Protestantesimo

Enciclopedia del Novecento I Supplemento (1989)

Protestantesimo

HHeinz-Horst Schrey

sommario: 1. La fine dell'eurocentrismo e le sue conseguenze per il protestantesimo. 2. Mutamenti di struttura nel protestantesimo tedesco. 3. Le due correnti principali del protestantesimo tedesco.  4. Dalla Chiesa confessante al Movimento confessante. 5. I dissensi sull'atteggiamento pacifista. 6. Rischi di politicizzazione. 7. Tentativi di unione tra le Chiese protestanti europee. 8. Tentativi di superamento delle condanne reciproche tra cattolici e protestanti. 9. Il protestantesimo in Italia. 10. La situazione nell'Europa orientale. 11. Risultati pratici dell'ecumenismo. 12. Il dilemma del protestantesimo americano. 13. La teologia della liberazione come espressione di una Chiesa cosciente della crisi contemporanea. □ Bibliografia.

1. La fine dell'eurocentrismo e le sue conseguenze per il protestantesimo

In seguito alla seconda guerra mondiale l'Europa ha perduto la sua antica posizione di centro politico, culturale e religioso del mondo. Se nei paesi dell'Europa orientale la supremazia del cristianesimo è stata scossa dall'avvento al potere dell'ideologia comunista, anche nei paesi non comunisti dell'Europa centrale la secolarizzazione ha fatto progressi, e tutto ciò ha colpito gravemente il protestantesimo. Le varie Chiese protestanti, come pure la Chiesa cattolica, hanno dovuto imparare a rinunziare al sostegno che era stato fornito loro in passato da una civiltà ben disposta verso il cristianesimo. Mentre all'Est le Chiese hanno dovuto adattarsi a un'esistenza modesta (per non dire stentata), caratterizzata dalla diminuzione del numero dei seguaci e dall'abolizione dei privilegi statali, in Occidente esse hanno cercato di riacquistare, attraverso la ripresa dei rapporti con lo Stato, una posizione per quanto possibile analoga a quella dell'anteguerra.

In una visione su scala mondiale del protestantesimo, a questa crisi europea fa riscontro l'avanzata del cristianesimo americano da un lato e delle Chiese del Terzo Mondo dall'altro. Soprattutto negli organismi ecumenici e nelle risoluzioni delle assemblee plenarie del Consiglio ecumenico delle Chiese hanno fatto sentire la loro voce le ‛Chiese giovani', divenute autonome e indipendenti dall'Europa e dalla sua attività missionaria. Questo processo è stato messo in evidenza anche dal mutamento strutturale della missione: oggi l'Europa non domina più con la sua teologia e la sua liturgia le Chiese africane o asiatiche, che cercano invece di esprimere in forme proprie la loro identità (black theology). I rapporti si sono quindi modificati nel senso che dall'originario predominio delle Chiese ‛bianche' si è passati a una compartecipazione limitata essenzialmente all'ambito diaconale. Gli aiuti ai paesi in via di sviluppo sono diventati oggi un elemento decisivo nelle relazioni tra le Chiese e i soccorsi a livello ecumenico sono intesi come contributi all'edificazione di una ‟just, participatory and sustainable society". Alla sfida rappresentata dalla povertà nel Terzo Mondo i protestanti tedeschi hanno risposto con l'iniziativa Brot für die Welt, che nel 1984-1985 ha raccolto offerte per quasi 100 milioni di marchi.

Fine dell'eurocentrismo significa in primo luogo declino dell'egemonia dell'uomo bianco nei paesi del Terzo Mondo. L'emancipazione delle masse di questi paesi fa sì che esse vedano sempre più nel predominio degli organismi ecclesiastici tradizionali, legati al colonialismo, un fattore di oppressione e di alienazione, specialmente in casi come quello del Sudafrica, dove la locale Chiesa riformata dei Paesi Bassi si è schierata con i Bianchi a sostegno della politica di apartheid. Quasi per reagire a questa situazione si vanno formando nel Sudafrica le cosiddette independent Churcher, che non appartengono a nessuna delle grandi istituzioni esistenti, ma si raccolgono, come gruppi spontanei liberi da ogni gerarchia e tradizione, intorno a predicatori carismatici. L'annunzio del ‛risveglio', quasi sempre presente in queste comunità, e il loro modo non convenzionale d'associazione possono essere interpretati come atti compensativi delle vessazioni a cui sono sottoposti i loro membri, appartenenti per lo più agli strati inferiori della popolazione di colore, privi di ogni peso politico.

Un fenomeno analogo è rappresentato dalle comunità di base dell'America Latina, nelle quali l'impronta confessionale è irrilevante e i confini tra cattolicesimo e protestantesimo sono fluidi. Esse non intendono rinunziare ai collegamenti con le Chiese tradizionali, ma si considerano ‛popolo di Dio', in quanto offrono ai credenti poveri la possibilità di radunarsi e di sentire la Chiesa come comunità e come simbolo di liberazione.

Protestantesimo e cattolicesimo devono oggi affrontare gli stessi problemi, e in primo luogo quello della possibilità di conciliare la formazione di una coscienza critica, in atto nel Terzo Mondo, con la tradizionale unità della Chiesa e la correlativa organizzazione ecclesiastica; l'alternativa a questa possibilità sarebbe una scissione fra una ‛Chiesa dei ricchi', rappresentante della tradizionale associazione tra Chiesa e Stato, e una ‛Chiesa dei poveri', rappresentante dei ceti diseredati, di quei ‟poveri nello spirito" ai quali è stato promesso il regno dei cieli. (Per una valutazione quantitativa degli aderenti alle Chiese protestanti v. tabella).

