Proprietà e uso della casa nella crisi coniugale

Il Libro dell'anno del Diritto 2016

Proprietà e uso della casa nella crisi coniugale

Antonio Scarpa

La Corte di cassazione, con sentenza 30.3.2012, n. 5156, ha ritenuto sussistente la violazione dei criteri stabiliti dall’art. 1102 c.c. per l’uso della cosa comune, in ipotesi di utilizzazione esclusiva della casa familiare da parte di un coniuge, protrattasi, nonostante il dissenso espresso dall’altro coniuge, in seguito alla revoca dell’ordinanza di assegnazione dell’alloggio pronunciata nel corso del giudizio di separazione personale. Nel caso deciso dalla Suprema Corte, era avvenuto in particolare che, pur essendo venuto meno il diritto di godimento della casa ex art. 155 quater c.c. in favore del coniuge già assegnatario dell’alloggio, questi aveva continuato ad occupare l’intero immobile, destinandolo al proprio esclusivo godimento personale, così impedendo all’altro comproprietario di godere dei frutti civili ritraibili dal bene. Tale condotta è stata ritenuta illecita dalla Corte di cassazione, e perciò fonte di indennità in favore del coniuge escluso dalla disponibilità dell’appartamento.

In certo senso, la perentoria funzionalizzazione normativa dell’assegnazione della casa familiare rispetto all’interesse dei figli, delineata inequivocamente dall’art. 155 quater c.c., ha aggravato il senso di incompiutezza della disciplina della crisi coniugale rispetto alle sorti dell’immobile di proprietà comune dei coniugi, allorché non ricorra, ai fini dell’attribuzione in godimento del bene ad uno dei coniugi, l’ormai imprescindibile presupposto dell’affidamento dei figli minori o della convivenza con figli maggiorenni, ma economicamente non autosufficienti.

È noto, invero, come, già in base al previgente art. 155, co. 4, c.c., e vieppiù alla luce del citato art. 155 quater c.c.1, ovvero dell’art. 6 l. 1.12.1970, n. 898, in tema di divorzio, il provvedimento di assegnazione della casa familiare sia subordinato alla presenza di figli, minorenni o maggiorenni non autosufficienti, conviventi con i coniugi. Ove manchi tale elemento, la casa familiare in comproprietà fra i coniugi rimane sottratta all’incidenza della sentenza di separazione o divorzio. L’assegnazione della casa non è dunque prevista in funzione della debolezza economica di uno dei coniugi, con la conseguenza che il giudice, in assenza di figli conviventi, non può attribuire il godimento di essa, in comproprietà fra i coniugi, a quello fra i due che ritenga più bisognoso2.

La casa familiare, giacché non assegnata ad alcuno, rimane pertanto soggetta alle norme sulla comunione, al cui regime si fa riferimento per disciplinarne l’uso e la divisione3. In particolare, i rapporti di godimento dell’alloggio comune, intercorrenti tra gli ex coniugi, trovano regolamentazione nell’art. 1102 c.c.: sancita l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, nessuno dei due comproprietari deve comunque impedire all’altro di partecipare all’utilizzazione dell’immobile di una copia. Il principio dell’uso della cosa comune di cui all’art. 1102 c.c. vieta, infatti, al singolo partecipante di attrarre il bene o una sua parte nell’orbita della propria disponibilità esclusiva e di sottrarla in tal modo alla possibilità di godimento degli altri contitolari, estendendosi il diritto di ciascuno nei limiti della quota su tutta la res. L’applicabilità di tale generale principio nelle relazioni tra i coniugi comproprietari dell’immobile non oggetto di assegnazione lascia salva, ovviamente, l’ammissibilità di un accordo, anche tacito, che stabilisca l’utilizzazione dell’appartamento comune da parte di uno di loro.

Del pari, con la pronuncia di cessazione degli effetti civili del matrimonio, venendo meno lo stato di separazione ed il relativo assetto delle relazioni tra i coniugi adottata in quel giudizio, cessa di avere effetti pure l’eventuale assegnazione della casa coniugale disposta. Cosí, anche se la sentenza di divorzio non contenga alcuna espressa statuizione al riguardo, pur ove manchi il presupposto giustificativo di quell’assegnazione (e, cioè, la convivenza con un figlio), il coniuge già assegnatario e comproprietario dell’immobile non ha più diritto alcuno all’utilizzazione esclusiva dell’abitazione ed i rapporti di godimento del bene devono parimenti trovare la loro disciplina in base all’art. 1102 c.c., finché non intervenga una divisione4.

In identica prospettiva, altrettanto di recente, Cass., 31.1.2012, n. 13675 ha osservato come la natura speciale del diritto di abitazione, ai sensi dell’art. 155 quater c.c., è tale per cui esso non sussiste senza allontanamento dalla casa familiare di chi non ne è titolare e, corrispondentemente, quando esso cessa di esistere per effetto della revoca, determina una situazione simmetrica in capo a chi lo ha perduto, con necessario allontanamento da parte di questo.

Sopravvive un orientamento contrario a quello finora qui riassunto, tuttora presente nella giurisprudenza di merito ed in dottrina, ed un tempo sporadicamente condiviso pure dalla Corte di cassazione.

