento -divenne nella pittura del B. raffinato edonismo, calda felicità d'impasto, abilissima resa, in un idoleggiamento della bellezza femminile, di rasi e velluti, di epidermidi delicatamente rosate, di capelli sofficemente biondi; sensualità che tese a risolvere gli aspetti del mito, le allegorie e anche i ritratti in spettacolare immagine. Quello era il suo "naturale", o meglio la sua naturalezza spontanea e spigliata, che sconfinava nel meraviglioso o, altre volte, in espressioni di un eroismo decorativo in cui il turgore del Seicento, non del tutto spento, si compiaceva di note di grazia quasi arcadica. Quello era il suo edonismo, non risolto in superficiale esteriorità, ma contenuto in una norma di "buon gusto" muratoriana, di vita benevola e serena, di temperata libertà di espressione che implica - qualunque aspetto della sua arte si prenda a considerare - il diletto della bellezza e della tenera vita affettiva.

Nell'opera del B., nella sua tematica, si ricostruisce la simpatia per il melodramma di cui dovette essere uditore assiduo - il Missirini ricorda la sua passione per il teatro -, e nel campo mitologico predilesse i temi che più si prestavano ad esprimere un aspetto patetico (Enea abbandona Didone; Diana piange Endimione; Teti consola Achille della perdita di Briseide), e in modo patetico interpretò anche Achille e Chirone, Achille alla corte di Licomede, Minerva e Prometeo, Ercole al bivio. Come nel melodramma, dove spesso non sono eccessivamente commossi se non a parole, così nella pittura del B. i personaggi si esprimono psicologicamente in un gesto, in una lacrima, ma il dipinto resta sereno e pieno di vita, per il colore: diviene spettacolo, sapiente ed abile gioco appagato nell'oblio di ogni male o anche semplicemente dello spiacevole.

Una gran parte della abbondantissima produzione del B. è costituita da ritratti, e niente di monotono a, ben vedere c'è in questa superba galleria di personaggi. Il tipo di ritratto mitologico francese, seguito dal B. in quello della Marchesa Merenda - e certo dettato da una precisa indicazione della committente -, si ritrova anche nei più tardi dipinti come Lady Fetherstonhaugh in sembianze di Diana del 1751, o nella Fanciulla in veste di Innocenza del 1752 (entrambi Uppark, Sussex, coll. sir H. Meade-Fetherstonhaugh), e nei ritratti, del 1780, di Alessandra Potocka in veste di Melpomene (Cracovia, Museo naz.) e Isabella Potocka itt veste di Polimnia (Varsavia, Museo naz.).

Nel 1744 eseguì il primo ritratto per un nobile inglese di passaggio a Roma, quello di Joseph Leeson (Dublino, Galleria naz.). Seguirono moltissimi ritratti di gentiluomini inglesi, e per loro il B. venne elaborando un nuovo tipo di ritratto: il personaggio, davanti a rovine o statue antiche, o contro i suggestivi sfondi della campagna romana, rivaleggia per dignità aulica di posa - spesso chiastica - con quella delle statue antiche. Doveroso aggiornamento alla moda degli scavi, e nello stesso tempo intellettualistico ricordo, per il conunittente, del grand tour fino a Roma.

