PORFIRINURIA e porfiria

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

PORFIRINURIA (App. I, p. 947) e porfiria

Fabio TRONCHETTI

I termini di porfirinuria e porfiria non sono usati in maniera univoca nella moderna terminologia clinica: abitualmente per porfiria si intende una malattia dovuta a un difetto congenito del metabolismo delle porfirine (v. XXVII, p. 945 e in questa App.) che si traduce in una rilevante eliminazione urinaria di uroporfirine. Col termine di porfirinuria si suole intendere l'accresciuta eliminazione urinaria di porfirine senza particolare riguardo al loro tipo chimico. Da alcuni si riserba la denominazione di porfirinuria alle forme tossiche e secondarie (da veleni, da medicamenti, conseguenti ad altre malattie, ecc.); da altri, invece, tutti i disordini del metabolismo porfirinico vengono indicati come porfirie (J. Waldenström; H. Bénard, A. Gajdos e M. Gajdos).

In patologia umana si conoscono porfirie idiopatiche e porfirie tossiche e secondarie. La classificazione clinica delle porfirie idiopatiche è ancora oggetto di controversie. La massima parte degli autori segue la classificazione di J. Waldenström secondo la quale si distinguono: la porfiria congenita (mal. di Günther); la porfiria acuta, con le sue forme: addominale, nervosa, combinata e latente; la porpria cutanea tardiva.

Altri invece (C. J. Watson e coll.) raccolgono le porfirie in due grandi gruppi: la porfiria eritropoietica, in cui l'eccesso di porfirinogenesi si manifesta primitivamente nelle cellule eritroblastiche del midollo osseo; la porfiria epatica, per eccesso di formazione porfirinica nel fegato.

Alla porfiria epatica appartengono la forma acuta, con sindrome addominale, neurologica o psichica, la forma cutanea tardiva e la forma mista, risultante dalla combinazione dei due tipi precedenti. A questa classificazione si obietta la difficoltà di considerare le diverse porfirie come entità nosologiche autonome e si oppone la ancora scarsa conoscenza in tema di biochimica delle porfirine, che non consente di riconoscere con sicurezza l'esclusiva responsabilità del tessuto emopoietico o del fegato.

La porfiria congenita è malattia rara, sovente ereditaria e familiare dovuta ad un ignoto errore del metabolismo porfirinico. Essa compare in un terreno costituzionale particolare, caratterizzato spesso dalla colorazione molto scura dei capelli e dalla tendenza nevropatica. I primi sintomi clinici consistono in manifestazioni cutanee: eritemi e formazioni bollose e vescicolose che possono ulcerarsi ed esitare in cicatrice; queste alterazioni cutanee sono di regola provocate dalla luce solare e ciò spiega la loro localizzazione nelle porzioni di cute scoperta e la loro recrudescenza nella buona stagione. Neppure eccezionali sono le pigmentazioni brune cutanee e l'ipertricosi; si possono avere anche varie lesioni oculari (congiuntivite, cheratite, irite) ed eritrodontia (denti decidui rosso bruni). Frequente è l'anemia normocromica, talora con carattere emolitico con splenomegalia; l'esame del sangue midollare rivela la abnorme ricchezza in porfirine degli eritroblasti. Nelle urine si rinvengono elevate quantità di uroporfirina I ed in misura minore di coproporfirine.

I recenti studî con radioisotopi sembrano dimostrare che nella porfiria congenita esiste una alterazione genetica della porfirinogenesi che porta alla produzione di porfirina del tipo I negli eritroblasti; il pigmento non potendo essere utilizzato per la sintesi dell'emoglobina, si avrebbe una abnorme labilità eritroblastica ed eritrocitaria con loro facile distruzione ed eliminazione abbondante di porfirina del tipo I; le porfirine del tipo III sono invece trasformate in pigmenti biliari.

La porfiria acuta è la forma più frequente della malattia; essa sopravviene di solito nei soggetti adulti giovani e predilige il sesso femminile. Anch'essa ha sovente carattere familiare ed ereditario.

La forma addominale è caratterizzata da un tripode sintomatologico costituito essenzialmente da dolori, vomito e stipsi. Talvolta l'esordio della malattia è preceduto da modesti sintomi premonitori neurologici o psichici. I dolori addominali sopravvengono criticamente ed hanno carattere costrittivo, crampiforme, costante è il vomito mucoso e poi biliare e la stipsi è ostinata e persistente. Alla ricchezza della sintomatologia soggettiva di solito fa riscontro la povertà dei reperti obiettivi, che consente di escludere ogni evenienza acuta addominale di ordine chirurgico. Abituali sono il movimento febbrile, la leucocitosi. la tendenza alla ipertensione arteriosa, talvolta è presente subittero. La durata di queste crisi addominali è varia, da qualche ora a molti giorni; l'episodio doloroso può essere unico o ripetersi con vario intervallo di tempo.