Tabella

2. Mutamenti di struttura nel protestantesimo tedesco

L'articolazione in Chiese territoriali, derivante da ragioni storiche, e la divisione dei protestanti tedeschi nelle Chiese luterana, riformata e unita hanno dato un'impronta tipica alla Chiesa evangelica tedesca (Evangelische Kirche in Deutschland, EKD), fondata nel 1948. Quest'organismo, a cui aderiscono circa 30 milioni di protestanti, si considera ‟una lega di Chiese luterane, riformate e unite", con una struttura largamente federativa.

Dal punto di vista della sociologia religiosa, l'EKD rappresenta un fenomeno di tipo particolare, se non addirittura unico. Vi è infatti in essa un consenso teologico di fondo, consistente nel riconoscere le professioni di fede della Chiesa primitiva e le recenti formulazioni contenute nella Dichiarazione teologica di Barmen. L'ordinamento fondamentale dell'EKD prevede la comunione tra le varie Chiese per ciò che riguarda il ministero ecclesiastico e il battesimo, ma non per l'eucaristia, data la diversa impronta confessionale delle Chiese territoriali aderenti alla lega.

Delle sette Chiese luterane presenti nell'EKD, cinque fanno parte della Chiesa unita evangelica luterana tedesca (Vereinigte Evangelisch-Lutherische Kirche Deutschlands, VELKD), una federazione di Chiese che al momento della sua fondazione (1948) comprendeva, oltre alle cinque Chiese delle regioni occidentali, anche le Chiese luterane delle regioni orientali (Mecklenburg, Sassonia e Turingia). Le Chiese territoriali di Amburgo, di Lubecca, di Futin e dello Schleswig-Holstein nel 1977 si sono unite nella Chiesa evangelica luterana del Nord-Elba (Nordelbische Evangelisch-Lutherische Kirche) e il numero delle Chiese associate si è ridotto così a cinque. Nel 1981 appartenevano alla VELKD oltre 4.000 comunità, con più di 9 milioni e mezzo di membri. Le Chiese territoriali riformate costituiscono una minoranza comprendente solo le due Chiese della Lippe-Detmold e della Germania nordoccidentale. Le Chiese territoriali unite sono composte da comunità luterane e riformate che hanno deciso di associarsi tra loro, in alcuni casi solo sul piano amministrativo, in altri casi anche per ciò che riguarda l'aspetto dottrinale. L'attività assistenziale dell'EKD è concentrata nell'opera diaconale (‛Missione interna e opera di assistenza dell'EKD').

Oltre alle Chiese territoriali evangeliche, fanno parte della ‛famiglia protestante' anche le libere Chiese, che contano circa un milione di membri e sono formate da: 1) l'Unione delle libere Chiese evangeliche tedesche (Vereinigung Evangelischer Freikirchen in Deutschland) e la Lega delle libere comunità evangeliche (Bund Evangelisch-Freikirchlicher Gemeinden) (battisti); la Chiesa evangelica metodista (Evangelisch-Methodistische Kirche); la Comunità evangelica tedesca (Evangelische Gemeinschaft in Deutschland) e la Lega delle libere comunità evangeliche tedesche (Bund Freier Evangelischer Gemeinden in Deutschland); 2) l'Unione delle comunità mennonite tedesche (Vereinigung der Deutschen Mennonitengemeinden); 3) le libere Chiese unite evangelico-luterane (Verbündete Evangelisch-Lutherische Freikirchen) (vetero-luterani) e la Chiesa vetero-riformata della Bassa Sassonia (Altreformierte Kirche in Niedersachsen). Nel 1948 l'EKD, le libere Chiese, la Chiesa vetero-cattolica e la Fratellanza evangelica (Evangelische Brüderunität) (herrnhutiani o Fratelli moravi) si associarono nella Comunità di lavoro delle Chiese cristiane tedesche (Arbeitsgemeinschaft Christlicher Kirchen in Deutschland), analoga a quelli che in altri paesi sono chiamati Consigli nazionali delle Chiese. La Comunità opera nell'ambito di associazioni locali e regionali ed è portavoce di dieci Chiese membri e di cinque Chiese affiliate; le sue attività comprendono lo scambio d'informazioni, l'organizzazione di funzioni religiose celebrate in comune e di circoli di discussione teologica, la rappresentanza e la tutela delle attività comuni nei rapporti esterni e con l'opinione pubblica, e la trattazione di problemi ecumenici generali. Organi operativi della Comunità sono il Centro ecumenico (Ökumenische Zentrale) di Francoforte sul Meno e la Commissione di studio per l'ecumenismo (Ökumenischer Studienausschuss). Un'analoga Comunità di lavoro delle Chiese cristiane (Arbeitsgemeinschaft Christlicher Kirchen in der DDR) è stata fondata nel 1962 nella Repubblica Democratica Tedesca.