Il B. trasfuse nei ritratti la sua larga comprensione umana. Raramente furono compassati e adulatori, come il Pio VI del 1775 (Roma, Museo di Roma) o il Cardinale Malvezzi del 1774 (Roma, coll. march. Malvezzi-Campeggi). Nella massima parte l'esprit del secolo domina in queste opere: se i personaggi colpiscono per notazione naturalistica e psicologica, che vale per esigenze di somiglianza, per vivacità esteriore e parlante, sono anche caratterizzati da un dinamico ideale equilibrio: come il ritratto di Sir Humphrey Morice del 1762 (Londra, coll. B. Ford), tutto bilanciato di raccordi e contrappunti; quello del 1758 del giovane John, Lord Brudenell poi Marchese di Morthermer (Kettering, coll. duca di Buccleuch), opera pensosa e raffinata, calcolatissima nelle successive riprese dei contorni discendenti, o il ritratto, quasi eroico-romantico, di J. W. Gordon del 1766 (Fyvie Castle, coll. sir Ian Forbes-Leith), irruente nel piglio e nella posa, in costume scozzese su un fondale ove compare il Colosseo. Né contrasta che il B., proprio per la caratterizzazione che aveva sempre amato, giungesse ad acuire la resa del personaggio nella sua verità naturaìe, sulla tradizione del "portrait de vérité" - esemplare da questo punto di vista è l'Arcivescovo Giov. Domenico Mansi, dipinto tra il 1765 e il 1769 (Lucca, Pinacoteca naz.) -, e nello stesso tempo esaltasse la sapiente resa cromatica, il dipingere schietto e disinvolto, come nel bellissimo ritratto della Contessa Maria Benedetta di S. Martino del 1785 (Roma, coll. A. Busiri-Vici) o nel Marchese Mansi (Lucca, coll. B. Vangelisti), fortemente caratterizzato nella psicologia imperiosa del personaggio, senza abbellimenti compiaciuti, ma ricco di splendidi brani pittorici. Non c'è più ormai nessun ricordo raffaellesco o classico in queste figure liberamente impostate nello spazio, tagliate con spregiudicatezza quasi fotografica - si ricordi anche l'ovale con Ritratto di giovane donna del 1785 (Roma, coll. A. e C. Canessa) - colte nell'effimera e pur rilevante vita di un gesto, nel volgersi, nel presentarsi.

Ma l'aspetto riposatamente piacevole della sua pittura cela un colloquio con la tendenza dotta e letteraria, strettamente rispondente alla nuova temperie culturale negli anni immediatamente posteriori alla metà del secolo. Nel 1755 il Winckehnann pubblicava i Gedanken über die Nachahmung der griechischen Werke e come fine dell'artista indicava il "bello ideale", la intellettualistica correzione della natura; lo stesso anno iniziava il suo soggiorno romano, che durerà fino al 1768. Accanto al Winckelmann, il Mengs, giunto a Roma la prima volta nel 1741, voleva accompagnata l'imitazione dell'antico con quella del Correggio e di Raffaello. Nel 1775 infine era a Roma, pensionato dell'Accademia di Francia, J.-L. David, col quale il neoclassicismo si definiva nella rappresentazione, tutta plastica ferinezza, delle virtù civiche dei Romani antichi. Eppure il B., pur amico del Mengs, e malgrado sentisse il fascino dell'antichità, non può definirsi pittore neoclassico. Se ne accorse già il Boni, quando scriveva nell'Elogio del B., orinai artista consacrato, che era stato fatto pittore "dalla natura", nei confronti del Mengs "fatto pittore dalla filosofia", cioè dallo studio - e voleva dire che il B. era pittore d'istinto, spontaneo assimilatore. Il B. segue infatti un suo fantastico e complesso filone, che lo conduce spesso lontano da programmi e teorie, ed è proprio questo che lo differenzia e lo riscatta dalla freddezza del Mengs. Legata alla tradizione classicista, la sua pittura assume però svariate e autonome sfumature particolari: certe volte intrisa della verve del secolo, altre volte più attenta al disegno e alla distribuzione compositiva, altre volte ancora deformata come la pittura di un manierista. E nell'interesse alla figura umana, che si realizzò magistralmente nel ritratto, nell'escludere paesaggi e nature morte, il B. sollecita l'attenzione su un suo aspetto, lo stretto legame col tempo in cui viveva e con le idee nuove che serpeggiavano in Europa, aspetto che è alla base del suo successo nel mondo inglese.

Il B. morì a Roma il 4 febbr. 1787.

La sua fama nacque e crebbe lui vivente, sull'ondata del successo e della simpatia dei contemporanei, fossero committenti o biografi. Già nel 1737, per le incompiute Vite dei più celebri artisti viventi (Perugia, Bibl. Com.), L. Pascoli scriveva (framm. in E. Battisti) che il B. "divenne in poco tempo così bravo che superava il padre; e vi si attaccò talmente che invaghito dei colori non voleva più sentir parlare della professione patema... in cui fatto aveva meraviglioso profitto, ma solo della pittura". Il letterato trevigiano Francesco Benaglio, che aveva conosciuto il B. già nel 1737, aveva cominciato, a scrivere di lui tra il 1750 e il 1753, interrompendosi però ben presto, perché questi aveva cessato di fornirgli notizie. Del B. scriveva il Canova (Diario, Torino, 10 nov. 1779): "Mi piacque moltissimo il suo disegnare tenero, grandioso, di belle forme". Particolare importanza ha l'Elogio stampato lo stesso anno della morte del B. "alla memoria di un gran pittore", dal Boni, che lo conosceva bene. Accanto ai ricordi interessanti per la biografia del B., il volumetto è ricco di giudizi sulla sua pittura che, se sono sempre entusiastici, colpiscono però assai spesso nel segno.

