Presto

Enciclopedia Dantesca (1970)

Presto (Prete Gianni)

Francesco Vagni

Il nome del leggendario personaggio (anche Pretejanni; Prestre Jehan, Prête Jean, Prête-Jean in Francia) compare con tutte le caratteristiche del calco dal francese, anche se con metaplasmo (-o invece di -e) tutt'altro che insolito (cfr. ‛ giularo ', ‛ gioladro ' accanto a ‛ giullare '), in due luoghi paralleli: Fiore II 11 Ed i' risposi: " I' sì son tutto presto [pronto, disposto] / di darvi pura e fina fedeltate, / più ch'Assessino a Veglio [Veglio della Montagna] o a Dio il Presto ", e Detto 262 Unque Assessino al Veglio / non fu già mai sì presto, / né a Dio mai il Presto, / com'io a servir amante, in entrambi i casi come esempio di una fede assoluta in Dio. Notevoli la rima equivoca e l'antonomasia, che giunge fino all'Ariosto (Orl. Fur. XXXIII 106 " Senapo detto è dai sudditi suoi; /- gli diciam Presto o Preteianni noi ").

Prete Gianni è personaggio di una delle più diffuse leggende del Medioevo, che soprattutto rivela gl'interessi culturali e politici dell'Occidente cristiano per l'esplorazione, l'evangelizzazione, la conquista militare e l'espansione economica in Asia. Essa si diffonde, si arricchisce, si adatta a diverse versioni a partire dal sec. XII. Il P. fa probabilmente la sua prima apparizione nella Cronaca di Ottone di Frisinga (seconda metà del sec. XII), che riporta le notizie raccolte, alla corte pontificia, dalla voce di un vescovo di Gabula (a sud di Laodicea). Sovrano e capo religioso della setta cristiana nestoriana, discendente dei Re Magi, favolosamente ricco, dopo la vittoria sui Persiani e sui Medi prima della caduta di Edessa (1144), P. ha intenzione di giungere a Gerusalemme, ma si ferma al passaggio del Tigri. Sono qui tutti gli elementi di un materiale geografico, politico, culturale e fantastico di una secolare letteratura, che supera i limiti cronologici del Medioevo. Ancora all'inizio troviamo una famosa falsificazione: una lettera del P. indirizzata all'imperatore bizantino Emanuele I Commeno e fatta tradurre dal Barbarossa dal greco in latino. Nel 1177 papa Alessandro III affida al medico Filippo, personaggio di sua fiducia, una lettera a Ioanni illustri et magnifico Indorum regi. È ormai sufficientemente chiaro che al tempo delle crociate si diffonde la leggenda di un ricchissimo principe cristiano dell'Asia centrale, che, in lotta contro i Musulmani, costituisce un possibile alleato delle potenze cristiane.

La conquista mongola dell'Asia, dalla Cina alla Russia, apre nel Duecento la via ai viaggi dei francescani Giovanni da Pian del Carpine (1245) e Guglielmo di Ruysbroek, pochi anni dopo, dall'Ucraina a Karakorum, capitale del Gran Khan dei Tartari, a cui i missionari propongono, per conto dei pontefici, audaci piani di coalizione antimusulmana, senza effetto sul piano politico. Ma le loro relazioni costituiscono l'antecedente più importante e prezioso a quelle degli esploratori-mercanti, come i Polo.

Ebbene, tutti questi scrittori più attendibili accennano al P., sia pure in epoche diverse e con distinte identificazioni. È probabile, quindi, che essi non alludessero a un singolo individuo, ma a una serie di sovrani religioso-politici, da alcuni moderni identificati poi con i Dalai Lama del Tibet, da altri - con scarso fondamento - con i capi della setta persiana degli Ismaeliti o " assasini " (v.), e in particolare con il fondatore, il Veglio della Montagna, Hassan-Ibn-Sabbah e da altri ancora, con maggiore ragionevolezza, con un capo politico-religioso (sec. XIII) della tribù mongolica dei Keraiti, abitante sulle rive dell'Amur, di nome Oun Khan, trasformato in Gianni e simili. Giovanni da Pian del Carpine lo individua in un principe indiano vincitore di Genghiz-Khan; Marco Polo lo identifica con un principe tartaro ucciso da Genghiz-Khan. Leggiamo ne Il Milione (LVI): " Cinghys Cane vinse la battaglia, e fuvvi morto lo preste Giovanni, e da quel die innanzi perdeo sua terra tutta "; e ancora al capitolo LXII " La mastra [principale] cittade è Tenduc, e di questa provincia è re un discendente dal legnaggio di preste Giovanni, e ancora si è Presto Giovanni, e suo nome si è Giorgio. Egli tiene la terra per lo Gran Cane, ma non tutta quella che teneva lo presto Giovanni, ma alcuna parte di quelle medesime ".

Nella letteratura più propriamente d'invenzione saranno infine da ricordare la presenza di P. nel Novellino (II), nel ciclo di Ugo di Alvernia, e in Andrea da Barberino, ecc.

Bibl. - C.V. Langlois, La connaissance de la nature et du monde, Parigi 1927, 44-70; R. Lefèvre, La leggenda di P. Gianni, in " Annali Lateranensi " VIII (1944); J.M. Pou y Marti, in " Antonianum " XX (1945); E. Cerulli, Il volo di Astolfo sull'Etiopia nell'Orlando Furioso, in " Rendic. Accad. Naz. Lincei " s. 6, VIII (1932); L. Olschki, L'Asia di Marco Polo, Firenze 1957, 376-391; C.E. Nowell, in " Speculum " XXVIII (1953) 435-445.