Dopo il crollo del Terzo Reich le Chiese protestanti tedesche, con la cosiddetta Dichiarazione di colpevolezza di Stoccarda, dell'autunno 1945, si sono assunte dinanzi al mondo la responsabilità del loro fallimento politico sotto il regime nazista. Questa dichiarazione è stata spesso intesa come il riconoscimento di una colpa collettiva della sola Germania per aver scatenato la seconda guerra mondiale e ha quindi suscitato l'opposizione di molti tedeschi. Ad ogni modo essa ha consentito di eliminare i residui del movimento dei ‛cristiani tedeschi' e le intromissioni naziste nell'organizzazione ecclesiastica. Alla caduta del nazismo la Chiesa, privilegiata dal fatto di essere una delle poche istituzioni non compromesse col regime, cedette alla tentazione di associarsi alle tendenze restauratrici per riacquistare la propria incidenza sulla società attraverso l'esazione da parte dello Stato delle imposte ecclesiastiche, l'istruzione religiosa nelle scuole pubbliche, la cura d'anime nelle istituzioni statali (ospedali, prigioni, caserme, ecc.). Ma il ristabilimento della Chiesa di massa (il 95% dei tedeschi sono membri di una Chiesa) ebbe come contropartita una perdita di vigore spirituale. Cosciente della sua responsabilità verso le vittime della seconda guerra mondiale (profughi, reduci, ecc.), la Chiesa prese le loro parti presso le potenze d'occupazione e in un primo momento, essendo una delle poche istituzioni comuni a tutti i tedeschi, si adoperò anche per la riunificazione della Germania. Ma nel 1969, preso atto della divisione del paese in due Stati, si articolò organizzativamente nella già citata FKD, operante nella Repubblica Federale, e nella Lega delle Chiese evangeliche della Repubblica Democratica Tedesca (Bund der Evangelischen Kirchen in der DDR), formata da otto Chiese territoriali luterane e unite. Scopo di questa lega è di promuovere, nell'ambito di un paese socialista, la collaborazione e la comune testimonianza delle Chiese associate, senza peraltro intaccarne l'autonomia istituzionale. Nonostante la separazione organizzativa, tra le Chiese protestanti della RFT e della RDT vi è una stretta comunione spirituale, che si esprime nell'adottare forme comuni di culto, un'unica raccolta di inni sacri e una stessa traduzione della Bibbia. Non ha avuto finora esito il tentativo, compiuto nel 1981, di costituire una Chiesa evangelica unita (Vereinigte Evangelische Kirche) che comprenda tutte e tre le confederazioni esistenti nella RDT: Lega delle Chiese evangeliche, Chiesa evangelica dell'Unione e Chiesa evangelica luterana unita (Bund der Evangelischen Kirchen, Evangelische Kirche der Union e Vereinigte Evangelisch-Lutherische Kirche).

Nel definire il loro atteggiamento le Chiese della RDT, in particolare quelle luterane, si sono attenute a questi principî: evitare ogni provocazione nei riguardi dello Stato, ma opporsi anche a ogni sua ingerenza; prendere le parti degli oppressi; rifiutare ogni commistione ideologica tra marxismo e cristianesimo, ma prendere posizione sui problemi della vita pubblica in base ai principi del Vangelo, in rappresentanza e alla guida di tutto il popolo; rinunziare a dare o a chiedere sostegno allo Stato e svolgere, confrontandosi con esso in conformità della professione di fede cristiana, un'attività religiosa autonoma nell'ambito della comunità civile.

3. Le due correnti principali del protestantesimo tedesco

L'apertura delle comunità protestanti tedesche verso i problemi del nostro tempo si manifesta in primo luogo nelle ‛Giornate della Chiesa evangelica tedesca' (Deutsche Evangelische Kirchentage, DEKT). A queste grandi riunioni - che dal 1949 si tengono ogni due anni in una delle maggiori città della Germania, e a cui fanno riscontro le analoghe ‛Giornate dei cattolici tedeschi' (Deutsche Katholikentage) - non intervengono soltanto i fedeli tradizionalmente legati alle Chiese, ma anche e soprattutto i giovani, che formano almeno un terzo dei partecipanti. Le DEKT hanno lo scopo di ‟radunare gli evangelici tedeschi, rinsaldare la loro fede, prepararli ad assumere un ruolo di responsabilità nella Chiesa, incoraggiarli a rendere la loro testimonianza nel mondo e rimanere con loro nella comunione del cristianesimo mondiale" (Preambolo al programma delle DEKT del 30-11-1955, 1971). A partire dal 1975, a tutti i gruppi ecclesiastici e sociali viene data la possibilità di presentarsi e di offrire un proprio contributo utilizzando i vari mezzi di comunicazione di massa. Al centro di queste Giornate vi è l'unione tra vita religiosa e vita comunitaria: allo studio collettivo della Bibbia si affianca il lavoro su specifici temi d'attualità, come la fede e i problemi cruciali della vita individuale; i rapporti tra Chiesa e comunità, tra cattolici e protestanti, tra ebrei e cristiani; i problemi dell'educazione, del matrimonio e della famiglia, del lavoro e dell'economia, dello Stato e della politica, della missione e degli aiuti ai paesi in via di sviluppo, della protezione dell'ambiente e dell'ecologia. Nelle DEKT il protestantesimo assume un carattere di ‛Chiesa di massa', con riflessi anche sull'unità dei tedeschi, in quanto viene favorito l'incontro tra persone provenienti dalle due parti della Germania.

Il pluralismo connaturato nelle DEKT ha incontrato presso l'ala pietistico-conservatrice del protestantesimo tedesco un'opposizione che nel 1972 ha spinto il Movimento confessante per ‛un solo Vangelo' (‛Kein anderes Evangelium'), l'Associazione di Gnadau (Gnadauer Verband) - un organismo comunitario nato dal movimento per il ‛risveglio' - e l'Unione cristiana dei giovani (Christlicher Verein Junger Manner) a organizzare una serie di Giornate comunitarie nel segno del Verbo (Gemeindetage unter dem Wort) intese come contraltare delle DEKT. Nell'appello sottoscritto dai membri del Movimento si affermava: ‟Di fronte agli errori spirituali del nostro tempo, che si fanno sempre più invadenti, la comunità cristiana tedesca ha un grande bisogno di incontri di fede protesi verso il Risveglio, a somiglianza di quelle ‛Giornate comunitarie' che si tennero durante il periodo di lotta della Chiesa confessante e il cui benefico influsso spirituale è stato ancora avvertito nelle Giornate della Chiesa del secondo dopoguerra. Se Dio lo concederà, la Giornata comunitaria nel segno del Verbo proseguirà su questa linea, santificata dalla Grazia". Alla prima Giornata, tenutasi a Dortmund il 31 maggio 1973, presero parte circa 25.000 persone; la terza Giornata, organizzata nella stessa città nel 1977, fu preceduta da varie manifestazioni (evangelizzazione per mezzo di scritti, missioni nelle strade, ecc.) e fu integrata da una prima Mostra evangelica del libro a cui parteciparono più di 40 case editrici.

