PORTOGALLO

Enciclopedia Italiana (1935)

PORTOGALLO (A. T., 39-40)

Maria MODIGLIANI
Fabrizio CORTESI
Pino FORTINI
Luigi CHATRIAN
Anna Maria RATTI
Angelo RIBEIRO
Fidelino de FIGUEIREDO
Joao BARREIRA
Antonio Augusto MENDES-CURREA
*
Lucio D'AMBRA
Giuseppe VALENTINI
Carlo TAGLIAVINI

Stato dell'Europa sud-occidentale, che comprende la maggior parte della regione costiera atlantica della Penisola Iberica. Il nome deriva da quello dell'antico Portus Cale (l'attuale Vila Nova de Gaia) situato sulla riva sinistra del Duero (in port. Douro) a pochi chilometri dalla foce di questo fiume e già ricordato nell'Itinerarium Antonini.

Sommario. - Geografia: Estensione e confini (p. 32); Geologia e morfologia (p. 32); Coste (p. 32); Clima (p. 33); Idrografia (p. 34); Fauna, flora e vegetazione (p. 34); Suddivisioni naturali (p. 35); Demografia (p. 35); Circoscrizioni amministrative (p. 35); Distribuzione della popolazione (p. 36); Condizioni economiche (p. 37); Industrie (p. 39); Movimento commerciale (p. 39); Comunicazioni (p. 39); Colonie (p. 41). - Ordinamento: Costituzione (p. 41); Culti (p. 41); Forze armate (p. 41); Finanze (p. 42); Istruzione pubblica (p. 42). - Storia (p. 42). - Lingua (p. 49). - Letteratura (p. 51). - Arti figurative (p. 57). - Musica (p. 60). - Etnografia e folklore (p. 61).

Estensione e confini. - Il Portogallo ha approssimativamente la forma d'un rettangolo ed è limitato a S. e a O. dall'Atlantico a N. e a E. dalla Spagna e precisamente dalla Galizia; dal León, dall'Estremadura e dalla Andalusia. Il Portogallo, con una superficie di 88.683 kmq. (escluse le Azzorre e Madera, che hanno complessivamente una superficie di 3081 kmq. e per le quali v. alle voci relative), costituisce la settima parte della Penisola Iberica ed è per superficie il 18° tra gli stati europei (compreso tra l'Ungheria, con 93.072 kmq. di superficie, e l'Austria, con 83.857 kmq.) La sua massima lunghezza da N. a S. è di circa 560 km., e la sua massima larghezza di 218 km. La lunghezza del confine politico è di 2046 km., dei quali 832 appartengono al confine marittimo e 1214 a quello terrestre.

Geologia e morfologia. - Costituiscono il Portogallo terreni delle più diverse età geologiche, e a tale diversità corrisponde una notevole varietà del paesaggio dal punto di vista morfologico e antropogeografico. Il Portogallo fa parte dell'orlo occidentale della Meseta, che è costituita di terreni granitici, ma tali terreni giungono fino al mare solo nella parte settentrionale del paese; in quella meridionale la Meseta è limitata da una serie di dislocazioni orientate da nord a sud, le quali lasciano tra la Meseta e l'Atlantico una vasta cimosa di terreni terziarî percorsa dal Tago e dal Sado. Nell'Algarve appaiono invece formazioni del Paleozoico che si ricollegano con quelle della Sierra Morena.

Passando ora a esaminare più particolarmente la struttura geologica del paese osserviamo che un blocco di terreni granitici occupa quasi tutto il Portogallo settentrionale e cioè la regione detta Entre Douro e Minho (tra il Duero e il Minho) e la Beira Alta; nella Beira Bassa prevalgono invece i terreni del Cambrico (conglomerati, quarziti e calcari). Il Traz os Montes, che comprende la parte NE. del Portogallo, è al contrario costituito da terreni scistosi. I terreni del Mesozoico (calcari conchigliferi e litografici del Giurassico, creta bianca e calcari a rudiste del Cretacico) costituiscono gran parte dell'Estremadura settentrionale; solo a N. della foce del Tago riappaiono rocce granitoidi nel massiccio di Sintra. A S. del Tago predominano i terreni più recenti del Paleozoico (Carbonico inferiore) e del Terziario, il Miocene e il Pliocene. I terreni del Pliocene, con marne, argille e sabbie marine, prevalgono nella zona compresa tra la foce del Tago e Santarem; quelli del Miocene (calcari e arenarie), nella zona situata a monte di Santarem fino ad Abrantes, e ricoprono vaste pianure dove scorrono il Tago e il Sado. A S. e a E. delle pianure suddette, nella parte centrale dell'Alemtejo, si trovano terreni cristallini scistosi, con affioramenti di porfidi e graniti, e terreni del Silurico superiore (conglomerati e calcari). Infine una vasta zona di terreni del Carbonico (scisti e arenarie) si estende nell'Algarve; solo la Serra de Monchique è costituita da terreni granitici.

Del grande altipiano della Penisola Iberica il Portogallo occupa la parte più occidentale che scende gradatamente verso l'Oceano Atlantico; in questa parte l'altipiano presenta rilievi e valli profondamente incise dall'azione dei fiumi.

Dal punto di vista mrfologico si può fare una netta distinzione tra la parte del Portogallo che si trova a nord del Tago e quella situata a mezzogiorno di questo fiume. Infatti mentre la parte settentrionale è montuosa, a sud prevalgono invece altipiani incisi da valli poco profonde; a N. del Tago le altezze inferiori ai 400 m. rappresentano il 52%, a S. il 97% del territorio.

Nella parte settentrionale si estendono numerose serre (Serra de Soajo, 1415 m.; do Gerez, 1361 m.; de Larouco, 1338 m.; de Marão, 1415 m.) che si staccano da quelle della Galizia sud-orientale e si diramano a ventaglio con direzione generale NE.-SO. degradando a poco a poco verso il Duero. I rilievi hanno raramente (Serra o Gerez, de Larouco, ecc.) l'aspetto frastagliato proprio dell'alta montagna, con cime aguzze, pareti ripide e scoscese; predominano piuttosto forme arrotondate sulle quali è evidente l'azione ragguagliatrice degli agenti atmosferici. A S. del Duero, nella Beira Alta, le altezze si abbassano sensibilmente con le serre Montemuro (1382 m.), Gralheira (1116), de Caramulo (1071), da Lapa (986), Marofa (974). Anche qui l'erosione piuttosto forte, dovuta all'abbondanza delle piogge e allo scioglimento delle nevi, ha agito sulle zone montuose trasformandole in groppe arrotondate e in altipiani profondamente incisi dalle acque che vanno al Duero, al Vouga, al Mondego. Tra il corso del Mondego e quello dello Zézere sorge isolata la più alta catena del Portogallo, la Serra da Estrella che ha direzione NE.-SO. e culmina a 1991 m. nel Malhão da Estrella, il punto più elevato del territorio portoghese.

Verso NE. la Serra si abbassa rapidamente, mentre a SO. si continua con la Serra de Lousã. Il grande massiccio granitico della Serra da Estrella, inciso da una serie di valli trasversali, ha aspetto assai aspro e selvaggio sul versante dello Zézere; è questa la cosiddetta "Serra Brava" di difficile accesso, mentre nel versante opposto, donde traggono origine il Mondego e i diversi affluenti del Duero, i pendii sono meno ripidi; è la "Serra Mansa". Sulle vette più elevate della Serra, che presenta forme piuttosto cupoleggianti, cresce una vegetazione bassa e cespugliosa; i fianchi invece sono ricoperti da meravigliosi boschi di querce e castagni. La neve dimora sui fianchi della Serra dal novembre al maggio alimentando al momento del disgelo il Mondego e altri corsi d'acqua di minore importanza. A S. della Serra da Estrella, separate dal corso dello Zézere si elevano la Serra do Moradal (1080 m.), la Serra Guardunha (1923 m.) e la Serra de las Mesas (1366 m.). Alla Serra da Estrella, per mezzo di ramificazioni non troppo elevate (Serra do Aire, 677 m.; Serra de Candieiros, 485 m.; Serra de Cintra, 207 m.) si riannoda anche la piccola catena montuosa che forma l'ossatura della penisola situata a nord di Lisbona e compresa tra il corso inferiore del Tago e l'Oceano. A S. del Tago si estende l'Estremadura, regione formata dalle pianure alluvionali del Tago e del Sado. La bassa vallata del Tago, pianura alluvionale nota con il nome di "Ribatejo", è una delle regioni più fertili del Portogallo, mentre la bassa vallata del Sado è paludosa e perciò poco favorevole all'insediamento umano. Assai uniforme dal punto di vista morfologico si presenta l'Alemtejo, nel quale vengono a morire le ultime propaggini della Serra Morena. Vasti altipiani si estendono a perdita d'occhio e dànno al paesaggio un aspetto triste e monotono: sono le "Charnecas", spesso del tutto incolte e disabitate. Solo la serra granitica di S. Mamede (1025 m.) e più a S. la Serra Ossa (640 m.) e la Serra Monfurado interrompono la monotonia del paesaggio. I monti dell'Algarve, che sono formati da una serie di serre disposte ad anfiteatro e completamente orientate verso mezzogiorno (Serra do Malhão, 579 m.; Serra de Monchique, 902 m., la più elevata), rappresentano anch'essi un prolungamento dei ripiegamenti della Serra Morena.

Nel Portogallo i terremoti sono frequenti e le zone di massima sismicità sono situate nella bassa vallata del Tago (Ribatejo), e nella zona costiera dell'Algarve. Tali regioni sono state provate da numerose catastrofi; famosa è quella del 1° novembre 1755, conosciuta con il nome di terremoto di Lisbona, che fu accompagnata da un forte maremoto, e quella del 23 aprile 1909 nel Ribatejo a NE. di Lisbona.

Coste. - Prese nel loro insieme le coste del Portogallo sono prevalentemente basse e orlate da una stretta piattaforma continentale; fino ai 100 m. la costa scende dolcemente verso il fondo marino, poi, con un brusco gomito s'inabissa fino ai 3000 m. Nel Portogallo settentrionale le coste differiscono notevolmente dalle vicine coste spagnole: dopo le profonde rías della Galizia, a S. della foce del Minho, le coste, limitate da una fascia sabbiosa larga da uno a due km., assumono un aspetto uni10rme e fino a Oporto non presentano sporgenze notevoli. Leixões, porto artificiale della città di Oporto, emporio di primissimo ordine per l'esportazione dei prodotti agricoli, sorge presso l'estuario del Duero. A S. di questa città la costa non è che una plaga sabbiosa orlata di dune; interrompe la monotonia di questa zona la laguna di Aveiro, sulle rive della quale sorgono le città di Murtosa, Aveiro, Gafana; la laguna di Aveiro è destinata a essere interamente colmata dalle alluvioni del Vouga che in essa sfocia, se l'opera dell'uomo non interviene a modificare l'evoluzione naturale; essa è già fortemente ristretta e le sue rive si vanno trasformando per colmamento in veri e proprî polders.

La costa, a S. di Aveiro fino al Capo Carvoeiro, si prolunga ancora bassa e orlata di dune; tali dune devono la loro origine e il loro accrescimento soprattutto ai materiali trasportati dai fiumi: Minho, Lima, Duero, Vouga e Mondego. Esse, frequenti specialmente nella parte settentrionale dell'Estremadura, erano mobili e furono fissate con piantagioni di querce e pini nel sec. XIV.

A S. del Capo Carvoeiro le ultime propaggini della Serra da Estrella, giungendo fino al mare, dànno luogo a coste piuttosto alte e rocciose fino alla foce del Tago, dove, sul magnifico ed ampio estuario di questo fiume, è situato il principale porto del Portogallo: Lisbona. La costa si mantiene ancora alta e rocciosa dalla foce del Tago a quella del Sado e precisamente in corrispondenza della Serra da Arrabida, che giunge fino al mare; qui sul largo estuario del fiume Sado sorge il porto di Setúbal.

Nella zona compresa tra la foce del Sado e il Capo S. Vincenzo mancano buoni approdi. Alta e frastagliata si presenta la costa dell'Algarve, specie nel tratto compreso tra il Capo S. Vincenzo e il Capo di S. Maria, dove sorgono i porti di Lagos, Vila Nova de Portimão, Albufeira e Faro. A oriente del Capo di S. Maria la costa è più bassa e il porto principale è Vila Rial de Santo António alla foce del Guadiana.

Clima. - Il Portogallo partecipa al pari degli altri paesi dell'Europa occidentale del clima atlantico (moderata variazione stagionale delle temperature, frequenti piogge e burrasche, cielo assai spesso coperto da nebbie, predominio dei venti di ovest e sud-ovest), ma presenta anche differenze notevoli in rapporto alla diversa altezza e alla maggiore o minore distanza dal mare. A nord del Tago, dove i monti giungono fin quasi al mare, l'influenza dell'Atlantico è limitata alla fascia costiera, mentre a sud, dove non esistono monti elevati, gl'influssi dell'Atlantico penetrano largamente anche nell'interno.

Più particolarmente osserviamo che nella regione costiera compresa tra la foce del Minho e quella del Tago le estati sono fresche (temperatura media di agosto di poco superiore ai 20°), gl'inverni miti (temperatura media di gennaio superiore ai 9°), mentre nelle regioni più interne, come ad es. nel Traz os Montes, il clima assume un carattere più continentale, con estati brevi e assai calde, inverni lunghi e freddi con cadute occasionali di neve. La Serra da Estrella ha estati calde e inverni freddi con abbondanti precipitazioni.

A S. del Tago la temperatura media si eleva sensibilmente solo nelle regioni più interne dell'Alemtejo, dove non giunge l'influenza dell'Atlantico: qui le estati sono torride, gl'inverni freddi e l'oscillazione diurna può raggiungere anche i 30°. L'Algarve, che ha una media annuale di 180°,6, la più elevata del Portogallo, con inverni assai miti (11°) ed estati calde (23°-24°), si riattacca al clima subtropicale. Le precipitazioni, come le temperature, hanno un andamento diverso nella parte del Portogallo situata a N. e in quella posta a S. del Tago. Mentre le temperature aumentano a mano a mano che si procede dal N. verso il S. del Portogallo, le precipitazioni invece diminuiscono.

Nel Portogallo settentrionale le precipitazioni non scendono infatti mai al disotto degli 800 mm. e il numero dei giorni piovosi non è mai inferiore agli 85 annui (Coimbra 139 giorni piovosi, Lisbona 116). Il massimo delle precipitazioni si riscontra nella Serra da Estrella, dove la quantità di pioggia è superiore ai 2000 mm. e talvolta raggiunge anche i 3000 mm. Nel Portogallo meridionale invece le precipitazioni sono scarse; nell'Alemtejo sono inferiori ai 700 mm. annui e nella pianura dell'Algarve scendono fino ai 350 mm. all'anno. Nel Portogallo meridionale il numero dei giorni piovosi è inferiore ai 50.

La nevosità ha importanza assai mediocre e si riscontra solo nel Portogallo settentrionale, che è prevalentemente montuoso: Oporto registra 2,6 giorni con neve, e Guarda z5,1.

Nella ripartizione dell'umidità atmosferica è evidente l'influsso della vicinanza o della lontananza dal mare: l'umidità relativa è più forte nei paesi situati sulla costa (Oporto 73%, Lisbona 67%) che in quelli situati verso l'interno (Campo Maior 60%).

Il Portogallo è tutto l'anno esposto ai venti dell'O.; nella parte settentrionale prevale il vento di NO., a S. del Tago il vento di SO.; in inverno queste correnti, benché sempre dominanti, si trovano contrariate dai venti che soffiano dalla Meseta in tutte le direzioni.

Idrografia. - I fiumi principali hanno origine dalla Meseta spagnola; questi nella parte settentrionale del Portogallo hanno prevalentemente direzione verso O.-SO. (Minho, Duero, Mondego); al centro verso SO. (Tago), nel mezzogiorno verso S. (Guadiana). A eccezione di questi, che sono i maggiori corsi d'acqua, gli altri hanno tutti brevissimo corso. Carattere comune ai fiumi portoghesi è la netta distinzione tra la sezione montana, in cui il fiume scorre in fondo a gole strettissime e profonde ed è interrotto spesso da cascate, e il corso a valle assai più regolare, caratterizzato da letti fluviali ampî e foci ad estuario. In questa seconda parte quasi tutti i fiumi sono navigabili, almeno da grosse barche, mentre la sezione a monte si presta assai bene allo sfruttamento dell'energia idroelettrica, ancora assai poco utilizzata. In complesso hanno quasi tutti regime irregolare e derivano il loro alimento in massima parte dalle piogge, con la maggiore portata di acque in autunno e primavera e la minima durante l'estate. Nel Portogallo meridionale, dove le piogge sono assai scarse, i fiumi nel periodo estivo si riducono a un debole corso d'acqua che scorre tra la ghiaia e la sabbia che ricopre il letto del fiume; assai pronunciato è il carattere di "fiumara" di questi fiumi, soprattutto nelle zone dove predominano gli scisti.

Il Minho il gran fiume della Galizia (lunghezza km. 280, superficie del bacino kmq. 22.500), separa il Portogallo dalla Spagna per 75 km. Questo fiume scorrendo in una valle assai incassata, ha carattere torrentizio fino a Monção, di qui invece il suo corso diviene tranquillo ed è navigabile fino alla foce.

Il Lima (superficie del bacino 1145,39 kmq.) scorre nel Portogallo per 62 km. e sbocca nell'Atlantico a Viana do Castelo; è un piccolo fiume utilizzato soprattutto per la forza motrice. Il corso, che è torrentizio fino a Ponte da Barra, si allarga poi in una vallata sinuosa inondando spesso le pianure circostanti, che si trasformano in praterie naturali.

Nel Portogallo settentrionale il fiume che ha maggiore importanza dal punto di vista economico è il Duero (v.), la cui valle è la principale via di comunicazione tra il mare e la regione del Traz os Montes; costituisce inoltre una delle maggiori riserve d'energia idroelettrica e ad esso è legata gran parte della vita economica della regione che attraversa (Paiz do Vinho).

Fiume interamente portoghese è il Vouga (superficie del bacino 3656,24 kmq., lunghezza 136 km.), che ha origine dalla Serra da Lapa; separa con il suo corso la Serra Gralheira dalla Serra de Caramulo e sbocca nella laguna di Aveiro. Dalla Serra da Estrella ha origine il Mondego (superficie del bacino 6772, 29 kmq., lunghezza 220 km.), che scorre tra pittoresche gole nel corso superiore e poi, a partire da Foz do Dão, diviene navigabile (85 km.). Le acque del Mondego sono abbondanti e soggette a piene frequenti.

Il più grande fiume portoghese è il Tago (v.; in port. Tejo), che costituisce una magnifica via naturale di comunicazione dall'Oceano fino al confine con la Spagna. I fiumi dell'Algarve, infine, a eccezione del Guadiana, non sono altro che brevi torrenti, di cui alcuni terminano con estuarî più o meno ingombri di sabbia. Il Guadiana (v.) scorre nel Portogallo per 260 km. e in due tratti serve di confine con la Spagna: a N. tra l'Alemtejo e l'Estremadura, a S. tra l'Algarve e l'Andalusia.

Il Portogallo possiede alcuni laghi d'origine glaciale nella Serra da Estrella e lagune costiere, di cui le più importanti sono quelle di Aveiro e di Setúbal, che dànno una considerevole quantità di sale.

Fauna, flora e vegetazione. - La fauna del Portogallo non si discosta sostanzialmente da quella del resto della Penisola Iberica.

La fitogeografia del Portogallo è abbastanza ben conosciuta per gli studî di M. Willkomm, di J. Henriques, di J. Daveau e altri. Secondo il Willkomm si possono distinguere un distretto nord-atlantico, uno centrale e uno sud-atlantico; ma forse è meglio prendere per limite divisorio il Tago e distinguere il territorio al N. di questo fiume da quello al S. ed esaminare le diverse zone: litorale, delle pianure e delle colline, montana e subalpina.

La zona litorale presenta molte specie settentrionali; vi è il dominio del Pinus pinaster e delle Armeria della sez. Macrostegia nella sua parte nord, mentre nella parte sud scompaiono le specie delle spiagge settentrionali dell'Europa e subentra al Pinus pinaster il P. pinea, prima mescolato ad esso, poi solo; si trovano gli Helianthemum della sezione Halimium e le Armeria della sez. Otostegia insieme con specie iberiche o endemiche, l'Ulex Welwitschianus e Willkommii, lo Stauracanthus aphyllus e spectabilis, le Nepa, ecc. Nella sua parte più meridionale o litorale dell'Algarve crescono specie mediterranee, iberiche e mauritaniche e l'endemismo si aceentua nei grandi promontorî (Capo da Roca, Espichel, S. Vincenzo) i quali spingendosi nell'Oceano costituiscono un ambiente quasi insulare.

La zona delle pianure e delle colline eomprende tutte le basse terre, prossime al litorale, che sono sottoposte all'azione del clima atlantico e le elevazioni non superiori ai 400-500 m. con i loro versanti occidentali. Al N. si associano il P. pinaster e la Quercus pedunculata; sul limite della zona montana si trova la Q. tozza e lungo taluni corsi d'acqua il Rhododendron baeticum. Nel centro troviamo associati il P. pinaster, la Quercus lusitanica e l'olivo; invece nella zona dell'Alemtejo occidentale vi è il P. pinea solo o col P. pinaster; la vegetazione arbustiva è formata da Quercus coccifera, Q. humilis, Ulex, Nepa, Stauracanthus, Helianthemum frutescenti, Chamaerops humilis, mentre nell'Alemtejo orientale mancano i pini, dominano la Quercus ilex e la Q. suber e fra gli arbusti il Cistus ladaniferus, e nelle stazioni umide crescono il Nerium oleander e la Securinega buxifolia. A sud di questa zona si trovano Q. ilex, Nepa, carrubi, e nella parte submontana Q. Mirbeckii, Castanea vesca, Rhododendron baeticum, Myrica faya.

Nella zona montana si possono distinguere una parte cismontana soggetta ai venti marittimi e una trasmontana riparata da questi venti, le cui flore differiscono notevolmente fra loro.

La zona subalpina formata dalle più alte cime del territorio, che non superano i 2000 m. s. m. (per cui non esiste una zona alpina): qui si trova il Juniperus nana e il Nardus stricta in ciuffi densi e compatti, al nord vi sono formazioni di Ericacee sostituite al sud da macchie di Cistus.

L'arancio prospera in tutta la zona bassa costiera penetrando nelle valli del Tago e del Duero; la palma da datteri si trova solo nel Portogallo meridionale e lo sparto Macrochloa tenacissima si rinviene solo nell'Algarve.

Suddivisioni naturali. - Il Portogallo è diviso da secoli in diverse regioni, che si differenziano l'una dall'altra per caratteri naturali. A N. le regioni del Minho e del Douro, che corrispondono all'ingrosso alla regione storica denominata Entre Douro e Minho, sono costituite prevalentemente da masse granitiche fortemente modellate dagli agenti atmosferici e disposte in catene di montagne che hanno direzione NE-SO. e altezze quasi sempre superiori ai 1000 m. Sono regioni intensamente coltivate grazie all'esistenza di due importanti fattori: la grande abbondanza d'acqua, dovuta alle piogge frequenti, e l'opera instancabile dell'uomo, che cerca continuamente di acquistare nuovi terreni all'agricoltura.

Profondamente diverso dal punto di vista geologico è il Traz os Montes, costituito da terreni scistosi. I boschi di latifoglie, assai diffusi nelle vicine regioni del Douro e del Minho, cedono nel Traz os Montes, data la grande siccità estiva, alla coltura della segale, delle patate, del grano, e all'allevamento del bestiame (pecore e capre).

A sud del Traz os Montes e del Douro si estende la Beira che, per caratteri morfologici, si distingue a sua volta in Beira Alta, Beira Trasmontana, Beira Bassa e Beira Litoranea; quest'ultima regione, essenzialmente pianeggiante, è assai favorevole all'insediamento umano grazie all'intenso sviluppo dell'agricoltura e al mare che la bagna; la Beira Alta e la Trasmontana invece, corrispondenti alla parte superiore del corso del Vouga e del Mondego, si trovano in condizioni del tutto opposte. La Beira Bassa infine forma un piano inclinato verso la valle del Tago ed è incisa dagli affluenti di destra che vanno al fiume suddetto.

Le basse vallate del Tago e del Sado e le penisole di Lisbona e di Setúbal formano un'altra regione naturale: l'Estremadura. La bassa vallata del Tago, piana alluvionale nota con il nome di Ribatejo, è intensamente coltivata a grano e vigneti ed è ricca di praterie naturali per l'allevamento del bestiame bovino. In forte contrasto con questa è invece la bassa vallata del Sado, paludosa e perciò poco importante economicamente.

A sud del Tago fino ai monti dell'Algarve si estende l'Alemtejo, vasta regione di altipiani, la cui altezza media si aggira sui 300 m.

In forte contrasto con l'Alemtejo è l'Algarve. Sui fianchi delle montagne le agavi e i fichi d'India dànno al paesaggio un aspetto africano, mentre le regioni pianeggianti, caratterizzate da una vegetazione lussureggiante di aranci, olivi, fichi, mandorli, melograni, hanno un aspetto mediterraneo.

Demografia. - La popolazione della repubblica portoghese al 1° dicembre 1930 ammontava a 6.825.883 ab., comprese le Azzorre e Madera, e a 6.360.347 per il solo continente. Risalendo indietro di poco più d'un cinquantennio si constata che al 1° gennaio 1864, epoca del primo censimento ufficiale, la popolazione era di 3.829.618 abitanti per il continente e di 4.188.410 ab. con le isole adiacenti.

Il rapido aumento (66%), verificatosi dal 1864 al 1930, è dovuto soprattutto alla forte natalità; il Portogallo infatti è tra i paesi europei che hanno un indice di natalità assai elevato, superato solamente dall'U.R.R.S., dalla Bulgaria e dalla Romania; nel decennio 1910-19 l'indice di natalità fu di 31,9 per 1000 ab., aumentato ancora nel decennio successivo (33,8 per 1000 ab.). L'aumento della popolazione sarebbe stato ancora superiore a quello già notato, se la mortalità non raggiungesse anch'essa un indice assai alto (22,8 per 1000 ab. nel decennio 1910-1919; 20,8 per 1000 ab. nel decennio successivo) dovuto alle condizioni sanitarie assai poco favorevoli, alla mancanza di medici in piccoli centri, alla diffusione di malattie infettive e specialmente della tubercolosi. Con tutto ciò l'eccedenza delle nascite sulle morti è aumentata; essa fu del 9,1 per 1000 ab. nel decennio 1910-1919, e del 13,0 nel decennio 1920-1929. Nel 1931 l'eccedenza dei nati sui morti per 1000 ab. fu del 13,2.

Dal punto di vista etnico la popolazione portoghese è una delle più omogenee di Europa: circa il 99% è rappresentato dai Portoghesi.

Nel 1932 erano presenti in Portogallo 15.074 stranieri, dei quali il maggior numero è rappresentato dagli Spagnoli (8329), dai Brasiliani (1609), dagl'Inglesi (1181), dai Francesi (1019). Gli Italiani erano 362. Gli stranieri vivono soprattutto nelle città di Lisbona (11.555) e Oporto (1611).

Circoscrizioni amministrative. - Il Portogallo fin dal 1834 è diviso in distretti amministrativi aventi come capo un governatore civile assistito da una Giunta del distretto (Junta Geral do Districto). Nel continente vi sono 18 distretti e 4 nelle isole adiacenti.

Il Portogallo è diviso in sei regioni storiche, a ciascuna delle quali corrispondono due o più distretti: Entre Douro e Minho: Viana do Castelo, Braga e Oporto; Traz os Montes: Bragança e Vila Rial; Beira: Aveiro, Viseu, Coimbra, Guarda e Castelo Branco; Estremadura: Leiria, Santarem, Lisbona e Setúbal; Alemtejo: Portalegre, Évora e Beja; Algarve: Faro. I distretti delle isole adiacenti sono Angra do Heroismo, Horta e Ponta Delgada per le Azzorre, Funchal per Madera.

I distretti sono divisi in 302 concelhos (sottoprefetture), che alla loro volta comprendono 3884 freguezias (municipî). I distretti, come già è stato detto, sono retti da un governatore civile (governador civil), i concelhos da un amministratore del concelho (administrador do concelho), le freguezias da un rettore (regedor) e da una giunta della freguezia.

Distribuzione della popolazione. - La popolazione del Portogallo, escluse le isole adiacenti, ammontava al 1° dicembre 1930 a 6.360.347 abitanti con una densità media di 71 abitanti per kmq. Tale densità, è di poco inferiore a quella della Francia (75,9), ma risulta assai più alta di quella della Spagna (47), e presenta, da distretto a distretto, forti variazioni.

La differente densità di popolazione tra il Portogallo settentrionale e quello meridionale è dovuta soprattutto al modo con il quale è divisa la proprietà; nel Portogallo settentrionale, dove prevale la piccola e la media proprietà, la densità di popolazione è superiore alla media del paese (91 ab. per kmq.); mentre nel Portogallo meridionale, dove esistono ancora i grandi latifondi, la densità di popolazione è assai inferiore alla media (30 ab. per kmq.). Nel Portogallo meridionale l'Algarve per la fertilità del suolo, che possiede condizioni particolarmente favorevolì all'insediamento umano, raggiunge una densità di 59 ab. per kmq. I distretti del Portogallo meridionale, nel quale invece si riscontrano le densità più basse, sono quelli di Beja (23), di Évora (24), e di Portalegre (27), tutti e tre situati nell'Alemtejo. Nel Portogallo settentrionale solo la regione del Traz os Montes ha una densità media di popolazione inferiore alla media di tutto il paese (40 ab. per kmq.); qui, malgrado la fertilità del terreno, e gli sforzi fatti dall'uomo per cercare costantemente di acquistare nuovo terreno all'agricoltura, esistono ancora, a causa del rilievo, estensioni scarsamente coltivate e di conseguenza scarsamente popolate: distretto di Vila Rial (59), Bragança (28). La regione Entre Douro e Minho fu invece fino dall'antichità assai fittamente popolata; il computo della popolazione che si fece negli anni 1527-1532 assegnò alla regione suddetta 55.066 famiglie, il censimento del 1930 ne registrò invece 335.310. Tale imponente aumento della popolazione si deve soprattutto al notevole impulso che si è dato all'agricoltura, alla pesca, all'industria, al commercio; attualmente la regione Entre Douro e Minho abbraccia l'8% del territorio portoghese e il 20% della popolazione complessiva. Anche nella Beira la densità di popolazione è superiore alla media (72 abitanti per kmq.); ma densità assai più alte si riscontrano nell'Estremadura e precisamente nel distretto di Lisbona (330), dovute non solo alle favorevoli condizioni agricole e commerciali, ma anche alla forza di attrazione esercitata dalla città di Lisbona, che da 700 anni è capitale del Portogallo.

Due soli centri superano i 100.000 ab.: Lisbona con 594.395 ab., situata sul magnifico estuario del Tago, grande centro del commercio oceanico, e Oporto con 232.280 ab. sull'estuario del Duero, nella quale è concentrata gran parte dell'attività marittima del Portogallo settentrionale. Lisbona e Oporto sono le uniche grandi porte per mezzo delle quali la repubblica portoghese si mantiene in relazione con l'estero ed anche i punti di convergenza per le comunicazioni con l'interno. Tra Oporto e Setúbal che conta 46.398 ab. non vi è alcun termine di passaggio; città con più di 20.000 ab. sono, oltre Setúbal, solo tre: Coimbra (27.333 ab.), Braga (26.962 abitanti), Évora (22.061 ab.); città con più di 10.000 ab. sono invece circa 30 e le principali Faro (18.019 ab.) e Covilha (15.640 ab.).

