PORRO SCHIAFFINATI, Gaetano Lodovico Baldassarre

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 85 (2016)

PORRO SCHIAFFINATI, Gaetano Lodovico Baldassarre

Antonio De Francesco

PORRO SCHIAFFINATI, Gaetano Lodovico Baldassarre. – Nacque a Milano il 21 novembre 1764, unico figlio del conte Alfonso e di Marianna Manzoni.

Pressoché nulle le notizie sui suoi primi anni, trascorsi in una situazione familiare resa difficile dai molteplici debiti di gioco contratti dal padre. Quanto conservato al momento della morte nella sua biblioteca personale, dove torreggiano i nomi di Voltaire, d’Alembert, Diderot, Rousseau e Robertson, lascia però intravvedere una personalità attenta alla nuova sensibilità dei lumi. Sempre l’elenco dei suoi libri indica quanto si entusiasmasse anche alle nuove della Rivoluzione francese, di cui seguì con partecipazione gli sviluppi in chiave democratica: proprio nel 1793, mentre in Francia era il tempo del Terrore, Porro prese infatti a preoccupare la polizia asburgica, che alla frontiera con il Ticino sequestrò numerose copie del Moniteur destinate alla sua attenzione.

È ugualmente appurato che egli appartenesse a una conventicola democratica di matrice massonica i cui animatori, al momento dell’arrivo di Napoleone Bonaparte a Milano, scesero per le strade inneggiando al prossimo ingresso delle truppe francesi. Il 15 maggio 1796, assieme al medico Giovanni Rasori e all’amico Carlo Salvador, che aveva vissuto in Francia ai tempi del Terrore, Porro si recò infatti presso il generale Bonaparte chiedendo il permesso di aprire al pubblico le riunioni del club. Ottenuta l’autorizzazione, nella prima adunanza i suoi natali aristocratici vennero però aspramente contestati da una parte del pubblico e per tutta risposta egli dichiarò di volersi spogliare del titolo e delle insegne di famiglia. Il suo discorso dovette riscuotere largo successo, perché di lì a qualche giorno, il 21 maggio, Porro venne scelto da Bonaparte tra i componenti dell’Amministrazione generale di Lombardia e guidò il comitato di polizia incaricato di reprimere il dissenso filoaustriaco. La sua prima mossa fu l’emanazione di un disposto con il quale – in sintonia con la volontà dei francesi – si aboliva la nobiltà e si ordinava che in capo a otto giorni venissero rimosse tutte le armi gentilizie dalla città. Nell’esecuzione di quel compito dette prova di grande zelo, sollecitando anche le denunce anonime che consentissero di rivenire i simboli nobiliari sfuggiti alla distruzione. Il suo attivismo piacque molto ai francesi, perché nei primi mesi del nuovo ordine venne chiamato a numerosi incarichi di governo per essere in seguito inviato, sul finire del 1796, a Reggio in rappresentanza della Lombardia al secondo Congresso cispadano, dove sostenne le ragioni di una sola repubblica in tutta l’Italia settentrionale.

A Milano, dove fece ritorno, Porro raddoppiò il proprio impegno rivoluzionario, sia intervenendo dalle colonne dei fogli più accesamente democratici, sia mediante infiammate concioni nella Società di pubblica istruzione. Due discorsi tenuti in quell’ambito – segnatamente sulla necessità di abolire ogni distinzione fra i sessi e sull’urgenza di introdurre il divorzio – gli valsero una fama di estremismo politico che non gli impedì tuttavia di entrare a far parte del comitato chiamato a redigere la costituzione della appena costituita Repubblica cisalpina e di divenirne il ministro della Polizia. In quelle vesti, alla metà del 1797, raddoppiò gli sforzi nella repressione degli elementi controrivoluzionari e parve spingere il proprio estremismo fino a tollerare alcuni episodi di iconoclastia che molto turbarono, invece, la componente meno radicale dei gruppi pur favorevoli ai francesi. Per questo motivo, dopo gli accordi di Campoformio, che permisero a Bonaparte di ottenere dall’Austria il riconoscimento della Cisalpina in cambio del Veneto, le fortune politiche di Porro parvero presto declinare ed egli perse il ministero della Polizia prudentemente accorpato a quello della Giustizia. Tuttavia, la sua sconfitta fu di breve durata, perché già nel novembre 1797 venne posto a capo della legazione cisalpina presso la Repubblica ligure. Nell’incarico Porro si mosse in modo molto spregiudicato: a Genova, dove giunse nel mese di dicembre, favorì la nascita di un partito favorevole all’unione con Milano e si adoperò per sostenere un’insurrezione a Lucca che reclamasse la pronta annessione di quella Repubblica alla Cisalpina. Le sue manovre tuttavia fallirono per l’opposizione degli emissari francesi, che lo bollarono quale pericoloso sovversivo, sicché l’esecutivo cisalpino, per non urtarsi con Parigi, lo sacrificò assieme al ministro degli Esteri Carlo Testi, che ne aveva seppur discretamente sostenuto l’operato.