L'ammirazione per la sua opera è palese nelle comunicazioni della Gazzetta universale, ed è implicita nella insistente richiesta dei suoi dipinti, da Roma e dall'estero. I carteggi sono pieni di lodi, ma anche di lagnanze per quadri non finiti, di inviti iterati a voler finire i lavori commissionati. Per rispondere a tante richieste, affiancavano la nota velocità di esecuzione del B. vari giovani che, nella sua bottega e sotto la sua direzione, copiavano le sue opere per contentare i molti committenti. "Non manco di andare travagliando intorno a questo [dipinto] dando ora un colpo al cerchio e uno alla botte", scrive al lucchese Lodovico Sardini il 20 apr. 1743- Il Boni poté scrivere che "se Alessandro voleva essere dipinto soltanto da Apelle, B. può vantarsi che quasi tutti i principi e i regnanti che nel suo tempo venivano a Roma si sono compiaciuti di farsi fare il ritratto da lui". La sua casa - anche per le capacità musicali delle figlie Maria Benedetta e Rufina - era luogo di ritrovo alla moda. Sebastiano Conca, principe dell'Accademia di S. Luca, nella seduta del 10 ott. 1741, insieme con Placido Costanzì, propose l'elezione ad accademico del B., che il 17 dicembre prendeva possesso della dignità. Eppure mai fu a capo del massimo sodalizio romano. Il Boni parla di sfuggita dell'argomento, dicendo che il B. non si recava mai all'Accademia di S. Luca perché non voleva entrare in intrighi e fastidi "per li quali il suo buon naturale non era fatto".

Dopo la larga fortuna goduta presso i contemporanei e per tutto l'Ottocento - l'atteggiamento polemico del Winckelmann e del Milizia è spiegato dalle sue disinvolte contaminazioni mitologiche e dalla sua predilezione per il ritratto - la critica successiva giudicò freddamente la sua opera. Dal severo, giudizio dell'Hautecoeur sui suoi ritratti, "insipidi e senza carattere", sui dipinti religiosi che seguono le formule, sul suo colore "fin troppo amabile", si giunge alla recente definizione del B. come "pittore di tenue vitalità e di scarsissimo respiro poetico" (Cochetti).

In questi ultimi trenta anni, dopo il lavoro dell'Emmerling, si è avuta una revisione critica dei problemi relativi al B. e al momento di formazione del neoclassicismo a Roma (Clark); la pubblicazione di consistenti gruppi di opere (Marcucci, Steegman, Clark) ha proposto un riesame della cronologia delle stesse, per una più chiara analisi dei reciproci rapporti con i pittori romani del suo tempo. Se la critica dell'Ottocento aveva considerato il B. legato al Mengs nell'ambito del neoclassicismo, con gli inizi del Novecento fu proposta una distinzione della sua poetica da quella del neoclassicismo, accettandone il collegamento solo nel secondo periodo della sua attività, dopo cioè il 1760. Tutta l'ultima esperienza critica e la mostra del Settecento a Roma (1959) - dove il B. era ben rapresentato - ne hanno agevolato una rilettura storica e stilistica, che lo fa emergere come una delle maggiori personalità del Settecento romano.

La produzione completa del B. non è stata ancora ricostruita. Al catalogo redatto dall'Emmerling si sono aggiunti altri contributi, che rendono possibile l'esame di nuovi elementi cronologici, nuovi chiarimenti di componenti culturali e di gusto, nuove indicazioni di presenza: specialmente il catalogo dello Steegman per le opere esistenti in Gran Bretagna, quello della Marcucci per le opere della coll. Merenda di Forll, e le segnalazioni del Clark e del Ford di opere recentemente riapparse in collezioni private. P, possibile perciò redigere il seguente catalogo, di opere datate dal B. stesso o fondatamente databili:

1730-40 circa: Madonna col libro (Lucca, coll. march. P. Mazzarosa); 1733-34: Madonna con Bambino e santi (Roma, S. Gregorio al Celio); 1733-37 circa: S. Filippo Neri in adorazione della Vergine (Roma, coll. march. Incisa della Rocchetta; già Frascati, cappella Pallavicini); 1735-40 circa: S. Giovanni Battista (Dresda, Pinacoteca); commissionata 1737: Venezia trionfante (New York, Kress Foundation); 1737-40 circa: La Verità scoperta dal Tempo (Roma, Gall. Colonna); 1738: Presentazione al tempio (Brescia, S. Maria della Pace); ante 1740: L'Architettura, la Scultura e la Pittura (Roma, coll. L. Vitetti); 1740: Le Arti (Francoforte, Museo; bozzetto a Roma, coll. A. Busiri-Vici); Prometeo (Dresda, Pinacoteca); Morte di Meleagro (ibid.); 1740 circa: La marchesa Merenda in veste di Flora (Forlì, coll. Merenda); Maddalena (Dresda, Pinacoteca; già Forlì, coll. Merenda); 1740-42 circa: Ercole fanciullo che strozza i serpenti (Firenze, Uffizi); Ercole al bivio (ibid.); Mater dolorosa (Parigi, Louvre; altra a Torino, Pinacoteca); Madonna con Bambino e santi (Milano, Brera); 1740-43 circa: Minerva e Prometeo (Lucca, coll. conte Minutoli Tegrimi); Diana piange Endimione (ibid.,); 1740-59: Visitazione (Roma, Gall. Pallavicini); 1743 circa: Estasi di S. Caterina (Lucca, Pinacoteca; già chiesa di S. Caterina); 1743: Cristo, gli apostoli, gli evangelisti... (affreschi, Roma, Ritiro del palazzo del Quirinale); 1744: La Vergine e s. Giovanni Nepomuceno (Brescia, S. Maria della Pace); Joseph Leeson, primo conte di Milltown (Dublino, Nat. Gall. of Ireland); 1745 circa: Ritrovamento di Mosè (Potsdam, Neue Palais); Moltiplicazione dei pani (Roma, Gall. Pallavicini); Tu es Petrus (ibid.); 1745-50 circa: Natività (Roma, Gall. naz.); Natività (Torino, Gall. Sabauda); 1746: Il Tempo scopre la Verità (Londra, coll. Agnew); Stratonice (Puerto Rico, L. A. Ferré Foundation); 1747: Teti, sorta dal mare, consola Achille della perdita di Briseide (Londra, coll. B. Ford); Enea abbandona Didone (ibid.); Sacra Famiglia (Pommersfelden, Castello); Ritratto di Francesco Benaglio (Treviso, Bibl. capitolare); 1748: Ritratto della duchessa Maria Virginia Lante (Radebeul-Oberlössnitz, coll. Fahdt); Ercole al bivio (Vaduz, coll. Liechtenstein); Venere ed Enea (ibid.); 1749 circa: Ritratto di lord e lady Drache con la figlia (Norwich, coll. sir R. Barrett Lennard Bart); 1750 circa: Fuga da Troia (Torino, Gall. Sabauda; bozzetto a Lucca, coll. B. Vangelisti); Annunciazione (Roma, S. Maria Maggiore);. Joseph Damer, primo conte di Dorchester (Drayton House, N. V. Stopford-Sackville); John Damer (ibid.); Caroline, contessa di Dorchester (ibid.); 1750-60 circa: Achille riconosciuto da Ulisse alla corte di Licomede (Firenze, Uffizi; già Lucca, fam. Buonvisi); Achille e Chirone (ibid.); 1751: Joseph Leeson, secondo conte diMilltown (Dublino, Nat. Gall. of Ireland); Susanna al bagno (Vienna, coll. conte Harrach); Lady Fetherstonhaugh in veste di Diana (Uppark, Sussex, sir Herbert Meade-Fetherstonhaugh [Nat. Trust]); Sir Mathew Fetherstonhaugh (ibid.); 1751-52 circa: B. Lethieullier (Uppark, Sussex, sir. H. Meade-Fetherstonhaugh [Nat,. Trust]); Harry Fetherstonhaugh (ibid.); 1751: Ercole al bivio (Torino, Gall. sabauda; ripetuto col medesimo schema nel 1778 a Leningrado, Ermitage); 1752: Martirio di s. Giacomo (Messina, Museo); Fanciulla in veste di Innocenza (Uppark, Sussex, sir. H. Meade-Fetherstonhaugh [Nat. Trust]); Harry Fetherstonhaugh e sua sorella (Yarsop House, Hereford, coll. J. L. Davenport); 1752-53 circa: Charles Lennox, terzo duca di Richmond (Goodwood, duca di Richmond; altro con stessa data in Holland House Coll., conte di Ilchester); 1752-57: Edward Digby, sesto lord Digby (Sherborne Castle, coll. Wingfield-Digby); 1754: William Legge, secondo conte