Notevole importanza nel Portogallo hanno i movimenti di emigrazione; il Portogallo, dopo lo Stato Libero d'Irlanda, è il paese che annovera le cifre più alte per l'emigrazione. Nel 1920 il numero degli emigranti ammontò a 64.783 e nel 1926 a 42.067; dal 1926 in poi il Portogallo ha cercato di limitare questa forte corrente migratoria: nel 1930 il numero degli emigranti è stato di 23.196, e nel 1933 di 8939. La causa principale dell'emigrazione va ricercata nel fatto che il Portogallo ha un forte eccesso di natalità, ma non dispone di risorse economiche sufficienti per fare fronte all'aumento della popolazione.

L'emigrazione si dirige soprattutto verso i paesi agricoli dell'America e specialmente nel Brasile, antica colonia del Portogallo, dove l'identità della lingua e il numero considerevole dei Portoghesi che già da lungo tempo vi si sono stabiliti attirano tuttora numerosi emigranti. Nel Brasile si dirigono circa i 3/4 degli emigranti; seguono poi l'Argentina e gli Stati Uniti. Verso le colonie portoghesi, segnatamente verso quelle dell'Africa orientale e occidentale, vi è un costante movimento di emigrazione, che si cerca d'intensificare con diversi mezzi allo scopo di mettere in valore le ricchezze considerevoli di cui sono dotate.

Condizioni economiche. - Sebbene l'agricoltura sia l'occupazione prevalente del popolo portoghese (il 50% degli abitanti si dedica ad essa), pure questa non occupa ancora quel posto che dovrebbe avere; ciò è dovuto sia alle condizioni climatiche (piogge in generale abbondanti, ma inegualmente distribuite), sia alla natura del terreno (dove prevalgono le formazioni del Paleozoico si hanno terreni di fertilità mediocre), sia ai mezzi agricoli piuttosto antiquati, sia infine all'inadeguata distribuzione della proprietà. Nelle regioni di Entre Douro e Minho e dell'Algarve, dove la proprietà è frazionatissima, le colture dei cereali, della vite, degli alberi da frutto sono assai intense, mentre nella Beira Bassa e nell'Alemtejo, dove l'estensione dei latifondi è ancora considerevole, i terreni sono ben lungi dal dare il massimo rendimento.

Tra i cereali il mais, la cui coltura si fa soprattutto nel Portogallo nord-occidentale, occupa una superficie di 3762 kmq. (1932) con una produzione media (1930-32) di 4.077.430 q. e un rendimento per ha. di 9,4 q. (1932). Il grano, l'avena, l'orzo si coltivano in ogni parte del Portogallo sia isolati, sia associati alla coltura dell'olivo, degli alberi da frutta, dei mandorli e talora anche della vite. Secondo i dati del 1930, concernenti la raccolta del grano, l'Alemtejo ha dato il 57,4% della raccolta totale, l'Estremadura il 29,8%, la Beira il 5,1%, l'Algarve il 3,3%, il Traz os Montes il 3,1% e la regione Entre Douro e Minho solamente l'1,3%.

L'area destinata alla coltura del grano (1932, 5918 kmq.) diede una produzione media di 2.752.729 q. negli anni 1924-28 e di 4.134.326 q. negli anni 1930-32, con un rendimento per ha. (1932) di 8,6 q. La produzione media dell'orzo (1930-1932) fu di 465.495 q., quella dell'avena di 989.487 q. La coltivazione della segale (produzione media 1930-32, 1.247.871 q.) è invece ristretta agli altipiani secchi e poveri, dove la proprietà è rimasta e rimane tuttora indivisa. Il riso, che si coltiva nelle pianure alluvionali in vicinanza delle coste (laguna di Aveiro) e lungo le valli dei grandi fiumi, Vouga, Mondego, Tago, Sorraia, Sado, occupa una superficie di 113 kmq., con una produzione di 254.662 q. (1931-33).

La coltura della vite, per quanto il territorio ad essa dedicato (1932, 3500 kmq.) sia piuttosto limitato, occupa pure un posto importantissimo nell'economia portoghese. Famosissimi sono i vigneti del Paiz do Vinho, dove la vite è coltivata su terrazzi, su pendii nudi senza alberi, in pieno sole, e quelli della regione del Minho, dove la vite è invece attaccata agli alberi (salici, pioppi, ecc.). La vite raggiunge i suoi massimi limiti altimetrici nel Traz os Montes, (800-900 m.) e nella Serra Guardunha (1100 m.). La produzione media del vino, nel quinquennio 1924-28, ammontò a 5.651.776 hl. e nel trienno 1930-32 a 6.438.329 hl. con un rendimento per ha. di 17,5 hl. (1932). Della produzione annua di vini il 52% spetta ai vini da tavola comuni, il 26% ai "vinhos verdes" che si producono sui terreni granitici dei distretti settentrionali del Portogallo, il 9% ai "vinhos de caldeira", il 9% al Porto e il 4% ad altri vini speciali.

Anche l'olivo ha in Portogallo una notevole importanza; i principali centri di produzione sono l'alto Douro, i dintorni di Coimbra e di Guarda, la riva destra del Tago, e in special modo i dintorni di Leiria e di Torres Novas dove predominano i calcari, la Beira meridionale e la regione al di là del Guadiana (Moura). La produzione media dell'olio, che è in gran parte utilizzato per l'industria della conservazione del pesce, ammontò nel quinquennio 1924-28 a 400.496 q. e nel triennio 1931-33 a 402.914 q. Abbastanza redditizia è anche la produzione delle frutta, che è di eccellente qualità; meritano di essere ricordati gli aranci del Duero, di Coimbra, di Setúbal.

L'Algarve, che si può considerare veramente il paese delle primizie, dà ottimi prodotti; circa i 3/4 della pianura algarvica sono coltivati a frutteto.

I boschi nel Portogallo occupano poco meno di un terzo del territorio dello stato (23.350 kmq.); tra le Conifere prevale il pino (12,7%), tra le Latifoglie la quercia (1,2%), il leccio (4,3%), il sughero e il cerro-sughero (6,4%), il castagno (0,9%); il resto (0,8%) è occupato da boschi misti.

I sugheri, che sono diffusissimi, prosperano meravigliosamente sui terreni scistosi e granitici, come pure sulle sabbie terziarie del Portogallo meridionale. Nel Portogallo meridionale possiamo distinguere 5 distretti principali della produziorie del sughero: 1. l'alto Sor e il territorio di Seda intorno a Crato; 2. la zona compresa tra il Tago e il Muge; 3. l'alto bacino del Sorraia; 4. il territorio a oriente della foce del Sado; 5. le serre di Grândola e di Cercal. Il Portogallo è il primo paese produttore di sughero e la produzione nel 1925 ammontò a 56.534 tonn., nel 1931 a 74.288 tonn.; la maggior parte del sughero viene esportata allo stato naturale.

Allevamento. - L'area destinata a prati e pascoli ammonta a 25.000 kmq. e cioè al 28,1% dell'area totale. I bovini, che si allevano soprattutto nelle pianure costiere comprese tra il Minho e il Mondego e nelle pianure alluvionali formate dai fiumi, ammontarono nel 1925 a 852.681 capi; tra le principali razze dei bovini merita di essere ricordata la "raça barrosa" che è la più pregiata del Portogallo. L'allevamento degli ovini e deì caprini è assai più diffuso; le pecore (1925, 3.720.976) e le capre (1925, 1.580.336) si allevano nelle regioni montuose del Portogallo settentrionale e centrale (Traz os Montes, Serra da Estrella, Serra de Caramulo, Serra de Montemuro, ecc.) come pure nelle regioni di coltura meno intensa (Alemteio). L'allevamento dei muli (1925, 90.070) e degli asini (1926, 243.702), come avviene in tutti i paesi dell'Europa meridionale, ha importanza assai maggiore di quello dei cavalli (1926, 83.887). I muli e gli asini vivono anch'essi nelle regioni montuose del Portogallo e sono utilizzati come bestie da soma e da cavalcatura. Merita d'essere ricordato anche l'allevamento deì suini (1925, 1.162.716), allevamento che si pratica in massima parte nell'Alemtejo, dove sono diffusissimi i lecci, i sugheri, le querce, i cui frutti sono utilizzati come nutrimento per queste bestie. La produzione del latte e dei latticini è minima e insufficiente, come quella della carne, ai bisogni della popolazione.

Pesca. - La pesca ha una notevole importanza e ad essa si dedica gran parte della popolazione rivierasca; nel 1932 erano occupati nella pesca 54.175 uomini con 14.293 battelli (tonnellaggio medio di 55.598 tonn.). La pesca delle sardine (1a32, 111.916 tonn. per un valore di 69.010.284 escudos) si esercita assai attivamente nella sezione di costa compresa tra la foce del Minho e Nazaré; quella del tonno, invece, che risale a epoca assai antica (anche gli Arabi si dedicavano a questa pesca), si fa esclusivamente sulle coste dell'Algarve, dal maggio al settembre. Nel 1932 furono presi 30.909 tonni per un valore di 7.615.497 escudos. Il merluzzo, infine (1932, 4597 tonn. per un valore di 10.189.121 escudos), si pesca soprattutto nella zona costiera compresa tra la foce del Minho e Nazaré dal giugno all'ottobre. In Portogallo si pratica inoltre la coltura delle ostriche, che è assai fiorente sull'estuario del Tago, nella laguna di Aveiro, sull'estuario del Sado e lungo le coste dell'Algarve.

Risorse minerarie. - I combustibili sono assai scarsi; nella media degli anni 1928-32 la produzione dell'antracite, che è la più abbondante, ammontò a 188 mila tonn., quella del carbone fossile a 28.000 tonn. e quella della lignite a 26.000 tonn. I principali giacimenti di antracite sono a S. Pedro da Cova e a Pejão (presso Oporto), dove una società inglese ne ha assunto lo sfruttamento; il carbone fossile si estrae principalmente a Moinho da Ordem (presso Setúbal), la lignite presso il capo Mondego e sul Rio Lena. I giacimenti di rame della Huelva spagnola (Rio Chanca) si continuano in territorio portoghese per un tratto di 132 km. di lunghezza e 20 km. di larghezza, e il loro sfruttamento costituisce la principale branca dell'industria estrattiva portoghese. I principali distretti di produzione del rame sono a S. Domingos, Aljustrel, sulla riva sinistra del Guadiana, a Louzal, Tinoca (Arronches), Talhadas (Vouga). Negli anni 1928-32 la produzione del minerale di rame ammontò a 310.000 tonn. e teneva occupati circa 3500 operai. Il ferro, la cui produzione negli anni 1926-30 ammontò a 7,8 migliaia di tonn., si estrae da Nogueirinha (Évora) e da Moncorvo (Bragança). Lo stagno si estrae da tempo nella regione del Traz os Montes e nella Beira (media 1928-32, 2,7 migliaia di tonn.), il piombo, invece, si estrae nei dintorni di Oporto e di Aveiro, ma con scarso risultato, data la diffiicoltà di estrazione del minerale. Il Portogallo possiede inoltre nichelio, cobalto, arsenico e sopra tutto wolframio e uranio; questi due ultimi sono di sfruttamento recente (1910), ma la loro produzione è attualmente assai intensa, poiché sono assai ricercati per le industrie metallurgiche e chimiche. I materiali da costruzione (marmi, ardesie, asfalto, ecc.) sono assai abbondanti; sono specialmente rinomati i marmi bianchi e colorati di Barba e di Estremoz nell'Alemtejo, e quelli di Vimioso nel Traz os Montes, ai quali si associa anche l'alabastro. Il sale, che si ricava dalla laguna di Aveiro, presso la foce del Mondego e a Setúbal, ha dato negli anni 1927-31 una produzione media di 27.000 tonn.

Industrie. - Data la povertà delle risorse minerarie, l'industria in Portogallo è poco sviluppata, sebbene in notevole aumento da un trentennio; a questo paese, quasi privo di combustibile, la forza idroelettrica sarebbe un valido aiuto per un rapido sviluppo della grande industria. Le risorse idroelettriche del Portogallo stimate all'incirca a due milioni di HP basterebbero al consumo del paese.

Attualmente le installazioni che dànno il migliore rendimento sono quelle di Lindoso, sul Rio Lima, vicino al confine con la Spagna; queste forniscono una potenza di 28.000 kW e distribuiscono la loro corrente su una linea di 86 km., xhe approvvigiona i distretti di Braga e Oporto.

I principali centri industriali portoghesi sono concentrati nei porti di Lisbona e Oporto; tutte le industrie che hanno bisogno di materia prima importata si stipano in queste due città; qui esistono numerose fonderie, industrie di filatura e tessitura del cotone e della seta, stamperie, fabbriche di scarpe, di mobili, di prodotti chimici. Oporto, che è il centro principale dell'industria del cotone, conta un centinaio di fabbriche (nel 1932, 450.000 fusi) e poco meno di 30.000 operai; l'industria della seta, che ha minore importanza, è concentrata invece a Lisbona, a Braga e a Oporto. Nelle regioni montuose della Serra da Estrella è localizzata l'industria della lana: Covilhã è il centro principale; altre fabbriche sono a Gouveia, Portalegre, Alemquer, Castanheira de Pera. Industria assai caratteristica è quella delle maioliche (azulejos, mattonelle per la decorazione delle case) ereditata dagli Arabi, fiorente nei dintorni di Lisbona (Sacavêm), a Caldas da Rainha e a Vista Alegre (Aveiro) e quella dei cappelli localizzata a Braga. Tra le industrie recenti va ricordata quella delle frutta candite e dei pesci conservati (Algarve), l'industria della lavorazione del sughero, del marmo, della lavagna, della carta, del vetro (Marinha Grande presso Leiria).

Movimento commerciale. - Nella media degli anni 1928-32 il movimento commerciale generale del Portogallo, comprese l'importazione e l'esportazione, ammontò a 3.765.472.000 escudos, di cui 2.538.752.000 per l'importazione e 1.226.720.000 per l'esportazione nazionale; si è constatato perciò un deficit per la bilancia commerciale di 1.312.032.000 escudos. La bilancia commerciale ha accusato fino dagli anni dell'anteguerra un notevole squilibrio tra i valori dell'importazione e quelli delle esportazioni, squilibrio che le difficili condizioni create dalla crisi mondiale e dalle diverse crisi riguardanti in special modo la produzione agricola sono andate via via accentuando. Nel movimento delle importazioni predominano i cereali, soprattutto grano, lo zucchero, gli oggetti di metallo lavorato e i metalli grezzi, il cotone, i combustibili, i veicoli d'ogni genere e specialmente le automobili.

Tra le esportazioni il vino assorbe da solo più di un quarto del valore complessivo, circa un quinto spetta ai pesci conservati, soprattutto sardine, poco meno di un settimo al sughero; il resto è rappresentato quasi totalmente da generi alimentari. Tra i paesi che hanno relazioni commerciali con il Portogallo, la Gran Bretagna occupa il primo posto: essa infatti è la principale fornitrice e insieme anche la principale cliente del Portogallo; le sue relazioni commerciali con la Repubblica portoghese si aggirano tra il 20-25% della cifra totale (1932, 24,09%). Il Portogallo perciò dal punto di vista economico si può considerare una dipendenza dell'Inghilterra. Hanno inoltre relazioni commerciali con il Portogallo la Germania (1930, 14,68%), gli Stati Uniti (14,48%), la Francia (9,10%), il Belgio (7,36%), la Spagna (4,73%), l'Olanda (3,30%), l'Italia (2,53%).

I principali clienti del Portogallo per i vini sono la Gran Bretagna, la Germania, il Belgio, l'Olanda e il Brasile; per il sughero gli Stati Uniti d'America, l'Inghilterra e l'Olanda, per il pesce conservato la Francia, la Germania, la Gran Bretagna, gli Stati Uniti d'America e l'Italia.

Comunicazioni. - Nonostante gli sforzi fatti dal governo repubblicano, la rete stradale è tuttora assai scarsamente sviluppata. Le strade carrozzabili (nel 1931, 14.392 km.) sono tuttora il principale mezzo di comunicazione, ma sono ben lungi dall'essere ugualmente distribuite; la maggior parte sono concentrate nel Portogallo settentrionale e nella zona situata alle spalle di Lisbona.

La media del paese è di 15,1 km. su 100 kmq. ed è compresa tra quella della Spagna (13,4) e quella della Romania (27,4). Il notevole miglioramento che negli ultimi anni si è verificato per le strade carrozzabili ha portato con sé uno sviluppo considerevole del traffico automobilistico. Anche la rete ferroviaria è insufficientemente sviluppata; vi sono complessivamente 3465 km. di strade ferrate, di cui 751 km. a scartamento ridotto. Il maggiore sviluppo delle strade ferrate si ha, come già è stato notato per le strade carrozzabili, nel Portogallo settentrionale e centrale; in media il Portogallo possiede 3,8 km. di strada ferrata su 100 kmq.

Le comunicazioni per mare hanno una grande importanza, sia perché il Portogallo su 2046 km. di perimetro conta 832 km. di confine marittimo, sia perché, data la sua posizione geografica all'estremità sud-occidentale dell'Europa, è uno stato di primissima importanza per i collegamenti con l'America e con l'Africa. Nel 1932 entrarono nei porti portoghesi 10.609 battelli per un carico di più di 25.686.409 tonn. Nel 1932 il numero dei passeggeri che si sono imbarcati fu di 74.162 e quello dei passeggeri sbarcati 91.073; la cifra dei passeggeri di transito fu di 284.675. I porti attraverso i quali si esercita più attivamente il commercio sono il porto di Lisbona, che rappresenta da solo più della metà dell'attività marittima del Portogallo, e quello di Oporto; vengono poi il porto di Setúbal, Vila Rial de Santo António e Faro. Il grande porto sul Tago è il punto di partenza di numerose linee di navigazione verso Madera, le Azzorre, l'America (Brasile e Argentina), l'Angola, ecc., mentre nello stesso tempo è porto di scalo delle grandi linee di Bordeaux, Le Havre, Southampton, Liverpool, Brema, Amburgo. Nel 1932 il numero delle navi entrate nel porto di Lisbona ammontò a 2540 per un tonnellaggio di 11.917.896 tonnellate e il numero delle navi uscite a 2421, con un tonnellaggio di 11.860.590 tonn.; a Oporto invece il numero delle navi entrate nel 1932 ammontò a 893 per un tonnellaggio di 902.746 tonn. e il numero delle navi uscite a 859 per un tonnellaggio di 983.917 tonn. Una notevole differenza esiste tra il porto di Lisbona e quello di Oporto: il primo ha maggiore importanza per il movimento dei passeggeri, il secondo per il movimento delle merci. Entrambi i porti poi hanno un'importanza maggiore per l'importazione che per l'esportazione; ciò si deve al fatto che anche i porti minori si dedicano alle esportazioni. Ad esempio tutti i porti dell'Algarve e dell'Alemtejo servono per l'esportazione del pesce conservato e del sughero.

Scarsa importanza ha la navigazione fluviale, ostacolata nel Portogallo settentrionale dalla forte pendenza e impetuosità dei corsi d'acqua, nel Portogallo meridionale dall'insufficiente portata dei fiumi. Complessivamente il Portogallo possiede 950 km. di fiumi navigabili, cioè 1,1 km. su 100 kmq., utilizzati per il trasporto del legno, del grano e del vino; il trasporto dei passeggeri manca completamente.

Marina mercantile. - Nel 1900 la marina portoghese era costituita da 109 mila tonn. lorde, nel 1913 da 120.579. All'inizio della guerra mondiale una notevole quota del naviglio tedesco (72 unità, per tonnellate 243.000 lorde) si trovava nei porti portoghesi; esso venne sequestrato dal governo subito dopo l'entrata in guerra e affidato per la gestione a un'impresa di stato, la Trasportes Maritimos do Estado, che venne liquidata nel 1923. In virtù dei nuovi acquisti, il paese uscì dal conflitto mondiale con tonn. 261.212 (1919); tale flotta si è conservata nelle stesse proporzioni, in genere, sino al 30 giugno 1934, con 266.481 tonn., di cui 237.908 di piroscafi, 4968 di motonavi, 23.605 di velieri. La più grande nave di questa flotta è l'Amarante, di 7896 tonn. lorde. La più grande società di navigazione è la Companhia nacional de navegação, con 78 mila tonn. di naviglio, per merci e da passeggeri; segue la Companhia colonial de navegação, con 60.180 tonn.; esistono altri armamenti meno importanti.

Nel dopoguerra, il Portogallo cercò di affermarsi nei traffici mondiali: una legge del 1922, modificata nel 1928 e nel 1929, altamente discriminatoria, concesse alle merci spedite sotto bandiera portoghese un ritorno del 10% sui diritti doganali; a quelle sbarcate da navi portoghesi un ristorno del 20%; tali misure furono abrogate nel 1934.

Furono anche concessi esoneri fiscali, sovvenzioni, premî di navigazione, e infine (1926-27) mutui all'armamento, rimborsabili in 20 anni, all'interesse del 6%. Il cabotaggio è riservato alla bandiera.

Aviazione civile. - L'aviazione civile portoghese è sinora poco sviluppata. Nel 1930 una società francese acquistò il monopolio dell'aviazione civile in Portogallo, ma esso durò solo fino all'ottobre 1933. L'aviazione commerciale esiste poco più che nominalmente, con la Companhia Portugueza de Aviação, che ha l'esclusività dei servizî aerei per il Portogallo e le colonie, ma la cui attività è limitatissima. La Sociedad Portugueza de Levantamentos Aereos effettua rilievi fotografici con un monoplano appositamente attrezzato. Il controllo dell'aviazione civile e commerciale è esercitato dal Conselho nacional do Ar, alle dipendenze della presidenza del consiglio dei ministri; esso è stato creato con decreto del . 1929 e possiede un segretariato tecnico. Lo stabilimento ufficiale tecnico e di ricerche è la Officina geral de material aeronautico, situata nell'unico aeroporto civile di Alverca. Una certa attività svolge l'Aero-club portoghese, presieduto dal comandante dell'aviazione militare. È affiliato alla F. A. I. e addestra piloti civili in una sua scuola di pilotaggio a Granja lo Marquez (Cintra).

Colonie. - Il Portogallo è una delle grandi potenze coloniali del mondo. Le colonie portoghesi abbracciano un'area di 2.079.576 kmq. e una popolazione di 8.245.163 ab. In Africa il Portogallo possiede: l'Angola o Africa Occidentale Portoghese, il Mozambico o Africa Orientale Portoghese, la Guinea Portoghese oltre alle isole del Capo Verde, di São Thomé e Principe, e in Asia Diu, Damão, Goa, Macao e la parte orientale dell'isola di Timor.

Le colonie dell'Africa e dell'Asia, che sono senza dubbio le più importanti, rappresentano però per condizioni di suolo, di clima e di popolazione paesi di difficile sfruttamento, e inoltre al Portogallo mancano i mezzi per metterle in valore. Perciò molte delle iniziative commerciali delle colonie sono in mano di stranieri e specialmente d'Inglesi. Il Portogallo poi, oltre alle colonie dell'Africa, dell'Asia e dell'Oceania, possiede gli arcipelaghi delle Azzorre e Madera, che non sono considerati come colonie vere e proprie, ma come territorî adiacenti alla madrepatria.

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Geografia economica: A. de Andrade, Portugal economico, theorias e factos, I, Economia descriptiva, Coimbra 1918; S. Telles, Geogr. economica de Portugal e colonias, Lisbona 1924-25; id., A nossa Terra. Aptidões económicas, ivi 1929; Le Portugal et son activité économique, ivi 1932; L. Poinsard, Le Portugal au point de vue agricole, Parigi 1910; V. Almeida d'Eça, A Pesca, Lisbona 1929; Estatistica commercial, ivi 1933: J. H. de Azevedo Perdigão, A Industria de Portugal, in Archivos da Universidade de Lisboa, III (1916); J. de Oliveira Simões, A Evolução da industria portuguesa, Lisbona 1908; F. Ramos Coelho, Portos maritimos e navegação exterior, ivi 1929; J. da Costa Couraça, Viação ordinaria, ivi 1908; J. F de Sousa, Caminhos de Ferro, ivi 1908; id., Comuniçações, ivi 1929.

Ordinamento.

Costituzione. - La costituzione attualmente vigente nel Portogallo, dopo essere stata approvata con plebiscito popolare del 18 marzo 1933, è entrata in vigore l'11 aprile 1933. Essa sostituisce la precedente costituzione del 20 agosto 1911, che, già ritoccata in qualche punto da successive leggi, è stata ora profondamente modificata, specialmente per quanto concerne il potere legislativo. Per essa la nazione portoghese, costituita in stato unitario, a regime repubblicano, è retta da un presidente eletto per sette anni a suffragio diretto dai cittadini elettori. I suoi poteri sono stati assai estesi dalla nuova costituzione: fra l'altro, i ministri, col cui ausilio egli esercita il potere esecutivo, sono responsabili soltanto dinnanzi a lui. Il capo dello stato ha come organo consultivo il consiglio di stato, composto di 10 membri (ne fanno parte il presidente del consiglio dei ministri e il presidente dell'Assemblea nazionale). Il potere legislativo è esercitato dall'Assemblea nazionale col concorso del governo. L'Assemblea nazionale è costituita di una sola camera composta di 90 deputati, eletti per suffragio diretto dai cittadini elettori. I deputati durano in carica quattro anni. Come corpo consultivo dell'Assemblea nazionale esiste la Camera corporativa, la quale è composta di rappresentanti di enti locali e degl'interessi sociali, considerati questi nei loro rami fondamentali di ordine amministrativo, morale, culturale, economico.

Culti. - Sotto la monarchia, la religione cattolica era la religione dello stato; il governo repubblicano attuò dapprima un regime di separazione ispirato in gran parte dalle leggi francesi, onde, dopo proteste della Santa Sede, si giunse anche alla rottura dei rapporti diplomatici (1913), ripresi tuttavia nel 1918.

La gerarchia cattolica comprende le provincie ecclesiastiche di Braga (sec. IV?; metropolitana, sec. XII), con suffraganei Bragança (1545), Coimbra (sec. VI), Lamego (ristabilita, sec. XII); di Évora (sec. IV; metropolitana, 1540), con suffraganei Beja (1770), Faro (1577); e il patriarcato di Lisbona (sec. IV); metropolitana, 1394; patriarcato, 1716), con suffraganei Guarda (sec. VI), Leiria (1545; soppressa, 1881; ristabilita, 1918), Portalegre (1550).

La grandissima maggioranza della popolazione è cattolica. Le varie denominazioni riformate contano poche migliaia di aderenti, per lo più anglicani, accentrati nelle località marittime, specie Lisbona e Oporto, dove sono anche piccole comunità luterane (quella di Lisbona, fondata nel 1759).

Forze armate. - Esercito. - Le forze armate terrestri del Portogallo constano dell'esercito metropolitano e dell'esercito coloniale.

L'esercito metropolitano ha i compiti: di presidiare i territorî del continente e delle isole adiacenti (Azzorre e Madera); di attendere all'istruzione e alla mobilitazione dell'esercito di campagna; di provvedere alla copertura delle frontiere; di fornire all'esercito coloniale il personale e i materiali necessarî.

L'esercito coloniale attende al presidio e alla difesa delle colonie (v. sopra). Le forze militari d'ogni colonia possono essere impiegate negli altri territorî coloniali e, all'occorrenza, anche nella madrepatria.

L'esercito metropolitano ha una forza bilanciata di circa 4300 ufficiali, 45.000 sottufficiali e militari di truppa. Ne è capo supremo, in tempo di pace, il ministro della Guerra. Solo il parlamento della repubblica può autorizzare il governo a dichiarare la guerra e a designare il comandante supremo dell'esercito operante.

Il territorio del Portogallo è suddiviso in: 4 regioni militari (Oporto, Coimbra, Tomar, Évora), 1 governatorato militare (Lisbona), 23 distretti militari. Non esistono, in tempo di pace, grandi unità territoriali; le sole unità complesse permanentemente costituite sono 2 brigate di cavalleria, composte ciascuna di 3 reggimenti di cavalleria, 1 squadrone autoblindomitragliatrici, 1 battaglione ciclisti, 1 gruppo artiglieria a cavallo.

Il servizio militare è obbligatorio. La durata dell'obbligo di servizio è di 28 anni (4 nell'esercito attivo, 16 nella riserva dell'esercito attivo, 5 nella riserva territoriale, 3 nella riserva di reclutamento). Durata della ferma: 15 mesi. Chiamata alle armi: nell'anno in cui i giovani compiono il 21° di loro età.

L'esercito coloniale ha una forza bilanciata di circa 380 ufficiali e 10.000 sottufficiali e militari di truppa. Dipende dal ministro delle Colonie. I quadri ufficiali e sottufficiali sono tutti nazionali; i militari di truppa sono in parte nazionali e in parte indigeni. Questi ultimi vengono prevalentemente reclutati mediante la coscrizione; la durata del loro obbligo di servizio militare è di 15 anni, di cui 10 nell'esercito attivo e 5 nella riserva territoriale.

Marina militare. - La marina militare portoghese, dopo avere avuto nel passato momenti di notevole splendore, sta attraversando già da parecchi anni un periodo di crisi, poiché varî successivi governi hanno formulato programmi navali, la cui attuazione non è mai giunta allo stadio pratico. L'ultimo di tali programmi di riorganizzazione, presentato nel secondo semestre 1930, e che doveva essere sviluppato in otto anni con la spesa di circa dodici milioni di sterline, comprendeva 1 incrociatore leggiero, 6 cacciatorpediniere, 4 sommergibili, 6 avvisi per servizî coloniali, 2 cannoniere, 1 nave portaerei. Sennonché nel 1932 il governo portoghese decideva di soprassedere alla costruzione della nave trasporto aerei e di procedere all'ordinazione di 1 sommergibile e 1 cacciatorpediniere in più di quelli ordinati nel 1931 (4 cacciatorpediniere e 2 sommergibili).

Pertanto la marina militare portoghese si compone delle seguenti unità: 1 nave portaerei Sacadura Cabral, in costruzione, da 5600 tonn. e 22 nodi, armata con 4/120 e 4/76 antiaere, capace di 14 velivoli; 1 incrociatore Vasco da Gama, costruito in Inghilterra nel 1876 e rimodernato successivamente nel 1902 e 1922 in Italia, da 3030 tonn. e 15 nodi, armato con 1/203, 1/152, 1/102 e 6/76; 3 incrociatori leggieri: Alfonso de Albuquerque e Bartholumeu Dias, in costruzione in Inghilterra, da 2100 tonn. e 21 nodi, armati con 4/120 e 2/76 antiaerei; e Adamastor, varato nel 1896 e parzialmente rimodernato nel 1919-22, da 1750 tonn. e 18 nodi, armato 2/120, 4/105, 3 tubi di lancio da 355; 6 cacciatorpediniere, di cui uno autorizzato e 5 (Dao, Douro, Lima, Tejo, Vouga) costruiti in Inghilterra e a Lisbona su disegno inglese, varati nel 1933, da 1400 tonn. e 36 nodi, armati con 4/120 e 8 tubi di lancio da 530; 7 sommergibili, di cui 1 autorizzato, 3 (Delfin, Espadarte e X) in costruzione in Inghilterra, da 780/975 tonn. e 16,5/9,2 nodi, armati con tubi di lancio da 533 e 1/102, e 3 (Foca, Golfinho, Hidra), costruiti nel 1916 alla Fiat S. Giorgio, da 260/390 tonn. e 14,2/8 nodi, armati con 2 tubi di lancio da 457; 7 avvisi, di cui 2 da 1100 tonn. e 16 nodi, armati con 3/120 e 2 mitragliere; 1, Pedro Nuñes, costruito nell'arsenale di Lisbona, di pari dislocamento e velocità, ma armato con 2/120, 2/76, 4 mitragliatrici; 2 (Carvalho Aranjo e Republica) costruiti in Inghilterra nel 1915, da 1z00 tonn. e 17 nodi, armati con 2/102 e 2/76 antiaerei, 2/47 e 2 mitragliere; 6 torpediniere, di cui z da 600 tonn. e 4 da 250 tonn.; 1 nave scuola a vela Sagres, da 3270 tonn; 3 navi idrografiche; 17 cannoniere di vario tipo, tra le quali le più importanti sono Diu e Lagos, costruite a Lisbona nel 1929, da 400/350 tonn. e 13 nodi, armate con 2/76, 2/47 e Zaire, Damão, Diu, costruite a Lisbona nel 1926-z7, da 400/500 tonn. e 13/11 nodi, armate con 2/76 e 2/47; più alcune navi sussidiarie.

