PROTEZIONE CIVILE

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1994)

PROTEZIONE CIVILE

Giuseppe Santaniello
Lorenzo Stabile

Legislazione. - Il sistema della p.c., intesa come complesso organico di strutture preordinate all'assolvimento di una funzione unitaria, ha avuto una realizzazione lenta e graduale, perché è mancata, per lungo tempo, e cioè fino all'emanazione della l. 24 febbraio 1992 n. 225 istitutiva del Servizio nazionale della protezione civile, la previsione legislativa di un modello organizzativo idoneo all'impiego coordinato di tutte le risorse occorrenti a fronteggiare le calamità verificantisi nel territorio nazionale.

Il primo passaggio a un'organizzazione permanente e stabilmente destinata alla p.c. s'individua con l'emanazione della l. 8 dicembre 1970 n. 996, recante "norme sul soccorso e l'assistenza alle popolazioni colpite da calamità − protezione civile", che è la normativa di base attualmente vigente e che si presenta di particolare ampiezza e di rilevante interesse sotto ogni aspetto giuridico per i principi fondamentali che da essa sono stati posti. Con tale legge nel nostro paese è stato fatto un balzo in avanti verso una moderna concezione degli interventi pubblici nelle circostanze indicate, di ogni tipo oltre che naturali, riconducendoli a unità, nell'ambito delle competenze specifiche del ministro dell'Interno e degli ordinamenti a carattere provinciale da esso dipendenti. La legge del 1970 provvide a definire il settore degli interventi, precisando che per calamità naturale o catastrofe s'intende l'insorgere di situazioni che comportino grave danno o pericolo di grave danno all'incolumità delle persone e ai beni e che, per la loro natura o estensione, debbano essere fronteggiate con interventi tecnici straordinari. Determinato l'ambito delle situazioni in ordine alle quali operare, si stabilì l'unitaria competenza, prevedendosi che il ministro dell'Interno provvedesse, d'intesa con le altre amministrazioni dello stato, civili e militari, e mediante il soccorso di tutti gli enti pubblici territoriali e istituzionali, all'organizzazione della p.c., predisponendo i servizi di emergenza, di soccorso e di assistenza in favore delle popolazioni colpite da calamità naturali o catastrofe.

Di rilevante importanza è stata l'emanazione del regolamento di esecuzione della legge base del 1970 sulla p. c. avvenuta con d.P.R. 6 febbraio 1981 n. 66, con il quale si sviluppò, anzitutto, il concetto e l'ambito di base della legge del 1970, precisandoli in ordine alle situazioni da essa considerate e chiarendo che la p.c. è un compito primario dello stato e che essa concerne: 1) la prevenzione degli eventi calamitosi mediante l'individuazione e lo studio delle loro cause; 2) la predisposizione e attuazione dei servizi di soccorso; 3) la predisposizione e attuazione degli interventi assistenziali di cui all'art. 2 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 617; 4) il coordinamento, al verificarsi dell'evento calamitoso, di tutti gli interventi delle amministrazioni dello stato, delle regioni e degli enti pubblici territoriali e istituzionali. Per interventi tecnici straordinari, ai sensi dell'art. 1 della legge citata, si intendono quelli che le varie amministrazioni o enti pongono in atto in aggiunta alla loro normale attività d'istituto. Vennero poi precisati gli ''organi'' del servizio di p.c., in quanto tali e in ragione dei poteri a essi affidati.

Dopo aver menzionato la fase organizzatoria del sistema di p.c., incentrato sulla responsabilità prioritaria e unitaria del ministero dell'Interno e degli organi da tale dicastero dipendenti, l'oggetto dei prevedibili interventi in materia è stato definito dal d.P.R. n. 66 del 1981, il cui art. 18 dispone: "L'azione dell'organo ordinario o straordinario di protezione civile si esplica mediante la direzione e il coordinamento dei servizi:

1) di salvataggio e soccorso delle persone sinistrate, di conservazione di valori e cose, di demolizione o puntellamento dei fabbricati e di ogni altro servizio tecnico urgente;

2) di attendamento e ricovero provvisorio dei sinistrati, di vettovagliamento e di tutela igienica della popolazione e del personale inviato per l'opera soccorritrice di assistenza ai minori, orfani o abbandonati ed agli incapaci in genere;

3) di disciplina delle comunicazioni e dei trasporti nella zona colpita;

4) di allestimento di provvisorie installazioni per gli uffici pubblici e per le necessità della giustizia e del culto;

5) di riassetto iniziale degli organi locali per preparare il ritorno alle condizioni normali della vita civile;

6) di recupero, di custodia e di governo degli animali, sia da stalla che da cortile, in attesa che possano essere consegnati agli aventi diritto;

7) di reperimento e seppellimento degli animali deceduti e di bonifica sanitaria della zona colpita".

