allocutivi, pronomi
I pronomi allocutivi sono forme di pronomi personali, atoni e tonici (➔ ; ➔ ), usate per rivolgersi a un destinatario, per interloquire con lui e per richiamare la sua attenzione (➔ ; ➔ ).
Sul piano morfologico, in italiano si tratta di pronomi di persona diversa:
(a) di seconda persona: sing. tu, ti; pl. voi, vi, Voi, Vi;
(b) di terza persona: sing. Lei, Le; pl. Loro;
(c) raramente di prima plurale, nel cosiddetto noi inclusivo (per es., il medico al paziente: come stiamo oggi?).
La forma di cortesia di terza persona femminile Ella è ormai rara, attestata quasi soltanto nel linguaggio burocratico o in uno stile molto formale (➔ ).
Per convenzione la grafia maiuscola di Voi, Vi, Lei, Le, Loro segnala nella lingua scritta i pronomi allocutivi detti di cortesia (➔ ) per distinguerli dai pronomi personali di seconda (voi, vi) e terza persona (lei, le, loro) non di cortesia.
Il pronome può essere esplicito o sottaciuto: in quest’ultimo caso è ricavabile nel contesto grazie all’accordo verbale (➔ ) o alla presenza di aggettivi possessivi corrispondenti: mi direbbe per favore che ora è?
La dipendenza dei pronomi allocutivi dal contesto della comunicazione li qualifica come elementi ➔ , cioè forme che trovano il loro referente nel ➔ e sono vincolate alle norme sociali in uso (Renzi 2001; Molinelli 2002; Scaglia 2003). La loro caratteristica fondamentale è infatti la natura pragmatica: dipendono dal sistema di regole che governano il comportamento degli interlocutori sia nell’uso di mezzi linguistici che nella scelta di comportamenti non-verbali nei loro rapporti.
La scelta del pronome allocutivo sarà dunque coerente:
(a) con i mezzi linguistici come i saluti, i titoli e i vocativi (Mazzoleni 20012); per questo a un amico con cui si è in rapporto confidenziale si dice: ciao, Mario, come ti senti?;
(b) con comportamenti non-verbali come un abbraccio, una stretta di mano o una pacca sulla spalla.
Nell’italiano contemporaneo la scelta del pronome allocutivo e delle forme congruenti (titoli, accordo verbale, verbi modali, formule di vario genere) è determinata dal contesto (formale o informale) in cui si realizza il dialogo e dal tipo di relazione esistente tra parlante e ascoltatore. Quest’ultimo è regolato dalla combinazione di due parametri interazionali: simmetria / asimmetria e confidenza / distanza, che si possono illustrare con le due situazioni seguenti:
(a) se i due interlocutori sono su un piano di parità comunicativa si ha un rapporto simmetrico: di conseguenza si ha l’uso dello stesso sistema allocutivo; se invece uno dei due è in posizione di maggior potere comunicativo si ha un rapporto asimmetrico, cioè ad es. l’uso di tu da parte del superiore e di Lei da parte dell’inferiore;
(b) la relazione simmetrica può realizzarsi sia al livello della confidenza (o solidarietà) con il tu reciproco, sia al livello della distanza con il Lei reciproco; la distanza caratterizza un incontro tra estranei o il rapporto tra persone che, pur conoscendosi, hanno ruolo sociale diverso.
Va sottolineato che l’uso del Lei come allocutivo determina l’accordo al femminile per tutti gli elementi pertinenti, salvo gli elementi nominali e aggettivali, anche se tale norma (evidentemente sentita come complicata) viene trascurata nell’uso poco sorvegliato:
(1) Caro dottore, le ho portato le mie analisi. Ma cos’ha, è stanco?
Nell’italiano contemporaneo, specificamente nelle varietà standard e neostandard (o italiano dell’uso medio), il sistema pronominale allocutivo è orientato ai due parametri interazionali citati, come la tab. 1 mostra in sintesi.