di Dartmouth (Patshuff, conte di Dartinouth); 1756: Sir John Lombe (già Marlingford, E. H. E. Lombe); Sir Robert Daves (Ickworth, march. di Bristol); Nozze di Amore e Psiche (Berlino, Staatliche Museen); 1757 ca.: Ritratto di Sir A. Fergusson (Kilkerran, sir Ch. Fergusson); 1758: Ritratto del marchese di Morthermer (Kettering, duca di Buccleuch); Il cardinale di Gesvres (Beauvais, Museo); 1759: Edoardo Augusto duca di York (Blanckenburg, castello); 170: J0hn Crewe (Crewe Hall, eredi march. di Crewe); Clemente XIII (Roma, Gall. Sciarra); 1760 circa: Philip Metcalfe (Londra, Nat. Portrait Gall.); 1760-61 circa: Caduta di Simon Mago (Roma, S. Maria degli Angeli); post 1760: Sacra famiglia Lavaggi (Roma, Gall. capitolino); 1761: John Ker, terzo duca di Roxburghe (Floors Castle, duca di Roxburghe); Achille, Teti e Chirone (Parma, Gall. naz.); 1762: Sir Humphrey Morice (Londra, coll. B. Ford); James Bruce di Kinnaird (Kinnaird House; altro ritratto con medesima data a Edimburgo, Scottish Nat. Portrait Gall.); Augustus Fitzroy, terzo duca di Grafton (Euston, duca di Grafton); Ritratto di personaggio ritenuto della famiglia Greville (Norton Conyers, sir G. Graham.); Sir Richard Lyttelton (Hagley, visconte Cobham); Francis Russell marchese di Tavistock (Woburn Abbey, duca di Bedford); ante 1763: Charles Compton, settimo conte di Northampton (Albury Park, duchessa di Northumberland); Sir Wyndham Knatchbull-Wyndham (Mersham-le-Hatch, lord Brabourne); 1763: Ritratto ritenuto di Robert Adam (già coll. St. Clair Anstruther); ante 1764: George Cholmondeley (Houghton, march. di Cholmondeley); 1764: Edward Augustus duca di York (Londra, conte Howe); David Garrick (Oxford, Ashmolean, Museum); Georgiana contessa Spencer (Althorp, conte Spencer); Thomas Dundas, primo lord Dundas (Aske, march. di Zetland); 1764-65 circa: Hugh Percy, secondo duca di Northumberland (Alnwick, duca di Northumberland); ante 1765: Ritratto ritenuto della signora Plowden (già Costessy Park, lord Stafford); 1765: Conte Niccolò Soderini (Roma, Gall. naz., deposito del museo di Tarquinia); La Clemenza e la Giustizia (Roma, coll. E. Vitetti); Autoritratto (Monaco, Pinacoteca; altri autoritratti non datati sono: a Firenze, Uffizi, databile dopo 1770; Lucca, coll. A. Cenami; Roma, Accad. di S. Luca); 1765 circa: Henry Benedict cardinale di York (Londra, Nat. Portrait Gall.); Sampson Eardley, primo lord Eardley (Bedwell Park, It. col. David Fremantle); 1765-69: Arcivescovo G. D. Mansi (Lucca, Pinacoteca); 1766: Il maresciallo Cirillo Grigoriewitch Razoumowsky (Vienna, coll. A. Razoumowsky); Ritratto di J. William Gordon (Fyvie Castle, collezione sir Ian Forbes-Leith); Wills Hill, primo marchese di Downshire (Easthampstead Park, march. di Downshire); ante 1767: Sacro Cuore (Roma, chiesa dei Gesù); 1767: Mary lady Holland (Holland House Coll., conte di Ilchester); Carlo Guglielmo Ferdinando di Brunswick (Blanckenburg, castello; altro a Brunswick, Landesmuseum); 1768: William Cavendish, quinto duca di Devonshire (Chatsworth, Trustees of the Chatsworth Settlement); Sir William Fitzherbert (Tissington Hall, sir W. Fitzherbert); Ritratti di Sir Watkin Williams-Wynn, Sir William Hamilton e Thomas Apperley (Wynnstay, sir Watkin WilliamsWynn); Sir Gregory Page-Turner (Weybridge, mrs. Strode); Don Emanuel de Roda (Madrid, Acad. S. Fernando); 1768-69 circa: George Craster (Oxford, dr. H. H. E. Craster); 1769: Giuseppe II d'Austria col fratello Leopoldo II di Toscana (Vienna, Kunsthistorisches Museum); Ritratto di ignoto (venduto da Christie's, Londra, 25 nov. 1938); 1770: Henry Bankes (Kingston Lacy, mrs. Ralph Bankes); Francesco I d'Austria (Vienna, castello di Schönbrunn); Giuseppe II d'Austria con Leopoldo II di Toscana (ibid.); 1770 circa: Sir John Parnell (Castle