PRIVATIZZAZIONI E LIBERALIZZAZIONI

Enciclopedia Italiana - IX Appendice (2015)

PRIVATIZZAZIONI E LIBERALIZZAZIONI.

Alessandro Petretto

– Liberalizzazione dei mercati e concorrenza. Privatizzazione e regolamentazione dei servizi pubblici a rete. Infrastrutture pubbliche in regime di partenariato pubblico-privato (PPP). Vendita di asset pubblici e riduzione del debito pubblico. Bibliografia

Le liberalizzazioni sono interventi legislativi e organizzativi tendenti a rendere i mercati dei beni e dei servizi più concorrenziali. Le privatizzazioni costituiscono uno di questi interventi proconcorrenziali, assumendo specifici significati, come la cessione di quote di società operanti nei mercati regolati dei servizi pubblici a rete, la costruzione e gestione di infrastrutture pubbliche in regime di partenariato pubblico-privato e la dismissione di patrimonio immobiliare pubblico per ridurre il debito.

Liberalizzazione dei mercati e concorrenza. – La legislazione europea in campo economico si basa sul principio secondo cui l’iniziativa privata e l’attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge. È un principio al quale si associa il meccanismo di allocazione basato su scambi e contratti di diritto privato, in altre parole il mercato. Tuttavia, una serie di principi più generali, beni e ambiti legislativi possono giustificare eccezioni al principio stesso e prefigurare un significativo intervento pubblico correttivo, disciplinato per mezzo di un ordinamento giuridico non limitato a contenere i costi di transazione degli scambi, ma anche rivolto a redistribuire i diritti di proprietà che il mercato alloca (Shavell 2004; Petretto 2005).

D’altra parte alla concorrenza, intesa nel senso ampio di rivalità e contendibilità delle posizioni assunte dai vari agenti economici, sono associabili requisiti certi di efficienza e di benessere della collettività. Liberalizzare, promuovendo e tutelando la concorrenza, significa infatti erodere le rendite che si formano a seguito del potere di mercato e distorcono l’impiego delle risorse (Motta, Polo 2005). La contendibilità ha, inoltre, vantaggi in termini di incentivi all’innovazione, organizzativa interna e produttiva, cioè in termini di efficienza dinamica (Aghion, Bloom, Blundell et al., 2005). Le rendite da erodere non sono solo quelle monetarie, che si formano con le posizioni monopolistiche nei mercati dei beni, ma possono assumere anche la forma di potere burocratico, consenso politico e quindi voti. I requisiti di trasparenza, parità delle condizioni di partenza, imparzialità e anonimità costituiscono il presupposto delle politiche per rendere competitivo sia il mercato dei beni sia il «mercato politico» (Besley 2007).

Alcune ricerche hanno mostrato come il ritardo nella crescita del PIL potenziale di alcuni Paesi industrializzati, come l’Italia, sia proprio dovuto dalla scarsa apertura del sistema economico alla concorrenza, ossificato da posizioni dominanti e da rigidità nel sistema dei prezzi (Arnold, Nicoletti, Scarpetta 2011). In Italia i settori meno liberalizzati sono nei servizi a rete, come il trasporto ferroviario, le poste e le autostrade, nei servizi bancari e assicurativi, dove sussistono barriere all’entrata, e nei settori a entrata regolata o soggetta a autorizzazione, come i servizi professionali, le farmacie, i taxi e gran parte della distribuzione commerciale. Le performance migliori arrivano dal mercato elettrico e in generale dai settori regolati da autorità indipendenti. Le politiche di liberalizzazione in Italia riguardano anche lo start-up di impresa (riduzione del numero di procedure, del tempo richiesto, dei costi diretti), l’efficienza della giustizia civile per assicurare la certezza dei contratti (riduzione del numero di procedure, del costo del processo, del tempo richiesto) e le regole delle procedure fallimentari (aumento del tasso di recupero e riduzione del costo e del tempo medio).

Privatizzazione e regolamentazione dei servizi pubblici a rete. – La teoria economica e le analisi empiriche condotte negli ultimi trent’anni hanno mostrato i limiti e i risultati insoddisfacenti, in termini di livelli qualitativi e quantitativi forniti, di costi e di risorse pubbliche impiegate, del modello tradizionale, basato sull’affidamento diretto a imprese pubbliche in condizioni di monopolio verticalmente integrato. È stato quindi formulato e applicato, anche in virtù della legislazione europea, un nuovo modello organizzativo (Petretto 2004). L’approccio seguito si traduce nella separazione istituzionale tra governo e impresa, lo smantellamento dei monopoli naturali quando la tecnologia lo consente, la disintegrazione verticale per liberalizzare i segmenti della filiera a valle, per la distribuzione ‘all’ultimo miglio’, e la collocazione sul mercato delle quote azionarie. Nei settori non concorrenziali rimane operativa la regolamentazione dell’accesso ai servizi universali e il controllo della dinamica tariffaria. La privatizzazione è dunque un tassello, neppure il più significativo, di un più complesso e articolato processo di riorganizzazione industriale.

La teoria della privatizzazione dei servizi pubblici si è sviluppata a partire da una serie di contributi originali negli anni Ottanta del secolo scorso. Sono tre i filoni teorici più significativi che analizzano la convenienza economico-sociale della cessione a privati del controllo di imprese di servizi. Il primo sottolinea la limitata credibilità della regolamentazione governativa delle imprese affidatarie quando i relativi contratti sono incompleti; il secondo esamina la natura del conflitto di interesse nel fissare il valore sociale della produzione tra azionisti e manager nei due assetti proprietari; il terzo, il più importante in quanto all’interno dell’ampia letteratura di Political economy, enfatizza il comportamento self-interest dei vari attori come gli elettori, i politici, i manager e i sindacati.

