Posare

Enciclopedia Dantesca (1970)

posare (pausare; imperf. cong. I singol. posasse)

Antonio Lanci

Verbo usato con discreta frequenza, che ricorre per lo più come intransitivo (spesso con costrutto intransitivo pronominale), raramente come transitivo.

Intransitivo, nel senso di " fermarsi ", " arrestarsi ", detto della freccia quando raggiunge il bersaglio: Pd II 23 forse in tanto in quanto un quadrel posa / e vola e da la noce si dischiava, / giunto mi vidi ove mirabil cosa / mi torse il viso a sé, dov'è da rilevare la figura della praeposteratio, per cui " l'ordine dei fatti è invertito e rispecchia il procedimento mentale che ne ripercorre a ritroso la successione temporale dopo che questa si è compiuta " (Sapegno; per l'uso dello stesso artificio, cfr. Pd VII 112 e XXII 109).

Il Landino, però - e con lui il Vellutello, Torraca, Del Lungo, ecc. - intende: " lo intervallo del tempo non fu più che posare un quadrello ovvero saetta in sul balestro carico, e dischiavare, idest disserrare el balestro, e volare la saetta al segno "; posa varrebbe, cioè, " sta " (per essere stato posto) e l'inversione delle posizioni del dardo sarebbe limitata al volare e al dischiavarsi: ma, come nota il Chimenz, questa interpretazione è " meno probabile, giacché mancherebbe l'indicazione esplicita dell'arrivo del dardo nel segno, richiesta dall'espressione del secondo termine di paragone giunto mi vidi ". L'artificio appare tuttavia al Porena " una bizzarria poco felice, o, più probabilmente, uno spediente per comodità di rima "; a quest'ultima ipotesi accede anche il Chimenz.

Intransitivo (o intransitivo pronominale); col valore di " interrompere un'operazione ": Pg II 85 Soavemente disse ch'io posasse, " cioè cessassi di tentare d'abbracciarla [l'ombra di Casella] " (Scartazzini-Vandelli); XXXI 77 posarsi quelle prime creature / da loro aspersïon l'occhio comprese, " l'occhio (mio) comprese (vide) quelle prime creature (gli angeli...) posarsi (essersi posate, pres. per passato) da loro aspersion (dallo spargere fiori) ", Chimenz.

Si veda anche in Pd VI 27 al mio Belisar commendai l'armi, ‛ cui la destra del ciel fu sì congiunta, / che segno fu ch'i' dovessi posarmi / " cessare dalle fatiche della guerra per occuparmi tranquillamente del lavoro legislativo " (Scartazzini-Vandelli); Fiore XCIX 1 Sed e' vi piace, i' sì m'andrò posando, / sanza di questi fatti più parlare. Detto del remo, quando viene interrotto il movimento d'immersione nell'acqua: Pd XXV 135 per cessar fatica o rischio, / li remi, pria ne l'acqua ripercossi, / tutti si posano al sonar d'un fischio. Anche figurato: Rime XC 33 lo imaginar, che non si posa, / l'adorna ne la mente ov'io la porto.

Vale " riposarsi ", in Cv III I 3 li occhi de l'altre persone chiusi dormendo si posavano; Pd XXIII 2 l'augello... / posato al nido de' suoi dolci nati / la notte che le cose ci nasconde, " dopo aver riposato " (Sapegno; analogamente il Chimenz. Il Mattalia intende invece " stando ", e rimanda a " ramo... sedens " di Virg. Georg. IV 514).

Il verbo può significare anche " acquietarsi ", " calmarsi ", " aver quiete, pace ", " appagarsi ", " essere soddisfatto ": If XXI 105 Posa, posa, Scarmiglione!, " quiétati, quiétati " (Lombardi); Cv IV IV 4 lo quale [imperatore] li regi tegna contenti ne li termini de li regni, sì che pace intra loro sia, ne la quale si posino le cittadi.

Si veda anche in Pg XVIII 32 l'animo preso [dall'amore] entra in disire, / ch'è moto spiritale, e mai non posa / fin che la cosa amata il fa gioire; Pd IV 127 già mai non si sazia / nostro intelletto, se 'l ver non lo illustra / di fuor dal qual nessun vero si spazia. / Posasi in esso, come fera in lustra, / tosto che giunto l'ha: " intellectus in mundo diu speculatur et contemplatur, et numquam quiescit nisi in ipso fine suo " (Benvenuto); XVII 139 l'animo di quel ch'ode, non posa / né ferma fede per essempro ch'aia / la sua radice incognita e ascosa, " non sta contento " (Buti), " non s'acqueta "; valore consimile ha la forma latineggiante pausa (in rima con causa e ausa) in Pd XXXII 61 Lo rege per cui questo regno pausa / in tanto amore e in tanto diletto.