Ward, visconte Bangor); 1772: John Throckmorton (Coughton Court, Warwickshire, R. Throckmorton [Nat. Trust]); Il quinto conte di Plymouth (conte di Plymouth); Ritratto di ignoto (Houghton, march. di Cholmondeley); Guglielmo duca di Gloucester (Hannover, castello di Herrenhausen); ante 1773: Il figliol prodigo (Torino, Pinacoteca; altro a Vienna, Kunsthist. Museum); 1773: Lord Richard Cavendish (Chatsworth, duca di Devonshire); John Staples (Roma, coll. M. e C. Sestieri); Richard Neville, secondo lord Braybrooke (Butleigh Court, R. Neville); John Corbet of Sundorne (già Sundorne Castle, venduto da Sotheby, Londra, 21 maggio 1935, lotto 147); John Smyth of Heath Hall (già Heath Hall, venduto da Sotheby, Londra, 19 giugno 1935); Daniel Wilson (Browsholme Hall, R. G. Parker); 1773 circa: Lord Algernon Percy (Alnwick, duca di Northumberland); 1774: Ritratto di giovane (Blithfield, lord Bagot); John Monson, terzo lord Monson (Burton Hall, lord Monson); Il card. Malvezzi (Roma, march. G. Malvezzi-Campeggi); Thomas William Coke (Holkham, conte di Leicester); 1775: Alessandro e la famiglia di Dario (Potsdam, Neue Palais); Ralph William Grey of Backworth (Poundisford Park, coll. Vivian-Neal); Pio VI (Roma, Museo di Roma); Carlo Teodoro principe del Palatinato (Monaco, Pinacoteca); Henry Piece (Roma, coll. G. Balella); 1775 circa: Ritratto di giovane (già coll. Hadfield, venduto da Christie's, Londra, 5 marzo 1937, lotto 149); George Cholmondeley, primo marchese di Cholmondeley (Hougton, march. di Cholmondeley); Ritratto di personaggio della famiglia Fetherstonhaugh (Uppark, Sussex, sir H. Meade Fetherstonhaugh [Nat. Trust]); Martirio di s. Bartolomeo (Lucca, Pinacoteca); 1775-80: George Herbert, secondo conte di Powis (PowisCastle, conte di Powis); 1775-80 circa: Morogh O'Brien, primo marchese di Thomond (Woburn, duca di Bedford); 1776: Mary Walpole duchessa di Gloucester (Hannover, castello di Herrenhausen); Sir William Forbes (Edimburgo, sir Hew Dalrymple); Agar nel deserto (Roma, Gall. naz.); Ritratto di sir Henry Fetherstonhaugh (Uppark, Sussex, sir H. Meade-Fetherstonhaugh [Nat. Trust]); 1776 circa: John Staples of Lyssan (Castletown, Kindare, lord Carew); 1777: Predicazione di s. Giovanni Battista (Parma, chiesa di S. Antonio Abate); 1778: Ritratto di giovane, a figura intera (Madrid, Prado); Ritratto di giovane (ibid.); Sacra famiglia con S. Anna e S. Giovannino (Leningrado, Ermitage); Ritratto di ignoto (Madrid, Acad. S. Fernando); Pieter Caarten (Rotterdam, Museo Boymans); 1779: George Herbert, undicesimo conte di Pembroke (eredi sir Sidney Herbert); Sir Thomas Gascoigne (Lotherton Hall, mrs. Gascoigne); 1780: Alessandra Potocka in veste di Melpomene (Cracovia, Museo naz.); Isabella Potocka in veste di Polimnia (Varsavia, Museo naz.); Rowland Burdon (Castle Eden, mrs. Sclater-Booth); Thomas Taylour, primo marchese di Headfort (Headfort House, Meath, march. di Headfort); Mary marchesa di Headfort (ibid.); 1781: Sacro Cuore (Lisbona, chiesa del S. Cuore); 1781 circa: Ultima cena (ibid.); 1782: Sogno della fanciulla (venduto a Berlino nel 1929; cfr. Emmerling, p. 131); 1783 circa: Ritratto di Thomas Kerrich of Geldestone (già Geldestone Hall, capt. W. F. Kerrich); Il conte Stanislao Felice Potocki e La contessa Józefa Potocka (già Varsavia, coll. Kossakowski, distrutti durante la seconda guerra mondiale, citati dall'Emmerling erroneamente a Wilanów); 1784: Sir John Legard (sir Digby Legard; cfr. Steegman); 1785: Ritratto di giovane donna (Roma, coll. A. e C. Canessa); La contessa Maria Benedetta di S. Martino (Roma, coll. A. Busiri-Vici); 1785 circa: Luisa contessa Stanhope da bambina (Chevening House); 1786: Ritratto della marchesa Brignole (esposto ad Amsterdam nel 1929, a Berlino nel 1932; cfr. Emmerling, pp. 98 s.).