4. Dalla Chiesa confessante al Movimento confessante

L'unione delle correnti pietistiche nel Movimento confessante è stata una risposta alla teologia della demitizzazione (Entmythologisierung), o interpretazione esistenziale della Bibbia, fondata dal noto studioso del Nuovo Testamento Rudolf Bultmann, per molti anni professore a Marburg. La critica biblica ispirata a questa tendenza - che nel secondo dopoguerra si è affermata nella maggior parte delle facoltà teologiche tedesche - e la ‛teologia della morte di Dio', rappresentata da Dorothee Sölle, sono state interpretate negli ambienti orientati verso il pietismo come fattori di disgregazione dei fondamenti della fede. Nel 1960-1961 il cosiddetto Gruppo di Bethel (Bethelkreis) rivolse un appello in tal senso ai Consigli direttivi di tutte le Chiese tedesche; il 21 gennaio 1966 i membri westfalici del Bethelkreis si associarono sotto il nome di Movimento confessante per un solo Vangelo e il 6 marzo dello stesso anno tennero a Dortmund una grande manifestazione, in cui fu relatore Walter Künneth. Nel 1969 fu istituito un Convegno teologico del Movimento (che da allora si è astenuto dal collaborare alle Giornate della Chiesa evangelica), e nel 1970 fu diffusa la Dichiarazione di Francoforte sulla crisi di fondo della missione. In questo documento, che ebbe una vasta eco in tutto il mondo, venivano esaminate e respinte le tendenze sincretistiche della teologia liberale della missione. Nell'ottobre 1970 si è insediata la Conferenza delle comunità confessanti, che nel maggio 1974 ha organizzato a Berlino un Convegno confessante europeo, culminato nella Dichiarazione ecumenica di Berlino, nella quale sono state mosse aspre critiche all'indirizzo seguito dal Consiglio ecumenico delle Chiese, soprattutto per quanto riguarda il suo programma antirazzista.

Solo negli ultimi due decenni è entrato in uso in Germania il termine ‛evangelicali' (Evangelikale). Esso indica quei gruppi - appartenenti a Chiese istituzionali o libere, oppure aventi un carattere sovraconfessionale - che si ispirano al pietismo e al movimento del ‛risveglio', assumendo un atteggiamento critico sia verso il liberalismo teologico e la presunta politicizzazione delle Chiese costituite, sia verso il loro ecumenismo, visti come fenomeni di disgregazione della fede cristiana. Il movimento evangelicale ha preso l'avvio dalle campagne di conversione del predicatore battista americano Billy Graham, ma la sua strategia è stata poi definita dai Congressi internazionali per l'evangelizzazione del mondo (Losanna 1974; Nairobi 1976; Pattaya-Bangkok 1980). Oltre a organizzare queste spettacolari manifestazioni di massa, il movimento svolge un'attività permanente di evangelizzazione attraverso i moderni mezzi di comunicazione, diffondendo da 300 stazioni trasmittenti programmi radiofonici e televisivi in più di 50 lingue.

Il movimento, che conta in tutto il mondo da 80 a 100 milioni di aderenti, è sostenuto da associazioni per la missione, da Chiese libere e da alleanze nazionali e internazionali tradizionalmente legate ai suoi orientamenti (Unione cristiana dei giovani, Associazione internazionale degli uomini d'affari cristiani). Alla propaganda e alla formazione dell'opinione pubblica provvedono libri, riviste e opuscoli di ogni genere: nel 1978 il 60% della letteratura evangelica pubblicata nella RFT era costituito da libri ‛evangelicali', a cui vanno aggiunte 144 riviste con un totale annuo di 33 milioni di copie. Per la formazione delle nuove leve di teologi di stretta osservanza biblica esistono nei paesi di lingua tedesca ventisei tra istituti accademici, seminari per predicatori e scuole bibliche.

Il movimento evangelicale non si propone di creare nuove istituzioni ecclesiastiche o para-ecclesiastiche, ma di promuovere una devozione su base individuale, una conversione e una professione di fede fondate sull'interpretazione della Bibbia nel senso dell'ispirazione verbale. Esso è quindi in contrasto col movimento ecumenico, che è più interessato all'unità visibile delle Chiese e a un impegno su programmi di politica sociale: laddove la spiritualità evangelicale mira a conquistare l'individuo, quella ecumenica intende eliminare difficoltà e divisioni e favorire il dialogo tra le diverse Chiese, religioni e concezioni del mondo.