Lo stesso decreto prevede poi varie fasi di ''predisposizione'', e cioè: la redazione dei piani provinciali di p.c.; la determinazione del personale di pronto impiego delle pubbliche amministrazioni; periodiche esercitazioni; la costituzione di centri assistenziali di pronto intervento; il sistema delle segnalazioni delle situazioni di pericolo o di eventi calamitosi; l'attivazione degli organi e servizi; ricognizioni aeree; avvertimenti alle popolazioni; i primi interventi degli organi locali e gli interventi tecnici dei Vigili del fuoco; interventi assistenziali; interventi igienico-sanitari e veterinari.

Una linea di sviluppo, che segna il passaggio da un'organizzazione incentrata esclusivamente sul ministero dell'Interno alla creazione di un diverso sistema incentrato su un organismo nuovo si registra con l'istituzione dapprima di un organo apposito incaricato del coordinamento della p. c. posto alle dipendenze della presidenza del Consiglio. L'incarico di ministro senza portafoglio per il Coordinamento della p. c., sorto per esigenze eccezionali nel 1981 e mantenuto nei successivi governi, è venuto ad assumere un carattere permanente per effetto della successiva legislazione che ha più volte fatto riferimento a esso per attribuirgli compiti anche di portata generale e fornirgli i mezzi all'uopo occorrenti. Con il D.L. 10 luglio 1982 n. 428, convertito con modificazioni nella l. 12 agosto 1982 n. 547, è stato poi previsto che il ministro per il Coordinamento della p. c. svolga attività contrattuale ed effettui spese in economia avvalendosi della collaborazione di un comitato tecnico-amministrativo costituito da funzionari statali con qualifica dirigenziale ed equiparati, nonché da ufficiali generali. Con ulteriore individuazione dell'ambito delle materie d'intervento, il D.L. 12 novembre 1982 n. 829, convertito, con modificazioni, nella l. 23 dicembre 1982 n. 938, concernente interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite da calamità naturali o eventi eccezionali, ha dato veste di normazione primaria alle competenze che il ministro per il Coordinamento della p. c. è venuto acquisendo, nei modi sopra delineati. Successivi atti (D.L. 18 novembre 1986 n. 760, e D.L. 26 gennaio 1987 n. 8, convertito nella l. 27 marzo 1987 n. 120) hanno attribuito al ministro per il Coordinamento della p. c. ulteriori competenze inerenti agli interventi connessi con catastrofi idrogeologiche e alla cooperazione con stati esteri al verificarsi, nel loro territorio, di calamità o eventi straordinari di particolare gravità.

La l. 24 febbraio 1992 n. 225 ha infine istituito il Servizio nazionale della p.c. affidando a un dipartimento tecnico e organizzativo la funzione di "tutelare l'integrità della vita, i beni, gli insediamenti e l'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri eventi calamitosi" (art. 1). E ciò mentre il d.P.C. 22 ottobre 1992, rettificato con un d.P.C. 15 dicembre 1992 dettava norme sulla costituzione e sul funzionamento del Comitato operativo della p.c.: a esso seguiva, sancita dal d.P.R. 30 gennaio 1993 n. 50, l'istituzione del Consiglio nazionale della p. civile.

Per completezza di disamina, va ricordato che anche le regioni hanno reclamato una propria sfera di interventi in questo settore. Ciò risulta attraverso una produzione legislativa regionale prevalentemente volta a integrare quella statale, specialmente per quanto riguarda la fase ricostruttiva, attraverso la previsione di provvidenze settoriali. Non mancano, tuttavia, tentativi per giungere a una legislazione più organica capace di superare le varie provvidenze settoriali.

