PROITOS

Enciclopedia dell' Arte Antica (1965)

PROITOS (Προῖτος)

A. Bisi

Figlio di Abante e di Aglaia, re di Tirinto, discendente dalla stirpe dei Danaidi.

Si narra che i Ciclopi costruirono per lui la rocca di Tirinto. Apollodoro (Bibl., ii, 2, 1) ci tramanda che P. e il fratello Acrisio lottavano già nel grembo della madre per la signoria (secondo un'altra tradizione, raccolta dallo stesso autore, ibid., ii, 4, 1, la seduzione della figlia di Acrisio, Danae, ad opera di P. sarebbe stata la causa prima della contesa). Pausania (ii, 25, 7) narra che la lotta si svolse nella pianura fra Argo e Tirinto, sfociando in una vera e propria battaglia campale: al suo tempo si mostrava ancora nel luogo un monumento funerario, eretto ai caduti delle due parti. Sempre secondo Pausania la lotta finì con una tregua: Acrisio conservò Argo, P. ebbe Tirinto e la zona costiera. Secondo Apollodoro, invece, P. fu scacciato da Argo dal fratello e si recò in Licia da Iobate, sposandone la figlia, che è detta Antheia in Omero, Stheneboia nella tradizione posteriore. Forte di un esercito licio P. tornò a Tirinto, obbligando Acrisio ad una spartizione dei dominî. Per vendetta di ciò Perseo, nipote di Acrisio, giunse ad Argo e con l'ausilio della testa di Medusa mutò P. in pietra (Ovid., Metam., v, 236-41). Sempre in Apollodoro, al mito di P. si intreccia quello di Bellerofonte, che avrebbe soggiornato presso di lui, facendo innamorare di sé la moglie di P., Stheneboia. In seguito la vicenda di P. si intreccia a quelle di un altro ramo dei Danaidi, ad uno dei quali, Biante, P. dette in sposa la figlia, guarita dalla pazzia, e i due terzi dei suoi dominî argolici. Pausania ricorda a più riprese P. e l'edificazione di un tempio ad Hera e di uno a Peithos che egli fece in Sicione, come ringraziamento per la guarigione della figlia (Paus., ii, 4, 2; 7, 8; 9, 8; 12, 2; 16, 2-5; v, 5, 10; viii, 18, 7-8; x, 10, 3).

Alcuni vasi che riproducono il commiato di Bellerofonte da Stheneboia presentano il re di Tirinto in veste di eroe barbuto, con fluente chioma, talora in abito orientale, chitone manicato ed hymàtion; così egli appare anche su una pittura murale pompeiana e su un sarcofago nella Villa Pamphili in Roma: anche qui alla partenza dell'eroe corinzio è presente P. con veste asiatica e lo scettro nella sinistra. In un esemplare vascolare del Museo Nazionale di Napoli P. seduto consegna una lettera al giovane Bellerofonte che tiene le redini di Pegaso; un vaso della Collezione Jatta ha come partecipanti secondarî alla scena, oltre a Stheneboia, una serva con flagello. Talora il personaggio barbuto che tiene o legge il plico scritto viene interpretato come Iobate.

Bibl.: Höfer, in Roscher, III, 2, 1897-909, c. 3010-3014, s. v. Sul sarcofago Pamphili: F. Matz-F. von Duhn, Antike Bildwerke in Rom, II, Lipsia 1881, p. 258, n. 2897. Sui vasi: R. Engelmann, Bellerofonte e Pegaso, in Ann. Inst., XLVI, 1874, pp. 10-13, nn. 13-17, 22.