La base navale principale è Lisbona; vi sono poi quelle secondarie ed eventuali di Ponta Delgada, Lourenço Marques, Mozambico, Loanda, Macao.

Gli effettivi della marina si aggirano sui 680 ufficiali, 930 sottulficiali e 5760 uomini, di cui 370 dell'aeronautica navale. Quando il programma navale, cui si è accennato, sarà attuato, gli effettivi stessi dovranno essere di 875 ufficiali, 1237 sottufficiali e 6344 uomini.

Aviazione militare. - L'aviazione militare terrestre del Portogallo fa parte dell'esercito regolare e dipende dal Ministero della guerra. I centri principali sono: ad Alverca do Ribateja, dove hanno sede il deposito materiale aeronautico, il battaglione aerostieri, il gruppo indipendente dell'aviazione da bombardamento e le officine generali del materiale; ad Amadora, dove hanno sede il gruppo squadriglie d'aviazione "Repubblica" e il 1° gruppo d'aviazione da ricognizione; a Grania do Marquez, dove è la scuola militare d'aeronautica, e a Tancos, dove ha sede il gruppo indipendente d'aviazione di protezione e di combattimento. Ognuna di queste località è aeroporto militare; ad esse occorre aggiungere Braga e Oporto, e una ventina di campi di fortuna.

Gli apparecchi in dotazione (circa 81 nel 1934) sono prevalentemente di fabbricazione francese e tedesca. La forza è di 97 ufficiali e di 920 comuni, ivi compreso il personale dell'aviazione militare marittima.

L'aviazione militare marittima fa parte della marina militare e dipende dal Ministero della marina. Essa ha la sua base e la sua scuola a Lisbona (Bom Successo). Un'altra base è ad Aveiro (S. Jacinto). Gli apparecchi in dotazione (circa 14 nel 1934) sono francesi, tedeschi e anche italiani (Macchi).

Finanze. - Bilanci e debito pubblico. - Il principale capitolo di entrata del bilancio portoghese è quello derivante dall'imposisizione indiretta (soprattutto dai dazî d'importazione); notevole importanza hanno però anche le imposte dirette (specialmente fondiarie, industriali e sui trasferimenti di proprietà a titolo gratuito). Le maggiori spese sono quelle erogate per la difesa nazionale, per il servizio del debito pubblico e per l'istruzione pubblica.

La contrazione delle entrate ordinarie ha indotto a creare nuove imposte e ad inasprire quelle esistenti, tanto più che le spese, in conseguenza della ricostituzione della marina da guerra e di tutta la politica di valorizzazione del paese, tendono ad aumentare.

Il debito pubblico portoghese negli esercizî considerati ha subito una diminuzione di circa mezzo miliardo di escudos. Il suo totale, al netto dei titoli detenuti dallo stato, era al 30 giugno 1933 di 7545 milioni di escudos, di cui 3340 di debito estero, 3474 di debito interno consolidato e 731 di debito fluttuante. Alla stessa data i saldi creditori, depositi e disponibilità del tesoro all'interno e all'estero ammontavano a 575 milioni.

Moneta e credito. - L'unità monetaria è l'escudo aureo del peso di 0,0739 gr. a 900/1000 di fino. La sovrana inglese e la mezza sovrana continuano ad avere corso legale nel paese al cambio rispettivo di 110 e di 55 escudos oro.

La banca del Portogallo è una banca di stato e gode del privilegio dell'emissione, privilegio che le è stato recentemente (legge 9 giugno 1931) prorogato per 30 anni. Alla circolazione fiduciaria è stato posto il limite, finora mai raggiunto, di 2.200.000 contos (un conto = 1000 escudos). Alla fine del 1933 i biglietti in circolazione raggiungevano un totale di 1989 milioni di escudos e la riserva in oro ammontava a 770 milioni di escudos.

Il 22 settembre 1931 il Portogallo ha sospeso la convertibilità in oro dei suoi biglietti. Data la persistente sanità del bilancìo, la circolazione monetaria è però determinata soltanto dalle condizioni economiche e non dai bisogni della tesoreria.

Istruzione pubblica. - L'insegnamento in Portogallo ha subito una radicale trasformazione con l'avvento della repubblica (5 ottobre 1910), che ha condotto alla laicizzazione completa della scuola. Le università portoghesi, alle quali si accede dopo un corso settennale di scuola media (liceu), sono tre: Lisbona, Coimbra e Oporto. La più antica è quella di Coimbra, a base tuttora prevalentemente filologica, ma che, come quella di Lisbona, che è oggi più fiorente, comprende tutte le facoltà, mentre quella di Oporto è esclusivamente scientifica. La celebre facoltà teologica di Évora fu chiusa dopo l'espulsione dei gesuiti. Esistono inoltre la scuola di magistero primario per la formazione dei maestri, l'Istituto superiore tecnico di Lisbona, la Facoltà d'ingegneria di Oporto e l'Istituto superiore di scienze economiche e finanziarie di Lisbona. Dalle università, alla fine dei corsi, si esce licenciados: per ottenere il titolo di doutor è necessaria una prova pubblica speciale e lo svolgimento d'un lavoro originale su un particolare argomento scientifico. In generale l'insegnamento medio. e quello superiore funzionano regolarmente ed efficacemente con criterî rigidamente scientifici. L'insegnamento elementare, che dura quattro anni, è invece ancora in una fase di sviluppo: non è obbligatorio e non dispone d'un numero sufficiente di scuole e di maestri, onde l'analfabetismo, per quanto in rapida diminuzione, è ancora in percentuale rilevante.

Storia.

Fino al sec. XI la storia delle popolazioni del lembo occidentale della Penisola Iberica si confonde con quella generale della Spagna (v.). A quell'epoca i popoli che allora erano raggruppati sotto il nome generico di Portucale vivevano sotto lo scettro del re di León. Durante la guerra per la riconquista cristiana delle terre poste sotto il dominio musulmano, movimento che si svolge da nord verso sud, Fernando il Grande raggiunse il Mondego, e stabilì a Coimbra la sede di una nuova contea, della quale investì Sisenando, uno dei suoi generali (1064). Il figlio di Fernando, Alfonso VI, continuando la riconquista verso sud, raggiunse nel centro della penisola Toledo (1085) e a occidente Santarem, Cintra e Lisbona (1093); quest'ultima alcuni anni dopo ricadde in mano dei musulmani; tuttavia il confine cristiano rimase, nel centro, a Toledo, e a occidente non arretrò mai a nord del Mondego.

Formazione dello stato portoghese. - Fin dalla metà del sec. XI la provincia portucalense, staccata dalla Galizia, venne a costituire una contea (v. oporto), limitata a N. dal Minho, a E. dal Duero e da una zona mal definita di terre, più a occidente che non l'attuale frontiera portoghese. A sud, l'estremità (estremadura) del territorio cristiano ondeggiante a seconda delle vicende della lotta tra musulmani e Leonesi, si approssimava all'ingrosso alla linea Leiria-Tomar. Verso la fine del secolo, Alfonso VI affidò il governo delle terre occidentali ai suoi due generi: Raimondo di Borgogna, marito di Urraca, erede del trono leonese; ed Enrico, borgognone anch'egli e cugino di Raimondo, marito di Teresa, figlia naturale del re di León. Raimondo si occupava in particolare del governo della Galizia, Enrico di quella della contea di Portogallo, in sottordine a Raimondo. Sembra che fin da principio Enrico abbia mostrato velleità d'indipendenza, alle quali certo non furono estranei motivi d'indole etnica e geografica, cioè proprî del paese e delle popolazioni ch'egli governava. Intanto, morto Alfonso VI e succedutagli Urraca, già vedova di Raimondo, e alla quale nobili del regno imposero le nozze con Alfonso d'Aragona, scoppiò la guerra civile a causa delle contese fra i due coniugi, e i nobili galleghi proclamarono re di Galizia il figlio di Urraca, Alfonso Raimundes, il futuro re di León e Castiglia. Il conte Enrico, forte dell'appoggio della nobiltà e del clero portoghesi, profittò di queste lotte per rafforzare la propria indipendenza. Contemporaneamente, il vescovo metropolitano di Braga tentava di sottrarsi alla giurisdizione primaziale di Toledo. Negli ultimi anni del governo di Enrico, i musulmani riconquistarono Santarem e Lisbona.

Alla morte di Enrico (1114), sua moglie, che si era imposta il titolo di "Regina Tarasia", assunse personalmente il governo e, piena di ambizione e sospinta dall'ambiente, si ribellò apertamente alla sovranità leonese. Intorno a quel tempo fu introdotto in Portogallo l'ordine dei Templarî, che subito si mise a capo della lotta di conquista: e Teresa molto lo favorì, concedendogli terre e castelli nell'"estremadura" della contea. La lotta da lei sostenuta per ampliare il proprio territorio e per assicurargli l'autonomia ebbe varie vicende: ora Teresa si alleava con i nemici di Urraca, ora le si mostrava sottomessa. Nel 1121, Urraca assediò la sorella nel castello di Lanhoso, ma la rivolta gallega la costrinse a levare l'assedio. Finalmente si venne alla pace, rimanendo a Teresa l'acquisto di alcune terre; ma il figlio e successore di Urraca, Alfonso VII di León e Castiglia, tentò nel 1126 di far ritornare in vassallaggio la contessa del Portogallo, e, invase le terre da lei possedute in Galizia, varcò il Minho e la costrinse a riconoscerlo per sovrano.

Quando il figlio di Teresa e di Enrico, chiamato Alfonso Henriques, ebbe raggiunto la maggiore età, i "ricchi uomini" portoghesi, tra i quali Egas Moniz, potente signore di Entre Douro e Minho, al quale era stata affidata l'educazione del fanciullo, videro in lui un ottimo mezzo per assicurare l'indipendenza del territorio portucalense. Nel 1128, posto alla testa delle milizie il giovane Alfonso Henriques, intitolatosi "infante", si ribellarono a Teresa e, battutala a S. Mamede presso Guimarães, la cacciarono dal territorio insime col suo amante Fernando Peres, nobile galiziano. Alfonso Henriques assunse il governo, e subito ruppe in ribellione aperta contro il cugino Alfonso VII, dichiaratosi, oltre che re di León e Castiglia, "imperatore delle Spagne": invase più volte la Galizia, dove costruì il castello di Celmes (1135), per farne centro della sua azione, e s'impadronì, dopo la vittoria di Cerneja (1137), dei distretti di Limia e Toronto, fu tuttavia costretto, a causa delle incursioni musulmane nel territorio portoghese, ad accettare pace a condizioni poco favorevoli (trattato di Tui), prestando omaggio di vassallo ad Alfonso VII.

I musulmani si erano impadroniti del castello di Leiria, fondato due anni innanzi (1135) dallo stesso Alfonso Henriques: questi si vendicò nel 1139 irrompendo in territorio musulmano e vincendo a Ourique, il 25 luglio 1139, cinque capi arabi. La tradizione, formatasi fin dal sec. XV, secondo la quale Alfonso sarebbe stato consacrato re dopo questa vittoria, non ha fondamento, esistendo la prova documentaria che egli usava il titolo di "re dei Portoghesi" almeno fin dal marzo 1139, ossia circa quattro mesi prima della battaglia di Ourique. Una nuova invasione della Galizia ebbe luogo nello stesso anno 1139: dopo alcuni anni di ostilità, AlfonsoVII, impegnato nella lotta con i musulmani, che lo conduceva vittoriosamente a proseguire la marcia verso sud, chiese pace, con la mediazione dell'arcivescovo di Braga, e i due avversarî, riunitisi in conferenza a Zamora, con l'assistenza del legato pontificio cardinal Guido di Vico, sul finire del 1143, si accordarono, sulla base del riconoscimento ad Alfonso Henriques del titolo di re del Portogallo. Egli si pose sotto la protezione del papa, dichiarandosi vassallo della Santa Sede e promettendo il pagamento del censo annuo di quattro once d'oro; peraltro Lucio II, accettando l'omaggio, usò ancora il titolo di "dux portucalensis" e soltanto Alessandro III, nel 1179, riconobbe il titolo regio. Alfonso trascurò di pagare il censo; Sancio I pagò gli arretrati, dietro istanza della corte di Roma, ma i suoi successori si sciolsero dall'impegno, e il pagamento cadde in disuso.

D'allora in poi, dai due lati dell'imprecisato confine leonese-portoghese, gli eserciti dei due grandi condottieri, Alfonso VII e Alfonso Henriques, fecero arretrare l'ondata musulmana verso l'Africa: il 15 marzo 1147 il re portoghese s'impadronì di sorpresa di Santarem; per la conquista di Lisbona, ottimamente fortificata, chiese l'aiuto di una flotta di crociati frisoni e inglesi, che si trovava alla fonda alla foce del Duero, mentre egli assediava la città da nord. Dopo quattro mesi di assedio, il 23 ottobre 1147, Lisbona capitolò, e poco dopo caddero i castelli di Cintra, a NE. di Lisbona, e di Palmela, a S. del Tago. Il movimento di conquista continuò: nel 1158 fu presa Alcácer do Sal (perduta alcuni anni dopo), nel 1159 e negli anni seguenti fino al 1166 si aggiunsero alle conquiste portoghesi parecchie importanti località dell'Alemtejo (Évora, Beja, Serpa, Juromenha) e dell'Estremadura spagnola: nella presa di Évora e in altre imprese si distinse il valoroso capitano Geraldo Sem Pavor (Senzapaura).

Nel 1169 Alfonso I assalì Badajoz, ma questa fu soccorsa da Fernando II di León, genero del re di Portogallo, e questi, nel ritirarsi dalla città, fu fatto prigioniero; il genero tuttavia non solo non tardò a rendergli la libertà, ma poco dopo gli prestò egli stesso aiuto a Santarem, dove Alfonso era assediato dall'emiro Abū Yaūqūb Yūsuf (1171).

Alla sua morte (1185), dopo 57 anni di regno, Alfonso I lasciava a suo figlio Sancio un regno, la cui indipendenza era completamente assicurata e i cui confini si estendevano fino a Beja: il paese aveva già raggiunto più di tre quarti del suo territorio attuale. La conquista proseguì attraverso i quattro regni successivi, di Sancio I (1185-1211), Alfonso II (1211-1223), Sancio II (1223-1248) e Alfonso III (1248-1279). Sancio I, ancora infante, avem fatto una incursione vittoriosa in Andalusia, prendendo e saccheggiando Siviglia, pur senza riuscire a estendere fin là il confine portoghese. Divenuto re, tentò la conquista dell'Algarve, prendendo il castello di Alvor e la città di Silves (1189), quest'ultima con l'aiuto di una armata di crociati che navigava alla volta della Palestina. Ma queste due piazzeforti, insieme con altre prese da Sancio, furono riprese dall'almohade Ya‛qūb al-Manṣūr nel 1191.

Alfonso II, egli stesso poco bellicoso, mandò un esercito a riprendere, con l'aiuto di una flotta crociata, Alcácer do Sal (1217) e inviò truppe in aiuto ad Alfonso VIII di Castiglia, le quali parteciparono alla grande vittoria di Las Navas de Tolosa (1212). Sotto Sancio II i Portoghesi tolsero ai musulmani dell'Alemtejo Elvas, Moura, Serpa e Mértola, quest'ultima sul Guadiana, e discesero fino all'oceano, impadronendosi di Tavira e Cacela sulla costa dell'Algarve. In queste conquiste, svoltesi tra il 1226 e il 1238, ebbero parte importante i cavalieri di S. Giacomo della Spada (o di Uclés), dei quali era commendatore in Portogallo Paio Peres Correia. La conquista definitiva dell'Algarve fu opera di Alfonso III, il quale nel 1249 prese Faro e riconquistò Silves. Tuttavia il possesso della provincia fu rivendicato dai re di Castiglia, i quali fondavano le loro pretese su un accordo stretto tra il principe Alfonso di Castiglia e il sultano moro di Niebla, in virtù del quale i diritti di questo ultimo sul territorio a ovest del Guadiana dovevano passare al re di Castiglia. La contesa ebbe termine sotto il regno di Dionigi, figlio di Alfonso III, il quale invase il regno di Ferdinando IV di Castiglia e prese, sulle rive del fiume Coa, delle terre che rimasero poi permanentemente al Portogallo: col trattato di Alcanises (1297) ottenne il riconoscimento del possesso delle conquiste paterne nell'Algarve. I confini territoriali fissati in questo trattato sono i medesimi dell'attuale stato portoghese.

Ordinamenti interni. - Le istituzioni portoghesi si svilupparono in maniera parallela a quella delle altre monarchie della Penisola Iberica. Comune era la tradizione, fondata sul diritto scritto e sul diritto consuetudinario della monarchia visigota. Il re, in quanto capo supremo, esercita liberamente tutti i poteri dello stato, benché questi siano in un certo modo limitati dai privilegi della nobiltà e del clero, i quali trovano la loro espressione nell'azione comune delle Côrtes. Nella successione al trono prevale il principio ereditario, benché il vecchio costume visigotico dell'elezione abbia ancora una sopravvivenza nella conferma, a opera delle Côrtes, del re assunto al trono (acclamazione). La situazione delle classi sociali non è diversa dal resto dell'Occidente europeo: il clero, per la vasta estensione dei suoi beni, per le immunità giudiziarie e tributarie di cui gode, ha una posizione predominante. La nobiltà è signora delle terre, nelle quali leva tributi e amministra la giustizia. Il rico-homem, mentre è al più alto grado della scala sociale, è al tempo stesso il funzionario regio più elevato, capo militare della sua terra o distretto, con l'obbligo di prestare servizio in un'epoca dell'anno determinata e di levare per la guerra un numero determinato di uomini d'arme. La classe militare comprende i cavaleiros-vilãos, astretti al servizio militare con le armi e il cavallo; i peões (pedoni), anch'essi proprietarî, ma senza beni sufficienti a prestare servizio a cavallo; i malados, individui che lavorano per conto altrui; i servi della gleba.

La popolazione libera appartenente alla classe popolare si aggruppa in nuclei indipendenti dai signori, e in parte dallo stesso re, il quale concede a questi gruppi (concelhos) carte di privilegio, fissanti i diritti e i doveri collettivi. Ogni consiglio ha una sua propria magistratura, sia amministrativa sia giudiziaria, nominata per elezione. Tali municipî esistevano nel territorio portoghese già prima della fondazione della monarchia per parte di Alfonso Henriques: ma questi provvide a crearne dei nuovi, specialmente nei territorî conquistati ai Mori, dove affluirono molte colonie, alcune anche straniere e in particolare di Francesi: queste colonie si chiamavano "colonie franche", e di qui deriva il fatto della frequenza del toponimo "Vila Franca". Quest'opera di colonizzazione e di costituzione di municipî fu intensamente proseguita da Sancio I, che provvide a ripopolare le terre desolate dalla guerra, attirò coloni franchi (stranieri), restaurò i castelli smantellati.

L'agricoltura, unica fonte a quei tempi di ricchezza pubblica, era promossa dai re; ma, durante i primi regni, il dissodamento e la coltura della zona conquistata fu opera soprattutto degli ordini militari (Templarî, Ospitalieri, di Calatrava e Spatarî) e di alcuni ordini religiosi, come i cisterciensi del celebre monastero di Alcobaça, dove sono sepolti molti re e principi della prima dinastia, e i canonici regolari di S. Agostino, che possedevano il convento di Santa Cruz a Coimbra e quello di S. Vicente de Fora a Lisbona.

Il patrimonio del re si confondeva con quello dello stato e il cespite principale della finanza era fornito dalle sue rendite. Talvolta il re alienava, per mezzo di donazioni di terre e di diritti regi, parte dei suoi beni in favore dei nobili o della Chiesa. Le immunità create da tali donazioni, la restrizione dei redditi del re che esse determinavano, i conflitti insorgenti tra la giurisdizione regia e quella dei donatarî costituirono nei primi tempi dello stato portoghese un grave ostacolo all'azione dei re e una fonte di lotte tra essi e le classi privilegiate. Se Alfonso I e Sancio I furono prodighi di donazioni, Alfonso II fu invece geloso difensore del patrimonio regio. Egli rifiutò di consegnare alle proprie sorelle Sancia, Teresa e Mafalda (poi beatificate dalla Chiesa) le terre che il padre aveva loro lasciate per testamento, ed eseguì soltanto i legati in denaro. Promulgò una legge che proibiva all'ordine ecclesiastico, secolare e regolare, l'acquisto dei beni immobili, i quali, per il solo fatto di appartenere al clero, cessavano di produrre redditi alla corona; iniziò il sistema delle conferme da parte del nuovo re delle donazioni fatte dai suoi predecessori, e delle inquisizioni volte a verificare quali terre del patrimonio regio si trovassero indebitamente in potere del clero e dei nobili.

Alfonso II, appassionato di legge e di legalismo, fu il primo monarca portoghese che convocò le Côrtes, a Coimbra nel 1211: dalle risoluzioni ivi prese sorse il primo nucleo d'una legislazione generale. Discepolo di un abile legista, Giuliano, già cancelliere di suo padre e difensore del potere personale dei sovrani, Alfonso II fu nel sec. XIII un precursore dei principi del Rinascimento. Non così suo figlio Sancio II, il quale, d'indole guerriera, fu poco accorto nel governo: sotto di lui, per opera di nobili turbolenti, il regno cadde nell'anarchia, gli ufficiali del fisco furono presto respinti, scoppiarono guerre di bande, senza che il re riuscisse a porre fine al disordine. Il malcontento si diffuse nel clero e nella borghesia, i quali con l'aiuto di alcuni nobili, diedero opera alla deposizione del re, proponendogli di sostituirgli suo fratello Alfonso, il quale, ammogliato con la contessa di Boulogne, viveva alla corte di Francia. L'arcivescovo di Braga Giovanni Egas e i vescovi di Oporto e di Coimbra, presenti al concilio di Lione, ottennero da Innocenzo IV che, poco dopo avere proclamato la deposizione dell'imperatore Federico II, proclamasse quella di Sancio II (bolla Grandi non immerito del 24 luglio 1245). In un'assemblea di nobili e di ecclesiastici tenutasi a Parigi, Alfonso giurò di rispettare la Chiesa e di consultare il consiglio dei prelati in ogni circostanza importante (patto di Parigi); giunto a Lisbona, fu accolto con entusiasmo dalla borghesia e assunse il potere col titolo di "difensore del regno", che mantenne finché visse Sancio. Nella lotta tra Alfonso, padrone di Lisbona e del mezzogiorno del paese, e Sancio, che ne teneva il settentrione, quest'ultimo, sconfitto, invocò l'aiuto della Castiglia (1246); ma la sorte delle armi favorì Alfonso, e Sancio fu costretto a riparare a Toledo, dove morì due anni dopo; Alfonso assunse allora il titolo di re.

La politica interna di Alfonso III fu analoga a quella di Alfonso II. Anch'egli ordinò inquisizioni, restrinse la facoltà di acquisto di beni da parte del clero e convocò a Leiria le prime Côrtes alle quali partecipassero i procuratori dei consigli (1254); senza tenere conto del giuramento di Parigi, prese misure che scontentarono il clero, sì che fu scomunicato, al pari dei suoi predecessori Sancio I, Alfonso II e Sancio II.

Suo figlio Dionigi (1279-1325), di vasta cultura e uno dei più famosi trovatori del suo tempo, fondò l'università portoghese (Estudio Real di Lisbona, 1290). Quando Clemente V soppresse l'ordine dei Templarî, egli trasferì i loro beni a un nuovo ordine militare puramente portoghese, l'Ordine di Cristo (1319).

La giustizia fu organizzata in Portogallo da Alfonso IV (1325-1357), l'eroe della battaglia di Tarifa (Salado), in cui fu alleato di Alfonso XI di Castiglia contro i musulmani. Egli istituì i juizes de fora, ossia non nativi dei paesi nei quali esercitavano il loro ufficio. Suo figlio Pietro I (1357-1367), la cui fama popolare è legata ai suoi amori con Ines de Castro, cantati dal Camões nei Lusiadas, riformò la giustizia, estendendone la giurisdizione anche ai nobili, e, per restringere il potere del clero, istituì il regio placet per i brevi e i rescritti pontifici.

Sviluppo economico della nazione. - Nei primi tempi dello stato portoghese l'agricoltura andò progredendo lentamente, specialmente per l'azione degli ordini militari e dei cisterciensi (monastero di Alcobaça). Il re Dionigi prese importanti misure in favore dell'agricoltura: distribuì le terre incolte agli abitanti, protesse la proprietà rustica con severe penalità contro chi la violasse, fece piantare, accanto a Leiria, una grande pineta nazionale, destinata a fornire legname per costruzioni terrestri e navali. Quest'ultima misura mirava a favorire lo sviluppo della marina, cui Dionigi dedicò cure speciali. Una marina da guerra e mercantile esisteva fino dai tempi di Alfonso Henriques, e si erano andate stabilendo relazioni commerciali con altri paesi di Europa, specialmente con le Fiandre. Dionigi chiamò in Portogallo il genovese Emanuele Pessagno, cui conferì il titolo di ammiraglio, col compito di riorganizzare la marina. Come già aveva fatto suo padre Alfonso III, istituì in varie località fiere e mercati e fece fare ricerche di miniere di oro, argento, rame, ferro. In quel tempo le industrie più prospere erano quelle della pesca e dei tessuti di lino.

L'opera di Dionigi fu continuata dal suo successore Alfonso IV. Al tempo di questo le navi portoghesi compirono frequenti viaggi nell'Atlantico, anche in direzione di sud, lungo la costa africana. Esiste la prova documentaria di una spedizione alle Canarie inviata da questo re: avendo il papa Clemente VI concesso al principe Luigi di Spagna, nel novembre 1344, la sovranità di quelle isole, Alfonso IV scrisse al pontefice (12 febbraio 1345), facendogli osservare che egli, già prima del 1336, aveva mandato in quelle isole navi e uomini, e che pertanto gli provava che esse non dovessero essere date ad altro principe, tanto più essendo esse più prossime al Portogallo che a qualunque altro stato cristiano.

Ferdinando I (1367-1383) continuò l'opera economica di Dionigi: favorì le esportazioni con esenzioni doganali, creò una compagnia di assicurazioni (bolsa) tra costruttori e armatori di navi, permise loro di fornirsi gratuitamente di legno dalle foreste reali, promulgò (1375) una legge in favore dell'agricoltura, per la quale i proprietari erano costretti a coltivare le proprie terre, sotto pena di perderle, e i vagabondi, mendicanti e falsi religiosi venivano presi e costretti al lavoro agricolo.

Prima crisi dell'autonomia nazionale. - Ferdinando I fu l'ultimo monarca della casa borgognona. Quanto grande fu l'incremento da lui dato all'economia nazionale, altrettanto infelice fu la sua politica estera. Sostenne guerre disastrose con la Castiglia, causate dalle sue pretese al trono di questa in seguito alla morte di Pietro I il Crudele. Nel lungo conflitto (1369-1383) Ferdinando cambiò spesso di politica, alleandosi ora con Granata e con l'Aragona, ora col duca di Lancaster, figlio di Edoardo III d'Inghilterra, e anch'egli pretendente al trono di Castiglia. Alla lotta pose fine un trattato, secondo il quale Beatrice, unica figlia ed erede di Ferdinando, doveva sposare Giovanni I di Castiglia. Nel contratto nuziale Ferdinando aveva introdotto delle clausole tendenti a impedire l'unione delle due corone, ma, appena egli fu morto (1383), il re di Castiglia si preparò ad invadere il Portogallo, dove la reggenza era stata assunta da Eleonora Teles, vedova del re, donna dissoluta che il popolo odiava, al pari del suo favorito Giovanni Andeiro conte di Ourem. I borghesi di Lisbona, insieme con alcuni nobili, ordirono una congiura, capitanata da Giovanni, gran maestro dell'ordine militare di Aviz (nome che l'ordine di Calatrava portava in Portogallo) e bastardo del re Pietro I. L'Andeiro fu ucciso nel palazzo reale da Giovanni e da alcuni nobili, e i borghesi riuniti nella piazza acclamarono il gran maestro di Aviz "difensore e reggente del regno". L'entusiasmo popolare, vincendo la riluttanza di parte della nobiltà e del clero favorevole al re di Castiglia, fronteggiò l'invasione, che moveva da due parti, dal di là della Beira e dall'Alemtejo. In quest'ultima regione un giovane capitano, Nuno Alvares Pereira, inflisse una grave sconfitta ai Castigliani nella località degli Atoleiros, soprattutto mediante l'impiego d'una nuova tattica, quella di appiedare i cavalieri e di disporli in due linee, la prima destinata a sostenere in ordine chiuso l'assalto della cavalleria nemica, la seconda a colpirla con dardi e artiglieria. L'esercito castigliano assediò Lisbona, ma un'epidemia lo costrinse a togliere l'assedio e a ritirarsi in Spagna; nel frattempo Giovanni avendo scoperto che Eleonora Teles, restia a cedere la reggenza, cospirava contro di lui, l'aveva fatta rinchiudere nel monastero di Tordesillas.

Nell'aprile 1385 le Côrtes si riunirono a Coimbra. La candidatura di Giovanni gran maestro di Aviz, sostenuta dal giureconsulto Giovanni das Regras, trionfo ed egli fu acclamato re di Portogallo, (Giovanni I), inaugurando così una nuova dinastia, quella di Aviz. Nello stesso anno il re di Castiglia invadeva nuovamente il territorio portoghese, ma fu completamente disperso ad Aljubarrota dal re Giovanni e dal suo contestabile Nuno Alvares Pereira, e, riparato in fuga disordinata a Lisbona, s'imbarcò colà per Siviglia. Con la vittoria di Aljubarrota molte terre che avevano riconosciuto la sovranità castigliana tornarono al Portogallo. La borghesia commerciale e industriale acquistò grande importanza, e poco dopo contribuì immensamente al successo delle imprese oltremarine. Negli scontri che avevano dato la vittoria al Portogallo si era manifestata la superiorità della fanteria portoghese sulla famosa cavalleria spagnola: lo stesso fatto si ripeté nella battaglia di Valverde, vinta da Nuno Alvares, il quale con un piccolo esercito aveva invaso la Castiglia per la frontiera di Badajoz. La pace, firmata nel 1411, fu ratificata nel 1431, e assicurò l'indipendenza del Portogallo. Con l'Inghilterra, che gli aveva prestato qualche aiuto, Giovanni I firmò un trattato di pace e amicizia perpetua, in cui ciascuna parte s'impegnava a considerare come proprî nemici i nemici dell'altra. Con altra convenzione il Portogallo s'impegnò a portare aiuto all'Inghilterra con dieci navi equipaggiate a sue spese; il trattato fu rafforzato col matrimonio di Giovanni con Filippa, figlia del duca di Lancaster. Da questa unione provenne una generazione di principi illustri: Duarte I, il re filosofo, autore di un trattato di morale e di psicologia; Pietro, scrittore moralista, statista notevole, ricco dell'esperienza acquistata in numerosi viaggi per l'Europa; Enrico il Navigatore, l'infante che iniziò le scoperte marittime; Giovanni, politico accorto, molto stimato dalla borghesia; Ferdinando, che per il martirio sofferto a Fez ebbe dal popolo l'aureola della santità.