La legislazione regionale concernente la p. c. si è limitata, in un primo tempo, a disporre provvidenze economiche in caso di calamità e a legiferare circa specifici interventi (cfr. in proposito: l. reg. Toscana 25 agosto 1977 n. 65; l. prov. Bolzano 12 luglio 1975 n. 34; l. reg. Veneto 9 gennaio 1975 n. 1; l. reg. Abruzzo 30 maggio 1974 n. 17; l. reg. Sardegna 10 aprile 1978 n. 28; l. reg. Piemonte 6 settembre 1977 n. 47; l. reg. Basilicata 30 settembre 1974 n. 21; l. reg. Campania 20 agosto 1974 n. 44). Nella legislazione regionale più recente si registra il tentativo di enucleare un'autonoma funzione di p.c. e di realizzare un'apposita organizzazione per gli interventi concernenti tale ambito di attività (cfr. in tal senso: l. reg. Lombardia 13 luglio 1984 n. 36; l. reg. Emilia-Romagna 29 luglio 1983 n. 26; l. reg. Piemonte 29 giugno 1978 n. 38; l. prov. Trento 18 agosto 1977 n. 19; l. reg. Valle d'Aosta 18 febbraio 1983 n. 4; l. reg. Lazio 11 aprile 1985 n. 37; l. reg. Abruzzo 14 maggio 1985 n. 37).

Tali leggi presentano comunque caratteristiche diverse: accanto alla legge della regione Lazio che istituisce un servizio di p.c., vi è la legge della regione Abruzzo che, pur istituendo il servizio di p.c., inteso come unità organizzativa complessa, prevede anche la creazione di un fondo di solidarietà che interviene quando necessitano iniziative "che non trovano copertura finanziaria in specifiche norme di settore"; in tale legge quindi gli interventi di p.c. si configurano come residuali rispetto a quelli attuati dalle strutture ordinarie. La legge della regione Valle d'Aosta, invece, incarna la competenza a provvedere, in occasione di calamità, nell'ambito di strutture preesistenti.

Per l'organicità degli interventi previsti, merita di essere citata la l. reg. Toscana 25 agosto 1977 n. 65. Oltre alla previsione di studi e progettazione di opere per la prevenzione degli eventi calamitosi, essa dispone che le opere di pronto soccorso, da finanziarsi a totale carico della regione, riguardino le seguenti categorie: a) demolizioni, puntellamenti, sgomberi e ogni altro lavoro non differibile per esigenze di tutela della pubblica incolumità; b) ripristino di collegamenti stradali; c) ripristino di acquedotti, di fognature e di altre opere igieniche a salvaguardia della pubblica igiene; d) di approntamento e costruzione di ricoveri per famiglie bisognose rimaste senza alloggio; e) di altri lavori ritenuti urgenti e necessari dagli organi tecnici regionali con relazione motivata. Come tipi di interventi che questa legge regionale prevede, si stabilisce, anzitutto, che alle province, ai comuni e loro consorzi, alle comunità montane possano essere concessi contributi in conto capitale fino al 50% della spesa necessaria per la riparazione o la ricostruzione di opere o di impianti pubblici distrutti o danneggiati da pubbliche calamità. I contributi possono riguardare il ripristino delle seguenti opere: edifici pubblici; opere idrauliche o di bonifica di competenza regionale; edifici scolastici di ogni ordine e grado; strutture sanitarie e case di riposo; acquedotti, fognature e altre opere igieniche; strade provinciali e comunali e relativi manufatti.

Nel 1993 la regione Abruzzo ha emanato una legge regionale totalmente attuativa dei disposti della l. 24 febbraio 1992 n. 225.

Anche dai profili legislativi regionali emerge comunque come sia venuta sviluppandosi in Italia una sempre più viva coscienza d'intervenire, in un sistema di p.c. a favore delle popolazioni, con misure che ormai non possono più essere (come in passato avveniva) episodiche, frammentarie e caso per caso, ma con un quadro di tipologie e di azioni di prevenzione che tendono a eliminare o quanto meno a ridurre le cause di calamità o disastri. Questa coscienza si è tradotta nella diffusione d'una notevole serie di gruppi, associazioni, enti e organismi di volontariato di p.c. a favore delle popolazioni, diffusione che ha indotto il governo a indirne un censimento con D.M. 12 giugno 1990 n. 2/053/158.