In If VII 66 tutto l'oro ch'è sotto la luna / e che già fu, di quest'anime stanche / non poterebbe farne posare una, il verbo viene solitamente inteso nel senso di " avere riposo, tregua, quiete " (con l'idea d'interruzione della pena): " Qualunque ricchezza non varrebbe a comperare il riposo di una sola di queste anime affaticate " (Porena, e così, in genere, gli altri interpreti antichi e moderni). Ma il Barbi (Problemi I 266-267) ha obiettato che, se questo fosse il senso delle parole di Virgilio, si tratterebbe di " un'affermazione superflua, una supposizione vana ", in quanto ormai, per le anime del quarto cerchio, come per tutti i dannati, " quello che è sarà in eterno ". " Dante - prosegue il Barbi - pensa invece alle anime che sono in terra, a ciò che produce in loro la ricchezza. Vedi (dice Virgilio a Dante, per fargli prender frutto di ciò che hanno visto e discorso), vedi per che s'affanna l'umana gente! Chi desidera il danaro è sempre in ansia per averne di più, è sempre in lotta per strapparlo agli altri. Ammassa pure tutto l'oro del mondo, e... vedi quante anime son qui? neppure una riusciresti (se fossero, s'intende, ancora nel mondo, in grado di desiderarlo e goderlo), ad appagare con esso; neppure una ! ". Ora a noi sembra che si possa senz'altro riconoscere nella terzina, sulla scorta delle argomentazioni del Barbi, un'invettiva contro l'avarizia che ammorba il mondo dei vivi; ma è pure da tener presente il dato immediato, cioè la zuffa delle anime, cui le ricchezze mai potrebbero concedere quiete; insomma le due interpretazioni non solo possono coesistere, ma sono entrambe complementari, sulla base del criterio figurale proposto dall'Auerbach, secondo cui le situazioni della Commedia, mentre conservano la loro dimensione particolare, si pongono al tempo stesso come paradigmi esemplari della vicenda dell'uomo nella sua universalità.

La stessa compresenza di particolare e di universale si può ritrovare in un altro passo controverso: Pg XVII 51 una voce disse " Qui si monta " / ... e fece la mia voglia tanto pronta / di riguardar chi era che parlava, / che mai non posa, se non si raffronta, che interpretiamo, con il Bianchi e numerosi altri (già il Buti, Landino, Daniello, Venturi e quasi tutti i commentatori moderni), nel modo seguente: " Fece la mia voglia tanto pronta, tanto sollecita e impaziente, di vedere chi era quegli che parlava, che quando la voglia è a tal segno, non posa mai, non s'acqueta, se non mi raffronta, se non viene a fronte colla cosa o persona bramata ". Il Lana chiosa invece: " l'animo meo no pasarà fin che no me afrontarò a reodirla [la voce], çoè doppo la prima vita ". E poi il Serravalle: " anima mea et voluntas mea nunquam quiescit donec redibit ad Coelum, ubi valeat videre naturam angelicam fronte ad frontem "; il Lombardi: " enallage; invece di ‛ mai posata non si sarebbe se non si fosse raffrontata, incontrata, trovata a fronte dell'oggetto bramato ' ".

Col significato di " stare ", in Pd XXXII 130 lungo l'altro posa / quel duca, Mosè, condottiero degli Ebrei, che " sta ", " siede " nella candida rosa, a fianco di Adamo; Fiore LXXIV 12 un suo amico co llei si posava; con l'idea di riposo: Pg VI 66 Ella [l'anima di Sordello] non ci dicëa alcuna cosa, / ma lasciavane gir, solo sguardando / a guisa di leon quando si posa, " giace giù boccone co la testa alta " (Buti), " è in posa, in giacitura di riposo; con la relativa impressione di statuaria solennità " (Mattalia); cfr. Gen. 49, 9 " requiescens accubuisti ut leo ". E figurato in Rime dubbie VIII 4 'l suo desio nel congelato lago, / ed in foco d'amore il mio si posa.

Ancora figurato, detto della speranza che " poggia ", " si fonda ", " riposa ", " è riposta " in qualcuno: Cv III XI 16 Enea... era termine in che si posava tutta la speranza de la loro [dei Troiani, suoi compagni] salute; Rime dubbie XVI 19 mi s'è posata / entro a la mente, detto della membranza. In senso proprio, ma in contesto figurato: l'una delle tre donne che intorno al cor mi son venute / ... 'n su la man si posa / come succisa rosa (Rime CIV 20).

Transitivo, nel senso proprio di " deporre ", in Pg IX 61 Qui ti posò; vale " lasciar riposare ", " dare riposo ", in If I 28 Poi ch'èi posato un poco il corpo lasso, / ripresi via per la piaggia diserta (per le numerose varianti, cfr. Petrocchi, ad l.), e, come variante, in If XXXI 143 [Anteo] ci posò in luogo del più raro ci sposò. Con significato diverso (" trattenere, far perdere il tempo ", Parodi), in Fiore LXXXVI 11 Falsembiante trametter non s'osa / di questi fatti... ciò ci posa.

Usato assolutamente, nel senso di " porre una questione ", in Detto 124 Di' tu, se pro' posat'ho.