5. I dissensi sull'atteggiamento pacifista

Negli ultimi due decenni l'atteggiamento verso i problemi della pace ha assunto nel protestantesimo tedesco un ruolo sempre più importante, in quanto il riarmo accelerato da parte di entrambi i blocchi ha reso più grave il pericolo di un conflitto nucleare, da cui l'Europa uscirebbe con ogni probabilità annientata. Le Chiese evangeliche della Germania occidentale e quelle della Germania orientale hanno fatto propria, sia pure con modalità diverse, l'esigenza di preservare la pace. Mentre però si è d'accordo sul fatto che nell'era atomica i conflitti politici non possono più essere risolti con la forza delle armi, le opinioni divergono per quanto riguarda il comportamento pratico e le motivazioni teologiche. L'EKD difende l'obiezione di coscienza e vede nel disarmo un comportamento cristiano (Tesi di Heidelberg del 1959, n. 7); ma afferma anche (tesi n. 8) che ‟la partecipazione al tentativo di assicurare la pace nella libertà mediante la predisposizione di armi atomiche dev'essere considerata, allo stato attuale, come un comportamento cristiano plausibile". Si tratta di un atteggiamento chiaramente contraddittorio che dovrà essere superato al più presto. Dopo il 1978 sono state adottate nell'ambito delle varie Chiese quattro iniziative in tal senso, contraddistinte da altrettanti motti o parole d'ordine: ‛Vivere senza armamenti' (Ohne Rüstung leben) in conformità all'annunzio biblico di pace richiamato nell'assemblea plenaria del Consiglio ecumenico delle Chiese, tenutasi a Nairobi nel 1975 (ma col rischio di compiere passi unilaterali verso il disarmo); ‛Costruire una pace senza armi' (Frieden schaffen ohne Waffen), parola d'ordine dell'azione di propaganda iniziata nel 1980 dal ‛movimento di espiazione' (Aktion Sühnezeichen) contro l'installazione di nuovi missili a medio raggio nella RFT; ‛Assicurare la pace' (Sicherung des Friedens), motto di un gruppo di lavoro fondato nel 1980 per promuovere il mantenimento della pace e al tempo stesso la sicurezza militare; ‛Passi avanti verso il disarmo' (Schritte zur Abrüstung), motto di un altro gruppo di lavoro che vede associati dal 1981 evangelici e cattolici sostenitori di una strategia di disarmo graduale.

Sul problema della motivazione teologica dell'impegno pacifista da parte delle Chiese si è manifestato un dissenso fra luterani e calvinisti. Mentre i luterani, in conformità alla dottrina dei due Regni, ritengono che ogni decisione sulla politica pacifista oggi praticabile debba dipendere da una valutazione razionale, i riformati vedono il problema della pace come un problema religioso: secondo le tesi del Consiglio direttivo della Lega riformata (1981), ‟l'atteggiamento verso i moderni mezzi di distruzione di massa è legato a un'accettazione o a un rinnegamento del Vangelo", in quanto ‟nell'ubbidienza alla fede in Gesù Cristo anche i mezzi con cui lo Stato fa valere la sua autorità trovano dei limiti, fissati dal comandamento divino, che non possono essere oltrepassati". Una simile posizione implica evidentemente un rifiuto incondizionato degli armamenti nucleari.

6. Rischi di politicizzazione

Oltre a provocare le tensioni già esaminate, dovute alla diversità degli atteggiamenti possibili circa armamenti e disarmo, l'impegno politico per la pace - che pure riflette una volontà comune a tutti i gruppi protestanti - sembra assumere un carattere di esclusività che rischia di far perdere di vista gli aspetti propriamente religiosi; per di più, ai problemi della pace sono connessi quelli dell'ecologia, della protezione ambientale e dei rapporti col Terzo Mondo. Si direbbe che in questi anni si riproduca, su un piano diverso, l'antico contrasto fra liberali e conservatori: così, ad esempio, l'Unione per la Bibbia e la professione di fede (Sammlung um Bibel und Bekenntnis), fondata nel 1967, si oppone alla crescente politicizzazione del messaggio cristiano e alla penetrazione in esso di elementi ‛neopagani', come, per esempio, la teologia femminista. Vi è inoltre il timore che la radicalizzazione dell'impegno delle Chiese - che richiede fra l'altro l'adesione al programma antirazzista del Consiglio ecumenico delle Chiese e il boicottaggio del Sudafrica a causa della sua politica di apartheid - possa portare a lunga scadenza alla dissoluzione della Chiesa di massa, per la cui esistenza è indispensabile il pluralismo delle opinioni politiche.

7. Tentativi di unione tra le Chiese protestanti europee

Il problema dell'unione tra le Chiese non investe solo i rapporti tra protestanti e cattolici, ma si pone all'interno dello stesso protestantesimo, data la molteplicità di confessioni che esso presenta. Sul piano pragmatico la questione è stata risolta con l'organizzazione delle Chiese unite, in cui luterani e riformati sono membri di uno stesso organismo ecclesiale; ma non si è ancora arrivati a un'unione su basi teologiche, a cui si oppongono antichi contrasti, risalenti al XVI secolo, soprattutto sulle questioni cristologiche, della predestinazione e dell'eucaristia.

I primi colloqui dottrinali fra luterani e riformati si svolsero, a partire dal 1955, per iniziativa della Commissione ecumenica per la fede e la costituzione ecclesiastica (Lund 1952); a livello europeo questi colloqui ebbero inizio nel 1956 ad Arnoldshain e furono proseguiti tra il 1964 e il 1967 a Schauenburg. È emerso con sempre maggior evidenza che le antiche controversie confessionali devono considerarsi superate dai recenti sviluppi e che la sostanziale concordanza d'intenti tra le varie confessioni è ben più importante dei contrasti di cui esse sono l'espressione storicamente condizionata. A partire dal 1971 si è riunita più volte a Leuenberg una Commissione incaricata di preparare una dichiarazione comune (Leuenberger Konkordie), varata nel 1973 e presentata per l'approvazione alle Chiese luterane e riformate europee, alla quale hanno aderito finora 74 Chiese europee, oltre a due Chiese sudamericane. L'impegno a proseguire i colloqui dottrinali è stato assolto con una riunione tenutasi a Sigtuna (Svezia) nel giugno 1976; nel 1981 si è svolta a Driebergen (Paesi Bassi) la seconda assemblea plenaria delle Chiese europee.