Si assume, ad esempio, che l’art. 155 quater c.c. detti comunque un criterio soltanto “preferenziale” ai fini dell’assegnazione della casa coniugale, criterio costituito dall’interesse prioritario, potendo residualmente il giudice attribuire l’abitazione al coniuge più debole, per lo meno nell’ipotesi di casa in comproprietà6. Così, la casa coniugale di proprietà comune potrebbe essere assegnata anche in mancanza di figli come strumento per realizzare (in tutto o in parte) il diritto al mantenimento del coniuge privo di adeguati redditi propri, configurando una componente in natura dell’obbligo di mantenimento dell’uno a favore dell’altro7. Mentre, ad evitare che l’assegnazione della casa comune ad uno dei coniugi, sebbene non convivente con figli, si tramuti in un vincolo perenne di espropriazione, si suggerisce di disporne l’attribuzione a termine, prevedendosi il limite di nove anni (desunto dall’art. 2643, n. 8, c.c.), o l’apposizione di una clausola di risoluzione automatica, o l’indicazione di un momento finale coincidente con l’esito della divisione, giudiziale o contrattuale, dell’immobile in comproprietà8.

Diversamente, l’assegnazione della casa di proprietà comune in favore di uno dei coniugi, scissa dalla tutela di figli conviventi, è stata talvolta giustificata in base all’esigenza di attutire l’eccessiva conflittualità tra i medesimi coniugi9, o di dare impulso ad una regolamentazione immediata dei rapporti patrimoniali fra loro10.

Parallelo corre il dibattito circa la sussistenza del diritto dei coniugi di chiedere la divisione della casa familiare comune, oggetto di provvedimento di assegnazione in favore di uno di loro, nonché circa l’incidenza di tale assegnazione sullo svolgimento delle operazioni di divisione11.

In definitiva, la ricostruita interpretazione del tutto maggioritaria, certamente indotta dal vigente substrato legislativo, genera la convinzione che, ove non siano presenti figli minorenni o non autosufficienti, il godimento della casa familiare in comproprietà, in seguito alla crisi coniugale, vada abbandonato agli individualismi delle regole proprietarie del diritto comune, senza che possa attribuirsi alcun rilievo alle eventuali esigenze abitative ed ai fondamentali interessi personali del coniuge debole12.

Note

1 Si ricordi Cass., S.U., 23.4.1982, n. 2494, in Foro it., 1982, I, 1895.

2 Cfr. indicativamente Cass. 13.1.2012, n. 387; Cass. 21.1.2011, n. 1491, ma in motivazione e non nella massima ufficiale, ove si afferma che «in assenza di figli affidati minori o maggiorenni non autosufficienti conviventi» il giudice potrebbe «procedere all’assegnazione della casa coniugale unicamente nell’ipotesi di comproprietà dell’immobile»; Cass., 18.2.2008, n. 3934, in Dir. fam. pers., 2008, 4, 1779 ss., con nota di Antinolfi, M.G., Sull’assegnazione della casa coniugale in assenza di figli: la Suprema Corte conferma, in buona sostanza, il proprio orientamento; Cass. 22.3.2007, n. 6979, in Giust. civ., 2008, I, 466; Cass., 26.1.2006, n. 1545, in Giust. civ., 2006, I, 1183; Cass., 18.9. 2001, n. 11696, in Giur. it., 2002, 1147, con nota di Costantino, L., Assegnazione della casa familiare e natura del diritto di abitazione.

3 Cass., 24.7.2007, n. 16398.

4 Cass., 29.1.2009, n. 2210; Cass., 24.7.2000, n. 9689, in Mass. Giust. civ., 2000, 1612.

5 In Foro it., 2012, 4, I, 1059.

6 Trib. Viterbo, 18.10.2006, in Dir. fam e pers., 2007, 2, 784.

7 Trib. Lodi, 17.5.2006, in Il civilista, 2007, 1, 6, con nota di Bruno.

8 Cfr. Trib. Cagliari, 20.7.2000, in Riv. giur. sar., 2003, 717, con nota di Mazzella, C., Assegnazione della casa coniugale “sine die” ovvero espropriazione per “privata utilità.

9 Cass., 7.7.1997, n. 6106, in Fam dir., 1998, 161, con nota di Cortesi.

10 Cass., 14.02. 1986, n. 878; Cass., 20.3.1984, n. 1198; Trib. Milano, 15.3.1991, in Nuova giur. civ. comm., 1994, I, 239, con nota di Rimini, C., L’assegnazione della casa coniugale quale attuazione dell’obbligo di mantenimento.

11 Sull’argomento si rinvia a Trib. Monza, 21.4.1989, in Giust. civ., 1989, I, 2199; Trib. Monza 24.10.1991, in Giust. civ., 1992, I, 539, con nota di Finocchiaro, M., Assegnazione della casa coniugale ad uno dei coniugi e diritto dell’altro di chiedere la divisione: o della pretesa indissolubilità della comunione incidentale; Trib. Milano, 23.1.1997, in Fam. dir., 1997, 560, con nota di Carbone, V., Crisi della famiglia di fatto con figli: quale sorte per l’ex casa comune?; Cass. 24.5.1963, n. 1360, in Giust. civ., 1963, I, 1360; in dottrina, Tedesco, G., Divisione della casa coniugale di proprietà comune e provvedimento di assegnazione del bene ad uno solo dei coniugi separati o divorziati, in Giust. civ., 2003, 4, 113; Scarano, L.A., L’assegnazione della casa familiare: presupposti e funzioni, in Familia, 2004, 3, 613 ss.

12 Si vedano però: Al Mureden, E., Scioglimento della comunione, attribuzione della casa coniugale e computo del preesistente diritto ad abitarla, nota a Cass. 17.9.2001, n. 11630, in Familia, 2002, 3, 872; Cass. 19.6.1980, n. 3900, in Foro it., 1981, I, 1381, con nota di Jannarelli, A., L’assegnazione della «casa familiare» nella separazione personale dei coniugi; Cass. 24.8.1990, n. 8705, in Nuova giur. civ. comm., 1991, I, 92, con nota di Di Nardo, M., Nuovi orientamenti giurisprudenziali in tema di assegnazione della casa coniugale.

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