Bibl.: Granata, Calamità pubbliche, in Nuovo Digesto Italiano, 2 (1937), pp. 613 ss.; F. Merusi, Le catastrofi ''ripartite'', in Giur. cost., 1971, pp. 2319 ss.; Stelo, La Protezione civile e la legge 382, in Amm. It., 1979, pp. 375 ss.; G. Zamberletti, L'azione dell'ente locale nella protezione civile, in Le autonomie, 6 (1984); F. Santoianni, Protezione civile. In caso di emergenze, Napoli 1985; F. M. Agnoli, La protezione civile e la difesa civile, in Amm. It., 1986, pp. 399 ss.

L'organizzazione del Servizio nazionale della protezione civile. - L'istituzione di un Servizio nazionale della p.c., avvenuta con la l. 24 febbraio 1992 n. 225 può apparire come l'ultimo passo di un'evoluzione a livello normativo nata dalla necessità di disporre di strumenti giuridici e di intervento che permettessero di affrontare le calamità naturali e tutte le situazioni d'emergenza di vaste proporzioni.

Le prime forme di tutela delle persone e delle opere dalle calamità naturali, in Italia, in realtà risalgono già ai primi del Novecento con i provvedimenti per la difesa delle strade e degli abitanti dalle frane (l. 283 del 1904); per la difesa dalle alluvioni, mareggiate e uragani (l. 400 del 1905); per la difesa dalle inondazioni (D.L. 1317 del 1917); per i terremoti (D.L. 1915 del 1919). Il primo passo verso un organismo delegato alla p.c. fu fatto nel 1925 (l. 473) con l'affidamento al ministero dei Lavori Pubblici e ad altri uffici sanitari della gestione e organizzazione di mezzi adeguati di soccorso per la popolazione. Con successivi provvedimenti del 1927 e 1928 il ministero dei Lavori Pubblici fu messo a capo della direzione dei soccorsi e del coordinamento degli interventi operati da altre amministrazioni dello stato, tra le quali le forze armate, le ferrovie dello stato, la Croce rossa, il corpo dei vigili del fuoco. In caso di calamità, il compito di attuare immediatamente gli interventi più urgenti veniva affidato ai prefetti delle province colpite finché il ministro dei Lavori Pubblici o un suo delegato non avesse direttamente assunto la direzione delle operazioni.

Un decentramento e una maggiore articolazione delle competenze fu compiuto nel 1961 (l. 469) assegnando al ministero degli Interni la gestione dei servizi tecnici per la tutela delle persone e dei beni oltre all'organizzazione dell'addestramento e dell'impiego delle forze preposte alla protezione della popolazione civile. La costituzione di una p.c. vera e propria si ebbe con la l. 996 del 1970 (v. sopra: Legislazione), ma furono necessari undici anni, in particolare dopo il grave terremoto dell'Irpinia del 23 novembre 1980, affinché si desse attuazione pratica alla legge, con l'emanazione del regolamento attuativo che fu approvato dalla Camera il 16 febbraio 1981. Dopo il sisma del 1980 e dopo l'ampia risonanza assunta dalla cosiddetta tragedia di Vermicino, in cui interventi non coordinati e improvvisati non riuscirono a salvare un bambino caduto in un pozzo artesiano, si procedette alla nomina, da parte dell'allora presidente del Consiglio dei ministri G. Spadolini, di un ministro senza portafoglio per il coordinamento della p.c. nella persona di G. Zamberletti: con l'incarico di predisporre, in qualità di Alto Commissario presso il ministero degli Interni, gli strumenti amministrativi e normativi necessari ad attuare il coordinamento dei servizi concernenti la p. civile. Successivamente un ''ordine di servizio'' del presidente del Consiglio (24 maggio 1982) formalizzò la costituzione, poi ratificata per legge, di un Dipartimento della p.c. presso la presidenza del Consiglio dei ministri con a capo un ministro senza portafoglio, che poi il d.P.C. del 14 settembre 1984 trasformò in Dipartimento retto dal ministro per il Coordinamento della p. civile L'affiancamento di questa nuova struttura dipartimentale alla vecchia struttura prevista dalla legge del 1970 determinò una serie di incompatibilità e incongruenze che comportarono ulteriori incertezze e ritardi nell'attribuzione delle competenze, e conseguenti carenze nell'approntare strumenti efficaci di intervento.