A differenza di questi accordi bilaterali tra luterani e riformati, i Documenti di Lima, proposti dalla Commissione ecumenica per la fede e la costituzione ecclesiastica, hanno un carattere multilaterale, nel senso che si rivolgono all'intera cristianità e tendono a raggiungere, più che un consenso universale, una convergenza sulle questioni fondamentali della fede.

Va osservato peraltro che tutti questi elaborati, risultanti da lunghi anni di lavoro collettivo, hanno un'impostazione eccessivamente storica e che, se da un lato si sforzano di chiarire antiche e spinose controversie teologiche, dall'altro rinunziano ad affrontare gli scottanti problemi attuali e i più vasti compiti della fede nel mondo moderno. Si tratta dunque di una sorta di ‛ecumenismo in regresso'? La solidarietà cristiana nella prassi dovrebbe essere più importante dei documenti sulla ‛convergenza'. Soprattutto negli ambienti riformati si è fatto osservare (Consiglio direttivo della Lega riformata, luglio 1984) che questi documenti sono fortemente improntati al pensiero cattolico e presuppongono una concezione della Chiesa e del suo magistero estranea alla tradizione protestante. Esiste quindi un problema di compatibilità fra questo modello cattolicheggiante di ministero ecclesiastico e la ‛pluralità riconciliata' che i documenti stessi si propongono di realizzare.

8. Tentativi di superamento delle condanne reciproche tra cattolici e protestanti

Perché si possa giungere a un ravvicinamento tra la Chiesa evangelica e quella cattolica, dovrebbero essere abrogate quelle condanne delle posizioni altrui, connaturate allo spirito confessionale, che sono contenute nelle professioni formali di fede e che contribuiscono a delimitare i confini di ciascuna Chiesa. In Germania questo compito è stato affrontato nel 1981 da una Commissione ecumenica, incaricata di redigere una dichiarazione con cui le due grandi Chiese della RFT s'impegnano a considerare ormai superate le reciproche condanne, tra cui ad esempio la definizione del papa come ‛Anticristo' o della messa cattolica come ‛maledetta idolatria'. Queste condanne rappresentano un trauma per la coscienza dei fedeli e alimentano da una parte e dall'altra pregiudizi che hanno avuto, anche sotto il profilo umano, effetti funesti.

Si è dibattuto in questi ultimi tempi il problema se il dissenso sulla dottrina della giustificazione sia ancora un motivo di divisione tra le Chiese. Nel suo saggio Rechtfertigung. Die Lehre Karl Barths und eine katholische Besinnung (1957) Hans Küng, dopo aver dimostrato che tutta una serie di reciproche obiezioni sono fuori luogo o vanno largamente ridimensionate, è giunto alla conclusione che in questa materia esiste un ‟sostanziale accordo fra la teologia cattolica e quella evangelica". Se l'analisi di Küng fosse ritenuta convincente, sarebbe possibile rimuovere un grosso ostacolo sulla strada dell'unità fra le Chiese di Roma, Wittenberg e Ginevra.

9. Il protestantesimo in Italia

L'Italia, sede del papato, si è mostrata in genere intransigente nei riguardi del protestantesimo. Fin dal XII secolo si diffuse nell'Italia settentrionale il movimento dei Poveri di Lione, fondato dal mercante lionese Pierre Valdès: un movimento precorritore della Riforma, i cui aderenti intendevano vivere l'imitazione di Cristo nella povertà e nella predicazione del Vangelo, e per questo incontrarono la resistenza di una Chiesa largamente mondanizzata. Il movimento fu condannato nel 1183 dal Concilio di Verona e i suoi seguaci furono dispersi, a eccezione di alcuni gruppi che s'insediarono nelle alte valli delle Alpi piemontesi e che dopo il sinodo di Chanforan (1532) si associarono ai riformati svizzeri. Solo nel 1848, con l'Editto di emancipazione del re Carlo Alberto di Savoia, i valdesi ottennero la libertà religiosa e diedero inizio a una vasta azione missionaria in Italia e in altri paesi. La Chiesa valdese ha una particolare importanza storica sia perché costituisce il ponte fra i movimenti di riforma evangelica tardomedievali e la Riforma del XVI secolo, sia perché con la sua diffusione europea (Lombardia, Provenza, Calabria, Boemia, Polonia, Pomerania) sembra quasi predestinata all'attività ecumenica. I valdesi hanno formato il nucleo del Consiglio federale delle Chiese evangeliche d'Italia, che raccoglie dal 1946 anche i metodisti, i battisti e i pentecostali, attivi nella penisola fin dal secolo scorso, mentre i luterani, gli episcopali americani, gli anglicani e gli scozzesi si limitano ad assistere gli stranieri residenti in Italia. L'orientamento ecumenico si è manifestato inoltre nella fondazione del villaggio di Agàpe nella località di Prali (Torino), divenuto oggi un punto d'incontro frequentato da giovani cristiani di tutto il mondo. Valdesi e metodisti hanno partecipato attivamente all'opera di ricostruzione seguita al grave terremoto del 1981 nell'Italia meridionale. Nell'agosto 1983 il Sinodo valdese-metodista ha approvato una dichiarazione contro gli armamenti e a favore di una politica di disarmo unilaterale e ha protestato contro la prevista installazione di missili a medio raggio in Sicilia. Nel 1984 un accordo tra lo Stato italiano e le Chiese valdese e metodista ha reso operante, almeno in parte, l'art. 8 della Costituzione italiana (uguaglianza tra i culti). È stata così abrogata la legislazione fascista del 1929, con il suo rigido controllo sulle attività delle Chiese acattoliche, ed è stata consentita, senza oneri per lo Stato, l'assistenza spirituale ai valdesi e ai metodisti negli ospedali, nelle caserme e nelle prigioni.