In accordo col trattato conchiuso, Giovanni I diede il proprio aiuto al duca di Lancaster, nelle pretese di costui alla corona di Castiglia, e insieme con lui invase quella regione, ma la campagna fu breve e infruttuosa. Il duca concluse un accordo col re di Castiglia, rinunciando a qualsiasi diritto.

Espansione marittima e coloniale. - Con la dinastia di Aviz si apre un'epoca brillante di espansione oltremarina, per la quale il Portogallo venne ad occupare un posto preminente nel mondo civile del Rinascimento. Fin dal tempo di Alfonso IV, come si è visto, navi portoghesi avevano raggiunto le Canarie. Anche navi di altre nazioni si erano avventurate in direzione di sud, cercando di svelare il mistero dell'Atlantico: nei portolani della seconda metà del sec. XIV sono indicate Madera e le Azzorre. Le coste africane erano state seguite, ma senza che si fosse mai oltrepassato il capo Bojador. Un figlio di Giovanni I, l'infante Enrico, dall'intelligenza lucida e fredda, organizzò metodicamente un'impresa di esplorazione marittima e commerciale, che incontrò favore e aiuto da parte della borghesia della costa portoghese, vivente del commercio marittimo. Giovanni Alfonso de Azambuia, vedor da fazenda (una specie di intendente del tesoro regio) suggerì a Giovanni I, con l'intento di restaurare le finanze mediante un piano di espansione commerciale nell'Atlantico e nel Mediterraneo, una spedizione militare sulla costa marocchina, col fine precipuo d'impadronirsi di Ceuta, chiave del Mediterraneo e punto d'appoggio per spedizioni lungo la costa occidentale dell'Africa. Il progetto dell'Azambuja ebbe l'approvazione entusiastica dei figli maggiori del re, i quali indussero il padre a metterlo ad effetto: il 14 agosto 1415 l'armata portoghese s'impadroniva di Ceuta, con l'intervento di Enrico, che fu uno dei primi a penetrare nella piazzaforte (v. enrico il navigatobe). Questa conquista ebbe un'importanza decisiva sulla politica estera e sulla trasformazione economica e sociale della nazione portoghese. Enrico stabilì a Sagres, nell'estremo SO. del paese, un centro di studî nautici, geografici e astronomici, chiamandovi il celebre cosmografo Giacomo di Maiorca, e intorno all'infante si aggruppò una borghesia cosmopolita, la quale, aiutando l'impresa, arricchì sé stessa.

Le isole di Porto Santo e di Madera furono, piuttosto che scoperte, riscoperte nel 1418 e 1419, a quanto pare, e colonizzate nel 1420; nel 1431 o 1432 i Portoghesi approdarono alle Azzorre, la cui colonizzazione fu subito iniziata; nel 1433 furono visitate alcune isole del Capo Verde. Intanto procedeva lentamente la scoperta della costa africana: nel 1434 il capo Bojador fu scoperto da Gil Eanes. Alla morte di Enrico (1460) l'esplorazione era giunta alla Sierra Leone.

Giovanni I regnò dal 1385 al 1433. Il breve regno di suo figlio Duarte (1433-1438) fu funestato dall'infelice spedizione a Tangeri (1437), nella quele rimasero prigionieri gl'infanti Enrico e Ferdinando che l'avevano promossa. Enrico fu rimandato in Portogallo, per trattare col re la restituzione di Ceuta in cambio della libertà dei prigionieri: la proposta fu accolta dal re e dai suoi fratelli Pietro e Giovanni, ma combattuta dal partito della guerra e dell'espansione oltremarina, rappresentato da Enrico, da gran parte della nobiltà e del clero. Mentre si discuteva la proposta di Enrico, di riscattare Ferdinando con una grande somma di denaro o di procacciare una coalizione di principi cristiani per una guerra contro il Marocco, l'infante prigioniero fu trasportato a Fez, dove morì nel 1443 in seguito alle privazioni e alle torture cui lo sottoposero i Mori, che disperavano di riavere Ceuta.

La morte dell'"Infante santo" come il popolo lo chiamò, e il disastro di Tangeri furono vendicati più tardi dal figlio di Duarte, Alfonso V (1438-1481), soprannominato l'Africano: egli continuò le conquiste in Africa, dove comandò personalmente tre spedizioni: guerriero intrepido, egli fu l'ultimo re cavaliere del Portogallo. Nel 1458 fu conquistata Alcácer Ceguer, nel 1471 Arzila, posto di grande importanza, la cui prossimità a Tangeri facilitò la presa di questa, che ebbe luogo senza combattimento. Col dominio dell'ingresso del Mediterraneo, i Portoghesi impedirono che i corsari musulmani venissero a infestare le coste del Portogallo e dell'Andalusia. Proseguì intanto l'esplorazione della costa occidentale dell'Africa. Nel 1470 erano scoperte le isole di Anno bom, S. Thomé e Principe, nel Golfo di Guinea: i Portoghesi avevano varcato l'equatore.

Lotte interne. Intervento politico della borghesia. - Il re Duarte, alla sua morte (1438), aveva lasciato la reggenza del regno a sua moglie Eleonora d'Aragona durante la minorità del figlio Alfonso V. Questo provvedimento suscitò il malcontento degli infanti, fratelli di Duarte, e quello della borghesia cittadina, favorevole a che la reggenza fosse affidata a uno degl'infanti. Il partito della reggente era capitanato dal conte di Barcelos, bastardo di Giovanni I; quello degl'infanti riconosceva come proprio capo l'infante Giovanni, uomo saggio e molto popolare. A Lisbona scoppiarono tumulti perché fosse affidata la reggenza a Pietro, duca di Coimbra, e in questo senso deliberarono le Cortes, il 10 gennaio 1440. Eleonora allora, rifugiatasi sotto la custodia del priore degli Ospitalieri, nel castello del Crato (Alentejo), vi fu assediata dagl'infanti Giovanni e Pietro e, sfuggita all'assedio, si rifugiò in Castiglia. Gl'infanti mossero contro il conte di Barcelos, che aveva sollevato la nobiltà delle provincie settentrionali in favore della regina. Poco dopo, tuttavia, per l'intervento dell'infante Enrico il Navigatore, si venne a un accordo.

La reggenza di Pietro fu abile e pacifica. A lui si deve la pubblicazione della prima collezione sistematica di leggi portoghesi, le Ordinanze Alfonsine (dal nome del re). Alfonso V, raggiunta la maggiore età, chiese allo zio, del quale aveva sposato una figlia, di continuare a tenere la direzione del governo. Ma poco dopo, specialmente per gl'intrighi del conte di Barcelos, il giovane re allontanò dalla corte lo zio e suocero, sotto l'accusa di ambire al trono. Pietro si ritirò a Coimbra; ma essendosi sparsa la voce di suoi tentativi per abbattere Alfonso V, questi si preparò ad attaccarlo. Pietro lo prevenne e mosse contro Lisbona, con le proprie forze, accompagnato dal suo fido compagno e commilitone Alvaro Vaz de Almada, conte di Avranches. In uno scontro avvenuto presso la capitale, sul torrente Alfarrobeira, Pietro e l'Avranches trovarono la morte (maggio 1449).

Portogallo e Castiglia: progetti di unione delle due corone. - Alfonso V, che dalla figlia di Pietro aveva avuto un figlio, il futuro Giovanni II, rimase vedovo nel 1445, e per lungo tempo non riprese moglie, finché Enrico IV di Castiglia, nel bel mezzo della guerra civile provocata dagli amori scandalosi della regina Giovanna, sorella del re portoghese, con don Beltrán de la Cueva, gli offrì in matrimonio sua figlia Giovanna, soprannominata dai nemici del re la Beltraneja, e cugina dello stesso Alfonso V (1473). Dopo la morte di Enrico IV (1474) e la proclamazione di Ferdinando e di Isabella a re di Castiglia, Alfonso decise di sposare immediatamente la Beltraneja e d'invadere il territorio castigliano. Ciò avvenne nel maggio 1475; e da principio Alfonso e Giovanna furono accolti come sovrani legittimi, benché il matrimonio non fosse stato consumato, per il rifiuto del pontefice di concedere ad Alfonso la necessaria dispensa. Alfonso si stabilì a Toro e Zamora; e per qualche tempo la lotta con Ferdinando e Isabella si mantenne indecisa: nel marzo 1476, si venne a battaglia campale presso il Duero, tra Toro e Zamora; l'esercito di Ferdinando fu battuto all'ala sinistra, soprattutto per il valore del principe Giovanni; ma la destra e il centro, dove combatteva Alfonso in persona, furono sconfitti. Benché la battaglia fosse rimasta indecisa, ne profittarono soprattutto Ferdinando e Isabella, perché il re portoghese non poté ricostituire il proprio esercito e l'aiuto promessogli da Luigi XI di Francia gli venne meno. Alfonso V s'imbarcò per la Francia, allo scopo di sollecitare l'aiuto di Luigi XI; ma, non avendo nulla ottenuto, rientrò in patria, abbandonando di fatto il governo nelle mani del figlio Giovanni.

L'assolutismo. L'abbassamento della nobiltà. - Giovanni II (1481-1495), mentre continuò abilmente l'opera di esplorazione marittima dell'infante Enrico, fu al tempo stesso il grande fautore dell'accrescimento del potere regio. Suo padre, l'ultimo re cavaliere, si può dire ancora una figura del Medioevo. Condottiero in guerra, prodigava ai nobili, per assicurarsene la fedeltà nelle spedizioni militari, ricompense e titoli, donazioni di terre e pensioni. Due famiglie di sangue reale, quelle di Braganza e di Viseu, avevano aumentato enormemente i loro dominî. Il nuovo re, appena salito al trono, assunse un atteggiamento recisamente contrario alla nobiltà, e dopo che nelle Cortes di Évora (1481-1482) i rappresentanti popolari ebbero presentato numerosi reclami contro gli abusi e le violenze dei nobili, il re ordinò che i magistrati facessero un'inchiesta nelle terre signorili, segnalando gli abusi dell'amministrazione della giustizia, e nell'appropriazione delle terre regie. Volle inoltre che i nobili gli prestassero omaggio solenne alla maniera antica. Il duca di Viseu, cognato del re, e Fernando duca di Braganza, il più ricco dei signori portoghesi, tentarono protestare, ma dovettero cedere dinnanzi alla fermezza del re. Queste umiliazioni suscitarono la resistenza dei nobili: una cospirazione fu scoperta e il duca di Braganza e i suoi fratelli, accusati di connivenza con i re di Castiglia per deporre e forse anche uccidere il re, furono giudicati e condannati a morte (1483). Una seconda congiura, scoperta l'anno seguente, aveva a capo il fratello stesso della regina, duca di Viseu. Il re, che si trovava allora nel palazzo di Setúbal, chiamò a sé il cognato e lo pugnalò di sua mano; altri nobili furono giustiziati o esiliati. Giovanni II era un vero principe del Rinascimento, avido di potere personale, violento nei procedimenti, attorniato di legisti e di agenti fedeli, reclutati soprattutto nella borghesia. Disponeva d'un servizio organizzato di spionaggio, che operava tanto all'interno, quanto presso le corti straniere. Riunì le Côrtes una volta sola durante il suo regno, agl'inizî di esso, e soltanto per assicurare la propria autorità con l'appoggio delle simpatie popolari per la sua politica di abbassamento dell'orgoglio nobiliare.

Il regime assolutistico si rafforza sotto i monarchi seguenti, Emanuele I (1495-1521) e Giovanni III (1521-1557). Le Cortes, ostacolo tradizionale al libero esercizio del potere personale dei sovrani, si riunirono sempre più di rado.

Portogallo e Spagna. Nuovi tentativi di unione delle due corone. - Giovanni II, essendo ancora principe, aveva incitato suo padre a sposare Giovanna di Castiglia, meditando l'unione delle due corone. Da re, fu dominato dalla stessa idea; ed, essendo trascorsi varî anni dalla contesa tra Alfonso V e Ferdinando e Isabella, appianatesi le difficoltà diplomatiche fra i due paesi, trattò il matrimonio del suo figlio e successore Alfonso con l'erede del trono castigliano. La principessa venne a vivere in Portogallo; ma Alfonso, pochi mesi dopo (1491), morì in seguito a una caduta da cavallo, e la sua vedova tornò in Spagna. Pochi anni dopo, tuttavia, riapparve in Portogallo come moglie del nuovo re Emanuele I, già duca di Beja e il più prossimo parente del re, essendo fratello della regina e di quel duca di Viseu che il re aveva pugnalato. Giovanni II avrebbe desiderato riconoscere come erede un suo figlio naturale, Giorgio di Lencastre, ma l'opposizione della regina e la questione della legittimità assicurarono il trono a Emanuele, il quale, per questo motivo e per lo splendore del suo regno, fu soprannominato "il Fortunato". Egli riuscì a recarsi in Castiglia con la moglie, per esservi entrambi riconosciuti eredi dei due re cattolici; ma l'anno seguente (1498), la moglie, la regina Isabella, moriva di parto, e due anni dopo moriva anche, a Granata, il figlio da lei lasciato, il principe Michele della Pace, erede delle due corone. In quell'anno stesso (1500) Emanuele sposò un'altra figlia dei re cattolici, Maria, che divenne madre di due re portoghesi, Giovanni III ed Enrico il cardinale. Tuttavia l'eredità della corona castigliana non apparteneva a Maria, bensì a sua sorella maggiore Giovanna la Pazza. Intanto i matrimonî tra principi dei due paesi continuarono: lo stesso Emanuele nel 1518 sposava Eleonora, figlia di Giovanna la Pazza e sorella di Carlo V.

I Portoghesi in Oriente e nel Brasile. - Giovanni II fu il grande continuatore della politica di espansione marittima e commerciale di Enrico il Navigatore. Al tempo stesso che rafforzava l'autorità regia e organizzava l'accentramento dell'amministrazione pubblica, egli promoveva la continuazione dell'esplorazione della costa africana, il commercio della Guinea, le costruzioni navali e le cognizioni nautiche. Sua idea dominante era di far giungere le navi portoghesi ai mari orientali e di accaparrarsi il monopolio della navigazione per le Indie. Per ottenere informazioni sull'India mandò al Cairo due emissarî (1486), i quali dovevano poi partire alla ricerca del regno leggendario del Prete Gianni, che si credeva trovarsi al sud dell'Egitto ed essere in relazioni commerciali con l'India. Uno degli scopi di questa ambasciata segreta (Giovanni II non voleva richiamare l'attenzione degli stati europei sui viaggi che si compivano nell'Atlantico meridionale) era quello di scoprire da quale paese i Veneziani traessero le spezie.

Le scoperte proseguirono. Nel 1484 Diogo Cão, al servizio di Giovanni II, entrava nello Zaire (fiume Congo) e giungeva a conoscenza del regno del Congo, il cui sovrano accettò il protettorato portoghese. Nel 1488 i Portoghesi raggiungevano Benin e Bartolomeo Diaz, doppiato il capo delle Tempeste, navigava nell'Oceano Indiano. Fu appunto Giovanni II a dare a quel promontorio il nome di Capo di Buona Speranza. Egli stava preparando la flotta per l'India, quando morì (1495): il suo successore, il "fortunato" Emanuele, non ebbe altro da fare che porre in esecuzione il grande progetto. Si dice che, alla notizia della morte del grande re, Isabella la Cattolica esclamasse: "È morto l'uomo".

L'anno precedente alla sua morte Giovanni II aveva stipulato con i re cattolici il famoso trattato di Tordesillas (7 giugno 1494), che fissava la ripartizione tra Spagnoli e Poeroghesi delle terre scoperte e da scoprirsi, stabilendosi come linea di divisione il meridiano a 370 leghe a ovest delle isole del Capo Verde e lasciandosi agli Spagnoli le terre poste a occidente di tale linea. La fissazione di quel meridiano, fatta a richiesta di Giovanni II, fa supporre che questi conoscesse già l'esistenza del Brasile. La spedizione marittima progettata da Giovanni II fu compiuta due anni dopo la sua morte: Vasco da Gama, con quattro piccole navi, arrivò alla costa del Malabar in India nel maggio 1498, dopo avere visitato la costa orientale dell'Africa. Era così scoperta la via che poneva i Portoghesi in condizioni d'importare le spezie a prezzi molto inferiori a quelli praticati dai Veneziani: fatto, questo, che ebbe per conseguenza lo spostamento dell'attività commerciale dal Mediterraneo all'Atlantico.

Nel 1500 Emanuele I inviò in India un'altra flotta di tredici navi, al comando di Pedro Alvares Cabral, con lo scopo di stabilire posizioni lungo la costa dell'Oceano Indiano, per la sicurezza del commercio portoghese e per la propaganda cristiana. Tuttavia la flotta deviò verso occidente, scoprendo il Brasile. Peraltro, Duarte Pacheco, il pilota che scrisse una storia delle scoperte, afferma di essere approdato al Brasile due anni prima. Cabral, proseguendo il viaggio per l'India, stabilì una fattoria a Calicut, e, acquistato un ingente carico di prodotti orientali, tornò in patria. S'iniziava così la grande impresa commerciale, in cui il re era il grande mercante e le autorità portoghesi erano i suoi cassieri, giacché il commercio delle Indie era monopolio regio.

Nel 1505 fu inviato in India, con una forte squadra, un viceré, Francesco de Almeida, per mantenere il dominio del mare ed esigere un tributo sul traffico con gl'indigeni. Egli vinse in battaglia navale il sultano d'Egitto e costruì come punti di appaggio varie fortezze sulla costa. Il secondo viceré, Alfonso de Albuquerque, organizzò l'impero portoghese di Oriente, conquistando le terre necessarie all'esplorazione commerciale, colonizzandole, riducendo a tributarî del Portogallo varî principi indigeni, edificando fortezze nei punti che non poteva colonizzare. Stabilì un triangolo strategico con la presa di Hormuz, chiave del Golfo Persico (1507), di Goa (1510) e di Malacca (1511). L'intera costa dell'Asia fu esplorata. Tra i governatori che succedettero all'Albuquerque, Soares de Albergaria prese Colombo a Ceylon, Nuno da Cunha occupò Diu, Antonio da Silveira la difese contro i Turchi nel 1538, e nel 1546 Giovanni de Mascarenhas vi sostenne un secondo assedio; Costantino di Braganza s'impadronì di Damão. Tra il 1521 e il 1522, i Portoghesi visitarono le Molucche, quindi le isole della Sonda, e nel 1526 sbarcarono nella Nuova Guinea. Fin dal 1518 avevano esplorato i mari della Cina ed erano sbarcati a Canton; nel 1520 inviarono ambasciatori a Pechino. Cinque anni prima, avevano scoperto il Giappone.

Quasi tutti questi avvenimenti caddero nel tempo del successore di Emanuele I, Giovanni III (1521-1557), che colonizzò il Brasile, dividendone il territorio in capitanerie, distribuendo queste a varî nobili con l'incarico di popolarle, coltivarle e difenderle a proprie spese, pagando inoltre alcuni diritti alla corona.

L'Inquisizione e i gesuiti. - Giovanni III, estremamente devoto, ottenne da Paolo III l'autorizzazione di stabilire in Portogallo, come in Spagna, l'Inquisizione (1547). Vi aveva introdotto anche, pochi anni dopo la sua fondazione, la Compagnia di Gesù. I primi gesuiti, venuti in Portogallo (1540), furono Francesco Saverio, che fu mandato missionario nelle Indie Orientali, e Simone Rodrigues, al quale fu affidata la direzione del Collegio delle arti, scuola d'insegnamento medio, fondata allora a Coimbra (1542). I gesuiti dominarono l'insegnamento medio, fondarono a Évora una propria università ed esercitarono una stretta sorveglianza sull'attività intellettuale. Grande attività missionaria esplicarono nel Brasile, dove giovarono non poco alla colonizzazione e all'esplorazione commerciale. Giovanni III, nel 1537, riformò l'università portoghese, trasferendola da Lisbona a Coimbra, e chiamò ad alcune cattedre professori stranieri.

Seconda crisi dell'autonomia nazionale. - A Giovanni III successe il nipote Sebastiano, di appena tre anni, figlio del principe Giovanni che, debole e malaticcio, era morto due anni dopo ìl matrimonio con la cugina Giovanna, figlia di Carlo V (1554). Sebastiano (1557-1578) portava in sé delle tare costituzionali: mistico e megalomane, sognava di essere un re cavaliere come Alfonso V e di creare un grande impero in Africa. Misogino, pose ogni sorta di ostacoli ai varî progetti di matrimonio formati sia nella corte portoghese sia in quella di suo zio Filippo II. Sua nonna Caterina d'Austria, vedova di Giovanni III e reggente del regno, disgustata della caparbietà del nipote, lasciò la reggenza al cognato, il caidinale Enrico, e si ritirò a Madrid (1562). Raggiunta la maggior età (1568), il re mise da parte lo zio e si circondò di una schiera di giovani della nobiltà, che lo adulavano. Fissato nell'idea di conquistare il Marocco, ad onta dei consigli contrarî, radunò un esercito imponente, ingaggiò mercenarî stranieri e partì con una flotta per il Marocco, dove la sua condotta imprudente e stolta fece concepire ai capi dell'esercito il disegno d'imprigionarlo; ma egli seppe tenerli in obbedienza. Il 4 agosto 1578, l'esercito portoghese fu accerchiato ad Alcázarquebir e interamente disfatto. Il re scomparve nella fuga, la maggior parte dei suoi capitani perì. Successore al trono era un vecchio, il cardinale Enrico, unico figlio superstite di Emanuele. Nel suo regno, durato appena due anni (1578-1580), la sua preoccupazione dominante fu la scelta di un successore, e giunse perfino a chiedere al papa la licenza di prendere moglie. I pretendenti alla successione erano molti: Filippo II di Spagna; l'infante Antonio, priore dell'ordine militare del Crato, figlio naturale di un fratello di Giovanni III; Caterina, duchessa di Braganza; Emanuele Filiberto di Savoia, tutti nipoti di Emanuele I; inoltre, un pronipote di lui, Ranuccio Farnese duca di Parma. Le Côrtes si riunirono nel 1580, e in esse i rappresentanti del popolo protestarono energicamente contro l'eventuale designazione di Filippo II. Nel frattempo Enrico morì prima di avere designato il successore. Filippo II invase il Portogallo con un esercito al comando del duca d'Alba. Antonio, priore di Crato, fu acclamato re a Santarem e subito dopo a Lisbona; ma, avendo gran parte della nobiltà aderito alla causa spagnola, il suo tentativo di difendersi con le poche forze di cui disponeva fu infranto ad Alcantara presso Lisbona. Fuggito verso settentrione, per tentare di sollevare quelle popolazioni, si imbarcò per la Francia, ed ebbe da questa e dall'Inghilterra qualche soccorso, così che poté con un piccolo corpo armato partire per le Azzorre (Is. Terceira), dove si mantenne fino al 1583.

Il dominio spagnolo. - Filippo II, acclamato re di Portogallo nelle Côrtes di Tomar (1581), promise di mantenere l'autonomia del regno portoghese: portoghesi sarebbero dovuti essere i governatori e tutti i funzionarî, nessuna legge sarebbe stata promulgata senza l'approvazione delle Côrtes. Invece le guarnigioni spagnole continuavano ad occupare il paese, gli affari pubblici venivano per lo più sbrigati a Madrid, il commercio andava decadendo, la colonizzazione e il traffico del Brasile erano trascurati, i porti si chiudevano alle due nazioni europee di maggiore sviluppo commerciale, l'Inghilterra e l'Olanda. La miseria si diffondeva nel paese.

La situazione andò peggiorando sotto Filippo III e Filippo IV; non godendo di un'effettiva autonomia politica, i Portoghesi non potevano rimediare ai danni della concorrenza olandese e inglese in Oriente e in America. Gli Olandesi, essendo stato chiuso al loro traffico il porto di Lisbona, si procurarono le spezie direttamente dall'Oriente. Sorse ad Amsterdam la Compagnia delle Indie Orientali, che s'impadronì delle fattorie portoghesi delle Molucche, di varie fortezze e finalmente di Malacca, la seconda città portoghese dell'India. In Africa, gli Olandesi presero la fortezza di S. Jorge da Mina, dominando così il Golfo di Guinea. L'invasione del Brasile cominciò nel 1624, e, benché incontrasse colà forte resistenza da parte dei coloni, alla fine del dominio spagnolo il Brasile era quasi per intero in possesso della Compagnia, che vi mandò come governatore il principe Maurizio di Nassau.

La rivoluzione del 1640 e l'indipendenza portoghese. - Il conte duca di Olivares, il ministro e favorito di Filippo IV, aveva mandato come reggente in Portogallo la duchessa di Mantova, Margherita di Savoia, e, per mezzo di lei e d'un segretario di stato portoghese interamente ligio alla Spagna, Miguel de Vasconcelos, esercitava il suo dominio oppressivo. Nel 1637 alcune città portoghesi e specialmente Évora si ribellarono a causa delle imposte. Domata l'insurrezione, l'Olivares gravò il Portogallo di un'enorme contribuzione. Quando nel 1640, per motivi identici, si ribellò la Catalogna, il governo spagnolo si valse abusivamente di truppe portoghesi per combattere l'insurrezione, il che accrebbe l'indignazione della nobiltà e del popolo. Il 1° dicembre 1640, in seguito a una cospirazione di nobili, il palazzo del governo fu invaso e tre dei principali membri del governo, tra cui M. Vasconcelos, vennero massacrati tra l'entusiasmo del popolo. Il duca di Braganza fu acclamato re, col nome di Giovanni IV, e il movimento si diffuse per tutto il paese: le Côrtes, convocate nel 1641 dal nuovo re, affermarono il principio della sovranità nazionale, per il quale "il potere del re proviene originariamente dalla nazione, alla quale spetta decidere intorno alle questioni di successione".

Guerra d'indipendenza. - Durante 24 anni (1641-1665) la nazione portoghese difese la propria autonomia, sia respingendo gli attacchi nemici, sia passando all'offensiva e invadendo il territorio spagnolo, sia infine svolgendo un'azione diplomatica presso le corti straniere. Ebbe come alleati la Francia e l'Inghilterra: il Richelieu favorì il movimento portoghese, in quanto esso tendeva a indebolire gli Asburgo in Spagna, e impegnò la Francia a non concludere la pace con la Spagna se non fosse stata riconosciuta l'indipendenza del Portogallo. Tuttavia, gran parte della nobiltà era legata al governo spagnolo: fin dal 1641 fu scoperta una congiura, capitanata dal marchese di Vila Real, dal conte di Armamar e dall'arcivescovo di Braga, per assassinare il re e consegnare il paese alla Spagna. Il Vila Real e l'Armamar furono decapitati, l'arcivescovo morì in carcere. L'anno seguente, fu decapitato il segretario di stato Francesco di Lucena, che la nobiltà odiava e che venne accusato di connivenza col governo di Filippo IV, il che peraltro non fu dimostrato. Nel 1646 un certo Domenico Leite, sicario messosi a servizio del governo spagnolo per assassinare il re in occasione della processione del Corpus Domini, fu del pari giustiziato.

La guerra sulle frontiere procedette dapprima fiaccamente, essendo Filippo IV impegnato nella rivolta catalana e nella guerra in Fiandra. Nel 1644 si ebbe la prima battaglia campale, con la vittoria riportata a Montijo da Matteo de Albuquerque, che aveva invaso il territorio spagnolo. Nelle colonie, Mozambico e Macao si dichiararono contro il governo spagnolo; Angola, già occupata dagli Olandesi, fu ripresa dal portoghese Salvatore Correia; nel Brasile, i coloni intrapresero la lotta contro gli Olandesi, i quali, dopo varî scontri, abbandonarono definitivamente il paese nel 1654. Mentre la Francia e l'Inghilterra avevano riconosciuto fin da principio l'indipendenza del regno portoghese, il papa per molti anni rifiutò il riconoscimento, per l'influenza degli ambasciatori di Spagna. L'ambasciatore di Portogallo, il vescovo di Lamego, fu, al suo arrivo, aggredito nelle vie di Roma dai domestici dell'ambasciata spagnola.

La guerra d'indipendenza continuò durante il regno di Alfonso VI (1656-1668), assumendo proporzioni più vaste. Il valente ministro conte de Castelo Melhor guarnì le frontiere, organizzò forti eserciti, cui si aggiunsero truppe fornite, in seguito a un recente trattato, dall'Inghilterra, e mercenarî francesi e tedeschi. Il comando fu affidato al maresciallo Schomberg, ingaggiato in Francia dalla reggente Luiza de Guzman. Le vittorie si susseguirono: a Elvas (1659) contro Luis de Haro, primo ministro di Spagna, all'Amexial (1663) contro Giovanni d'Austria, figlio naturale di Filippo IV, a Castelo Rodrigo (1664) contro il duca di Ossuna, a Montes Claros (1665) contro il marchese di Caracena. In queste campagne i generali portoghesi furono il Marchese di Marialva, Sancho Manuel conte di Vila Flor e Pietro Giacomo Magalhães. L'alleanza inglese era stata procurata mediante il matrimonio di Caterina di Braganza, figlia di Giovanni IV, con Carlo II d'Inghilterra, portando la sposa in dote Tangeri, l'isola di Bombaim e una fortezza a Ceylon; inoltre il Portogallo s'impegnò a pagare un contributo annuo in cambio d'un corpo di soldati veterani della rivoluzione inglese. Il trattato di pace tra Portogallo e Spagna (v. lisbona: Il trattato di Lisbona) fu firmato soltanto nel 1668.

Congiure di palazzo e deposizione di Alfonso VI. - Nel 1666 Alfonso VI sposava una figlia del duca di Nemours, Maria Francesca di Savoia (Mademoiselle d'Aumale), ma l'anno seguente essa abbandonava la corte e si ritirava in un convento, dichiarando di non voler vivere con un marito inabile al matrimonio. Il re era un essere squilibrato, fiacco, epilettico e, a quanto pare, realmente inabile; tuttavia risultò che la regina si era innamorata del cognato, l'infante Pietro. I nemici del re e del ministro Castelo Melhor ordirono una congiura, che s'iniziò con lo scandaloso processo di nullità intentato dalla regina contro il re; scoppiò in seguito una rivolta di palazzo diretta dall'infante Pietro, e il re, costretto a rinunciare ai proprî diritti, fu inviato nell'Isola Terceira delle Azzorre, e Pietro, ammogliatosi con l'ex-moglie del fratello, assunse il governo in qualità di reggente fino alla morte di Alfonso (1683), poi (1683-1706) come re; durante il suo regno furono scoperte le miniere d'oro del Brasile, e l'agricoltura e il commercio di quella colonia si svilupparono; enormi rendite vennero alla corona dall'oro e dai diamanti brasiliani. Pietro II intervenne nella guerra di successione di Spagna, dapprima a favore di Filippo d'Angiò, poi dell'arciduca Carlo, che venne in Portogallo. Il territorio portoghese fu invaso dagli Spagnoli nel 1704, ma nel 1705 l'esercito portoghese, passato all'offensiva e ottenuta una serie di vittorie, entrò in Madrid. Lo stesso re concluse con l'Inghilterra il trattato di Methuen (v.).