La relazione simmetrica può essere di confidenza o di distanza, mentre quella asimmetrica esclude il parametro della confidenza (o solidarietà: Brown & Gilman 1960).
In una relazione simmetrica i pronomi allocutivi sono sempre speculari per entrambi i parametri; gli allocutivi di confidenza costituiscono il perno dell’allocuzione nell’italiano contemporaneo, come mostrano gli esempi (2) (un parlante - un interlocutore), (3) (un parlante - n interlocutori e viceversa) e (4) (due gruppi di n ascoltatori).
In (2) si osserva la presenza di tu come pronome allocutivo di richiamo (in forma esplicita al turno A, implicita in come stai al turno B) e di elementi congruenti sul piano interazionale (ciao, ehi) e sul piano grammaticale (l’accordo del verbo alla seconda persona singolare saluti ... stai, l’aggettivo possessivo tua):
(2) [conversazione tra due colleghe che si incrociano per strada dopo alcune settimane dall’ultimo incontro: esempio reale, registrato a Milano, settembre 2009]
A. ciao! +++ [la collega continua a camminare] ehi + tu +++ non mi saluti?
B. [si volta e si ferma] ah ciao + scusa +++ ero sopr/distratta +++ come stai? come va la tua salute?
(3) [dialogo vivace tra un giovane e un gruppo di coetanei, trasmissione televisiva, registrato il 15 aprile 2008]
CM. ma come fate voi + a giudicarmi se ++ se non mi conoscete?
gruppo. [tre persone parlano contemporaneamente]:
LM. perché &ti vediamo e/e uno come te&
CR. &tu ti fai giudicare &per +++ & quello che dici &e che fai
LL. &tu non giudicheresti uno che&
(4) [confronto televisivo tra rappresentanti di squadre di calcio dopo una partita, 22 marzo 2009]
MM (calciatore di squadra A). noi siamo stati più attivi nel primo tempo ++ poi + ...
LT (calciatore di squadra B). voi avete avuto più +/siete stati più fortunati nel primo tempo +++
MM. sì, ma voi dovete ammettere che poi ...
Una relazione simmetrica caratterizzata da distanza è quella che si ha in un incontro tra due estranei per strada (5) o in un dibattito tra uno studioso (CB) e un gruppo di colleghi dopo una conferenza (6):
(5) [esempio reale, registrato a Genova, dicembre 2008]
A. scusi, posso chiederle un’informazione?
B. provi +
C. lei sa/saprebbe dove posso comprare dei funghi porcini?
(6) [esempio reale, registrato a un convegno, Roma, ottobre 2009]
CB. su questo ++ potete dissentire + ma spero di avervi convinto ...
Collega dal pubblico. lei + è convincente ++ ma i dati lasciano dei punti non chiariti
In una relazione simmetrica tra gruppi di interlocutori la differenza tra confidenza e distanza si neutralizza, in quanto i pronomi allocutivi sono voi / voi, già visti (7):
(7) [registrato in un confronto formale tra due gruppi di docenti di università diverse, Milano, ottobre 2009]
Portavoce Uni A. grazie di essere venuti +++ in questo secondo incontro dovremmo provare a concretizzare il nostro progetto +++ voi avete pensato ad una proposta? lei + professor Bxxx + ha sentito il vostro rettore?
Prof. Bxxx. sì + dunque ++ abbiamo avuto un incontro ... e voi + avete raccolto i dati statistici ...?
Nella dimensione asimmetrica l’allocuzione in italiano standard è in genere caratterizzata da forme non reciproche quando uno degli interlocutori sia un singolo (8, 9 a. e 9 b.), forme reciproche si hanno tra un parlante e un destinatario in contesto formale (Lei / lei) e in presenza di più interlocutori (voi / voi o, raramente, Loro / Loro):
(8) [messaggio elettronico da laureanda a docente e risposta, 17 giugno 2009]
MR. Gent.ma prof.ssa, innanzitutto La ringrazio per la celerità con cui ha corretto il terzo capitolo.