Solo quando nel 1992 fu definitivamente istituito un Servizio nazionale della p.c. si ebbe il completo affidamento a un Dipartimento autonomo e organizzato della gestione di tutto quanto concerne la difesa della popolazione e dell'ambiente dagli eventi calamitosi.

Secondo quanto stabilito dall'art. 3 della legge istitutiva 225 del 1992 le attività di p.c. sono individuate in tre momenti fondamentali:

1) prevenzione e previsione: tale prima fase comporta la definizione del tipo e della probabilità di rischio cui è soggetto il territorio al fine di realizzare una prevenzione a vari livelli: a) normativo, attraverso regole e prescrizioni tecniche cui attenersi per la realizzazione di strutture in grado di resistere agli eventi o quanto meno di minimizzare i danni; b) di pianificazione, realizzando i piani regolatori di fabbricazione delle strutture in modo compatibile con la configurazione delle mappe di rischio relative alle zone d'interesse redatte coerentemente alla fase suddetta di previsione; c) tecnico scientifico, perseguendo uno sviluppo tecnologico che consenta un continuo miglioramento delle tecnologie di fabbricazione degli impianti e delle strutture dal punto di vista della sicurezza; d) informativo, attraverso l'educazione di amministratori e popolazioni ad affrontare i rischi.

2) soccorso delle popolazioni colpite: tale fase deve avere inizio in modo quanto più possibile repentino rispetto al momento in cui la calamità ha inizio e richiede quindi l'immediato intervento delle forze operative componenti il Servizio nazionale della p. civile.

3) superamento dell'emergenza e ripristino del sistema socio-economico: esso consiste nella sistemazione e assistenza della popolazione colpita, nel ripristino dei servizi principali, delle strutture, delle scuole, delle attività produttive in modo da ricreare le condizioni che consentano alla popolazione di riprendere possesso del territorio. Gli organi della p.c. hanno quindi il compito d'iniziare la prima fase della ripresa e del reinsediamento provvisorio della popolazione che sarà poi portata avanti e terminata dalle amministrazioni locali e ordinarie. Tale ultima fase, per potersi realizzare senza dannosi ritardi e in modo efficace e razionale, necessita evidentemente di procedure e piani di ricostruzione organizzati e concepiti a priori in base alle mappe di rischio e alle norme urbanistiche della zona.

Una p.c. concepita in base a tali principi si realizza a livello organizzativo attraverso la costituzione del Dipartimento della p.c., il quale è formato, ai sensi del d.P.C. 13 febbraio 1990 n. 112, per quanto riguarda l'amministrazione interna, dai seguenti uffici: a) coordinamento attività di previsione e prevenzione; b) emergenza; c) opere pubbliche di emergenza; d) affari generali, documentazione e volontariato; e) organizzazione affari amministrativi e finanziari.

Inoltre presso il Dipartimento sono stati istituiti la Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi e il Comitato operativo della p. civile.

La Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi è presieduta dal ministro o da un sottosegretario per il Coordinamento della p.c. o da un suo delegato ed è composta da un docente universitario, esperto in materia, che si avvale della collaborazione di vari altri esperti. Ha il compito di fornire "le indicazioni necessarie per la definizione delle esigenze di studio e ricerca in materia di protezione civile, procede all'esame dei dati forniti dalle istituzioni ed organizzazioni preposte alla vigilanza degli eventi previsti dalla presente legge ed alla valutazione dei rischi connessi e degli interventi conseguenti" (art. 9 l. 24 febbraio 1992 n. 225).

Il Comitato operativo della p.c. è presieduto dal ministro per il Coordinamento della p.c. o da un suo delegato; ne fanno parte rappresentanti di vari ministeri tra cui i ministeri dell'Interno, della Difesa, della Sanità, dei Lavori Pubblici, dei Trasporti, e i rappresentanti di vari enti o amministrazioni che possono partecipare alle riunioni del Comitato. Ha la funzione di affrontare i problemi organizzativi riguardanti la gestione delle emergenze e di attivare le varie componenti della p.c. nell'ambito di un piano operativo coordinato e razionale per garantire un intervento tempestivo ed efficace. A tal fine il Comitato deve esaminare i piani predisposti dai prefetti, vagliare i dati e le richieste provenienti dalle zone colpite e coordinare gli interventi di tutte le amministrazioni e gli enti coinvolti.