L'oro del Brasile. - Giovanni V (1706-1750), successo al padre Pietro II, spiegò un fasto imitato da quello della corte di Versailles e che gli era reso possibile dai proventi dell'oro e dei diamanti del Brasile. Estremamente devoto, fece costruire ricchissime cappelle e il monumentale convento di Mofra, a un tempo palazzo reale; ma alla devozione univa la dissolutezza. Istituì nuove diocesi nel Brasile e ottenne dal papa, mediante larghe oblazioni, l'elevazione di Lisbona a sede patriarcale. Ma, avendo la Santa Sede negato il cappello cardinalizio al nunzio Bichi, suo protetto, ruppe i rapporti con essa. Mandò una squadra in aiuto al pontefice contro i Turchi, squadra che partecipò alla battaglia del Capo Matapan (1717). Come il padre, governò da monarca assoluto e non convocò mai le Côrtes, che caddero interamente in disuso. Fondò l'Accademia reale di storia.

Il governo di Pombal. - Suo figlio, Giuseppe I (1750-1777), ebbe la fortuna di trovare un grande ministro in Carvalho e Mello, marchese di Pombal, che fu, durante il regno del suo monarca, il solo capo del governo. Egli fu il tipico fautore dell'assolutismo. Di piccola nobiltà, non perdonò all'alta aristocrazia di corte il disprezzo che questa gli aveva mostrato da principio. Resosi benemerito per la ricostruzione, secondo un piano grandioso, della città di Lisbona distrutta nel 1755 dal terremoto, colse occasione da un attentato del quale il re per poco non fu la vittima (1758) per abbattere il potere della nobiltà, e mandò al supplizio, tra crudeli tormenti, il maggiordomo regio duca di Aveiro e varî membri della famiglia Tavora (tra cui la marchesa di questo nome), come mandanti dell'attentato. Al tempo stesso cercò di distruggere l'influenza dei gesuiti, confessori del re, della regina e dei principi: accusati di complicità nell'attentato, fece confiscare i beni della Compagnia nel gennaio 1759, e nel settembre espulse tutti i gesuiti dal Portogallo. Diede nuovo aspetto al tribunale dell'Inquisizione, trasformandolo in organo di difesa del governo.

L'attività riformatrice del Pombal si esercitò largamente in tutti i campi: protesse le industrie (seta, lana, carta, vetri); promosse la coltura dei cereali e della vite, creando nell'alto Douro una società per la produzione di vini di lusso; favorì la fondazione nel Brasile della Compagnia del Pará; riorganizzò l'esercito e la marina, riformò l'università e aprì scuole elementari e medie, nonché un collegio per i nobili. Abolì nel Portogallo la schiavitù, e dichiarò liberi gl'Indiani del Brasile. Riordinò l'amministrazione e la finanza creando l'erario regio.

Con la morte di Giuseppe I, cui successe la figlia Maria (1777-1816), inferma di mente e dominata da una camarilla, il Pombal cadde vittima dei numerosi nemici che si era procurati. Processato, fu condannato a risiedere nelle sue terre, a venti leghe dalla corte. Varie leggi da lui emanate contro la Chiesa vennero revocate, e fu permesso l'ingresso ai gesuiti, purché non costituissero comunità. Il movimento culturale iniziatosi sotto Giuseppe I proseguì con la fondazione delle scuole di marina, di fortificazione e artiglieria, di disegno, d'una biblioteca pubblica, d'una giunta direttiva degli studî e dell'Accademia reale delle scienze (l'attuale Accademia delle scienze di Lisbona).

Reggenza del principe del Brasile. - Dopo la morte del re consorte Pietro III e del figlio principe Giuseppe, la malattia mentale della regina si aggravò fino a giungere all'alienazione manifesta (1792). Il figlio secondogenito, Giovanni, assunse la reggenza.

Le idee rivoluzionarie, divulgate soprattutto dai commercianti stranieri, allarmarono la corte; il governo portoghese si alleò con la Spagna contro la Francia e mandò un contingente di truppe nei Pirenei (campagna del Rossiglione, 1793).

Ma la Spagna si alleò più tardi con la Francia, dichiarando guerra all'Inghilterra (1796) e trattando con l'alleata la spartizione del Portogallo. Nel 1801 gli Spagnoli invasero il Portogallo, impadronendosi di varie fortezze, tra cui quella di Olivença, che non fu mai restituita. La pace di Madrid (settembre 1801) fu svantaggiosa per il Portogallo.

Le invasioni francesi. - Dopo la dichiarazione del blocco continentale da parte di Napoleone (1806), il governo portoghese ricusò di chiudere i proprî porti all'Inghilterra. Napoleone concluse con la Spagna il trattato di Fontainebleau, in cui era stipulata la spartizione del Portogallo, e fece invadere il paese da un esercito comandato dal Junot (novembre 1807). Il principe reggente, con la regina, s'imbarcò per il Brasile proprio la vigilia dell'entrata del Junot a Lisbona. Il Portogallo era diviso tra il partito inglese e quello francese, composto di liberali, che accolse favorevolmente il Junot. Ma ben presto, scoppiata in Spagna la rivolta contro Giuseppe Bonaparte, anche il Portogallo settentrionale si ribellò ai Francesi, e l'Inghilterra inviò colà l'esercito di Arturo Wellesley. Inglesi e Portoghesi batterono i Francesi a Roliça e a Vimeiro (17 e 31 agosto 1808), costringendo Junot a ritirarsi, dopo aver firmato la convenzione di Cintra.

Nel febbraio 1809 un nuovo esercito francese, al comando del maresciallo Soult, penetrò in Portogallo da nord, e occupò Oporto. Nel mezzogiorno del paese, intanto, il generale inglese Beresford vi organizzò l'esercito e, insieme col Wellesley, marciò su Oporto costringendo il Soult a ritirarsi in Galizia. Nel 1810 una terza invasione francese, comandata dal Massena, occupò Almeida, ma il Wellesley lo batté il 27 settembre sulle alture del Bussaco; ritiratosi poi sulla linea fortificata di Torres Vedras, per la difesa di Lisbona, gl'inflisse una seconda e decisiva vittoria, costringendolo, nel marzo 1811, a ritirarsi in Spagna.

Rivoluzioni liberali e costituzionali. - Il successore di Maria I, Giovanni VI (1816-1826), continuò a risiedere nel Brasile, innalzato al rango di regno. La reggenza in Portogallo fu dominata dal generale Beresford, la cui prepotenza scontentò il popolo; mentre il sorgere delle idee liberali alimentava il desiderio di ottenere una costituzione. Scopertasi una congiura nel 1817, furono arrestati e giustiziati dodici congiurati, fra cui il generale Gomes Freire, uno dei capi della Legione lusitana che aveva seguito Napoleone nelle campagne di Germania e Russia, e che, a quanto pare, era rimasto estraneo alla cospirazione. Queste esecuzioni esacerbarono ancor più gli animi.

Nell'agosto 1820 scoppiava ad Oporto una rivoluzione liberale e si costituiva una giunta provvisoria per tenere il governo fino al ritorno del re dal Brasile e alla riunione delle Côrtes per promulgare una costituzione. Il movimento, secondato da Lisbona, trionfò (18 settembre); Giovanni VI, tornato dal Brasile, accettò il fatto compiuto e giurò nel 1822 la costituzione preparata dalle Côrtes. Nel frattempo, nel 1821, il Portogallo aveva perduto la sua maggiore colonia, il Brasile, dichiaratosi impero indipendente sotto il primogenito di Giovanni VI, il principe Pietro.

Reazione assolutista. - Intanto il partito assolutista, raccoltosi intorno alla regina Carlotta Gioacchina e al suo secondo figlio, l'infante Michele, si ribellò nel marzo 1823 a Vila Franca, porto di Lisbona, inducendo il re ad abolire la costituzione. Nell'aprile 1824 Michele si ribellò una seconda volta, imprigionando il padre nel palazzo reale; ma le proteste del corpo diplomatico ottennero la libertà di Giovanni VI, e Michele fu costretto ad andare in esilio.

La carta costituzionale. Guerra civile. - Morto Giovanni VI (nel 1826), Pietro, imperatore del Brasile, rinunziò alla corona portoghese in favore di sua figlia Maria, bambina di otto anni, concedette una carta costituzionale e offrì la reggenza a suo fratello Michele a condizione che sposasse la regina (1827). Michele tornò a Lisbona, giurò la costituzione e assunse il governo; ma il 26 febbraio 1828, con un colpo di stato, si fece proclamare monarca assoluto; i liberali si rifugiarono in massa in Francia e in Inghilterra; l'isola Terceira delle Azzorre, rimasta fedele al costituzionalismo, divenne il centro della resistenza liberale; ivi si formò una giunta di governo in nome di Maria II e ivi si recò Pietro, venuto dal Brasile, dove aveva abdicato alla corona imperiale (1831), dopo avere organizzato in Francia e in Inghilterra un esercito di emigrati, cui si accompagnò la spedizione di Belle-Isle. Raccolto un esercito di 7000 uomini, s'imbarcò per il Portogallo e, sbarcato il 13 giugno 1832 a Mindelo, presso Oporto, s'impadronì della città, che fu poi invano assediata dagli assolutisti. In una battaglia navale tra "miguelisti" e "pedristi", presso il capo S. Vincente, la flotta dei primi fu distrutta. Un esercito comandato dal conte di Vila Flor, sbarcato nell'Algarve, mosse su Lisbona, evacuata dai partigiani di Michele, il quale, battuto altre due volte, fu costretto a firmare la convenzione di Évora-Monte e a partire per l'esilio (1833). Il governo di Maria II richiamò in vigore la carta costituzionale e soppresse gli ordini religiosi, confiscandone i beni. Dal 1836 al 1852 si succedettero varie rivoluzioni, in generale pronunciamenti militari, suscitati da generali politicanti: quella del settembre 1836, che ristabilì la costituzione del 1822; quella dei duchi di Terceira e Saldanha, per rimettere la carta di Pietro; quella del 1842, capitanata da Costa Cabral, che abolì la costituzione del 1838 e le sostituì la carta; la rivolta popolare di Maria da Fonte, nel 1846, contro il dispotismo del ministero Costa Cabral; quella del maresciallo Saldanha, nel 1851, ancora contro Costa Cabral.

La rotazione dei partiti costituzionali. - Il regno di Pietro V (1853-1861) fu un periodo di pacificazioni, di miglioramenti dei servizî pubblici, di progressi nell'istruzione. Fu concluso un concordato con la Santa Sede per il patronato portoghese dell'Oriente (1857), questione poi definitivamente regolata nel 1886. La pace e il progresso durarono anche sotto il regno di Luigi I (1861-1889). Il re governava costituzionalmente e due partiti si avvicendavano al potere; fu soppresso il regime del maggiorascato (1863), si pubblicarono il codice civile (1867) e un atto addizionale alla carta (1885), furono abolite le pene di morte e di lavori forzati nel territorio del regno (1867) nonché la schiavitù in tutti i territorî portoghesi.

La decadenza del costituzionalismo si manifestò sotto Carlo I (1889-1908): per molto tempo prevalse l'avvicendamento (rotativismo) di due partiti al potere, ma il partito repubblicano andò guadagnando le città, e specialmente Lisbona e Oporto.

Decadenza e caduta del costituzionalismo. - Una delle cause dei progressi del partito repubblicano fu l'ultimatum inglese del 1890, provocato dalla rivolta degl'indigeni dei territorî del Chire e del Niassa nell'Africa orientale, la quale, appoggiata dai missionarî inglesi colà stabiliti, era stata severamente repressa dall'esploratore maggiore Serpa Pinto, il quale aveva rialzato in quelle regioni la bandiera portoghese. L'Inghilterra sostenne trattarsi di territorio sotto protettorato inglese e intimò il ritiro delle truppe portoghesi dal Chire. Avendo il governo accettato l'ultimatum, un'ondata di indignazione si sparse per tutto il paese, raggiungendo la monarchia. Il partito "progressista", che era al governo, fu sostituito dal partito "rigeneratore", il quale tuttavia si limitò a reprimere i tumulti che si produssero, dei quali il più notevole fu la rivolta repubblicana ad Oporto (31 gennaio 1891). La rotazione dei partiti continuò.

Per qualche tempo (1903-1905) Carlo I riuscì a crearsi amicizie tra le potenze estere: l'alleanza con l'Inghilterra fu rinnovata, il Portogallo ricevette le visite dei re d'Inghilterra e di Spagna, dell'imperatore di Germania e del presidente della repubblica francese. Il re svolse una politica personale, trovando l'uomo adatto in João Franco, capo del nuovo partito "rigeneratore liberale". Si scatenò una lotta asprissima da parte degli antichi partiti contro il re e contro il Franco, il quale sciolse il parlamento e governò dittatoriamente. La questione degli assegni alla famiglia reale, risolta dal Franco in senso favorevole al re, costituì il motivo principale della campagna intrapresa dai repubblicani. Carlo I firmò un decreto per la deportazione a Timor dei capi repubblicani: il giorno seguente (1° febbraio 1908) la vettura reale, tornando al palazzo da Vila Viçosa, fu fatta segno a colpi di pistola e il re e il principe ereditario, Luigi Filippo, caddero uccisi. Salì al trono il secondogenito Manuel II. Ma la disorganizzazione dei partiti dinastici e la crescente propaganda repubblicana condussero, dopo due anni appena, a un cambiamento di regime.

La repubblica. - Il 4 ottobre 1910 scoppiò a Lisbona una rivoluzione, alla quale parteciparono l'esercito e la marina. Il 5 fu proclamata la repubblica, e la famiglia reale, rifugiatasi a Cintra, s'imbarcò per Gibilterra. La costituzione del 1911 istituì il sistema parlamentare con due camere, senato e dei deputati, e vennero compiute varie riforme legislative, quali il registro obbligatorio dello stato civile, il divorzio, la separazione della Chiesa dallo Stato, la legge sugl'infortunî del lavoro, le assicurazioni sociali obbligatorie, l'insegnamento elementare superiore, la creazione delle università di Lisbona e Oporto, l'autonomia amministrativa delle colonie. Il partito repubblicano si divise ben presto, ma, accanto ad alcune frazioni minuscole, sussiste un vasto partito, il democratico, che detiene quasi sempre il potere: i partiti minori tentano di strapparglielo mediante frequenti atti rivoluzionarî. Il ministro democratico Alfonso Costa aveva raggiunto il pareggio del bilancio, quando scoppiò la guerra mondiale. La repubblica, che aveva rinnovato l'alleanza con l'Inghilterra, si schierò a fianco dell'Intesa, durante la presidenza di Bernardino Machado, e truppe portoghesi combatterono nelle Fiandre e in Africa fino all'armistizio del 1918. Vi era tuttavia un partito contrario alla guerra, il quale rovesciò il partito democratico con la rivoluzione del 5 dicembre 1917, dando il potere a Sidonio Pais, già ministro in Germania, che con plebiscito fu eletto presidente della repubblica. Tuttavia il corpo di spedizione in Francia continuò a combattere. Sidonio Pais cadde vittima di un attentato nel dicembre 1918; l'anno seguente una rivoluzione monarchica scoppiata ad Oporto ebbe il predominio nel settentrione del paese e fu assecondata anche a Lisbona da una parte dell'esercito. Ma il popolo e la marina sconfissero i monarchici e, pochi giorni dopo, le truppe repubblicane ristabilivano il regime in tutto il paese. Il 19 ottobre 1921 una rivoluzione radicale rovesciò un ministero della destra repubblicana: perirono assassinati il presidente del consiglio Antonio Granjo e Machado Santos, uno dei fondatori della repubblica.

Nel 1926 una reazione contro il parlamentarismo e contro il partito democratico condusse alla dittatura militare. Nel 1928 Oliveira Salazar, ministro delle Finanze della dittatura, inaugurò una politica di rigide economie, raggiungendo il pareggio e compiendo migliorie nei servizî pubblici.

Personaggio prevalente nella dittatura, il Salazar nel 1932 assunse la presidenza del ministero e riorganizzò anche la marina; nel 1933 presentò al paese una nuova costituzione, ponendo le basi dello stato corporativo.

Lingua.

La lingua portoghese appartiene alla famiglia delle lingue neolatine; è dunque un'evoluzione del latino comune portato dai Romani in Lusitania.

Il portoghese è parlato in Portogallo, in qualche punto della Spagna presso la frontiera portoghese, negli arcipelaghi delle Azzorre e di Madera (politicamente appartenenti alla repubblica portoghese), nel Brasile, e infine, più o meno modificato, in numerose varietà creole, in parecchi punti dell'Africa e dell'Asia.

Distinguiamo nella storia della lingua portoghese due periodi: 1. il periodo arcaico, dal secolo XII (secondo qualche autore dal sec. IX) fino alla metà del sec. XVI; 2. il periodo moderno, dalla metà del sec. XVI ad oggi.

Il portoghese arcaico, prescindendo da alcune particolarità dialettali, è intimamente connesso con il gallego, ossia con l'idioma della Galizia (cfr. XVI, p. 279), che dagli autori italiani è spesso chiamato "galiziano", termine però che produce qualche confusione. Questo periodo, che comprende le prime fasi delle due varietàneolotane intimamente connesse fra loro: portoghese e gallego, si chiama generalmente periodo gallego-portoghese. Questo gallego-portoghese si venne formando nella Lusitania settentrionale. La parte meridionale della Lusitania era occupata dagli Arabi, dal sec. VIII al sec. XIII, ma in essa, secondo J. Leite de Vasconcellos, si era formata, o per lo meno si stava formando, una varietà neolatina che non sappiamo quanto fosse simile al portoghese; e che si è certamente mantenuta durante il dominio arabo. Dopo le conquiste di Alfonso Henriques (dalla metà del secolo XII in poi), il portoghese arcaico formatosi nel nord si propagò anche al sud e si fuse con l'idioma neolatino del sud, di cui però restano tracce sia nell'onomastica dell'Estremadura, Alemtejo e Algarve, sia nei dialetti di queste regioni. Tracce di questo neolatino della Lusitania meridionale, che il Leite de Vasconcellos ha chiamato "romanço moçarábico", sarebbero, secondo il medesimo studioso, i nomi di luogo Defesa (nel nord solo Devesa, cfr. spagn. Dehesa, gal. Debesa), Cacela, Castro-Verde, Fontanas (per via del mantenimento di -n- intervocalico, cfr. invece lana >), ecc. Cfr. Leite de Vasconcellos, Revista Lusitana, XI, p. 354 ( = Opuscolos, IV, Coimbra 1929, pp. 799-800); Arch. Glott. Italiano, XXI, sez. neol., pp. 114, 118 (per Fontanas).

Prescindendo dunque da questo supposto "romanço moçarábico", dobbiamo considerare come base del portoghese letterario odierno il neolatino formatosi nella Lusitania settentrionale e che i linguisti chiamano gallego-portoghese, mentre i contemporanei chiamavano, anche qua come in altri paesi di lingua romanza, semplicemente romanço, cioè romanzo.

Per i documenti più antichi della lingua portoghese (i canzonieri da Ajuda, della Vaticana, Colocci-Brancuti, ecc.), v. appresso: Letteratura.

Vediamo brevemente alcune fra le più caratteristiche particolarità fonetiche della lingua portoghese.

Nel vocalismo tonico sono caratteristiche le modificazioni delle vocali per influsso d'una nasale, per es., manu > mão, e le modificazioni dovute alle semivocali i, u (in generale risolventisi in anticipazioni), per es., area > eira; rabia > raiva; materia > madeira; ecclesia > eigreija (arc.), igreja; habui > houve; sapui > souve. Notevole la metafonesi di e, o toniche in voci parossitone: e ed o sono chiuse (e nella coniugazione anche trasformate in i, u), se nella sillaba finale si trova una vocale scura, aperte se si trova una vocale chiara. Questi spostamenti metafonetici non appaiono in generale dalla grafia, ma hanno una grandissima importanza teorica e pratica. Per esempio, cevo (= sé???vu) "pastura", ma ceva (= sévÎ) "nutrimento"; dobro (= dî???bru) "doppio", ma dobra (= dó???brÎ) "piega"; morto (mó???&mis5;ytu), ma morta (mó???&mis5;ytÎ) "morto", -a", como (= kó???mu) "io mangio", ma come (kó???mÄ) "mangiai", ecc. Casi più antichi sono quelli dovuti alla metafonesi di e ed o per influsso di qualsiasi iod seguente, come vindima "vendemia" (cfr. sp. vendimia), ecc. Cfr. A. A. Cavacas, A lingua portuguesa e sua Metafonia (Coimbra 1921), che vale tuttavia soltanto come raccolta di fatti.

Notevolissimi sono anche i mutamenti dovuti all'apofonia, che in portoghese non è solo quantitativa come in italiano, ma anche e precipuamente qualitativa.

Agli effetti dell'apofonia le vocali portoghesi possono essere divise in due grandi gruppi: 1. forti o piene; 2. deboli.

In generale le vocali forti o piene stanno nella sillaba tonica, le deboli nelle atone; α, u, i fanno parte di ambedue i gruppi, possono quindi stare tanto nelle toniche quanto nelle atone. Ora, quando l'accento che cade su una sillaba avente una vocale piena si sposta, in luogo di detta vocale piena si deve venire a trovare la vocale debole corrispondente (giacché la vocale piena, se non è α, u, i, non può, di regola, trovarsi in sillaba atona); quando per converso una vocale debole di sillaba atona per un mutamento di accento (dovuto alla coniugazione, alla derivazione, ecc.) viene a trovarsi nella sillaba tonica, essa viene sostituita dalla vocale piena corrispondente.

Citiamo qualche esempio per illustrare le corrispondenze principali tra le vocali in sillaba tonica e le vocali in sillaba atona: porta (pronunzia: pó???&mis5;ztÎ), ma portão (pronunzia pu&mis5;ztãu̯); viola (vi̯ó???lÎ), ma violêta (vi̯ulé???tÎ); belo (bs̄lu), ma belêza (bəlé???zÎ); festa (fs̄štÎ) ma festinha (f&mis5;*štiñÎ), ecc. Nella pronuncia di Lisbona si ha anche l'alternanza &mis5;w ~ i per es., lenha (lÎñÎ), lenheiro (l&mis5;*ñÎi̯&mis5;zu), ma la pronuncia con a di voci come lenha, igreja, ecc. (e cioé dinanzi a nh, lh, x, ch, j) è propria solo di Lisbona e di un piccolo territorio fra Lisbona e Coimbra.

Caratteristico del portoghese è il passaggio del dittongo latino au in ou che, nella lingua moderna, alterna con oi: per es., tauru > touro, toiro; auru > ouro, oiro.

Nel consonantismo noteremo la presenza della lenizione (in portoghese abrandamento) delle sorde intervocaliche, per es., lacu > lago; aquila > águia; acutu > agudo; sapere > saber, ecc.

Fra le consonanti intervocaliche -d- ed -l- cadono; per es., fide > fee >; teda > teia; pelagu > pego; dolore > dôr, ecc.; e -n- nasalizza la vocale precedente e in certi casi scompare (luna > lũa > lua); anche -g- medio intervocalico cade sovente, specialmente se seguito da e, o i, per es., plaga > praia; legere > ler; legitimu > lidimo, ecc.

Nei trattamenti dei gruppi di consonanti sono specialmente caratteristici:

pl > ch (= š), p. es., plus > chus (arc.); plorare > chorar (= šu&mis5;zá&mis5;z).

-pl- > lh (come gli ital.), per es., *manup'lu > mólho (ma mpl > ch, per es., implēre > encher).

fl- > ch: flamma > chama; inflare > inchar.

cl- iniziale > ch, per es., clave > chave;

-cl- intervocalico > lh, per es., oc'lu > olho.

Importante, ma non diffusa a tutti i casi, la vocalizzazione di l dinnanzi a consonante; per es., falce > foice; saltu > souto, multu > muito, ecc., accanto a: albu > alvo; cal'du > caldo, ecc.

È infine notevole nel portoghese lo sviluppo della fonetica sintattica. Basti accennare qualche esempio; b, d, g diventano fricative, quando sono precedute da vocale o da fricativa; così il portoghese dice boi (bó??? i̯) per "bue" isolato, ma pronuncia u-???bói̯ per o boi, perché precede l'articolo determinativo o.

Un altro esempio caratteristico è dato dalla pronunzia di -s finale. La pronunzia portoghese comune in uscita assoluta è š. Ma se seguono altre parole, subentrano i casi di fonetica sintattica, per cui ogni š diviene z dinnanzi a una vocale e ž dinnanzi a una consonante sonora; resta š solo dinnanzi a una consonante sorda. Così, per es.:

os pais si pronunzia uš pái̯š (perché p è una sorda);

as adegas si pronunzia &mis5;wz ẽßs̄g&mis5;wš (perché la voce comincia per vocale);

os bois si pronunzia už ???bó???âš (perché b è una sonora).

La fonetica sintattica è una delle difficoltà maggiori per l'apprendimento del portoghese.

Fra le caratteristiche morfologiche del portoghese, pochissime meritano di essere segnalate; il mantenimento del piuccheperfetto indicativo latino (per es., falara, falaras, falara, ecc.) è una caratteristica di fronte all'italiano letterario, ma è comune allo spagnolo e al provenzale. Specialità del portoghese è invece la distinzione fra infinito personale e impersonale; il primo è coniugato come una forma verbale qualsiasi, il secondo è invariabile. L'infinito personale corrisponde quasi sempre a delle proposizioni che contengono un verbo finito delle altre lingue; per es., êle diz sermos pobres "egli dice che noi siamo poveri". La differenza fra l'uso dell'infinito impersonale e personale appare chiaramente dal seguente esempio: é uma vergonha não saber ler (infinito impersonale) "è una vergogna non saper leggere"; é uma vergonha não sabermos ler" "è una vergogna che noi non sappiamo leggere" (cfr. Carolina Michaelis de Vasconcellos, Der portugiesische Infinitiv, in Romanische Forschungen, VII, 1891, pp. 47-122).

Quanto al lessico è naturale che la principale fonte sia, come per le altre lingue romanze, il latino comune. I relitti del substrato iberico sono comuni agl'idiomi della Penisola Iberica e, del resto, scarsissimi e mal sicuri. L'influsso germanico è specialmente rilevante nell'onomastica. Come nello spagnolo, se pure qui in proporzione leggermente minore, è notevolissimo l'influsso arabo: basti qualche esempio: aldeida (sp. aldea) "villaggio" ⟨ ar. al-ḍai ah; adarga "scudo" (sp. =) ⟨ ar. ad-daraqah.

Vi sono poi nel lessico portoghese numerosi elementi italiani (alcuni abbastanza antichi, entrati all'epoca di Sá de Miranda e della scuola italianista, v. appresso, Letteratura), francesi, spagnoli, ecc.

Ma un nucleo di elementi molto importante è quello formato dalle parole esotiche di lingue africane e asiatiche (in minore numero americane) che i Portoghesi hanno appreso durante le loro colonizzazioni di lontane regioni, molte di queste parole sono poi, attraverso il portoghese, entrate a fare parte della cultura europea, molte altre sono rimaste confinate nel Portogallo (cfr. R. Dalgado, Glossario luso-asiatico, Coimbra 1919-21). I cinquecentisti e secentisti italiani hanno usato molte di tali voci, e specialmente quelli che hanno avuto diretti rapporti col Portogallo, come il Sassetti o gli scrittori di viaggi, come i due Pigafetta, ecc. (cfr. C. Tagliavini, in Anuari de l'Oficina Romanica, VI, 1933, pp. 113 segg.). D'altro canto i Portoghesi hanno portato in Oriente molte parole loro che sono passate in varî idiomi asiatici (cfr. R. Dalgado, Influência do vocabulario português em linguas asiáticas, Coimbra 1923).

Il portoghese, parlato su un territorio molto vasto in quattro parti del mondo, ha, naturalmente, parecchie varietà dialettali. Nella classificazione di queste varietà seguiremo, generalmente, il Leite de Vasconcellos. Egli distingue dapprima due sezioni: 1. portoghese propriamente detto; 2. co-dialetti portoghesi.

Il portoghese propriamente detto è diviso a sua volta in quattro grandi gruppi: a) dialetti continentali; b) dialetti insulari; c) dialetti d'oltremare; d) dialetti degli Ebrei. I co-dialetti portoghesi sono distinti in quattro gruppi: I. gallego; II. riodonorese; III. guadramilese e IV. mirandese.

Nel gruppo dei dialetti continentali, parlati nel Portogallo vero e proprio, distinguiamo 4 sottogruppi di dialetti:

1. dialetto interamnense o della provincia di Entre Douro e Minho (che comprende le varietà alto-minhoto, baixo-minhoto, e baixo-duriense) è parlato nei distretti di Vianna, Braga e Oporto e si stende, per lo meno per alcuni fenomeni, fino ai concelhos di Sinfães e Resende nel distretto di Viseu.

In questo dialetto troviamo -õu ⟨ -one, per es., melõu "melone" (lett. melão), cfr. il port. arc. -om. Nella 2ª persona plur. del presente indicativo abbiamo nella 1ª con. -aides, per es., andaides (lett. -ais, ma cfr. arc. -ades); nella 2ª con. -endes (per analogia di tendes) o -eides, per es., correndes. I dialetti della regione del Minho hanno alcune altre caratteristiche in comune; nell'alto minhoto si trova la terminazione arcaica - -ene (port. lett. -em, pron. -&mis5;w&mis5;*), per es., , che si ravvicina al gallego (cfr. Leite de Vaseoncellos, Opuscolos, Coimbra 1928, II, Dialecto interam nense).

2. il dialetto trasmontano o della regione di Traz os Montes, che si suddivide in: a) raiano o della frontiera, al quale si riunisce la varietà di Ermisende in Spagna; b) alto-duriense o dell'Alto Douro; c) occidentale e centrale.

Nel subdialetto raiano troviamo la terminazione arcaica -ã ⟨ -ant, per es., stábã ⟨ stabant; i preteriti forti houbo, quijo, tebo, ecc., in -o (come in spagnolo); troviamo nei dialetti di questa regione anche il dittongo öu e la persistenza di parecchie forme arcaiche (frol per flor, ecc.).

3. il dialetto beirão parlato nella Beira Alta (alto-barão) e nella Beira Bassa (baixo-beirão) nonché nei distretti di Coimbra e di Aveiro (subdialetto occidentale) e cioè nella Beira Litoranea.

Nel haixo-beirão abbiamo ô (chiuso) oppure ö (od öu) per ou; é per ou; é per á (per es., kéma per cama); ê per eu, ecc.

4. il dialetto meridionale che si suddivide in: a) estremenho o dell'Estremadura; b) alemtejano o dell'Alemtejo (a cui si riunisce la varietà di Olivença in Spagna); c) l'algarvio o dell'Algarve.

Caratteristica è la sostituzîone delle fricative sorde alle fricative sonore, la distinzione di v e b (che altrove si fondono) e di ch e x. Si nota anche la tendenza all'eliminazione dei dittonghi.