Ho dato un’occhiata ai Suoi commenti, se Lei è d’accordo preferirei provvedere a correggere secondo le Sue indicazioni dopo aver ultimato la scrittura di introduzione e conclusione.
Nel caso alcuni punti relativi alle Sue indicazioni non mi fossero chiari provvederò a contattarLa via mail.
Prof. XX. Gentile M., finisci la tesi entro questa settimana e portami per favore il testo definitivo al ricevimento di martedì
Quando l’interlocuzione avviene tra un singolo e un gruppo, l’allocutivo dipende dallo status (superiorità o inferiorità) del singolo nella comunicazione e dalla formalità della stessa; se la distanza e l’asimmetria a suo sfavore sono elevate ci si rivolge agli interlocutori con voi e in genere si riceve il tu, se invece l’asimmetria o la distanza sono ridotte, oppure in una situazione formale, il singolo usa voi e riceve il Lei. Entrambe le situazioni sono documentate in (9), registrato nella stessa trattoria e nello stesso giorno tra una cameriera e due gruppi di clienti diversi:
(9) a. [cameriera e gruppo di operai; registrato a Bergamo, settembre 2008]
Cam. cosa vi porto? vino + acqua ++ voi avete già provato il nostro Valcalepio nuovo?
Op 1. l’acqua tienila te + a noi portaci il vino ++
b. [cameriera e gruppo di docenti universitari]
Cam. e voi signori volete + vino + acqua ++ il menù completo + solo un piatto?
Prof 1. ci porti una minerale grande intanto +++ scusi + [guardando il menù] possiamo chiederle cos’è il fagottino ripieno?
Se invece nell’asimmetria il singolo è in posizione di favore, si rivolge agli interlocutori con il voi e riceve il Lei: così accade ad es. nel dialogo tra un medico e più pazienti, o tra un docente e una classe di studenti.
Esiste la convenzione sociale per cui, in un ambiente lavorativo, persone che hanno lo stesso livello funzionale (grado, carica, mansione) si danno del tu a dispetto della possibile differenza di età; si ricorre invece al pronome più formale in caso di differenza di livello.
Va sottolineato che per passare da un pronome allocutivo a un altro meno formale (l’operazione nota come «passare al tu»), le buone maniere vigenti in Italia vogliono che la proposta sia fatta dalla persona superiore (dalla più anziana, la più elevata per grado o funzione o, nel caso di interazione tra generi diversi, dalla donna, ma solo in condizioni di parità sociale).
Raro invece è l’uso di Loro per rivolgersi a più persone, tipicamente in una relazione asimmetrica o in contesti molto formali: l’uso di Loro e Lorsignori, come forme allocutive plurali (quest’ultimo in particolare considerato forma antiquata, oggi quasi solo con valore ironico: Serianni 1988: 226), viene rivitalizzato in alcuni contesti, ad es. in vendite televisive di prodotti di pregio (tappeti, ceramiche, mobili di antiquariato) sia per attenuare le esortazioni (osservino i colori!!) sia per conferire alla presentazione una patina di colta colloquialità (come Loro sanno, con una semplice telefonata Lorsignori potranno apprezzare nella propria casa le tonalità calde di questo tappeto: trasmissione di Telemarket del 15 marzo 2002). Inoltre l’uso di Loro rimane la norma di molti scambi comunicativi di tipo cliente-commesso (al bar: desiderano?).
Va ricordato infine che nell’italiano contemporaneo, che ha subito un processo vistoso di perdita della formalità nelle relazioni tra le persone, è generalizzato l’uso del tu anche tra interlocutori che dovrebbero avere relazioni formali (commesso e cliente, venditore e cliente, medico e paziente, ecc.). In congruenza con ciò, nei contesti in cui si fanno presentazioni è molto facile che si dica solo il proprio nome di battesimo, tacendo il cognome, non solo tra giovani e colleghi, ma anche tra adulti acculturati che si incontrano per la prima volta.