Nell'ambito delle competenze sopra indicate s'inquadrano il Servizio coordinamento dell'attività di previsione e prevenzione e il Servizio emergenze: il primo è costituito da un settore per la prevenzione dei rischi derivanti da attività industriali e dall'impiego di sostanze radioattive; da un settore per la prevenzione dei rischi da incendi e da trasporto di merci pericolose; da un settore per la prevenzione dei rischi sismici e vulcanici, e da un settore per la prevenzione dei rischi da inquinamento ambientale per effetto di sostanze chimiche. Il secondo si occupa degli interventi di soccorso più urgenti, oltre ad avere la funzione di favorire l'adozione dei piani provinciali di p.c. e di quelli relativi a zone più limitate sottoposte a rischi particolari (per es. le zone circostanti il Vesuvio, l'Etna o gli impianti nucleari), di pianificare gli impianti industriali ad alto rischio e di costituire presso le prefetture gli uffici provinciali di p. civile.

Al Dipartimento appartengono anche: il Servizio per le opere pubbliche d'emergenza, il quale si occupa della ricostruzione delle opere pubbliche danneggiate provvedendo al controllo della realizzazione delle opere affidata ad altri enti o amministrazioni; il Centro operativo per le emergenze in mare (PROCIVILMARE), che cura il soccorso aereo in mare da aeroporti costieri con la predisposizione di piani di salvataggio e combatte l'inquinamento marino; il Centro operativo aereo unificato, che coordina gli interventi aerei per la lotta agli incendi boschivi a livello regionale, disponendo anche di mezzi differenziati per la tutela dell'ambiente e del territorio; il Centro Applicazione Studi Informatici (CASI), che si occupa dei collegamenti tra le banche dati delle amministrazioni e degli studi preliminari sulle dighe e sulle industrie ad alto rischio chimico; infine il Centro Situazioni (CESI), che funziona ininterrottamente allo scopo di essere pronto al verificarsi di qualsiasi evenienza o segnale d'emergenza.

Le attività e gli interventi di p.c. si attuano ulteriormente con il concorso e la collaborazione di organismi diversi dislocati a vari livelli territoriali. Accanto al Dipartimento della p.c., quale struttura centrale e direttiva, è previsto infatti un decentramento delle competenze a livello regionale, provinciale e comunale. Le regioni e le province hanno innanzitutto il compito di predisporre e attuare i programmi di previsione e prevenzione in armonia con quelli nazionali e, all'atto dell'emergenza, svolgono inoltre funzioni di intervento e soccorso. Con le medesime finalità si è dato corso, a cura delle rispettive regioni, a particolari strutture comunali di p. civile.

Al verificarsi di un evento calamitoso di rilevante gravità il presidente del Consiglio dei ministri o, per sua delega, il ministro o un sottosegretario per il Coordinamento della p.c. delibera lo stato di emergenza definendone durata ed estensione territoriale (art. 5 l. n. 225 del 1992), dopo di che assumerà la direzione dell'organizzazione degli interventi, coordinando le attività svolte dalle varie amministrazioni civili e militari dello stato.

In particolare l'emergenza viene fronteggiata:

1) a livello centrale dal Dipartimento della p.c. con l'entrata in azione del Comitato operativo e di tutti i centri operativi e i servizi le cui funzioni sono state sopra illustrate; presso lo Stato Maggiore dell'Esercito inoltre viene costituito il centro operativo interforze per il coordinamento degli interventi delle forze armate il quale è composto, oltre che dallo Stato Maggiore dell'Esercito, anche da rappresentanti dello Stato Maggiore della Marina e dell'Aeronautica e del ministero della Difesa;

2) a livello regionale da parte dei comitati regionali di p.c. composti dal presidente della giunta regionale, dai presidenti delle amministrazioni provinciali, dai sindaci dei comuni capoluoghi di provincia, dall'ispettore regionale dei Vigili del fuoco, dal direttore dell'ufficio regionale della p.c. e dal rappresentante della Croce rossa, oltre che da vari esperti e rappresentanti di enti regionali. Tali comitati hanno il compito di approntare programmi per la previsione, prevenzione e intervento e di garantire il coordinamento dei soccorsi anche a livello sanitario;