Lisbona ha un dialetto leggermente misto, a causa dell'urbanesimo e della tendenza livellatrice esercitata dalle classi superiori.

Nei dialetti insulari distinguiamo:

1. dialetto delle Azzorre, parlato nell'arcipelago omonimo; fra le particolarità di questo dialetto noteremo: ü (come u francese) per u; ö per ou; u per o (per es., flur = flor); -ã per -ão (per es. = mão); ecc.

2. dialetto di Madera, nel quale notiamo u per o, come alle Azzorre, uno speciale i che il Gonçalves Vianna compara all'y polacco, e un suono intermedio tra lh e l.

I dialetti insulari e specialmente quelli delle Azzorre dimostrano di provenire dal Portogallo meridionale.

Fra i dialetti d'oltremare distinguiamo, scostandoci lievemente dalla classificazione del Leite de Vasconcellos, dapprima quelli non creoli, poi i creoli. Unico rappresentante del portoghese d'oltremare i10n creolo è il portoghese del Brasile, il quale, se pure come lingua ufficiale e culturale tende ad essere identico al portoghese letterario, sulla bocca del popolo assume peculiarità caratteristiche. Queste peculiarità sono state rapidamente esaminate all'articolo brasile: Lingua.

Tutte le altre varietà d'oltremare sono creole o creolizzanti:

1. l'indo-portoghese parlato nelle poche oasi ancora politicamente portoghesi (Goa, Damão, Diu), in qualche punto dei possedimenti britannici e francesi e nell'isola di Ceylon, che fu altra volta, e per lungo tempo, in possesso portoghese.

2. il sino-portoghese parlato a Macao (macaista).

3. il maleo-portoghese di Giava e di Malacca.

4. il negro-portoghese con parecchie varietà. Per una classificazione più precisa di tutte le varietà creolo-portoghesi con relativa bibliografia, v. creole, lingue.

Verrebbe infine il portoghese degli Ebrei, ma questo è quasi Completamente spento. In un manoscritto del sec. XVIII si dice che gli Ebrei di Olanda e di Livorno parlavano tutti portoghese (cfr. Revista Lusitana, IV, 124). Ora è certo che per quanto si riferisce a Livorno, il portoghese al pari dello spagnolo si è presto estinto ed è stato sostituito in tutto dall'italiano. In Olanda (specialmente ad Amsterdam), ad Amburgo e in Baviera il portoghese si è conservato un po' più lungamente nell'ambiente giudaico sefardita, ma oggi non restano che i nomi di famiglia e poche parole, quasi gergali.

Quanto a quelle varietà che il Leite de Vasconcellos chiama co-dialetti, crediamo non dovere troppo insistere. Il primo è il gallego che, come si è detto, è molto affine al portoghese, sì da formare nel periodo arcaico un'unità gallego-portoghese. Nella sua fase arcaica, la lingua usata dai trovatori galiziani, che poetarono nelle corti dei re portoghesi, si distingue dal portoghese d'allora appena per alcuni galleghismi, come per es. il preterito in -o (quiso, fezo), i quali furono poi imitati anche dai trovatori portoghesi; così, per es., il Cancioneiro di Dom Denis è linguisticamente similissimo alle Cantigas di suo nonno Alfonso X il Savio.

Il riodonorese o rionorese è parlato nel piccolo villaggio di Riodonor nel concelho di Bragança e il guadramilese è parlato nel villaggio di Guadramil nello stesso concelho di Bragança (provincia portoghese del Traz os Montes, vicino alla frontiera spagnola).

Si tratta di due varietà di transizione, che hanno alcune caratteristiche in comune col portoghese, col gallego e con lo spagnolo; troviamo, per es., delle vocali nasali come in portoghese; il nesso ct diviene it come in portoghese, ma a lh portoghese corrisponde y, come nell'asturiano -leonese (per es. ureya ⟨ auric'la); l intervocalico resta come in spagnolo, ecc.

Il mirandese, parlato nella Terra de Miranda (Traz os Montes), è considerato dal Leite de Vasconcellos, autore d'un poderoso lavoro su questa varietà, come un co-dialetto portoghese; però già nel 1882 lo stesso studioso in un articolo (riprodotto in Opuscolos, IV, Coimbra 1929, p. 679 segg.) riconosceva che "oltre le ragioni date, puramente linguistiche, ne esistono altre, di ordine storico, che mostrano esser molto naturale che il dialetto mirandese appartenga al dominio spagnolo, come prossimo al leonese". E nei suoi Estudos de Philologia Mirandesa (Lisbona 1901, II, p. 73), riconosceva che il mirandese non è una variante del portoghese.

Differenze fondamentali passano fra il mirandese e il portoghese nella fonetica (il trattamento dell'e ed o brevi del latino, di n e l intervocalici, ecc.), nella morfologia e nel lessico.

Ma non è neppure del tutto esatto seguire i linguisti spagnoli, che considerano il mirandese come una pura e semplice varietà dialettale del leonese (v. Menéndez Pidal, El Dialecto Leonés, Madrid 1906).

Il dialetto di Miranda, come quelli di altre varietà di frontiera, segna un trapasso fra il leonese e il portoghese.

Bibl.: Fra le grammatiche pratiche del portoghese la più raccomandabile è Josef Dunn, A grammar of the Portuguese Language, Washington 1928, più semplice, ma su base scientifica, C. Tagliavini, Grammatica elementare della lingua portoghese, Heidelberg 1935.

Fra le grammatiche portoghesi uscite in Portogallo merita speciale considerazione la Grammatica portuguesa elementar di A. Epiphanio da Silva Dias, Lisbona 1884 (e molte edizioni posteriori). Conserva ancora il suo valore, E. Monaci e F. D'Ovidio, Manualetti d'introduzione agli studi neolatini per uso degli alunni delle facoltà di lettere, II, Portoghese (e Gallego), Imola 1881. Fra le grammatiche storiche, omettendo gli studî ormai invecchiati, di F. A. Coelho, sono da consultarsi: J. Cornu, Die portugiesische Sprache, in Grundriss der romanischen, Philologie di G. Gröber, I, 2ª ed., Strasburgo 1904-06, pp. 916-1037; J. J. Nunes, Compêndio de gramática histórica da lingua portuguesa (Fonética e Morfologia), 2ª ed., Lisbona 1930.

Fra i dizionarî il più raccomandabile è il Novo diccionario da lingua portuguesa di C. de Figueiredo, Lisbona 1925. Come dizionario etimologico è utile il recente Diccionário etimológico da lingua portuguesa di A. Nascentes, Rio de Janeiro 1932.

Per il portoghese arcaico, cfr. J. Huber, Altportugiesisches Elementarbuch, Heidelberg 1933; J. J. Nunes, Crestomatia arcaica, 2ª ed., Lisbona 1921; J. Leite de Vasconcellos, Textos arcaicos, 3ª ed., Lisbona 1923.

Per la fonetica descrittiva, cfr. A. Dos Reis Gonçalves Vianna, Essai de phonétique et de phonologie de la langue portugaise d'après le dialecte actuel de Lisbonne, in Romania, XII (1883) e Portugais: phonétique et phonologie, morphologie, textes, Lipsia 1903. Per la sintassi storica, cfr. A. Epiphanio da Silva Dias, Sintaxe historica portuguesa, 2ª ed., Lisbona 1932. Come opere generali, si tengano presenti: J. Leite de Vasconcellos, Lições de filologia portuguesa, 2ª ed., Lisbona 1926 (ottimo manuale, bibl.); id., Opusculos, Coimbra 1928 segg. (raccolta di scritti di filologia e dialettologia dell'insigne linguistica portoghese); id., Esquisse d'une dialectologie portugaise, Parigi-Lisbona 1901.

La più antica rivista dedicata a studî di filologia portoghese è la Revista Lusitana, Lisbona 1889 segg.

Letteratura.

Fra le letterature create da piccoli popoli, la portoghese è una di quelle che rivestono forti valori umani, perché riflette una storia nazionale di grande interesse drammatico: la persistenza, cioè, d'una piccola nazione, che ha tenacemente resistito all'accerchiamento iberico e che, durante i secoli XV e XVI, ha disimpegnato un'azione di prim'ordine nell'esplorazione e nella conoscenza della terra.

Al contrario della letteratura spagnola, che apre la sua tradizione con un poema epico (Mio Cid), la letteratura portoghese s'inizia con una fioritura lirica, quella compresa nei suoi grandi canzonieri provenzaleggianti, il cui componimento più antico sembra potersi riconoscere in una poesia di Paio Soares de Taveiros (n. 38 del Cancioneiro da Ajuda) a Donna Maria Paes Ribeiro, favorita di Sancio I, secondo re del Portogallo, alla quale sotto il nome di Ribeirinha si riferiscono molti romances e narrazioni storiche. È evidente che molto prima del sec. XII risalgono alcuni documenti del volgare portoghese, ma privi di valore letterario; già nel sec. IX, molto prima della formazione nazionale che nasce di fatto nel 1128 e di diritto nel 1143, appaiono parole portoghesi in testi latini.

La storia della letteratura portoghese, dalle sue origini all'età contemporanea, si può così distinguere e caratterizzare: 1. Età medievale (1189-1502), dal più antico monumento databile, la citata poesia di Paio Soares de Taveiros, fino al Monologo do Vaqueiro di Gil Vicente, che inizia nel Portogallo e nella letteratura del Rinascimento il teatro poetico, l'auto, creazione tipica della Penisola Iberica. Nel periodo medievale si possono delimitare due epoche: la prima (1189-1434), dalle origini della lirica alla creazione della prosa letteraria, per opera soprattutto di Fernão Lopes, primo cronista maggiore del regno; la seconda (1434-1502) che rappresenta lo sviluppo di questa prosa letteraria e la liberazione della lirica dall'imitazione provenzale. - 2. Età classica (1502-1825): da Gil Vicente ad Almeida Garrett, introduttore del gusto romantico con il suo poema Camões. In essa è facile individuare alcuni periodi: il primo (1502-1580), da Gil Vicente alla morte del Camões, che coincide con la prima penetrazione castigliana; il secondo (1580-1756), dalla morte del Camões alla riforma operata dall'Arcadia Lusitana, l'epoca cioè della maggiore penetrazione di elementi culturali spagnoli (profetismo "sebastianista", gongorismo, misticismo, ecc.); il terzo (1756-1825), dall'Arcadia Lusitana, che intese affrancare il Portogallo dall'influenza spagnola, fino al neoclassicismo francese e al primo tipo romantico del Garrett. - 3. Età romantica (dal 1825 ad oggi), anch'essa caratterizzata da tre epoche: la prima (1825-1865), di tono essenzialmente romantico; la seconda (1865-1900), col predominio del realismo; la terza, successiva alla morte di Eça de Queiroz, il romanziere più rappresentativo del gusto realistico, coincide con il sorgere d'una letteratura nazionalista, simbolista e tradizionalista, e con la tendenza moderna verso un'estetica critica e cosmopolita, che si manifesta soprattutto con la decadenza del lirismo e il diffondersi del saggio critico.

Caratteri generali. - Non è difficile rilevare nella letteratura portoghese, attraverso la sua storia di otto secoli, alcuni caratteri essenziali: 1. Predominio del lirismo, inteso questo come preferenza per la vita amorosa e per i problemi passionali e personali dell'artista. Questo lirismo, che nasce subito nel sec. XII, con accenti che mai si estingueranno, accompagna la storia letteraria portoghese, fino alla decadenza durante il sec. XVII, e invade i generi letterarî più varî, anche quelli apparentemente lontani dalla poesia propriamente lirica, come l'epopea, il teatro, il romanzo, la mistica e finanche l'atteggiamento filosofico. - 2. Ma, sebbene il soggettivismo lirico sia la veste comune che avvolge quasi tutta la letteratura portoghese, tuttavia ciò che le conferisce un interesse più largamente umano è la presenza d'un ciclo d'opere e di motivi letterarî suscitati dall'attività marinara, esploratrice e colonizzatrice, poiché questa costituisce l'espressione dell'esperienza più originale e più universale che si riscontri nella storia nazionale del Portogallo: il periplo dell'Africa, la scoperta delle isole atlantiche e della via marittima per l'India e l'Estremo Oriente, i viaggi per l'Occidente, le esplorazioni terrestri e la circumnavigazione. Per questi motivi sarà necessario rivalutare la visione del Cinquecento portoghese, che è appunto l'epoca in cui fiorisce questo ciclo geografico. Lontano dai focolai culturali, senza cooperare all'attività intellettuale con molto rilievo, ma sentendo e attuando uno dei più tipici imperativi dello spirito del Rinascimento, che era la conoscenza geografica, il Portogallo, poco italianizzante, ma molto navigatore, ebbe un Cinquecento di duplice carattere: espressione di vita intensa e originale, che mai arrivò ad essere vera e propria letteratura (storiografia coloniale, peripli marittimi, relazioni di naufragi, itinerarî di viaggi terrestri, esotismi africani, asiatici e americani, etnografie embrionali, ecc.) e, d'altro canto, letteratura d'imitazione, che non arrivò mai ad essere vita (epopea, sonetti, egloghe, canzoni, commedie classiche, poesia pastorale, italianismi, ecc.). Conseguenza immediata di questa visione del Cinquecento è che passano in secondo piano i poeti che imitano, direttamente e indirettamente, Omero, Orazio, Virgilio, Dante e Petrarca, e passano invece al primo piano gli autoriu dei generi derivati dai viaggi marittimi e terrestri, dalle conquiste, da questo spirito di conoscenza geografica. Gil Vicente e Camões, l'uno nel teatro e l'altro nell'epica, sono genî che sintetizzano lo spirito nazionale della loro nazione e le nuove aspirazioni dell'anima universale, specialmente il secondo che nei Lusiadas idealizzò la vittoria dell'uomo sulla natura, trovando la vita concreta dell'esplorazione geografica e quella compiuta espressione artistica che ambiva il Rinascimento. - 3. Dall'influenza immediata dei Lusiadas (1572) proviene il gusto epico, la nostalgia megalomane dello spirito portoghese; e questo spirito epico non si documenta soltanto nelle varie dozzine di poemi eroici dal sec. XVI al XIX, ma comunica il suo tono magniloquente e iperbolico a molti altri generi e converge nel tipo del memoriale storico, cioè nella predilezione a ricordare le grandezze del passato. Questa cronistoria traduce l'acuto dramma della coscienza nazionale: grande audacia di concezione e limitata capacità di esecuzione, come avviene appunto delle grandi opere incompiute della letteratura storica, quelle di F. Bernardo de Brito (1569-1617) e dei suoi successori, di João de Barros, Faria e Sousa (1590-1649), Herculano, Oliveira Martins, Pinheiro Chagas e Theophilo Braga. - 4. Senza forte impulso per la lotta psicologica, per il dramma, dapprima contemplativo e curioso di sé medesimo, lo spirito portoghese crea una lirica profonda, ma non sa creare una drammatica potente. Il teatro portoghese è scarso, prescindendo dal principale dei drammaturghi primitivi della Penisola Iberica, Gil Vicente, che creò una forma drammatica nuova e tipica dei paesi spagnoli. Ma in questo commediografo primitivo è implicito anche un grande poeta lirico: e di lirismo sono impregnate tutte quelle opere di valore che rappresentano tentativi di restaurazione drammatica: Castro (1550) di Antonio Ferreira; Lycore di Quita (1728-1770); Assemblea ou partida di Garção; Um auto de Gil Vicente (1837) e Frei Luiz de Sousa (1844) di Garrett; A morgadinha de Valflor (1869) di Pinheiro Chagas; Os velhos (1893) di João da Camara; Leonor Telles (1889) di Marcellino Mesquita; A ceia dos cardeaes (1902) di Julio Dantas. - 5. L'attività filosofica e critica, intesa come interpretazione dei grandi problemi della coscienza e organizzazione delle idee generali, non è propria del clima portoghese. L'ipercritica, lo spirito demolitore, gli atteggiamenti militanti sono invero forme sterili della vita portoghese; ma la meditazione propriamente filosofica non è del gusto e della tradizione portoghese. Non esiste pertanto una filosofia, all'infuori di particolari contributi alla filosofia iberica. Naturalmente i movimenti generali delle idee hanno sempre i loro riflessi nell'anima portoghese, ma i momenti più importanti della sua irrequietezza originale si possono ridurre ai seguenti: la sintesi didattica di Pedro Julião o Pedro Hispano, papa sotto il nome di Giovanni XXI, le cui Summulae logicales eserciteranno una larga influenza; la schietta difesa di Aristotele fatta da Antonio de Gouvêa (1565-1628), a Parigi, nella famosa polemica con Pierre de la Ramée; il programma di scetticismo critico di Francisco Sanches, Quod nihil scitur (1581); la dialettica dell'amore platonico, Dialogos do amor (1535), di Leone Ebreo; i commentarî ad Aristotele di Pedro de Fonseca e i suoi collaboratori della "Philosophia conimbricense", ultimi difensori della scolastica; e finalmente, di tutta la filosofia del sec. XIX, gli ammirevoli saggi di Anthero de Quental, che interpretò lucidamente tutte le idee del suo tempo e arrivò a formulare una sua filosofia. - 6. Il grande dislivello intellettuale della popolazione portoghese e l'estremo soggettivismo degli autori hanno creato nella letteratura un ambiente di difficoltà, specie per la diffusione. L'arte letteraria portoghese è stata sempre estranea al grosso pubblico, come espressione esoterica d'un'aristocrazia. - 7. La debolezza del pensiero critico e filosofico determina un certo misticismo di pensiero e di sentimento, cioè è tramite dell'alogico, dell'istintivo, del fatalismo, della tendenza vaga e irrazionale. Il profetismo "sebastianista" (così detto perché si forma alla morte di don Sebastiano, scomparso misteriosamente nel 1578 nella battaglia di Alcázar quebir); il "miguelismo" del sec. XIX, sorto intorno all'infante Michele, rappresentante dell'assolutismo politico; il recente "integralismo" e l'incerto nazionalismo sono forme diverse d'una stessa malattia tradizionale. - 8. Un'altra conseguenza delle caratteristiche fin qui discusse è la dispersione psicologica dell'arte portoghese, assai più povera di tipi umani che non la spagnola. La galleria di tipi della letteratura portoghese è assai modesta nel numero e, in verità, è costituita da singole eccezioni. Ma se non possiede un'abbondante società di tipi umani, tuttavia comprende magistrali evocazioni di stati d'animo, tendenze spirituali, situazioni molteplici e profonde. Pochi hanno espresso più eloquentemente del Camões l'emozione del mondo sconosciuto e i contrasti dolorosi della passione amorosa; o hanno tradotto il terrore dell'abbandono nei mari deserti più fedelmente degli anonimi cronisti della Historia tragico-maritima; oppure la disperazione dell'amore tradito, che trasfigura e rivela profondità morali, più efficacemente delle Cartas (1669) di Suor Marianna Alcoforado (1640-1723). Destano ammirazione l'esuberante volubile e contradditoria sentimentalità romantica delle Viagens na minha terra (1846) e delle Folhas cahidas (1853) del Garrett; l'ansia della vita semplice, di tutti i romanzi di Julio Diniz, paladino della vita rustica e della semplicità dell'animo; la rievocazione della edenica primitività dei Simples (1892) di Guerra Junqueiro.

Appena costituita, la nazione portoghese dovette ubbidire a una costante tendenza centrifuga rispetto al mondo iberico, poiché la sua costituzione era minata da differenze geografiche, etniche, linguistiche e religiose; nella sua fase arcaica il portoghese è lingua comune alla Galizia. Per resistere alla continua minaccia di assorbimento, il Portogallo cercò sostegni esterni, che furono successivamente il papato (sotto la cui egida avvenne la sua separazione dal regno di León), durante i secoli XII-XIV, il mare, durante i secoli XV e XVI, e l'alleanza inglese dall'inizio della dinastia di Braganza fino al presente. Il mare fu il fulcro più valido della vita portoghese, perché le diede risorse economiche e ascendente morale, mediante i quali il Portogallo riuscì ad erigersi con dignità dinnanzi alla curia pontificia e a formare un "pericolo portoghese" per la Spagna. Questa tendenza centrifuga o antiberica produsse una specie di amnesia dell'esperienza medievale comune e conferì un carattere di forte differenziazione alle due letterature sorelle. Mentre la letteratura spagnola offre, nei secoli medievali, una fioritura ricca e regolare nel suo sviluppo, partendo da opere anonime e arrivando alle più vigorose individualità, con grande varietà di generi e con profonde e diverse influenze, la letteratura portoghese pare riserbarsi le proprie forze creative per il sec. XVI, il secolo eroico.

Età medievale. - La conoscenza della letteratura medievale portoghese è dovuta principalmente al sentimento storico del Romanticismo e alla filologia scientifica. Complessivamente, considerando i tre grandi canzonieri provenzaleggianti (il canzoniere d'Aiuda, quello della Vaticana e quello Colocci-Brancuti) e tenendo conto anche della perdita dei monumenti elencati da T. Braga, la letteratura portoghese del Medioevo non risulta ricca. Essa presenta tuttavia alcuni aspetti predominanti: 1. Un'abbondante fioritura lirica di carattere provenzale, che si estende in prevalenza dal 1189 al 1340, e a cui collaborano contemporaneamente autori portoghesi e di altre nazionalità spagnole, ciò che dà alla lingua portoghese un grande prestigio, come espressione lirica della Penisola Iberica, a cui si contrappone la lingua castigliana come espressione epica nelle "gesta" e nel romancero. Questa poesia offre tuttora gravi problemi critici, specie quello delle origini e l'altro più propriamente estetico. - 2. Un complesso considerevole di opere latine, in prosa e in versi (cronache, opere di mistica, filosofia, agiografia, leggende e il poema epico di Soeiro Gosuino sulla battaglia del Salado). Questi testi latini non si possono comprendere nella vera e propria letteratura portoghese (intesa cioè come spirito nazionale che si esprime artisticamente nella lingua nazionale), ma rivelano i maggiori nomi portoghesi dell'epoca: Sant'Antonio di Lisbona, il papa Giovanni XXI e Alvaro Paes. - 3. Una scuola di fecondi traduttori, il cui centro principale è l'abbazia di Alcobaça, che ricorda la scuola dei traduttori di Toledo, e produce i primi monumenti della prosa letteraria portoghese. Gli autori tradotti sono, fra gli altri, quelli della Bibbia, Origene d'Alessandria, Sant'Agostino, S. Gregorio Magno, S. Bernardo di Chiaravalle, Martin Pérez, fra Domenico Cavalca, Giovanni Climaco, Ludolfo di Sassonia, Ugo di S. Vittore, S. Gerolamo, Alfonso X di Castiglia, ecc. Queste traduzioni di Alcobaça costituiscono la prima epoca della prosa portoghese, l'età della vera formazione letteraria, che si estende sino alla fine del sec. XIV. - 4. Si ricollega a questa prosa il gruppo degli scrittori del sec. XV, che si potrebbero chiamare joanninos, perché il re Giovanni I e i suoi figli sono il nucleo centrale del ciclo, o come collaboratori diretti o come protettori. Sono opere di morale e didattica, di arte venatoria, di equitazione; e compaiono inoltre le prime cronache dei re, fra cui spetta un posto principale a quelle di Fernão Lopes (1380?-1460?). Questo cronista narrò gli avvenimenti dell'epoca di transizione dal Portogallo del Medioevo al Portogallo dei navigatori, attraverso la crisi del 1383-1385, e lo fece con grande penetrazione psicologica, fedeltà storica e grazia letteraria. - 5. Un gruppo di poeti cortigiani, che poetarono alla corte di Giovanni e ridussero il sentimento della nobiltà ad elemento decorativo, attraverso quel materiale poetico che Garcia de Rezende (1470-1536), segretario particolare del re, organizzò nel suo Cancioneiro Geral, edito nel 1516. Questa raccolta documenta la decadenza del provenzalismo e annunzia l'alba dell'individualità letteraria, di cui Duarte de Brito e J. R. de Castello Branco sono i principali rappresentanti, e palesa le prime forme dell'italianismo. In queste pagine raccolte dal Rezende si manifesta per la prima volta risolutamente quel bilinguismo letterario dei Portoghesi, che va dal periodo arcaico fino al sec. XVII, esprimendosi ora in portoghese ora in castigliano e creando opere che diventano classiche contemporaneamente nei due paesi. Questo bilinguismo è inaugurato dal contestabile Pedro de Portugal (1429-1466), nipote del re Giovanni I. Il compilatore del canzoniere, Garcia de Rezende, fu anche poeta e prosatore, e disimpegnò cariche pubbliche che gli permisero d'essere cronista ben informato.

Età classica. - L'influenza italianizzante che si accentuò soprattutto dopo il viaggio di Sá de Miranda (1485-1558) in Italia, nel 1526, e l'influenza del mare, che si esplicò in particolar modo durante i regni di Giovanni II e Emanuele I, sotto il miraggio dell'India, sono le componenti del Cinquecento portoghese, che è l'epoca più originale della letteratura classica, per quanto non la più perfetta e compiuta dal punto di vista propriamente artistico. Il classicismo spagnolo ostenta un carattere continentale, è figlio della terra di Castiglia, e presenta uno svolgimento logico in tutta la sua estensione; il classicismo portoghese, invece, con il suo carattere "oceanico", si spezza a metà strada, nel 1580, quando l'intensa vita nazionale si appaga nell'annessione castigliana (1580-1640) e sullo spirito portoghese si stendono forze morbide e fiacche. Il Cinquecento coopera nel porre le basi della novellistica moderna, con Bernardim Ribeiro (1482-1552), e del teatro poetico peninsulare con Gil Vicente. Crea l'epopea delle navigazioni con Os Lusiadas (1572) del Camões (1524-1580), riesce ad acclimare il lirismo petrarchesco e il bucolismo, e fa sorgere un'esuberante e originale storiografia coloniale, con João de Barros (1496?-1570), Diogo do Couto (1542-1616) e altri, accanto a generi ben vivaci, che si potrebbero assimilare ai letterarî, come le narrazioni dei naufragi, gl'itinerarî dei viaggi terrestri e marittimi, ecc. Il sec. XVI gettò semi, che non diedero frutto, o fruttificarono solo in parte. La causa principale di questa infruttuosità è probabilmente da cercarsi nella stessa stanchezza psicologica, che seguì una tale prodigiosa attività; da questa inerzia derivò il difetto di resistenza a Filippo II, quando questi volle assorbire la corona portoghese.

Nella seconda età classica decadono i generi poetici, ma sale a maggiore dignità la prosa, con Antonio Vieira (1608-1697), Luiz de Sousa (1555?-1632), Freire de Andrade, Francisco Manuel de Mello, Manuel Bernardes, ecc. Agl'inizî del sec. XVIII una fioritura promettente di spirito critico annunzia aspirazioni nuove, che determinano subito la restaurazione della storiografia e, a distanza, l'Arcadia Lusitana, accademia fondata da Antonio Diniz (1731-1799), che promuove la reazione al gongorismo e all'influenza spagnola, e che patrocina il ritorno ai generi poetici.

In questi tre secoli classici, nella prosperità quanto nell'avversità, il Portogallo mantenne sempre un'alta coscienza storica, a cui la letteratura diede adeguata espressione artistica. La restaurazione dell'indipendenza, nel 1640, determinò un ciclo letterario nella storiografia, nella giurisprudenza politica, nella poesia e nell'illuminato profetismo; la deposizione del re Alfonso VI suggerì un altro ciclo di narrazioni, di polemiche storiche e di memoriali. La politica romana di Giovanni VI produsse un abbondante nucleo di opere di storia ecclesiastica, con un rinnovamento di metodi e un incremento notevole delle discipline ausiliari della storiografia: fu il movimento della Academia Real da Historia Portuguesa. L'amministrazione del Pombal, con i suoi aspetti drammatici, creò una doviziosa letteratura politica, panegirica di quello statista, in prosa e in versi, e d'invettive e di condanna della sua opera, in seguito alla sua caduta. Le difficoltà del primo quarto del sec. XIX, con le invasioni francesi, gli abusi inglesi, la fuga della famiglia reale per il Brasile, la rivoluzione del 1820, tutta la crisi determinatasi in seguito alla penetrazione del liberalismo ispirarono una letteratura giornalistica, di pamphlets, e promossero un genere nuovo, l'eloquenza parlamentare. Nel Brasile, le lotte con gli Olandesi e i Francesi, la penetrazione del territorio da parte dei bandeirantes o esploratori della foresta, la ricerca delle miniere e il regno brasiliano di Giovanni VI diedero materia a una vivace produzione letteraria, in cui, attraverso alla cronistoria locale e all'imitazione formale dei modelli estetici in vigore nella metropoli, cominciava ad esprimersi il sentimento della terra natia e la gratitudine alla natura, prodiga di tante ricchezze. Alle cospirazioni nazionalistiche del 1789 e del 1817, e poi alla preparazione dell'indipendenza cooperarono sempre scrittori e poeti, di modo che la letteratura fu colà tramite del nazionalismo, nella cui creazione e definizione si distinse il gruppo dei poeti di Minas Geraes, della fine del sec. XVIII, quasi tutti finiti tragicamente. Dalla letteratura portoghese germoglia nel sec. XVIII un'altra letteratura, la brasiliana, che si esprime nella stessa lingua, ma che tratta di problemi morali, sociali e politici diversi da quelli che preoccupano l'antica madrepatria; e che idealizza un'altra natura e s'impregna d'un sentimento di forza costruttiva, impetuoso e tenace, più sollecito nel preparare un avvenire che nel restaurare o anche venerare un passato glorioso. La separazione di questo ramo d'oltre oceano si effettuò durante l'ultima fase del classicismo quando gli ottimisti riformatori dell'Arcadia Lusitana infusero nuove energie con il ritorno all'imitazione francese. Il culto dell'estinta bellezza ellenico-romana non fu tanto assorbente da chiudere l'immaginazione e la sensibilità dei poeti arcadici agl'incanti e alle sorprese dell'esotismo americano. Antonio Diniz, l'artista più tenacemente legato al neoclassicismo dell'Arcadia, come il suo fondatore e orientatore, fu il poeta portoghese del suo tempo che amò maggiormente il Brasile, come testimoniano le sue Metamorphoses, che sono come la creazione d'una poetica mitologica brasiliana. Già nell'età romantica, infatti, Gomes de Amorim (1827-1892) trarrà maggiore emozione da questo americanismo, anche a costo di perdere in equilibrio e in buon gusto. Ora questo fecondo sviluppo basterebbe a dimostrare che l'educazione letteraria non sempre indebolisce il sentimento della natura né sempre esaurisce l'immaginazione creatrice. Lo stesso accademismo, questo faticoso e pesante frutto, centro di "culteranismo" e di sottigliezze, merita d'essere considerato con indulgenza, poiché se nel Portogallo esso rappresentava l'estrema decadenza dell'ispirazione lirica, nel continente americano fu fecondo per l'incipiente vita intellettuale e per il nazionalismo letterario. Del resto, anche in Portogallo il contagio della concettosità poetica e dell'oscurità, la maniera del Góngora, servì di alimento soltanto agli spiriti mediocri e lasciò campo libero di creare la prosa d'arte e nobilitarla con una maggiore capacità dialettica e discorsiva. Ciò fu opera particolare dei grandi spiriti del sec. XVII, che, eccettuato Rodrigues Lobo (1580-1622), che fu anche poeta, furono soltanto maestri di prosa.