In ➔ il sistema allocutivo registra lo sviluppo della forma di cortesia voi (< lat. vos pronome personale di seconda persona plurale). Benché nel latino imperiale fosse diffuso il vos di rispetto, secondo gli studiosi (per es., Niculescu 1974: 12 segg.) il voi non avrebbe avuto continuazione diretta, ma il sistema tu / Voi si sarebbe ricreato nelle lingue romanze.
Voi è usato quindi in italiano fin dalle origini per esprimere nello stesso tempo formalità, distanza e cortesia verso una persona singola (Renzi 2002). Lei non compare in italiano antico, ma dalla seconda metà del Quattrocento entrano in uso espressioni come la Vostra Signoria (da cui il siciliano Vossia e il genovese Vuscià), inizialmente anche al singolare la tua signoria, seguite da un pronome anaforico di terza persona, come essa, quella, questa, codesta e lei (Migliorini 1957; Brunet 1987).
Lei compare dapprima preceduto da preposizione (in una lettera di Lorenzo il Magnifico, del 1465), solo più tardi come soggetto (in una lettera dell’umanista Giovanni Pontano, del 1476, per la cancelleria aragonese di Napoli). In questi primi esempi, quindi, lei è ancora in bilico tra la funzione di pronome anaforico rispetto alla formula di cortesia antecedente e la funzione di nuova forma allocutiva autonoma di cortesia. Alla sua origine l’uso di lei era legato soprattutto all’espressione della formalità, mentre il pronome di cortesia era voi.
Dal Cinquecento, ma soprattutto dal Settecento, questo sistema tripartito fu in uso, salvo alcune resistenze ‘ideologiche’ al lei. Nel Settecento, ad es., l’uso di lei venne ritenuto effetto di influenza straniera (in quanto la sua diffusione era avvenuta nel Seicento, momento di massima diffusione e prestigio della lingua e cultura spagnola in Italia) e quindi attaccato da Pietro Verri sulle colonne de «Il Caffè» (Il Tu, Voi e Lei, «Il Caffè» 1765, tomo II, foglio II).
Nel XX secolo l’attacco più noto e veemente fu quello del regime fascista (➔ ) che nel 1938 decise di abolirlo:
La Rivoluzione fascista si è proposta di riportare lo spirito della razza alle sue antiche origini, liberandolo da ogni inquinamento. Ebbene: si compia anche questa purificazione; si torni anche in questo all’uso di Roma, al ‘tu’ espressione dell’universale romano e cristiano. Sia il ‘voi’ segno di rispetto e di riconoscimento di gerarchia (Bruno Cicognani, Abolizione del ‘lei’, «Corriere della sera» 15 gennaio 1938).
Tuttavia dall’Ottocento ai giorni nostri lo schema tripartito tende a evolvere. Nel Novecento la situazione varia, secondo che si abbia a che fare con l’italiano standard (totale abbandono del voi, che si conserva in parte nella comunicazione scritta soprattutto se rivolta a un interlocutore collettivo, come una ditta), con varietà regionali (specie centromeridionali, dove sopravvive) o con i dialetti (dove il voi rimane forma di rispetto, Lei segnale di formalità e distacco). Voi è anche una variabile generazionale in quanto più diffuso tra gli anziani.
Dal punto di vista geografico, l’uso degli allocutivi è molto variegato. Nell’italiano popolare di un’ampia area dell’Italia centrale (Marche, Umbria, Lazio, Abruzzo), soprattutto nel contado, si usa quasi soltanto il tu. A un livello più elevato, si conserva l’antico uso del voi, forma di cortesia (per rispetto o distanza), particolarmente radicata nelle regioni meridionali, nei contesti familiari e tra i parenti più anziani.