Il 1984, anno giubilare della Riforma, ha segnato una svolta importante nella storia dei rapporti tra la Chiesa valdese e lo Stato italiano. Dopo la conclusione del nuovo concordato col Vaticano, il presidente del Consiglio italiano, il socialista Craxi, ha sottoscritto le intese con la Chiesa valdese-metodista, riconoscendo così come interlocutore dello Stato una Chiesa esistente da otto secoli. Le trattative sono state condotte da giuristi laici, che sono infine riusciti a far sottoscrivere e ratificare un accordo maturato già da lungo tempo, che ha procurato ai valdesi un più ampio riconoscimento nella società italiana. A partire dal 1990 la Chiesa cattolica non usufruirà più dei privilegi economici di cui ha goduto finora (‛congrua' del clero a carico dello Stato) e sarà quindi parificata alle Chiese evangeliche sul piano economico: ogni contribuente destinerà a scopi umanitari lo 0,8% delle imposte da lui versate e potrà quindi finanziare, attraverso lo Stato, una Chiesa qualsiasi. Per salvaguardare la loro libertà d'azione, i valdesi hanno intanto rinunziato a una sovvenzione offerta dallo Stato a favore di alcune opere ecclesiastiche. In virtù di questi fatti nuovi, si è arrivati ad abolire la discriminazione finora esistente a danno degli evangelici italiani e a promuovere una reciproca apertura tra questi ultimi e la società civile. Ciò potrà tradursi in un più intenso impegno sociale, specialmente nel Mezzogiorno, e in uno sviluppo dell'attività diaconale e dell'evangelizzazione: è prevista fra l'altro l'istituzione di un centro ecclesiastico a S. Salvo (Abruzzo) e di una quinta cattedra nella Facoltà valdese di teologia di Roma.

Un esempio significativo di collaborazione ecumenica è rappresentato dalla nuova traduzione interconfessionale della Bibbia in italiano ad opera di specialisti cattolici e protestanti: alla pubblicazione del Nuovo Testamento, avvenuta nel 1976, ha fatto seguito nel 1985 quella del Vecchio Testamento.

10. La situazione nell'Europa orientale

Dopo l'ultima guerra nei paesi dell'Europa orientale il protestantesimo ha subito gravi perdite, dovute all'esodo forzato della popolazione tedesca: infatti molti luterani che risiedevano in Polonia, Romania, Ungheria e Jugoslavia e che si sentivano tedeschi sono emigrati. Le Chiese protestanti dell'Europa orientale, operanti secondo la formula ‛Chiesa nel socialismo', sono portate da un lato a richiamarsi alla loro professione di fede e dall'altro a riconoscere le nuove realtà politiche create dal ‛socialismo reale'. Il primo compito di queste Chiese è quello di non smarrire la loro identità cristiana e di non lasciarsi fagocitare dall'ambiente. Esse devono quindi abituarsi a rinunziare ai tradizionali privilegi della Chiesa di Stato ed elaborare una teologia diaconale che non si riduca a una collaborazione col sistema dominante, ma sia al servizio dell'uomo e contribuisca a elevare il senso di responsabilità morale dei cittadini. ‟Dopo la seconda guerra mondiale abbiamo dovuto riscoprire e ridefinire l'essenza del cristianesimo, cercando sostegno nella forza del Vangelo ed evitando di subire l'influsso delle filosofie idealistiche e materialistiche o dell'esistenzialismo, allora di moda. Abbiamo dovuto cercare spazio per i compiti della Chiesa nella nuova società" (v. Fabiny, 1984). In tal modo il luteranesimo ha trovato nell'Europa orientale del dopoguerra una sua strada; le comunità presentano una certa propensione al fondamentalismo e al pietismo, mentre nelle attività giovanili si sono manifestate tendenze carismatiche.

L'atteggiamento delle autorità politiche verso le Chiese non è uniforme in tutto il blocco orientale. Mentre in Cecoslovacchia il regime segue un indirizzo nettamente ostile alle Chiese e condanna ogni attività ecclesiale non controllata dallo Stato e dai suoi organi come un ostacolo alla vigilanza governativa, in Ungheria e nella RDT si è arrivati a una pacifica convivenza tra Chiesa e Stato, in cui le due istituzioni riconoscono la reciproca indipendenza e lo Stato mostra anzi - come nel 1983, in occasione dell'‛anno di Lutero' - di apprezzare l'importanza storica delle Chiese protestanti.

11. Risultati pratici dell'ecumenismo

È innegabile che l'audace apertura ecumenica rappresentata dal Concilio Vaticano Il non trova riscontro in una realtà altrettanto avanzata nelle comunità locali; tuttavia è possibile indicare alcuni importanti progressi compiuti in questo senso in Germania.

Fin dagli anni sessanta una Commissione di cattolici ed evangelici ha lavorato insieme a una traduzione della Bibbia, il cui uso nel culto e nelle scuole è stato approvato nel febbraio 1978 dalla Conferenza episcopale tedesca. Nelle Chiese evangeliche dei paesi di lingua tedesca erano in uso finora sette versioni differenti del Credo apostolico: a partire dal 1972 tutte le Chiese evangeliche e quella cattolica hanno adottato un testo unificato, con la sola differenza che gli evangelici si dichiarano fedeli della santa Chiesa cristiana e i cattolici di quella cattolica. Esiste inoltre, fin dal 1968, un testo comune del Pater noster.

Il cattolicesimo tedesco è oggi incline a superare la fase controriformista, così come in campo protestante, per esempio, si tende a rinunziare al canto luterano Ein feste Burg ist unser Gott (Una salda fortezza è il nostro Dio), considerato come una provocazione anticattolica.