La forma nervosa non di rado è preceduta da uno o più episodî addominali. Si tratta essenzialmente di paresi o di paralisi flaccide di tipo periferico, con abolizione dei riflessi tendinei, cioè dovute ad impegno delle radici o dei tronchi nervosi e non dei centri o delle vie nervose centrali. Queste alterazioni motorie prediligono gli arti superiori e meno gli inferiori; ma può aversi altresì l'impegno di questi e di quelli insieme (tetraplegia). Le paralisi hanno sovente carattere progressivo. Frequenti sono le sensazioni parestesiche (formicolî, intorpidimento, ridotta sensibilità, crampi dolorosi) ed i tremori, fino a vere crisi convulsive. Abituali sono anche i fenomeni vasomotorî (arrossamento o pallore cutaneo) e la febbre, di solito modesta. L'evoluzione di questa forma può essere. e non di rado lo è, molto grave e la morte può sopravvenire per paralisi bulbare (paralisi cardio-respiratoria). Nei casi favorevoli la guarigione neurologica è però completa. Talvolta dominano i sintomi psichici di uno stato confusionale.

Nelle forme combinate si incontrano associati i sintomi addominali e nervosi. La forma latente è stata descritta da alcuni autori ed in essa si avrebbe solo la eliminazione urinaria di porfirine senza alcuna sintomatologia clinica. Il dato decisivo per la diagnosi di porfiria nelle sue varie forme è fornito dal reperto di uroporfirina in quantità elevata nelle urine; queste possono essere di colore rosso già al momento della loro emissione; sovente però hanno aspetto normale e divengono rosso-scure per effetto della luce.

La forma cutanea tardiva è caratterizzata da fotosensibilità cutanea che compare di solito fra i 30 ed i 40 anni di età, ma che qualche volta è presente già nell'infanzia. La sintomatologia ripete quella cutanea già descritta.

La terapia della porfiria idiopatica si fonda sulla prevenzione delle lesioni cutanee per fotosensibilità mediante la protezione dalla luce solare. Nelle forme con emolisi di qualche vantaggio può essere la splenectomia. Per le crisi dolorose addominali si prescrivono i farmaci antispastici e sedativi. Qualche utilità si può trarre dall'uso di lattoflavina, o, meglio ancora, di amide nicotinica ad alte dosi, di vitamina B1 (quando vi sia compromissione radicolonevritica) e, secondo segnalazioni che attendono conferma, sarebbe efficace la terapia cortisonica. Si deve proscrivere l'alcole e limitare nella dieta i carboidrati che sembrano possedere proprietà porfirinogene.

Porfirinurie tossiche e secondarie. - Porfirinuria elevata si ha per effetto di alcuni tossici, come il piombo, alla cui intossicazione sono esposti alcuni lavoratori (tipografi, verniciatori, ecc.). Le ricerche condotte con glicina marcata con azoto pesante sembrano dimostrare che nella intossicazione da piombo la porfirinuria non dipende tanto dalla abnorme distruzione dei globuli rossi, quanto da un disordine a carico del processo di incorporazione del ferro nell'anello della porfirina con ridotta sintesi dell'eme ed eliminazione delle porfirine rimaste inutilizzate (M. Grinstein). Porfirinuria si è osservata anche in seguito a somministrazione di sulfamidici, di ipnotici, di barbiturici, di dimercaptolo (BAL). Anche in alcune malattie può comparire porfirinuria secondaria, di scarso significato clinico: malattia reumatica, poliomielite acuta e soprattutto in affezioni epatiche (epatiti acute, cirrosi) ed in anemie (anemia di Biermer, anemie emolitiche).

Nelle porfirinurie secondarie, a differenza di ciò che avviene nella porfiria idiopatica, non si ha uroporfirina e porfobilinogeno nelle urine, almeno in quantità apprezzabili. ma solo coproporfirine.

La terapia delle porfirinurie tossiche si fonda sulla soppressione della sostanza responsabile; quella delle porfirinurie secondarie consiste nel trattamento della malattia principale.

Bibl.: J. Waldenström, in Acta Med. Scand., suppl. 82, 1937; M. Grinstein, M. D. Kamen e C. V. Moore, in J. Biol. Chem., CLXXIX (1949), p. 359; R. Schmid, S. Schwartz e C. J. Watson, in Acta Haematologica, X (1953), p. 150; C. J. Watson, Metabolismo delle porfirine, in G. Duncan, Le malattie del metabolismo, Roma 1955; E. Schwarz-Tiene, Il metabolismo delle porfirine in condizioni normali e patologiche, in Attualità in ematologia, Roma 1958; H. Bénard, A. Gajdos e M. Gajdos-Török, Porphyries, Parigi 1958.

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