In Salento il sistema è diverso: nel contado e nei ceti popolari, verso estranei e persone sentite molto superiori si usa come appellativo Signurìa, ma il verbo resta alla seconda persona singolare (per es., Signurìa, comu stai). Sono però interessanti anche i contesti misti tra lingua e dialetto (Sobrero & Miglietta 2006: 170):
(10) Buongiorno a [sːiɲːuˈria]. Di cosa hai bisogno?
Buongiorno a voi.
In contesti mistilingui (➔ ) come questo, o nell’italiano regionale salentino, si usa preferibilmente il voi di rispetto (con verbo accordato alla seconda persona plurale). Tuttavia nell’italiano regionale entra il lei per influsso dell’italiano standard. Dunque nel dialetto e nell’italiano regionale salentino si possono trovare quattro forme: tu, Signorìa (le forme originarie), poi voi e lei, come forma acquisita (Sobrero 1992: 164 e 171).
►
Brown, Roger & Gilman, Albert (1960), The pronouns of power and solidarity, in Style in language, edited by T.A. Sebeok, Cambridge (Mass.), The MIT Press, pp. 253-276 (trad. it. Pronomi del potere e della solidarietà, in Linguaggio e contesto sociale, a cura di P.P. Giglioli & G. Fele, Bologna, il Mulino, 2000, pp. 255-284).
Brunet, Jacqueline (1987), Grammaire critique de l’italien, Paris, Université de Paris VIII, vol. 9º (Tu, voi, lei).
Mazzoleni, Marco (20012), Il vocativo, in Renzi, Salvi & Cardinaletti 20012, vol. 3° (Tipi di frasi, deissi, formazione delle parole), pp. 377-402.
Migliorini, Bruno (1957), Primordi del “lei”, in Id., Saggi linguistici, Firenze, Le Monnier, pp. 187-196.
Molinelli, Piera (2002), “Lei non sa chi sono io!”: potere, solidarietà, rispetto e distanza nella comunicazione, «Linguistica e filologia» 14, pp. 283-302.
Niculescu, Alessandro (1974), Strutture allocutive pronominali reverenziali in italiano, Firenze, Olschki.
Renzi, Lorenzo (20012), La deissi personale e il suo uso sociale, in Renzi, Salvi & Cardinaletti 20012, vol. 3° (Tipi di frasi, deissi, formazione delle parole), pp. 350-375 (1a ed. in «Studi di grammatica italiana» 15, 1993, pp. 347-390).
Renzi, Lorenzo, Salvi, Giampaolo & Cardinaletti, Anna (a cura di) (20012), Grande grammatica italiana di consultazione, Bologna, il Mulino, 3 voll. (1a ed. 1988-1995).
Renzi, Lorenzo (2002), “Tu” e “voi” in italiano antico: da Dante, “Paradiso” (XV e XVI) al corpus elettronico TLIO, in Roma et Romania. Festschrift für Gerhard Ernst zum 65. Geburtstag, hrsg. von S. Heinemann & G. Bernhard & D. Kattenbusch, Tübingen, Niemeyer, pp. 269-285.
Scaglia, Claudia (2003), Deissi e cortesia in italiano, «Linguistica e filologia» 16, pp. 109-145.
Serianni, Luca (1988), Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria. Suoni, forme, costrutti, con la collaborazione di A. Castelvecchi, Torino, UTET, cap. 7°, §§ 84-97.
Sobrero, Alberto A. (1992), Indicazioni stradali: modello urbano e modello rurale, in Il dialetto nella conversazione. Ricerche di dialettologia pragmatica, a cura di A.A. Sobrero, Galatina, Congedo, pp. 161-172.
Sobrero, Alberto A. & Miglietta, Annarita (2006), Introduzione alla linguistica italiana, Roma - Bari, Laterza.