Porro tornò a Milano dove, nell’aprile del 1798, sostenne a spada tratta le ragioni di un trattato di alleanza con la Francia, la cui ratifica molti altri patrioti cisalpini, reputandola offensiva degli interessi nazionali, inutilmente tentarono invece di impedire. Ricuciti per l’occasione i rapporti con Parigi, Porro entrò però in rotta con il Direttorio cisalpino, il cui progetto di riforma fiscale duramente avversò: in un opuscolo uscito anonimo alla metà del 1798, egli sottolineò l’importanza di un’imposta che colpisse i proprietari terrieri soltanto e limitasse l’intervento in materia di dazi al consumo. Nelle note, che rendevano volutamente omaggio all’economia politica di Turgot, egli lamentò a più riprese la mancanza di un consenso sociale al nuovo ordine e suggerì come sola via per conquistarlo quella di limitare quanto più possibile l’imposta sui ceti produttivi. La scelta, presto avversata da quanti guardavano con preoccupazione alla sua crociata contro la proprietà terriera, lo restituì al ruolo di capofila del gruppo più radicale e ne favorì l’incontro con il generale Guillaume-Marie-Anne Brune, comandante delle truppe francesi di stanza in Italia, il quale, rovesciando il Direttorio cisalpino, parve favorire un suo ritorno al ministero di Polizia. L’operazione non riuscì perché il nuovo ambasciatore francese François Rivaud restituì prontamente il potere agli avversari di Porro, ma neppure quella mossa pose definitivamente termine alla sua carriera politica, perché fin dai primi giorni del 1799, poggiando sul sostegno del nuovo comandante delle armi francesi Barthélemy-Catherine Joubert, egli levò a più riprese la voce per una pronta ripresa delle ostilità. Nel mese di aprile, il crollo della Cisalpina a fronte dell’offensiva delle truppe asburgiche lo costrinse però alla fuga in Francia, mentre gli austriaci, fatto ingresso a Milano, gli sottoposero a sequestro tutte le sostanze e lo processarono in contumacia per lesa maestà. A Nizza, dove trovò rifugio, Porro non mancò di tenere i contatti con i fuoriusciti cisalpini – a Genova come a Grenoble – sempre sperando in un pronto ritorno delle armi francesi nella penisola. Grande il suo entusiasmo per il ritorno, sul finire del 1799, di Bonaparte dall’Egitto e pieno il suo appoggio al colpo di Stato del 18 brumaio che portò il generale corso al potere: nei primi giorni del 1800, scrivendo a Parigi al ministro cisalpino Gian Galeazzo Serbelloni, Porro si disse entusiasta di Bonaparte, ormai primo console e certo di un suo pronto ritorno in forze in Italia. Giacomo Breganze, ultimo ministro di Polizia della Cisalpina e amico a Genova della famiglia Mazzini, lo incontrò a Nizza agli inizi del 1800 e lo descrisse dedito a piani e progetti per rilanciare il repubblicanesimo nella penisola: fece molta impressione, pertanto, la notizia della sua morte, sopraggiunta nella città francese il 18 gennaio 1800, per un attacco fulminante di febbre colerica.

Lasciò due figli avuti dal matrimonio con Isabella Giudici: il maschio, Carlo Alfonso Gracco, nato nel 1798, futuro poeta di simpatie garibaldine, nel 1816, sotto gli auspici dello zio materno Antonio, suo tutore, avrebbe scelto di conservare solo il secondo nome e contestualmente richiesto (nonché ottenuto) la restituzione del titolo di nobiltà ufficialmente ripudiato dal padre.

Opere. Sull’arte di rivoluzionare il bel sesso e sul divorzio. Discorsi due letti nella Società di pubblica istruzione e pubblicati da un ex-membro della stessa Società, Milano s.d. [1797]; Pensieri sulle imposte ed in ispecie sul progetto dei dazj di consumo proposto da una commissione al Gran consiglio, s.l., s.d. [Milano 1798].

Fonti e Bibl.: La data di nascita è tratta dal registro dei battesimi della Parrocchia di San Nazzaro, Milano; quello di morte è alle Archives municipales de la Ville de Nice, Registres des décès, E 2/54: 22 septembre 1799 - 22 septembre 1800, f. 242. L’elenco dei libri posseduti da Porro è nell’inventario dei beni post mortem redatto dal notaio Giovanni Battista Peruzzotti in data 28 fruttidoro anno VIII (15 settembre 1800) consultabile nell’Archivio di Stato di Milano, Fondo notarile, b. 48494; i documenti inerenti le difficoltà di Porro con la polizia asburgica, Fondo testi, b. 273, f. 43: Porro conte cavalier milanese. Introduzione di fogli forastieri.

F. Cusani, Storia di Milano dall’origine ai giorni nostri, IV, Milano 1865, passim; Corrispondenze di diplomatici della Repubblica e del Regno d’Italia 1796-1814, compilazione archivistica di C. Cantù, Torino 1884-1888, ad ind.; T. Casini, Ritratti e studi moderni, Milano 1914, ad ind.; S. Canzio, La prima Repubblica Cisalpina e il sentimento nazionale italiano, Modena 1944, ad ind.; A.M. Raggi, Documenti sulla lotta contro gli stemmi a Milano durante la dominazione francese, in Archivio storico lombardo, LXXX (1953), pp. 281-307; L. Giampaolo, Varese dall’avvento della Repubblica cisalpina alla fine del Regno italico, Varese 1959, ad ind.; A. De Francesco, Genova e l’Italia: il complotto democratico nella pratica politica del Triennio, in Loano 1795. Tra Francia e Italia dall’Ancien Régime ai tempi nuovi, a cura di J. Costa Restagno, Bordighera 1998, pp. 341-365; V. Criscuolo, Albori di democrazia nell’Italia in rivoluzione (1792-1802), Milano 2006, pp. 39, 201, 243, 327, 381, 387 s.; L. Gagliardi, Milano in rivoluzione. Patrioti e popolo di fronte all’invasione francese (1796-1799), Milano 2009, pp. 40, 42, 44, 55, 60 s., 77, 79, 88, 91, 137-139, 147, 149, 155, 170, 176, 194; I. Pederzani, I Dandolo. Dall’Italia dei lumi al Risorgimento, Milano 2014, pp. 56, 79-82, 92.

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