LETO, Pomponio

Enciclopedia Italiana (1933)

LETO, Pomponio

Remigio Sabbadini

Non conosciamo il nome di battesimo di questo umanista, figlio spurio di Giovanni conte di Sanseverino; egli si denominò e fu da altri denominato Iulius Pomponius, Pomponius Laetus, Fortunatus, Infortunatus, Balbus, Sabinus; comunemente Pomponius Laetus. Nacque a Diano (Lucania) nel 1428, morì a Roma nel 1497. Trascorse i primi anni a Salerno, di cui era principe Roberto di Sanseverino, suo fratello maggiore, legittimo. Indi fuggì, visitando la Sicilia, e riparò verso il 1450 a Roma, dove seguì le lezioni del Valla e, dopo la morte di quello (1457), del suo successore alla Sapienza Pietro Oddo da Montopoli. Degli anni fino al 1465 non abbiamo di lui altre notizie sicure. Nel 1465 ricompare a Roma come capo di un manipolo di studiosi dell'antichità, che si riunivano nella sua casetta sul Quirinale e ragionavano insieme di monumenti pagani e cristiani e di epigrafi, che andavano qua e là raccogliendo; e quelle riunioni designavano col titolo di accademia, riconoscendone in Pomponio il princeps. In quel medesimo anno, egli fu chiamato da Paolo II alla Sapienza, ottenendo la conferma per l'anno successivo (1466); ma senza riuscire (s'ignora la ragione) a riscuotere lo stipendio della seconda annata; di che disgustato si trasferì nell'estate del 1467 a Venezia, col proposito di passare in Oriente a impararvi il greco e l'arabo; ma invece vi si fermò per dare lezioni private ad alcuni giovanetti patrizî.

In questo frattempo fu denunziata a Roma la supposta congiura accademica contro Paolo II e nell'accusa fu coinvolto anche Pomponio. Paolo II lo richiese per via di estradizione al senato veneto, il quale intanto aveva, pare, per proprio conto intentato a Pomponio un processo per sodomia. Deliberata il 6 marzo 1468 l'estradizione, Pomponio fu tradotto a Roma e chiuso in Castel Sant'Angelo, donde uscì nell'aprile dell'anno dopo. Allora poté imparare un po' di greco da Teodoro Gaza, che dimorò a Roma dal 1467 al '73. Il 24 giugno 1472 partiva da Roma la legazione che accompagnava a Mosca Sofia Paleologa, promessa sposa del granduca Ivan III, e Pomponio vi si accompagnava. Questo fu il suo "viaggio scitico", dal quale riportò alcune notizie etnografiche. Era di ritorno a Roma nella primavera del 1473, dove riebbe la cattedra alla Sapienza, che tenne fino alla morte. Nel 1479 si accompagnava a un'altra legazione in Germania, da cui tornò nel 1483. L'incarico affidatogli da Sisto IV era di ricercare codici; ma non risulta abbia trovato nulla.

Pomponio, sebbene non avesse facoltà oratoria, s'impose all'ammirazione dei contemporanei e massimamente degli scolari per doti che solo i presenti erano in grado di apprezzare appieno, fra le quali noi lontani metteremo un ardente entusiasmo, anzi fanatismo per l'antichità, e un'immensa erudizione. Ma quell'erudizione fu caotica, infeconda né tutta legittima. Più proficua opera dedicò alla storia con un compendio dei Cesari romani e bizantini, stampato nel 1499 (e autografo nel cod. Vat. lat. io.936); e ai commenti dei classici per le sue lezioni alla Sapienza, i quali si conservano manoscritti in Vaticano e uno, il meglio riuscito, a Virgilio venne più volte stampato e giace nella redazione definitiva autografo a Oxford (cod. Can. class. lat., 54). Il resto della sua produzione è filologicamente scarso. Nella grammatica fece un puerile e mirabolante impasto di Varrone e Prisciano (memini 1ª persona presente); nelle numerose edizioni di testi non seppe applicare sani principî critici e quando ebbe tra mano il Virgilio Mediceo lo insudiciò di varianti sciocche: nell'archeologia rimpolpò il Curiosum anonimo e il De magistratibus del Fiocchi, apponendo a entrambi allegramente la propria firma; alterò testimonianze e inventò con la massima disinvoltura autori antichi.

Bibl.: I. Carini, La "difesa" di Pomponio Leto (Nozze Cian-Sappa-Flandinet), Bergamo 1894, pp. 153-93; V. Zabughin, Giulio P. L., I, Roma 1909; II, Grottaferrata 1910-12; id., L'autografo delle chiose vergiliane di P. L., Arcadia, 1918, pp. 135-43; R. Sabbadini, in Giorn. stor. letter. ital., LX (1912), pp. 182-86; V. Ussani, Le annotazioni di P. L. a Lucano, in Rend. Accad. dei Lincei, sc. morali, XIII (1904), pp. 3-22; G. Mercati, in Studi e testi, XLIV, Roma 1925, pp. 82-83; A. Cinquini, Ancora un documento inedito intorno alla congiura romana del 1468, in Miscell. Ceriani, Milano 1910, pp. 456-62; Muratori, Rer. Ital. Script., 2ª ed., III, xvi, 1909, p. 154 (Le vite di Paolo II).

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