Un altro settore in cui si sono avute prese di posizione congiunte è quello della comunicazione di massa, in seguito ai mutamenti rivoluzionari prodotti dal diffondersi delle trasmissioni radiofoniche e televisive via cavo. Nella RFT le due grandi Chiese cristiane sono interessate a un libero sviluppo delle reti trasmittenti pubbliche e a una regolamentazione dei mezzi di comunicazione orientata essenzialmente verso le esigenze umane e sociali, anziché al servizio del potere economico o politico. Nel 1985 la Conferenza episcopale tedesca e il Consiglio dell'EKD hanno pubblicato un promemoria comune sui problemi dell'ecologia e della protezione dell'ambiente.

Un'altra manifestazione del comune impegno ecumenico è rappresentata dal Movimento carismatico o Rinnovamento, che si propone di far rivivere, su un piano sovraconfessionale, le esperienze di spiritualità del cristianesimo primitivo.

12. Il dilemma del protestantesimo americano

La profonda divisione del protestantesimo americano in un'ala fondamentalista e un'ala liberale si rispecchia in una diversa posizione verso i problemi etico-politici. I fondamentalisti, che trovano un forte appoggio nelle Chiese battiste degli Stati del Sud, vedono nel modernismo e nel liberalismo un pericolo per la fede cristiana e si attengono ai suoi principi ‛irrinunziabili e immutabili' come l'infallibilità della Bibbia, l'Immacolata Concezione, il sacrificio espiatorio di Cristo, la sua ascensione corporale e il suo secondo avvento. Si caratterizzano inoltre per l'intransigenza verso chi pensa diversamente, per l'esclusivismo delle loro convinzioni, per un rigido anticomunismo e per l'identificazione degli interessi americani con quelli dell'intera umanità. Gli ambienti fondamentalisti sostengono attivamente la politica dei conservatori.

Per contro, le comunità improntate a un atteggiamento liberale oggi non si considerano più paladine della civil religion americana, ossia di una semplicistica identificazione degli interessi nazionali con i valori universalmente umani, ma ritengono che i loro compiti di responsabilità sociale (stewardship) consistano in una vigilanza critica. Fin dal tempo della seconda guerra mondiale alcune Chiese protestanti, tra cui quella presbiteriana e quella metodista, hanno messo in guardia gli Americani contro l'eccessiva sicurezza di sé e contro una politica imperialistica condotta sotto il manto dell'autodifesa. La guerra di Corea (1950-1953) e quella del Vietnam (1966-1975) misero in evidenza il dilemma morale degli Stati Uniti, che da un lato si proponevano di combattere per arginare l'avanzata del comunismo e dall'altro erano costretti, per raggiungere questo fine, ad allearsi con regimi dittatoriali e con forze reazionarie e a tradire così la causa della decolonizzazione. In seguito alla diffusione delle armi atomiche e alla crescente militarizzazione della società americana (military-economic complex), il mantenimento della pace è diventato per le Chiese uno dei compiti essenziali. Le comunità protestanti sono consapevoli che questo loro impegno è condiviso dalla Chiesa cattolica, come risulta ad esempio dalla Lettera pastorale sulla guerra e sulla pace, approvata dalla Conferenza nazionale dei vescovi cattolici americani (3 maggio 1983).

13. La teologia della liberazione come espressione di una Chiesa cosciente della crisi contemporanea

Nelle sue riflessioni sulla secolarizzazione della Chiesa e della società e sulla mondanizzazione del messaggio cristiano, la teologia cattolica della liberazione, presente soprattutto nell'America Latina (Gustavo Gutiérrez, Teología de la liberación, Lima 1971; Leonardo Boff, Igreja: carisma e poder, Petrépolis 1981), ha ripreso molti motivi propri della teologia protestante tedesca (Friedrich Gogarten, Dietrich Bonhoeffer); ma lo ha fatto con un'accentuazione così forte dell'attivismo cristiano da porre il problema se una simile teologia sia ancora conciliabile con la dottrina evangelica della giustificazione per fede. Sembra peraltro che le divergenze più vistose derivino da una diversità d'interessi teologici: mentre i cristiani d'Europa sono più portati a una concezione teorico-dogmatica della fede, quelli dell'America Latina si sentono maggiormente motivati dalla prassi e mettono alla base della loro teologia le sofferenze umane e i problemi della fame e dell'ingiustizia sociale. Si direbbe che al di là delle divergenze confessionali si vada aprendo nella cristianità, come già abbiamo accennato, una nuova frattura: da un lato una Chiesa che tende a mantenere lo status quo sociale e politico e a perpetuare la tradizionale associazione tra cristianesimo e detentori del potere, dall'altro una Chiesa che si schiera a fianco degli esclusi e dei diseredati e si sente impegnata a promuovere non solo una liberazione interiore attraverso il Vangelo, ma anche un mutamento esteriore capace di rivoluzionare le condizioni della vita sociale.

Questa situazione determina un ripensamento del tutto nuovo dell'antico conflitto tra cristianesimo e marxismo. Per la sua professione di ateismo e la sua ostilità verso la Chiesa, il marxismo ha svolto nella teoria e nella prassi il ruolo dell'Anticristo. Ma di fronte ai pericoli che minacciano la pace mondiale - e che sono originati anche dalle ingiustizie sociali, specialmente nei paesi multirazziali come il Sudafrica o l'America Latina - appare chiaro che la pace, come presupposto fondamentale di una piena realizzazione della natura umana, può essere conservata solo con la chiusura del conflitto tra cristiani e marxisti e con l'instaurazione di una coesistenza pacifica che consenta loro di lavorare insieme per la sicurezza e per il progresso. A questo dialogo partecipano oggi molti cristiani militanti sia in campo evangelico che in campo cattolico.

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