3) a livello provinciale da parte del prefetto, il quale dirige gli interventi di soccorso e coordina le attività dei vari enti pubblici e privati; a tal fine egli si avvale dei Comitati e degli uffici provinciali di p.c. istituiti presso ogni capoluogo di provincia, oltre che della collaborazione degli organi della regione, della provincia e dei comuni. Oltre che organo operativo in caso di emergenza, il prefetto ha anche competenze di natura ordinaria, riguardanti la predisposizione dei piani di previsione per fronteggiare le emergenze, in coerenza con i programmi provinciali di previsione e prevenzione;

4) a livello comunale da parte del sindaco che, in caso di emergenza, avvia l'intervento del personale attivo sul territorio assumendo la direzione delle operazioni; egli ha anche responsabilità in materia di pianificazione e prevenzione. La struttura di cui il sindaco si avvale è l'ufficio comunale di p.c. la cui composizione e organizzazione cambia da zona a zona; tale ufficio assolve le funzioni suddette anche mediante l'organizzazione del volontariato. In genere la gestione delle emergenze è attuata da un Centro comunale di emergenza composto di: un'area comunicazioni destinata a raccogliere e inviare notizie sull'evoluzione della situazione; un'area operativa con la funzione di pianificare gli interventi sulla base delle informazioni ricevute e dei piani già predisposti; un'area riunioni, ovvero un ambiente nel quale si riuniscono il sindaco con tutti i componenti del comitato comunale d'emergenza.

Le strutture operative nazionali che consentono la realizzazione pratica degli interventi di soccorso e il cui intervento è coordinato dagli organi precedentemente descritti sono previste come qui di seguito elencate.

Il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, che svolge le sue attività su tutto il territorio nazionale, fatta eccezione per le province autonome di Trento e Bolzano, le quali sono dotate di un servizio autonomo. Il personale è diviso in tre contingenti: Vigili in servizio permanente; Vigili volontari e Vigili ausiliari di leva. Inoltre si hanno due strutture: una di supporto amministrativo e una di supporto tecnico per la gestione di mezzi e attrezzature. L'intero Corpo dipende dalla Direzione generale della p.c. e dai servizi antincendi del ministero dell'Interno ed è strutturato secondo il seguente ordinamento: un ispettore generale capo; un servizio tecnico centrale; scuole centrali antincendi e di p.c.; centro studi ed esperienze; ispettorati regionali e interregionali; comandi provinciali; distaccamenti e posti di vigilanza; colonne mobili di soccorso. Il Corpo svolge compiti in fase sia di prevenzione che di pronto intervento.

Le Forze armate, il cui ruolo è molto importante sia per la disponibilità di mezzi sia per la possibilità di una sollecita entrata in azione, fermo restando che la legge intende la loro attività come integrativa e di supporto all'azione che istituzionalmente spetta agli organi preposti alla p. civile. In fase di emergenza le Forze armate svolgono la loro azione in tre fasi successive: di salvataggio e primo soccorso; di sopravvivenza (con interventi per il sostegno e l'assistenza sanitaria alle popolazioni colpite); di consolidamento, con interventi di ripristino del territorio. A tale scopo è stata istituita un'apposita Forza di primo intervento in grado di agire immediatamente, su tutto il territorio nazionale, costituita di una componente terrestre, una navale e anfibia, e una aerea.

Le forze di polizia, comprendenti Polizia di stato, Arma dei carabinieri, Guardia di finanza, Polizia penitenziaria e Corpo forestale dello stato. Tali forze svolgono compiti in caso sia di piccola emergenza sia di grandi disastri e pubbliche calamità. Il Corpo forestale è chiamato soprattutto a fronteggiare incendi boschivi.

I Servizi tecnici nazionali, che sono strutture istituite presso la presidenza del Consiglio dei ministri. In particolare la l. n. 183 del 1989 sulla difesa del suolo operò una ristrutturazione dei servizi tecnici esistenti costituendone di nuovi. Furono riformati i servizi mareografico, idrografico, sismico, dighe e geologico e a essi fu affidato il compito di svolgere attività conoscitiva dell'ambiente, di realizzare una rete di sorveglianza e rilevamento del territorio, di fornire dati e consulenze negli ambiti delle rispettive competenze.