Infrastrutture pubbliche in regime di partenariato pubblico-privato (PPP). – Tra le varie forme di partenariato pubblico-privato (PPP) spicca il Project financing, nel quale l’intero processo di costruzione e gestione diviene, attraverso la costituzione di una società apposita, un oggetto a sé stante rispetto all’attività principale dei contraenti. I flussi di cassa e gli utili della società rappresentano la fonte primaria, se non unica, di remunerazione dell’investimento e di garanzia per i finanziatori. I vantaggi possono concretizzarsi in una riduzione dei costi di costruzione e gestione dell’infrastruttura, e in una maggiore efficienza e qualità dei servizi erogati. Inoltre, l’intervento dei privati sviluppa il ricorso a tecniche di whole life costing che permettono la corretta quantificazione degli esborsi in conto capitale. Infine, le operazioni in partenariato consentono di trasferire in modo trasparente, proporzionato e mirato parte dei rischi del progetto al settore privato, che può sopportare meglio le incertezze del mercato di riferimento. La principale criticità del PPP riguarda l’elevata complessità contrattuale, necessaria a definire correttamente l’operazione, per cui i progetti richiedono spesso tempi lunghi per l’avvio della fase operativa. Inoltre, l’amministrazione pubblica

risulta, il più delle volte, in posizione di svantaggio, rispetto alla parte privata, sia nell’identificazione dei rispettivi obblighi contrattuali, sia nel monitoraggio dell’esecuzione corretta del contratto.

La teoria economica si concentra sul confronto tra PPP e affidamento convenzionale, cioè la concessione. In particolare, si rileva come, nel primo, il bundling delle fasi, che assegna allo stesso costruttore dell’infrastruttura la gestione del sottostante servizio, incentivi il contraente privato a prendere in considerazione anche i costi di lungo periodo, cioè i costi di manutenzione e i costi operativi. Quando l’esternalità tra le fasi è positiva, l’incentivo è ancora più forte e, attraverso un’opportuna ripartizione del rischio, si ottengono progetti di qualità migliore a un minor costo complessivo. L’analisi teorica suggerisce che il PPP con bundling è da preferire all’affidamento con unbundling quando una qualità migliore dell’infrastruttura può ridurre notevolmente i costi nella fase operativa, la qualità dell’opera ha un grande impatto su quella dei servizi prestati e la domanda è stabile e facilmente prevedibile, come nel settore dei trasporti e in quello idrico (Hart 2003; Bennet, Iossa 2006). La modalità bundling, con contratti di lungo termine, permette ai progetti in PPP di fornire incentivi di lungo periodo efficienti e di ottimizzare il trade off tra investimento e manutenzione lungo tutto l’arco di vita del progetto. Ciò previene l’aumento ingiustificato dei costi, ma richiede alle pubbliche amministrazioni un forte impegno per verificare l’applicazione rigorosa delle clausole contrattuali. Più il rischio di collusione è alto, più debole è la preferenza per l’opzione PPP (Martimort, Pouyet 2008).

Vendita di asset pubblici e riduzione del debito pubblico.– Nell’ambito delle politiche per la riduzione del debito pubblico, la valorizzazione e dismissione del patrimonio pubblico, in particolare immobiliare, svolge un ruolo attivo e potenzialmente molto efficace. Le dismissioni sono infatti contabilizzate come riduzione della spesa pubblica, e quindi come aumento dell’avanzo primario, quando riguardano la vendita di immobili, e come partite finanziarie positive, quando riguardano la cessione di titoli azionari. In entrambi i casi, operano nel senso di ridurre lo stock di debito su PIL. In Italia la strategia di valorizzazione e dismissione di immobili pubblici fa perno sui fondi immobiliari di investimento, nazionali e locali, gestiti da società pubbliche o miste che acquisiscono immobili utilizzati dalle pubbliche amministrazioni. Gli enti proprietari destinano parte del ricavato alla riduzione del debito sia nazionale che locale.

Bibliografia: O. Hart, Incomplete contracts and public ownership: remarks, and an application to public-private partnerships, «The economic journal», 2003, pp. C69-C76; A. Petretto, Privatizzazione e regolamentazione, in Enciclopedia del Novecento, 3° supplemento, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 2004, ad vocem; S. Shavell, Foundations of Economic Analysis of Law, Cambridge (Mass.) 2004; P. Aghion, B. Bloom, R. Blundell et al., Competition and innovation: An inverted – U relationship, «Quarterly journal of Economics», 2005, 2, pp. 701-28; M. Motta, M. Polo, Antitrust: Economia e politica della concorrenza, Bologna 2005; A. Petretto, Tutela della concorrenza e disciplina dei contratti nell’Analisi economica del diritto, in Concorrenza e mercato, a cura di G. Vittori, Padova 2005; J. Bennet, E. Iossa, Building and managing facilities for public services, «Journal of public economics», 2006, 10,pp. 2143-60; T. Besley, Principled agents? The political economy of good government, Oxford 2007; D. Martimort, J. Pouyet, Build it not: Normative and positive theories of public-private partnerships, «International journal of industrial organization», 2008, pp. 393-411. Si veda inoltre: J. Arnold, G. Nicoletti, S. Scarpetta, Does anti-competitive regulation matter for productivity? Evidence from European countries, Institute for the study of labour (IZA), Discussion Paper nr. 5511, February 2011, http://ftp.iza.org/dp5511.pdf(3 sett. 2015).

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