Nella seconda e terza età del classicismo decade la letteratura dei viaggi, perché tramonta il loro interesse e la loro novità; via via questa letteratura di viaggi, specie quelli dell'Oriente e dell'Etiopia, si concentra nelle mani dei missionarî della Compagnia di Gesù, che naturalmente preferiscono l'aspetto della storia catechistica; tuttavia si costituisce l'erudizione, si fonda la bibliografia, s'iniziano gli studî linguistici, si gettano le basi delle scienze ausiliari della storiografia, l'epigrafia, la diplomatica, la cronologia; nell'Academia Real das sciencias, si tentano le prime esperienze della storia del diritto portoghese e della storia sociale, della demografia, della critica letteraria con spirito storico; si fonda il giornalismo. Dalla bibliografia e dalla bibliofilia nasce l'interesse per l'organizzazione delle biblioteche conventuali e particolari: di quelle che non furono disperse dalla rivoluzione liberale, si beneficia oggi.

Età romantica. - Se il sec. XVI è il più originale della storia letteraria portoghese ed è quello che inquadra l'elaborazione della grande epopea nazionale, se i secoli XVII e XVIII possiedono una grande varietà di generi e una grande fertilità libresca, il sec. XIX è il secolo aureo portoghese per l'intensità umana e per la sua compiutezza artistica. Nel sec. XIX, un popolo, che prima del liberalismo non contava più di due milioni d'anime, perplesso e dubitoso dinnanzi alla diffusione d'ideali politici ed estetici, alla cui formazione non collaborerà, con una libertà d'azione limitata dalla competizione di due potenti nazioni rivali, l'Inghilterra e la Francia, e dalla inferiorità esasperante dei governanti, poté tuttavia realizzare tre grandi cose. La prima fu la sua lotta per la conquista della libertà, dal 1810 al 1834, alcuni decennî di lotta fra un'eletta minoranza di animo rinnovatore e una maggioranza conservatrice e una popolazione analfabeta, anni di lotta armata e di lotta intellettuale, di sacrifici e di eroiche sofferenze, in cui si provarono animi di tempra superiore, pensatori, capi politici e militari: Pedro IV, Garrett, Herculano, Mousinho da Silveira, il duca di Palmella, Passos Manuel, José Estevam, il maresciallo Saldanha, il duca della Terceira, Sá da Bandeira, Costa Cabral, ecc. Da questo cozzo tragico e innovatore fra l'assolutismo e il liberalismo nacque, nell'esilio, una nuova letteratura, che ebbe più profonde affinità con le altre letterature latine. Senza la fase romantica e realistica, la letteratura portoghese sarebbe essenzialmente limitata al sec. XVI: Non basterebbero la sua priorità nel lirismo peninsulare, la creazione dell'auto, la storiografia coloniale, i prosatori del sec. XVII e la gestazione della letteratura brasiliana per farla innalzare sopra la modesta sfera accademica ed erudita. Soltanto i grandi scrittori del sec. XIX la arricchirono di tutte le correnti del pensiero e della sensibilità, la fecero strumento docile per esprimere tutte le emozioni e ansietà, tutti i problemi di coscienza e le raffinatezze estetiche dell'uomo moderno, che nella lettura ricerca piuttosto il tirocinio della vita che l'erudita interpretazione del morto passato. Fu questa letteratura la seconda grande azione che il Portogallo esplicò nel sec. XIX. La terza fu la cooperazione data alla conoscenza geografica del continente africano, nella zona assegnata al Portogallo, quando l'Europa rivolse la propria attenzione all'Africa.

Il romanticismo portoghese nacque dall'importazione della nuova estetica e i principali importatori furono Garrett e Herculano, esiliati per motivi politici. È chiaro che non sarebbe impossibile rintracciare nel secolo precedente precursori portoghesi che annunciassero una nuova estetica; ma soltanto una potente personalità, quella del poeta Bocage (1756-1805), potrebbe a buon diritto esser considerata come un vero preromantico, per la sua esuberanza sentimentale. Il romanticismo portoghese dura dal 1825 al 1865, ma sopravvive nel successivo realismo, sicché si può dire che, instaurato il gusto romantico, esso non abbandona più l'anima portoghese, tanto s'identifica con essa. Durante questo quarantennio il Portogallo produce un gruppo di opere molto importanti e rivela un gruppo di personalità letterarie vigorose. Garrett (1799-1854) introduce il lirismo romantico e il teatro storico, riforma la prosa, collabora al romanzo storico inaugurato da Herculano e traduce nella vita la concezione romantica. Ma il romanzo storico è il feudo di Alexandre Herculano (1810-77), che si dedica alla costruzione della sua monumentale Historia de Portugal (1846-53). Seguaci illustri continuano l'elaborazione della nuova sensibilità, per quanto un po' artificialmente. José Freire de Serpa (1814-1870) è a capo del gruppo dei poeti medievalisti, che idealizzano nella ballata la vita cavalleresca degli antichi secoli. João de Lemos (1819-1889) dirige la rinnovata lirica, che ha il suo organo nel Trovador; Soares de Passos (1826-60) introduce tendenze morbide, più profonde in quel lirismo che ha per giornale innovatore il Novo Trovador. Al romanzo storico si dedica Oliveira Marreca (1805-89), Rebello da Silva (1822-1871), Andrade Côrvo (1829-90), Coelho Lousada (1828-59) e Arnaldo Gama (1828-69); al romanzo passionale João de Azevedo (1815-1854), A. P. Lopes de Mendonça (1826-1865), e, soprattutto, Camillo Castello Branco (1826-90), uno dei più vigorosi scrittori portoghesi di tutti i tempi, grande per la fecondità, per la varietà di toni e di generi, e per il supremo potere di espressione stilistica. Francisco Maria Bordallo (1821-61) fa romanzi marittimi e Julio Diniz (1839-1871) romanzi rurali, un'opera anche oggi fra le più vive. Il teatro storico e il dramma sociale, alla Victor Hugo, ebbe numerosi cultori, tra cui Costa Cascaes (1815-1898) e Mendes Leal (1818-1886). Ma il teatro è l'aspetto più debole del romanticismo portoghese, essenzialmente lirico, narrativo e storiografico. Si dedicarono con serietà alla storia, tutti riflettendo l'influenza del maestro Herculano, Luz Soriano (1807-91), Rebello da Silva, Mendes Leal e Latino Coelho (1875-91). L'eloquenza politica, sacra e accademica conobbe giorni di gloria che dovette a Passos Manuel (1801-1862), José Estevam (1809-62), Garrett, Silveira Malhao (1794-1860), Rebello da Silva e Vieira de Castro (1838-72). E inoltre si ebbe una pregevole produzione di libri di viaggi, di racconti e di giornalismo letterario e politico; questo difficile ed effimero genere ebbe in A.P. Lopes de Mendonça e Rodrigues de Sampaio il suo maggiore prestigio.

A Lisbona, Oporto, Coimbra si costituirono tre centri letterarî, affini per le idee dominanti e paralleli nello svolgimento storico. Lisbona ne fu a capo, ma non centralizzò il movimento innovatore poiché a Coimbra sorsero le generazioni liriche del 1837, 1844, 1851, e da Oporto partì la principale voce satirica della poesia romantica, Faustino Xavier de Novaes (1822-64), e colà vissero due grandi ronanzieri, Julio Diniz e Camillo, che dal settentrione trassero buona parte della loro materia letteraria. Il realismo nasce a Coimbra, in un ambiente studentesco, ma presto si sposta e concentra le sue forze a Lisbona. La provincia sarà abbandonata e l'evoluzione letteraria, con il suo carattere cosmopolita, costituirà una costante fonte d'insoddisfazione e di critica della vita nazionale. Soltanto alla fine del sec. XIX, con il nazionalismo coetaneo del simbolismo, ritornerà il gusto della terra portoghese e delle diverse regioni. Così organizzata, la letteratura romantica, ricca di idee nuove e produttiva, con il patriottismo e l'ottimismo dei periodi di ricostruzione, ebbe perfino ad esercitare un'influenza espansiva. Durante il romanticismo, il Brasile conobbe le letterature europee principalmente per tramite delle traduzioni portoghesi e dell'interpretazione portoghese, e nel suo seno accolse amichevolmente alcuni scrittori portoghesi. Visitarono il Brasile A. F. de Castilho e i suoi fratelli, anche scrittori, Vieira de Castro, Matheus de Magalhães, Faustino Xavier de Novaes, Ernesto Biester (1829-80), Antonio Mendes Lea (1831-1871), ecc. Nel Portogallo si formarono artisticamente due degli scrittori brasiliani di maggiore merito in questo periodo: lo storico Francisco Adolpho de Varnhagen (1816-78), discepolo di Herculano, collaboratore della sua famosa rivista Panorama, membro del conservatorio, che era allora una specie di accademia letteraria, fondata per iniziativa di Garrett; e il poeta Gonçalves Dias (1823-64), che studiò nell'università di Coimbra e fu uno degli amici di Freire de Serpa nel suo gruppo letterario.

Alla morte del Garrett e dopo il ritiro di Herculano, che si dedicò all'agricoltura, in un impulso di scetticismo, la direzione del movimento romantico passò a Castilho, che assunse questa nuova estetica freddamente, come un complesso di precetti artistici formali, a cui si indulgeva per poter esercitare il purismo letterario. Alcuni ritardatarî, che accettavano la sua guida, riuscirono perfino a suscitare la simpatia del pubblico e conobbero il trionfo con alcune opere: Thomaz Ribeiro (1831-1901), con diverse poesie sciolte, che si diffusero e si divulgarono, e, soprattutto con il poema Dom Jayme (1862), vangelo dell'ispanofobia fondata sulla memoria della schiavitù politica e civile di sessanta anni, Pinheiro Chagas (1842-1895), con la Morgadinha de Valflor, una delle migliori realizzazioni drammatiche del romanticismo; e Simões Dias (1844-99), con le sue Figuras de cera e Peninsulares (1870).

La letteratura realistica. - L'età realistica o veristica della letteratura portoghese s'inizia con i primi poemi di João de Deus, (1830-96), Anthero de Quental (1842-91) e Theophilo Braga (1843-1924), ancora studenti a Coimbra; ma ha il battesimo del fuoco nella polemica del 1865. Pinheiro Chagas, giovane letterato, che si aggregherà nelle file tardivamente romantiche di Castilho, chiese a questo una prefazione per una sua opera di scarso merito letterario, Poema da mocidade (1865). Castilho in questa prefazione si riferiva con disprezzo alle prime manifestazioni poetiche della scuola di Coimbra, alla quale sosteneva mancassero "buon senso e buon gusto": si determinò, per parecchi mesi, una battaglia di foglietti e di articoli giornalistici. Alcuni anni dopo, nel 1871, aveva luogo una più eloquente affermazione pubblica della nuova ideologia politica e letteraria: le conferenze del Casino di Lisbona. Per iniziativa di Anthero de Quental, questo nuovo gruppo di pensatori e artitisti svolse una serie di conferenze, la prima delle quali Causas de decadencia dos povos peninsulares, dello stesso De Quental, è rimasta classica nella filosofia della storia iberica. Ma il governo di Avila, allarmato per il carattere rivoluzionario di queste conferenze, si decise a sospenderle. L'organizzatore protestò e chiese a Herculano che si pronunciasse in merito; e lo storico, dal suo isolamento di Val de Lobos, lanciò un vibrante opuscolo di protesta contro la violenza. Era così consacrata questa nuova pleiade letteraria, che visse in tal modo uno dei momenti più belli e più potenti della cultura, poiché all'arte unì la profondità delle idee e l'intuizione di riforme sociali e morali. João de Deus creò un lirismo amoroso, sincero e semplice, che contrastava apertamente con gli esagerati artifici sentimentali del romanticismo e che fece di lui uno dei maggiori poeti della passione amorosa. La poesia storica, di spirito filosofico, epopea ciclica dell'umanità, l'ode politica di lotta e di filantropia, ebbero cospicui rappresentanti in Theophilo Braga, autore della Visão dos tempos (1864), in Guilherme Braga (1845-1874), vigoroso polemista, oltre che delicato poeta, in Guilherme de Azevedo (1839-82), Claudio Nunes (1831-75), Guerra Junqueiro (1850-1923) e Gomes Leal (1849-1921). Questi due ultimi furono poeti d'ispirazione varia e vigorosa. La Morte del D. João (1878) di Junqueiro è un'interpretazione semplice, ma vibrante di simpatia sociale, della leggenda di don Giovanni, creata da Tirso de Molina; la sua Velhice do Padre Eterno (1885) è una satira anticlericale, che esercitò larghissima influenza; la Patria (1896) è un poema patriottico, di accenti shakespeariani, che contribuì non poco alle rivoluzioni del 1891 e del 1910; e Os simples sono una felice pittura della vita semplice, senza ambizioni e senza le delusioni della civiltà Gomes Leal nelle Claridades do sul (1875), nella Fome de Camões (1880), armonizza con grande vigore l'ira satirica e l'intimo lirismo. L'estensione del realismo anche nel campo più propriamente poetico, rappresentando con fedeltà la vita quotidiana e comprendendo un contenuto che prima ne era escluso, fu operata da Gonçalves Crespo (1846-83), Cesareo Verde (1855-86) e João Penha (1839-1919). Ma il poeta di maggiore ispirazione filosofica, oltre che di scultorea perfezione formale, fu Anthero de Quental, che espresse in modo insuperabile il pessimismo doloroso e i disinganni della cosiddetta "bancarotta della scienza". I suoi Sonetos (1881) e le poesie "lugubri", che li precedettero, sono tra le cose migliori che si siano prodotte in lingua portoghese, poesia tanto rappresentativa del travaglio intellettuale della fine del sec. XIX, quanto i Lusiadas lo furono dell'ebbrezza della vittoria nel sec. XVI. Il romanzo realistico, rivolto allo studio dei problemi sociali e della vita sessuale, ispirato a un criterio materialistico e psicofisiologico, fu il campo prediletto da Eça de Queiroz, da Teixeira de Queiroz (1848), Julio Lourenço Pinto (1842-1907), Abel Botelho (1856-1917); Jayme de Magalhães Lima (nato nel 1857) e Luiz de Magalhães (nato nel 1859). Il capo della scuola fu Eça de Queiroz: console in varî paesi d'Europa e d'America, stabilitosi poi a Parigi, dove morì, quasi tutta la sua opera fu composta fuori del Portogallo, ma è fedelissima alla realtà, sebbene sempre alla luce del suo spirito satirico e d'una superiore visione europea. La sua carriera letteraria segue un ritmo ascendente, attraverso fasi molto ben distinte: quella dal 1866 al 1875 è caratterizzata dalla collaborazione alla Gazeta de Portugal con articoli personalissimi, in seguito riuniti sotto il titolo di Prosas barbaras; quella dal 1875 al 1887 è l'epoca entusiastica del credo realista. Durante questi anni Eça compose i suoi grandi romanzi sulla vita di Lisbona e sulla vita provinciale: O crime do Padre Amaro (1875), O primo Basilio (1878) e Os Maias (1880), capolavori di analisi psicologica, d'ironia, di tenerezza e di sapienza stilistica. Era questa una rivoluzione in seno alla prosa portoghese, come quella che Garrett realizzerà con le Viagens na minha terra. Dal 1887 al 1900 lo spirito di Eça, anelando a nuovi orizzonti, si va liberando dalla gretta estetica del naturalismo ortodosso e allarga i suoi interessi e la sua simpatia. Invece della vita particolarmente nazionale, come l'avevano modellata il costituzionalismo politico, un'educazione difettosa e una decadente letteratura romantica, ora è la vita umana in senso universale, sono problemi e tipi più generali che lo preoccupano. Questa è l'epoca a cui appartiene la Reliquia (1887), mirabile ricostruzione della passione di Cristo fatta da un incredulo, la Correspondencia de Fradique Mendes (1891), creazione dell'uomo modello, il tipo cioè della sua generazione, la Ilustre casa de Ramires (1900), discussione del problema della viltà e apologia della volontà, la Cidade e as serras (1901), poetica opposizione fra l'urbanesimo e il ruralismo, il Mandarim (1879), arguta favola in lode del lavoro, i saggi magistrali delle Notas contemporaneas (postumo), i Contos (1902), che contiene veri gioielli, uno dei quali José Mathias, satira bonaria contro l'idealismo romantico.

Il teatro realista nel Portogallo fu povero, forse più che il romantico: o continuò l'estetica romantica o fece opera di propaganda settaria. Del resto questa deficienza teatrale è tradizionale nello spirito letterario portoghese. In compenso, la storiografia presenta alcuni grandi nomi e opere salde, alcune di aspetto prevalentemente artistico e critico, altre di aspetto scientifico o documentario. Il maggior nome di questo genere è quello di Oliveira Martins (1845-94), autore di opere classiche, e di grande influenza anche fuori del Portogallo, in Spagna, nel Brasile principalmente, come la Historia da Civilisação iberica (1879), la Historia de Portugal (1879), il Portugal contemporaneo (1881), Os Filhos de D. João (1891) e Nun'Alvares (1893). Egli è stato uno dei più profonci scrittori del Portogallo, per la molteplicità delle sue qualità e per l'originalità con cui le traduceva. Politico con spirito storico e storico con spirito politico, abbracciò tutte le scienze che si erano allora costituite e compì un'opera monumentale, che contiene una filosofia, un'interpretazione dell'uomo e una soluzione dei problemi del suo paese. E poiché seppe unire anche il senso artistico della drammaticità della storia, le sue opere sono sempre d'interessante lettura, anche quando i suoi punti di vista sono discutibili. In verità c'era molto di profetico nella sua critica, che ha resistito alla documentazione nuova e all'evoluzione dei varî concetti. La generazione spagnola del 1898, e precisamente Unamuno e Ganivet, deve molto a Oliveira Martins. La storia di concezione cortigianesca, con abbellimento stilistico dell'aneddotico, ebbe nel conte di Sabugosa (1854-1923) un apprezzato cultore, e la storia scientifica deve a Gama Barros (1833-1925), Ramos Coelho (1832-1914), Costa Lobo (1840-1913), Alberto Sampaio (1841-1908) e Sousa Viterbo (1845-1910) opere di grande rilievo. L'eloquenza ebbe in Alves Mendes e Antonio Candido (1851-1922) due maestri, in un momento in cui l'oratoria parlamentare fu servita con gusto da grandi nomi della politica. Una vasta messe di racconti ci è rimasta per opera di Fialho de Almeida (1837-1912) e Trindade Coelho (1861-1908), due grandi nomi; di Alberto Braga e del conte di Arn0so (1861-1908), al loro tempo molto accetti nei centri mondani. Poiché la generazione realistica viaggiò molto, in cerca di orizzonti più larghi per il suo spirito e di nuove esperienze per il proprio paese, si diffuse il gusto dei libri di viaggi: quelli di Ramalho Ortigão (1836-1915), Oliveira Martins, Coelho de Carvalho Fialho de Almeida, Anselmo de Andrade, Wenceslau de Moraes, ecc., furono tra i più notevoli. Bisogna porre in rilievo due opere superiori in questo elenco: Hollanda di Ramalho Ortigão e Dai-Nippon di W. de Moraes. Questi fu un ufficiale di marina che "barattò la sua anima", orientalizzandosi completamente e consumando la sua vita nello studio e nell'interpretazione dell'anima giapponese, in libri di raffinata sensibilità. Egli continua una tradizione portoghese, perché il primo contatto diretto fra Giapponesi ed Europei fu opera di Portoghesi, e il primo libro europeo intorno al Giappone fu la Perigranaçam del portoghese Fernando Mendes Pinto, famoso viaggiatore del sec. XVI, e perché nei secoli classici si composero molti libri portoghesi di storia e di descrizione del Giappone, alcuni dei quali rimasero però inediti.

Spiriti essenzialmente critici, gli autori dell'età realistica si diedero ad analizzare la vita nazionale, in tutti i suoi particolari, non sempre con piena giustizia, ma sempre con un ansioso desiderio di rinnovamento. La critica sociale produsse due opere notevoli per la grazia e per il vigore: le Farpas (1871-1887), di Eça de Queiroz e Ramalho Ortigão (1883), e i Gatos (1889-94) di Fialho de Almeida. Eça usa la nota della sottile ironia, Ramalho spiega e insegna, Fialho si sdegna e aggredisce, ma tutti compongono in una prosa artistica di superiore bellezza, ed è appunto la bellezza stilistica di questa prosa che ha la maggiore responsabilità nel far passare senza critica molte sentenze troppo severe sopra uomini e avvenimenti del tempo. Nel giornalismo, due polemisti pugnaci, maestri nel documentare l'attualità, lasciarono memoria di sé in questi decennî: Marianno de Carvalho (1836-1905) e Emygdio Navarro (1844-1905), che esercitarono un'influenza a volte dominante, riuscendo con un solo breve articolo a modificare l'orientamento degli avvenimenti e dell'opinione pubblica. Naturalmente, in tutta questa generazione letteraria si notano molte e profonde influenze straniere, della Francia, dell'Inghilterra, e della Germania principalmente; ma tutte le idee filosofiche, tutti i sistemi estetici, tutte le scienze nuove e tutti i metodi importati furono felicemente assimilati nella creazione d'una serie di opere, che non raggiunsero la profonda impronta nazionale del sec. XVI, ma possiedono maggiore complessità artistica e umana.

I trionfi africani della fine del sec. XIX fecero nascere nello spirito portoghese la velleità del cosiddetto "mappa cõr de rosa" o di un impero lusitano dall'Oceano Atlantico a quello Indiano. La realtà smentì quest'ambizione. Si vide la violenza dell'ultimatum inglese del 1890, con una delimitazione dei confini che deludeva la speranza, e si vide, in forma di protesta, la rivoluzione del 1891 a Oporto. Lo scontento prese forma nell'ansia di abbattere il governo. La tendenza pessimistica della letteratura si fece negazione, violenza iconoclasta; gran parte della letteratura realistica si fece politica e alcuni autori appartennero tanto alla storia politica quanto alla storia letteraria. Fu in questo clima che sorse la nuova letteratura simbolista e antirealista, la quale contrappone ai propositi di azione immediata il puro estetismo; alla fotografia fedele del realismo l'interpretazione del contenuto spirituale delle cose, che non tutti i lettori sapevano riconoscere, educati al materialismo, al positivismo, all'evoluzionismo, ecc. Da un cosmopolitismo severamente critico dinnanzi ai valori e ai motivi nazionali essa ritornava ad un proficuo nazionalismo. Il movimento è iniziato dai poeti Antonio Nobre (1867-1900), Eugenio de Castro, Correa de Oliveira, Julio e Brandão Silva Gayo, tutti elaboranti ritmi nuovi, motivi e atteggiamenti spirituali nuovi e audaci. Fanno seguito numerosi poeti e prosatori, alcuni dei quali tuttora viventi e in piena attività creativa, tutti rivolti all'esaltazione della terra portoghese nel suo paesaggio e nella sua espressione umana, alcuni confinantisi nel regionalismo pittoresco e perfino nel provincialismo dialettale. Collaborò al movimento, un po' sotto la veste del teorico, il prosatore Alberto de Oliveira. Fra i due ideali letterarî, il realismo e il simbolismo; non ci furono violenti contrasti, come quelli del 1865 e del 1871; ci fu appena una polemica sorridente, i due commentarî ameni e precisi di Eça de Queiroz al "neogarrettismo" di Oliveira, parola che significava il ritorno al pacifico e soddisfatto sentimento nazionale, così come si traduceva nei drammi storici del Garrett. I dieci anni, che vanno dalla morte di Eça de Queiroz alla proclamazione della repubblica, sono il periodo sereno di disintossicamento della letteratura dal virus politico. Il teatro collaborò a questo effimero ristabilimento della purezza artistica della letteratura. Un teatro neoromantico, di regionalismo di costumi e sotto l'influenza di Ibsen, Maeterlinck e Rostand, fiorisce in questi anni. È il periodo aureo di Marcellino Mesquita, H. Lopes de Mendonça, João da Camara (1852-1908), Eduardo Schwalbach (1856-1919), Julio Dantas, con la cooperazione di un gruppo di grandi attori.

L'avvento della repubblica non poteva fare a meno di lasciare nel campo spritituale una profonda commozione. Il suo accentuato carattere innovatore e rivoluzionario era per buona parte legittimo frutto della letteratura demolitrice del realismo, ma anche era ormai in conflitto con le tendenze spirituali della nuova élite. Da qui derivano due orientamenti spirituali: quello degli spiriti "conformes", che si propongono di dare un cervello alla repubblica, elaborando per essa una dottrina e una letteratura; e quello dei "desconformes", che organizzano un corpo di idee d'opposizione, di difesa della tradizione e del vecchio stile politico antiliberale. La prima tendenza dà origine alla formazione del gruppo "Renascença portuguesa", che più tardi si trasforma nella "Seara Nova". Leonardo Coimbra, Teieira de Paschoaes e Jayme Cortesão sono i suoi primi orientatori, a cui si uniscono Aquilino Ribeiro e Raul Brandão e Teieira Gomes. Paschoaes è il fondatore della vaga ed esoterica dottrina del "saudosimo". La seconda tendenza origina il gruppo, più politico che letterario, dell'"integralismo lusitano", il cui capo, Antonio Sardinha, fu un vigoroso temperamento di polemista e di critico. Certo molti scrittori rimangono al di fuori di questi gruppi e seguono indipendentemente la loro via spirituale, ubbidendo all'innato particolarismo della razza.

Una caratteristica di questa letteratura è data dalla vasta collaborazione femminile, soprattutto nella poesia soggettiva e nel racconto infantile, senza esclusione di altri generi, come il romanzo e il teatro. Sono assai rappresentativi i nomi di Florbela Espança e Virginia Victorino. Il romanzo, coltivato con maestria da Campos Monteiro, João Grave, Aquilino Ribeiro, Manuel Ribeiro, Sousa Costa, Ferreira de Castro, ecc., ubbidisce anche alla scuola di Eça de Queiroz. Il romanzo contemporaneo offre un dato significativo: la scoperta di autori e temi che non ancora erano saliti al primo piano dell'attenzione pubblica; e attua un'aspirazione di radicali riforme sociali, e quella di annunciare il credo d'una generazione. Alcuni di questi autori provengono dal giornalismo, si sono formati alla scuola del reportage, che conduce in fondo al contatto con la realtà.

Nei primi tre decennî del sec. XX, la critica ha fatto nel Portogallo progressi considerevoli, e sotto i più varî aspetti: critica storica, letteraria, filologica, sociale e filosofica; e nelle forme più diverse: didattica ed erudita, militante e polemica, misurata, nel tipo del saggio interpretativo, su quella inglese e francese. Perché appunto dall'Inghilterra e dalla Francia deriva questa forma letteraria, sebbene in questo moderno svolgimento del gusto per opera del saggio si riveli soprattutto un'influenza spagnola, giacché i critici rappresentano nella letteratura vicina una parte grande ed eccellente. E c'è anche un'influenza delle circostanze: in un momento di anarchia spirituale, in cui è necessario rifondere tutto il patrimonio intellettuale, il saggio è lo strumento letterario più adatto per questo lavoro di organizzazione d'idee, per la leggerezza e la sincerità che comporta, per il suo tono animato e provvisorio, e anche per la facilità di contatti che può stabilire con la moltitudine.

Le colonie, una volta soltanto motivo di spicciola letteratura ufficiale, leggi e regolamenti, relazioni e discorsi, vanno salendo a dignità d'arte. Il paesaggio delle colonie e i problemi del loro quadro generale possono conferire note vivaci di luminosa grandezza ed esotismo al piccolo orizzonte della madrepatria; ma questa moda della letteratura coloniale, che è incoraggiata perfino con premî ufficiali, finché non si liberi dal carattere puramente apologetico, tradizionalista e chauviniste, non riuscirà a interessare le zone superiori della fantasia e del gusto.

Il futurismo s'è affermato anche nel Portogallo, sebbene non così fortemente come nel Brasile, campo più propenso alla ribellione estetica. Dopo tentativi di vario carattere, senza escludere l'istrionismo caricaturale, caduti dinnanzi alla generale indifferenza e diffidenza, il movimento dell'"arte viva" pare essersi cristallizzato a Coimbra, attorno alla rivista Presença. Le ragioni dello scarso successo del movimento saranno dovute, forse, all'atmosfera tradizionalista. Si può tuttavia attribuire al futurismo efficacia di fecondo fermento nel ridestare la sincerità e lo spirito dell'individualità, inseparabili da ogni creazione artistica, specialmente in questo momento di ricostruzione e di riorganizzazione intellettuale. È appunto questo sforzo di organizzazione ideale che caratterizza e segna il limite della fase nazionalista della letteratura portoghese, iniziatasi nel 1900. Come il realismo contribuì al trionfo d'una politica intransigente e violenta, a sua volta questa va determinado una reazione morale e intellettuale, che si annunzia con la rivalutazione dei grandi scrittori dell'età realistica e con la fioritura del saggio di critica sociale.

Bibl.: Opere generali: D. Barbosa Machado, Bibliotheca Lusitana, Lisbona 1741-1759, voll. 4; I. F. da Silva, Brito Aranha, Gomes de Brito e A. Neves, Diccionario bibliographico portuguez, Lisbona 1858-1912, voll. 22; S. Blake, Diccionario bibliographico brasileiro, Rio de Janeiro 1883-1902, voll. 7; R. Galvão, Notas bibliographicas, in Annaes de Bibliotheca Nacional do Rio de Janeiro, Rio de Janeiro 1877 (aggiunte a Barbosa Machado e Da Silva); M. da Fonseca, Additamentos ao Diccionario bibliographico port., Coimbra 1927; A. J. Anselmo, Bibliographia das bibliographias portuguesas, Lisbona 1923.

Collezioni di testi letterarî: Bibliotheca Classica, ed. Castilho; Bibliotheca Portuguesa, ed. Barreto Feio; Classicos Portugueses, ed. Mello de Azevedo; Joias litterarias, ed. G. Guimarães; Subsidios para a historia da litteratura portuguesa, ed. Mendes dos Remedios; Monumentos da litteratura dramatica portuguesa, ed. Esteves Pereira; Bibliotheca Lusitana, ed. da Renascença portuguesa; Rerum lusitanarum, ed. da Imprensa da Universidade de Coimbra; Estante Classica, ed. da Revista de lingua portuguesa, Rio de Janeiro; Textos de litteratura portuguesa, ed. del Centro de estudios philologicos.

Bibl. della storia e della critica letteraria: Fidelino de Figueiredo, A Critica litteraria como sciencia. Biblioraphia portuguesa, Oporto 1912; nuova edizione, Lisbona 1920; Aubrey F. G. Bell, Portuguese Bibliography, Oxford 1922; R. Foulché-Delbosc e L. Barrau-Dihigo, Manuel de l'hispanisant, New York 1920-1925, voll. 2.

Opere di sintesi: T. Braga, Historia da litteratura portuguesa, I, Etade media, 1909; II, Renascença, 1914; III, O' seiscentistas, 1916; IV, Os Arcades, 1916 (completa l'opera As modernas ideas na litteratura portuguesa, Oporto 1892, voll. 2); C. Michaelis de Vasconcellos, Geschichte der portugiesischen Literatur, in Grundriss der romanischen Philologie, Strasburgo 1894, II; Aubrey F. G. Bell, Portuguese Literature, Oxford 1922 (traduz. portoghese, Coimbra 1931); Historia da litteratura portuguesa illustrada, Lisbona 1929-1932, voll. 3 (a cura di varî studiosi), dir. da A. Forjaz de Sampaio; R. Lapa, Lições de litteratura portuguesa, Epocha medieval, Lisbona 1934; Fidelino de Figueiredo, Historia da critica litteraria em Portugal, ivi 1910; id., Caracteristicas da litteratura portuguesa, ivi 1913: id., Historia da litteratura classica, 1917-1924; voll. 3; id., A epica portuguesa no seculo XVI, Gaia 1931; id., Historia da litteratura romantica, 1913; id., Historia da litteratura realista, 1914; id., Depois de Eça de Queiroz (1900-1933), 1934; G. Le Gentil, La littéreature portugaise, Parigi 1935.