Fonti e Bibl.: Roma, Accad. di S. Luca, Archivio, Congregazioni, vol. 50, pp. 45 v, 46 v, 47 v; Arch. di Stato di Lucca, Archivio Sardini; filza 143, nn. 870-935 (lettere del B.), filza 144, n. 121 e filza 81, n. 1056 (minute di lettere di Lod. Sardini al B.); F. Benaglio, Abbozzo della vita del pittore lucchese P. B. [1750-1753 circa], in Vita e prose scelte di Francesco Benaglio, a cura di A. Marchesan, Treviso 1894; F. Titi, Descrizione delle pitture, sculture e architetture, Roma 1763, pp. 75, 252, 292, 311, 426; F. Milizia, Lettera del 14 febbr. 1778 a F. di Sangiovanni, in Opere, IX, Bologna 1827, p. 255; O. Boni, Elogio di P. B., Roma 1787; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, I, Bassano 1795-1796, pp. 563 ss.; G. D. Fiorillo, Geschichte der Malerei, I, Göttingen 1798, p. 221; J. W. Goethe, Winckelmann und sein Jahrhundert, Tübingen 1805, pp. 282 s.; T. Trenta, Notizie di pittori, scultori, e architetti lucchesi, in Mem. e documenti per servire all'istoria del Ducato di Lucca, VIII, Lucca 1822, pp. 171-174, 202; M. Missirini, Memorie per servire alla storia della Romana Accademia di S. Luca..., Roma 1823, pp. 221 s.; L. Cicognara, Storia della scultura, VII, Prato 1824, p. 51; S. Ticozzi, Diz. degli architetti scultori pittori…, I, Milano 1830, pp. 123 s.; P. Batoni, in Almanacco di Corte per l'anno 1830, Lucca 1830, pp. 81-86; G. Sardini, Sulle origini dell'Istituto lucchese di belle arti, in Atti d. R. Accad. lucchese, XXVI (1893), p. 68; E. Calzini, La Galleria Merenda in Forlì e le pitture del B. in essa contenute, in Arte e storia, XV(1896), pp. 129 ss., 138 ss.; L. Hautecoeur, I musaicisti sanpietrini del Settecento, in L'Arte, XIII (1910), pp. 452 ss.; Mostra del ritratto italiano dalla fine del secolo XVI all'anno 1861 (catal.), Firenze 1911, pp. 79, 109, 110, 111; L. 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