Arti figurative.

Quando il Portogallo si costituì in stato indipendente verso la metà del secolo XII, era giunta al suo apogeo l'arte romanica: e da questa arte l'architettura propriamente portoghese ebbe inizio, soprattutto nella regione nord-occidentale del paese, già liberata dalla dominazione musulmana. I monaci di Cluny fondarono monasteri ed eressero parecchi edifici religiosi, non solo grandi abbazie, ma anche molte piccole chiese rurali. L'architettura portoghese del secolo XII, nella sua forma più compiuta, cioè nelle chiese a tre navate con copertura a vòlta, si riduce alle cattedrali di Braga, Oporto, Coimbra, Lamego, Lisbona ed Évora. Le altre chiese minori sono a navata unica, con copertura lignea e con ornati caratteristici degli stili romanico, classico, bizantino, visigotico, oltre ad alcuni motivi regionali creati dalle maestranze locali. La cattedrale di Braga, anteriore alla formazione dello stato portoghese, servì di modello a tutti i costruttori della regione d'Entre Douro e Minho, dove si trova una quantità di piccole chiese romaniche, anche lungo la frontiera spagnola, come quelle di Ourada, Paderne, Melgaço, Monsão, che risentono l'influsso della cattedrale galiziana di Tuy. Più a sud si notano le chiese di Rio Mau, Rates, Paço de Souza, Pombeiro, Fonte Arcada; poi la bella cattedrale di Coimbra, al centro della regione; indi S. Pietro di Leiria e San Giovanni d'Alporão di Santarem; infine le cattedrali di Lisbona e di Évora. La decorazione è floreale, con mescolanze di strani mostri della fauna orientale derivata dai manoscritti siriaci; la rappresentazione della figura umana è rara e si riduce alle figure delle colonne nella chiesa di Bravães, dove si vede il menestrello che accompagnava i pellegrini a S. Giacomo di Compostella, e ad alcune figure grossolane nei timpani dei portali di Rates e di Rio Mau. La più bella e la meglio conservata delle chiese romaniche portoghesi è la cattedrale di Coimbra con una nobile e semplice facciata a merlatura, col corpo centrale sporgente in forma di protiro alla maniera lombarda, con un ricco portale a colonne dal fusto decorato. Internamente essa somiglia alla grande chiesa di S. Giacomo di Compostella; ha tre navate, di cui la centrale coperta con vòlta a botte e le laterali con vòlte a crociera. La cattedrale di Évora rappresenta il passaggio dal romanico al gotico in alcuni particolari, ma è tuttavia di struttura romanica: ha tre navate, di cui la centrale con vòlta a ogiva e le laterali con coperture a crociera. Le due torri della facciata terminano con pinnacoli coperti con mattonelle di maiolica, consuetudine decorativa derivata dalla dominazione araba.

La piccola chiesa di S. Giovanni d'Alporão nella città di Santarem, oggi trasformata in museo, rappresenta con evidenza il passaggio dal romanico al gotico: sulla robusta muratura romanica sono vòlte a costoloni. I principî dell'arte ogivale, verso la fine del periodo romanico, si vedono spuntare anche nell'ambulacro della cattedrale di Lisbona, nella cappella di Bartolomeu Joannes nella medesima chiesa e forse, prima ancora, nel chiostro della cattedrale di Coimbra e nella monumentale chiesa di Alcobaça.

Il maggior monumento gotico del Portogallo è la chiesa di Santa Maria della Vittoria a Batalha, eretta dal re Giovanni I per voto fatto nella battaglia di Aljubarrota (1385). Preceduta, come si è detto, dalla grandiosa chiesa cisterciense di Alcobaça (a tre navate di uguale altezza e ambulacro con cappelle a raggiera, secondo la pianta dell'abbazia di Chiaravalle in essa riprodotta), la chiesa di Batalha è il risultato finale di tutte le ricerche degli architetti portoghesi secondo i principî dell'architettura ogivale. Fu progettata dall'architetto di Lisbona Alfonso Domingues e, in magnificenza, dovette accontentare il re. È una vasta chiesa a tre navate, di cui la centrale più alta e con grandi finestre; ha il transetto e l'abside mediana fiancheggiata da quattro absidiole. Di linee semplici, austere, come comportavano le regole cisterciensi, con vòlte a nervature, con pilastri a fascio robusti ed eleganti, con capitelli assai bassi alla maniera dello stile flamboyant, e decorati di fogliami arricciati, la chiesa dall'esterno mostra quel prevalere delle linee orizzontali che è caratteristico delle costruzioni portoghesi, ben differenti dai profili ascendenti del gotico settentrionale. Questo carattere romanico si scorge segnatamente nel portale meridionale.

Alla facciata meridionale si addossa la cappella funebre detta del Fondatore. In essa il re Giovanni I riposa in unica tomba con sua moglie, la regina Filippa, circondato dai suoi figli, generazione illustre che riempì di gesta eroiche la storia del Portogallo. La cappella è a pianta quadrata; al centro si eleva un ottagono formato da fasci di colonne che s'innalzano a sostenere, come un superbo baldacchino, la cupola centrale a vòlta stellata. In giro, entro arcosolî monumentali, decorati con ricca ornamentazione di stile flamboyant, sono sepolti i figli del re. Il successore di Giovanni I si fece costruire sulla parte posteriore del monumento una cappella funebre del medesimo stile, in forma d'ottagono con nicchie profonde, destinata a contenere la propria spoglia e quelle della famiglia; la cappella rimase incompiuta; nel sec. XVI re Emanuele ordinò di terminarla; e perché neanche allora si giunse a finirla, fu detta Capelas imperfeitas.

È forse in questa costruzione che si scorgono i primi aspetti, in ogni caso i più caratteristici, del nuovo stile portoghese, variante nazionale del gotico, detta stile manuelino. Piuttosto che uno stile, fu questa una varietà decorativa, nata nel Portogallo fino dai tempi del regno di Giovanni II e caratterizzata da un'esuberanza ornamentale i cui elementi derivano da civiltà diverse, ma tutti si innestano sul gotico. Tali elementi sono l'indiano, l'arabo, mescolati con un naturalismo forsennato, nel quale alle specie vegetali europee s'intrecciano coralli, alghe, madrepore; il tutto fu unito ad elementi classici che corressero gli eccessi decorativi con linee armoniose e riposanti. Uno degli edifici di stile manuelino più esuberante è il convento del Cristo, a Thomar, di cui Diogo de Aruda cominciò il coro, che fu aggiunto dal re Emanuele all'ottagono bizantino, antica cappella dei Templarî. Ma fu a Lisbona, a Belem, che il re Emanuele, il quale tuttavia prediligeva Thomar, innalzò il monumento più rappresentativo dell'arte manuelina, il convento dei Jeronymos.

La chiesa del monastero è a tre navate di uguale altezza; mirabile è l'attiguo chiostro. Nella facciata meridionale, in cui dominano le linee orizzontali del gotico portoghese, il portale sontuoso fu ideato dall'architetto João de Castilho, con sculture in vasto ciclo iconografico - apostoli, profeti, sibille - intorno alla Vergine in stile gotico flamboyant. Il portale occidentale, opera dello scultore Nicolas Chanterène, è formato da curve policentriche e rispecchia molto fedelmente il gusto manuelino. L'interno della chiesa è di splendida grandiosità con pilastri ottagonali che sostengono le vòlte come tronchi di palmizî giganteschi. Il chiostro riunisce felicemente lo stile manuelino e quello classico in un accordo così intelligente, da formare un'unica armonia nonostante le tendenze contrastanti.

Vicinissima ai Jeronymos, sulle rive del Tago e in un'area che in passato formava un isolotto, sorge la torre di Belem, vero gioiello dell'architettura e della decorazione manueline. A Coimbra sono notevoli le tombe dei due primi re portoghesi, Alfonso Enriques e Sancio I.

Lo stile manuelino termina con le "Cappelle imperfette" di Batalha. I loro otto pilastri destinati a sostenere la vòlta centrale, mai costruita, nell'esuberanza della decorazione vegetale, evocano i pilastri dei templi indiani.

Il Rinascimento italiano ebbe un grande propagatore in A. Sansovino che soggiornò in Portogallo, come ricorda il Vasari, nei nove ultimi anni del sec. XV, e vi lasciò opere di scultura e di architettura nel gusto del paese, non bene ancora tutte identificate. Esso si vede spuntare in motivi secondarî, quali una porta, una finestra, un fregio. Poi si costruirono cappelle, come quella dei Re Magi a S. Marcos presso Coimbra. In seguito vennero eretti nella sua maniera interi edifici, come la graziosa chiesa della Concezione a Thomar, dove l'influsso fiorentino è così palese. Nel 1549 sorse vicino a Lisbona la cappella rotonda di S. Amaro, cinta da un mezzo portico poligonale a vòlta ogivale, ma coperta dentro, e nella sagrestia, da cupola sferica. L'influsso romano cominciò nel Portogallo verso la fine del sec. XVI con la cappella absidale del convento dei Jeronymos e col chiostro di Thomar, costruito secondo i principî del Palladio. Venne poi il Rinascimento povero e austero della Controriforma, di cui fu maestro l'italiano Terzi in alcuni edifici di Lisbona, S. Rocco tra gli altri. E giunse anche in Portogallo lo stile barocco con le sue linee curve, le colonne tortili, le cornici sporgenti e ondulate, la profusione di modanature e di marmi colorati. Quest'arte si propaga agli altari di legno intagliato che si vedono in tutte le chiese barocche: notevole tra le altre quella di Braga, con stalli, pulpiti e altari barocchi. Gli edifici di stile barocco sono numerosi in Portogallo, a cominciare dall'università di Évora, iniziata nel 1551, d'un barocchismo precoce; dalla Certosa, della medesima città (1587-94); dalla chiesa rotonda con chiostro a pianta egualmente circolare e colonne ioniche di Serra do Pilar, di fronte a Oporto. A Lisbona, verso la fine del sec. XVII venne costruita la chiesa di Santa Engracia, con pianta a croce greca inscritta in un quadrato, con profili di mensole e cornici sporgenti e con l'interno decorato di marmi policromi. Il barocco si protrasse durante i secoli XVII e XVIII. Verso il 1732 l'italiano Nazoni costruì a Oporto la Torre dos Clerigos, con la sua piccola ma graziosa chiesa, d'un barocco equilibrato ed elegante.

La reazione classica si manifestò con edifici che per semplicità si rifanno al sobrio Cinquecento italiano.

Alla reazione classica si devono la chiesa di Mafra, con la sua composizione semplice tra le linee piuttosto barocche del resto del monastero; i padiglioni del palazzo reale di Queluz, tra cui quello detto delle Sfingi, di stile Luigi XVI, ricorda un angolo di Versailles. Gli eventi politici, la minaccia dell'invasione francese spensero quasi del tutto l'attività architettonica dopo l'opera del marchese di Pombal, che fece ricostruire Lisbona rovinata dal terremoto del 1755. A questa ricostruzione si deve la Piazza del Commercio tutta a loggiati, sulla riva del Tago.

Nel sec. XIX furono costruiti a Lisbona il teatro di S. Carlo per le rappresentazioni liriche, di Dona Maria per la prosa: l'uno e l'altro seguitano lo stile neoclassico che continuò ad avere voga nella prima metà del secolo.

Accanto agli edifici di carattere civile costruiti in tempi moderni, rimangono ancora in Portogallo costruzioni civili antiche, come il palazzo pubblico di Bragança, il solo superstite di stile romanico; quello di Viana do Castelo, della fine dello stile gotico; la Misericordia, nella medesima città, del Rinascimento fiammingo, e alcuni castelli dell'antica nobiltà, come quello in stile gotico-manuelino di Alvito e quello barocco del conte di Vila Real, a Mateus.

La scultura portoghese comincia nella decorazione dei monumenti religiosi, con le rozze figure della chiesa romanica di Bravães, e va fino ai vasti complessi iconografici dell'epoca manuelina. A tutto tondo si ritrova prima nei sepolcri, come quelli del conte di Barcelos a Taouca, di don Rodrigo Sanches a Grijó e di due vescovi nella cattedrale di Coimbra, tutti del sec. XIII. Si hanno anche rozze statue della Madonna di forme romaniche. Ma fu la scultura funeraria che diede le più belle opere del periodo gotico, con i sarcofagi della regina S. Elisabetta in S. Chiara di Coimbra, del vescovo Goncalo Pereira nella cattedrale di Braga, di Lopo Pacheco nella cattedrale di Lisbona, e soprattutto con le due sontuose tombe di D. Pedro I e di D. Ignez de Castro nella chiesa abbaziale di Alcobaça, i due amanti che nell'arte, nella letteratura e soprattutto nella tradizione popolare del Portogallo sono rimasti come il simbolo della passione infelice. Al periodo gotico appartengono gli Apostoli del portale della cattedrale di Évora e una serie di statue di santi sugli altari e nelle nicchie: figure notevoli per realismo e per sentimento. Nel secolo XVI, mediante gli scultori francesi chiamati dal re Emanuele, i monumenti si adornano di sculture ancora gotiche ma di tendenze realistiche. Jean de Rouen, Nicolas Chanterène e l'Oudart dominano la plastica della scuola di Coimbra, dove essi lavorarono intorno alle tombe dei primi re portoghesi in Santa Croce e al mirabile pulpito della medesima chiesa, ricco di figure entro ricchissima decorazione di stile Rinascimento, cesellata e traforata come un ostensorio d'oro. Nella stessa chiesa è una Cena dell'Oudart, in terracotta. A Cintra, nella cappella del Palazzo reale, vi è un paliotto in alabastro, di Nicolas Chanterène, autore anche del paliotto dell'altar maggiore della chiesa di S. Marcos, presso Coimbra, e di una Annunziata nel museo di Coimbra.

Mentre l'arte gotica si attardava fino alla seconda metà del sec. XVI, compariva nei monumenti portoghesi la scultura italiana; ma fu apparizione effimera, come negli Apostoli dell'absidiola di destra nella vecchia cattedrale di Coimbra. Al Rinascimento nobile e semplice presto sottentrò il Barocco, la sua esaltazione di animo e di movimento. Esso, nel sec. XVIII, si attenuò in una pratica scultoria tipicamente portoghese: i presepî di terracotta. Uno dei più notevoli modellatori di questa scultura minore (presepio nella chiesa di Estrella a Lisbona) fu un artista che diede anche saggi nella scultura maggiore, perché è l'autore dei gruppi nel monumento del re José I nella Piazza del Commercio a Lisbona: Machado de Castro; al quale sono da unire Antonio Ferreira, autore del presepio nella cattedrale di Lisbona, e Barros Laborão, oltre ai molti artigiani che lavorarono presepî nelle umili botteghe di Lisbona e d'altre città. Con gli eventi politici della fine del sec. XVIII l'attività degli scultori portoghesi diminuì. Verso la fine del sec. XIX si trovano due nomi di artisti personali e forti: Soares dos Reis, autore del Desterrado (L'esule), eseguito a Roma durante il soggiorno che lo scultore fece come pensionato dello stato, e del busto íemminile detto L'Inglese; Teixeira Lopes, tuttora vivente, che ha scolpito fra altro la Vedova e la statua della Storia per la tomba d'uno scrittore.

Notizie certe della pittura in Portogallo non si hanno prima del sec. XV. Il pittore Alvaro Pires, d'Évora, lavorò soltanto in Italia; Giovanni van Eyck fu in Portogallo nel 1428: e ciò attesta le strette relazioni con la pittura fiamminga. Verso la metà del sec. XV s'incontra il nome di Nuno Gonçalves, e sotto il regno dei re Emanuele e di Giovanni III si trova un gruppo di pittori (Gregorio Lopes, Christovão Lopes, Vasco Fernandes, Jorge Afonso, Christovão de Figueiredo, Garcia Fernandes) le cui opere sono un riflesso sontuoso dell'epoca in cui il Portogallo giunse all'apogeo delle scoperte marittime.

L'oreficeria, col poeta cesellatore Gil Vicente, autore dell'ostensorio di Belem, dimostra l'altezza a cui quest'arte giunse in Portogallo. Anche la ceramica dei secoli XVII e XVIII ebbe schietta originalità, soprattutto nei pannelli di azulejos che tappezzano, come grandi arazzi di ceramica, le mura delle chiese, dei conventi e dei palazzi.

Bibl.: Comte Raczinsky, Les arts en Portugal, 1846; M. Monteiro, S. Pedro de Rates, Oporto 1908; Notas sobre Portugal, Lisbona 1908; Monumentos de Portugal, Oporto 1929-1931; Joaquin de Vasconcellos, A arte romanica em Portugal, ivi 1918; id., A arte religiosa em Portugal, ivi 1915; Vieira Natividade, O Mostriro de Alcobaça, 1929; A. Haupt, Die Baukunst der Renaissance in Portugal, Lipsia-Francoforte s. M. 1890-95; id., Geschichte der Renaissance in Spanien und Portugal, Stoccarda 1927; A arte e a natureza em Portugal, Oporto 1900; A. Watson, Portuguese architecture, Londra 1908.

Musica.

Le vicende dell'arte musicale portoghese attraverso i secoli non appaiono caratterizzate da proprietà costanti ed atte a distinguere nel vasto quadro della musica europea una scuola nazionale. Il Portogallo comunque sa accogliere e favorire le più forti tendenze stilistiche dei varî popoli, dall'arabo all'italiano, con i quali di tempo in tempo entra in contatto.

Così sappiamo, da varie prove, che l'arte trovadorica ebbe anche in Portogallo una sua riespressione, che però non giunse a quel livello di estetica raffinatezza che diede alle analoghe correnti provenzali e francesi un valore universale. Più che altro essa trovò alimento e ragione nella pratica popolaresca sia della lirica sia della drammatica (p. es., nelle Serranilhas, equivalenti come genere e struttura alle provenzali ballate, ma del tutto popolaresche, e nei Villoncicos [misteri] anch'essi rapidamente scesi nel volgare).

Documenti diretti di questo primo periodo non rimangono che nel codice neumatico di Lisbona: Ceremoniale Episcoporum antiquum, ecc., abbastanza ricco di canti, e, meno diretti, in un manoscritto del secolo XIV contenente un Canção do Figueiral tramandata fino all'estensore del documento per tradizione orale.

Con i re Alfonso III, Dionigi, Alfonso IV, Pedro I, la vita musicale si va intensificando variamente, e raggiunge alta prosperità sotto Giovanni I, sempre, però, affidandosi a correnti popolaresche.

Dalla fine del secolo XIII in poi si manifesta, vicino a queste correnti, una corrente chiesastica, di stile anglo-francese. Documento assai utile di tale posizione si trova nel Cerimoniale dei re fatto copiare alla corte inglese dal re Alfonso V per diretto uso delle Cappelle portoghesi. Alle norme contenute in questo Cerimoniale fu informata l'organizzazione della stessa cappella di corte fondata dal successore di Alfonso, e precisamente da Giovanni II. Sotto Manoel II, questa cappella assurge a grande importanza, essendovi chiamati artisti di gran nome: João de Coimbra, Diego de Belmonte, Matheus de Fontes, Diego Gonçalves, Fernão Rodriguez, ecc. Questo centro dà grande incremento all'attività musicale del paese, che troverà nel primo '500 un esponente nella personalità artistica di Gil Vicente, scrittore di Autos sacramentales il cui testo poetico (per lo più in spagnolo) è tuttora ammirato. Quanto alla musica, il Vicente di solito la componeva giovandosi di melodie già note al popolo. Nello stesso secolo si ebbe un notevolissimo rappresentante degli studî musicali in Damião de Goes, teorico e compositore di buon nome, di scuola franco-fiamminga. Gli altri maestri rinomati che lavorano in Portogallo durante questo periodo sono in grandissima parte spagnoli, eccetto Manuel Mendes, João de Badajoz, Gonçalve de Baena, Vicente Lusitano e pochi altri.

Dal tardo sec. XVI al maturo XVII la schiera dei maestri portoghesi si arricchisce notevolmente, annoverando tra gli altri i nomi di A. de Agujar, De Madeira, A. Lobo, A. Vaz de la Costa, J. Leite-Pereira, M. R. Coelho, Ph. de Magalhães e quello, assai celebre al suo tempo, di Duarte Lobo, autore di musiche religiose di stile concertante italiano.

Il regno di Giovanni IV coincide infatti con il periodo di maggiore fioritura musicale portoghese, e il genere religioso, rappresentato specialmente da M. Corduso e J. Rebello, raggiunse buoni risultati estetici in uno stile, però, dominato dalla scuola palestriniana. Lo stesso monarca è buon musicista e teorico.

Dopo Giovanni IV ricomincia l'affluenza di musici e di maestri spagnoli, ma non mancano buoni nomi portoghesi, specie nel genere religioso: F. da Costa, J. da Silva, C. da Fonseca, A. Teixeira, ecc.

Ma verso la fine del sec. XVII giunge per la prima volta l'influenza della scuola italiana, soprattutto dell'operistica, ma anche della religiosa e della strumentale, che durante il '700 domina completamente la vita musicale portoghese. I pochi musicisti nazionali, tra i quali F. A. de Almeida, anch'essi scrivono in perfetto stile italiano.

E da allora in poi il Portogallo ha prodotto, oltre ottimi maestri compositori, anche interpreti, teorici, ecc., in un'orbita stilistica impregnata di influenze straniere: dopo l'italiana (che dura fino a quasi tutto l'800 in fatto d'opera, mentre s'estingue nella musica strumentale al principio di quel secolo), la tedesca. Ma un promettente risveglio nazionale si può notare in Portogallo recentemente, secondo l'esempio dato dalla scuola moderna spagnola alla quale tanti valori etnici possono accostarla. L'opera di J. Vianna da Motta, grande interprete (pianista) ma anche ottimo sinfonista, può già dare affidamento per un venturo rigoglio artistico. Al quale non mancheranno le necessarie basi: gl'istituti d'istruzione musicale, le società di concerti, i teatri d'opera portoghesi possono essere considerati, infatti, tra i migliori d'Europa.

Etnografia e folklore.

Molto omogeneo nei suoi caratteri fisici, malgrado le diverse influenze che avrebbero potuto modificare il tipo originario, il popolo portoghese offre pure una relativa omogeneità dal punto di vista psicologico e culturale. Essa è soprattutto accentuata in ciò che riguarda la lingua (v. sopra).

Numerosi ritratti psicologici sono stati fatti del Portoghese in generale e del Portoghese delle diverse provincie. Naturalmente gli autori non si trovano sempre d'accordo su questo argomento, ma in generale il Portoghese può essere ritenuto dolce, affabile e adattabile, sobrio e intelligente, moderatamente laborioso, coraggioso, impulsivo e spesso ostinato. Laborioso, allegro e pacifico nel Minho, è invece più orgoglioso e violento, ma anche assai generoso e leale nel Traz os Montes. Gli abitanti del Ribatejo, buoni cavalcatori, abituati a lottare e domare i torelli selvaggi, sono coraggiosi e agili. Nell'Alemtejo, paese piatto, arido e triste, l'uomo è altero, un po' malinconico, un po' fatalista come l'arabo. È chiamato "il più castigliano dei Portoghesi" ed effettivamente, mancando un confine naturale netto con la Spagna, la popolazione dell'Alemtejo ha caratteri di transizione, che non influiscono in nulla, del resto, sopra i suoi sentimenti nazionali. Nell'Algarve il popolo è allegro, chiacchierone, superstizioso. Gl'isolani delle Azzorre e di Madera non differiscono gran che dai Portoghesi del continente, nonostante qualche influenza straniera.

I canti e le danze popolari del nord e del centro del Portogallo sono molto vivaci e gioiosi con ritmi semplici e insistenti (chulas e caninha verde). Il bemdito è un canto mistico, solenne. A Miranda do Douro esiste una curiosa danza detta dei paulitos (dei bastoni) molto interessante dal lato folkloristico (danza guerriera). Nella zona centrale della costa predominano le danze a girotondo, il canto è dolce e meno profondo (estaladinho, vira malhão). Più a sud si ha il verde gaio e i fandangos. In alcune città (Coimbra e Lisbona soprattutto) la musica popolare preferita è il fado (dal latino fatum "destino"), canzone malinconica e lenta, di valore folkloristico e artistico molto limitato, la cui origine è relativamente recente essendo sorta sotto le influenze delle colonie e dei bassifondi di Lisbona. Anche nell'Alemtejo il canto è lento e triste, ma grave e profondo; mentre nell'Algarve è gioioso, spesso ironico ed erotico. Alle Azzorre esistono ancora delle aravias dell'epoca mozarabica (Freitas Branco). La canzone portoghese è stata, in generale, definita come povera di armonia, d'una semplicità primitiva, ma assai interessante come ritmo e disegno melodico. Il motivo predominante delle canzoni popolari è l'amore.

Nella parte settentrionale del paese le feste e i divertimenti popolari consistono principalmente in romarias (pellegrinaggi), in arraiais (feste semipagane in occasione di pellegrinaggi e cerimonie religiose), processioni, spettacoli in generale religiosi o feste rurali, come quelle per la raccolta del granoturco, la vendemmia, ecc. A Pico (Azzorre) si dànno ancora spettacoli di carattere religioso e si canta la tradizionale chamarrita. Nel Portogallo meridionale predominano invece le corride dei tori, mentre dappertutto poi vi sono fiere e feste tradizionali per il Natale e la Pasqua, e per S. Antonio, S. Giovanni e S. Pietro, nelle quali il popolo eseguisce danze intorno ai fuochi (fogueiras).

Il vitto del contadirio portoghese è, di solito, molto frugale; vi sono però piatti nazionali molto appreżzati (cosido, caldo verde, caldeirada, assôrda, papas, dobrada, cabidela, escabeches, ecc.), salumi eccellenti, diversi tipi di formaggi e un assortimento abbondante di pasticcerie e dolci gustosi (ovos moles di Aveiro, queijadas di Cintra, ov0s em fio, pães de ló, cavacas, morcela di Arouca, arrufadas di Coimbra, ecc.).

Le case rurali portoghesi non presentano un tipo uniforme, dato che la natura dei materiali da costruzione, il clima e la topografia contribuiscono a variarle. Ripari sotto roccia e caverne naturali sono utilizzate come abitazioni solo in via eccezionale o per dimora temporanea (ripari dei pastori; furnas di Madera). Così pure non si vedono più le capanne rotonde delle citânias (città fortificate) dei paesi del nord. In questi predominano le costruzioni di pietra, a due piani, con scala esterna, balcone e spesso alpendre (tettoia davanti all'ingresso). La cucina, che di solito è il locale più importante nella casa, è posta generalmente al piano superiore. Spesso l'abitazione propriamente detta è separata dalla stalla e dagli altri annessi rurali, che si aprono allora su una corte comune.

Le case hanno, per la maggior parte, tetto di tegole, sebbene in qualche villaggio sperduto si trovino ancora tetti di paglia. Lungo le coste, specialmente al centro e nell'Algarve, si vedono case in legno (palheiros) a volte su palafitte. Granai (espigueiros) pure appoggiati su pali sono assai frequenti al nord del paese. Nella zona costiera centrale predominano costruzioni in mattoni e i muri esterni sono per lo più imbiancati, ciò che è d'uso generale nei paesi del sud. Verso il sud i camini sono grandi e artistici, spesso sproporzionati alla semplicità e piccolezza della casa.

Gli azulejos (mattonelle di maiolica), le persiane, le mensole esterne per i vasi da fiori, le banderuole sui tetti sono particolari che ricorrono di frequente. Nell'Alemtejo l'abitazione si riduce spesso al pianterreno; essa è però sempre circondata da altre costruzioni destinate al bestiame e ai servizî rurali che sono chiamati montes. Nell'Algarve i tetti sono spesso a terrazza.

Molti costumi popolari tradizionali si conservano aneora in certe regioni del paese. Sono particolarmente interessanti i costumi femminili del Minho, a varî colori; delle varinas (le donne di Ovar e di Murtosa), della tricana (popolana) di Aveiro e di Coimbra, il cappuccio o bioco dell'isola di Fayal e di qualche zona del continente, la capucha delle montanare di Caramulo e di altre montagne della Beira, la coca di Porto Alegre. I costumi del sud sono generalmente più sobrî e severi di quelli del nord, specie di quelli del nord-ovest.

Fra gli uomini, sono più caratteristici i costumi dei pastori delle montagne della Beira, dei contadini di Miranda (con i loro solenni mantelli chiamati capas de honras), dei pastori a cavallo (campinos) del Ribatejo, dei contadini (saloios) dei dintorni di Lisbona, dei moirais e dei maltezes di Alemtejo. In varî luoghi sussiste ancora l'uso della filatura e della tessitura a mano e sono molto interessanti etnograficamente le bellissime rocche decorate.

Tra le arti e le industrie popolari si possono ricordare le trine (Viana do Castelo, Vila do Conde, Peniche, Madera), tappeti (Arraiolos, Vildemoinhos), la ceramica, sparsa un po' dappertutto, i mobili (Évora), i cucchiai artistici dei pastori del centro e del sud, i gioielli di filigrana d'oro e d'argento (dintorni di Oporto), ecc. Alcune di queste industrie hanno origini assai antiche.

I canotti e le barche del Duero (rabêlos) e del Rio d'Aveiro (moliceiros, bateiras, labrêgas, ecc.) sono molto caratteristici. Sono pure tipici i carri da buoi della costa nordica fino a Coimbra, che hanno gioghi spesso decorati in modo bizzarro, le carrette per i muli dell'Alemtejo, ecc. Originali sono pure i finimenti di questi muli e i disegni ritagliati nel loro pelo.

In alcune regioni del nord si hanno a volte forme di coltivazione collettiva. Si fa, per es., periodicamente la distribuzione individuale dei campi appartenenti alla comunità e le autorità riconoscono questi usi. Si trovano, un po' dappertutto, piccoli villaggi con forni, mulini, ecc., che sono di proprietà collettiva. I pescatori delle coste del nord costituiscono gruppi endogamici, e hanno per il lavoro corporazioni chiamate irmandades e compromissos.

Sono frequenti in Portogallo i fenomeni di transumanza e di migrazione interna. I pastori del centro si spostano con le loro mandrie secondo le stagioni e a distanze a volte considerevoli. I paesani della Beira e i montanari dell'Algarve vanno, a gruppi numerosi, in occasione delle raccolte, nell'Alemtejo.

V. tavv. XI e XII.

Bibl.: Album de costumes portugueses, Lisbona 1888; J. P. Oliveira Martins, Hist. de Portugal, Oporto 1927; Notas sôbre Portugal, voll. 2, Lisbona 1908; R. Proença, Portugal, Parigi 1931; A. dos Santos Graça, O Poveiro, Povoa de Varzim 1932; F. de Matos Cunha, Notas etnograficas sóbre Barcelos, Oporto 1932; J. Leite de Vasconcellos, Esquisse d'une dialectologie portugaise, Parigi 1901; Portugal. Exposição Portuguesa em Sevilha, Lisbona 1929. Pubbilcazioni periodiche: Portugalia, Oporto 1889-1900; Terra Portuguesa, Lisbona 1916-1922; Trabalhos da Sociedade portuguesa de antropologia e etnologia, Oporto 1919 segg.; Revista Lusitana, Lisbona 1891-1927.

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