I Gruppi nazionali di ricerca scientifica, l'Istituto nazionale di geofisica e altre istituzioni di ricerca. I primi sono organi caratterizzati da autonomia finanziaria e amministrativa e rimangono di fatto fuori del sistema del Servizio nazionale della p.c. pur essendo stati istituiti presso il CNR con finalità di p. civile. Il primo a essere istituito fu il Gruppo nazionale per la difesa dai terremoti (poi denominato Gruppo per la difesa dai rischi sismici) su sollecitazione dei gravi eventi sismici dei primi anni Ottanta: i suoi compiti sono di fornire consulenza scientifica, tecnica e normativa per la difesa dal rischio sismico, di gestire la rete di rilevamento sismico nazionale, e di svolgere attività di ricerca e sorveglianza. Successivamente furono istituiti il Gruppo nazionale per la difesa dai rischi vulcanici, il Gruppo nazionale per la difesa dalle catastrofi idrogeologiche, e il Gruppo nazionale per la difesa dai rischi industriali da trasporto e da incendio. Anch'essi, come il primo, hanno la funzione di promuovere, sviluppare e coordinare studi finalizzati alla p.c. e di fornire consulenza tecnico-scientifica, ciascuno nel proprio campo. L'Istituto nazionale di geofisica provvede alla sorveglianza sismica del territorio nazionale e al coordinamento delle reti di rilevamento sismico locali, oltre alla promozione di ricerche e studi.

La Croce rossa italiana, alla quale sono demandati compiti sia in fase di previsione e prevenzione sia di soccorso e assistenza. Lo svolgimento delle attività di previsione e prevenzione è demandato ai cosiddetti ''monitori'' ovvero a volontari qualificati che provvedono a diffondere tra la popolazione l'educazione sanitaria e le nozioni fondamentali di comportamento in caso di emergenza. Le attività di soccorso prevedono: la prima assistenza ai feriti e il loro trasporto; la ricerca dei dispersi; la raccolta e distribuzione di generi e materiali di prima necessità; il soccorso sanitario di massa; interventi di tipo sociale e assistenziale a vasto raggio. La CRI è anche chiamata a contribuire alla fase di ripristino socioeconomico del territorio.

Le strutture del Servizio sanitario nazionale, che sono costituite da un complesso di unità locali, di presidi, di organi gestionali volti a formare un sistema diffuso e articolato tra vari livelli, enti e istituzioni sanitarie (quali le Unità sanitarie locali, gli enti ospedalieri, ecc.).

Il volontariato per la p.c., che comprende sia i singoli cittadini, sia le associazioni e gli organismi a ciò delegati, a cui sono demandati non solo i tradizionali compiti di aiuto nelle operazioni di soccorso ma, con visione più moderna, anche funzioni di previsione e prevenzione. Il riconoscimento della funzione del volontariato in materia di p.c. ha avuto un'evoluzione anche a livello legislativo: già la l. n. 996 del 1970 prevedeva "cittadini che volontariamente offrono prestazione della loro opera nei servizi della protezione civile" alla cui istruzione, equipaggiamento e addestramento era designato il ministero dell'Interno tramite il Corpo dei Vigili del fuoco.

Nel contesto del volontariato può essere inquadrato il CNSA (Corpo Nazionale Soccorso Alpino) come una particolare organizzazione la cui partecipazione alle operazioni di soccorso è comunque disciplinata dalla l. n. 162 del 1992 con una serie di norme che regolamentano la libera partecipazione di privati a particolari operazioni in caso di eventi di rilevante gravità.

Tra i servizi nazionali di pronto intervento per emergenza e che nell'ambito della p.c. svolgono essenzialmente funzioni di soccorso va ricordato il servizio di soccorso aereo denominato SAR (Search and Rescue) con il compito di assicurare con celerità ed efficacia il soccorso degli occupanti di un aereomobile in difficoltà. Inoltre, su richiesta, tale soccorso garantisce il contributo della componente aerea in tutte le situazioni di emergenza e di pericolo di vita, in cui tale componente risulti determinante. Il servizio è di fatto garantito dalla cooperazione di tutti i servizi dello stato, civili e militari. Vi partecipano in particolare l'Aeronautica militare, in concorrenza con altri corpi armati dello stato, della Marina mercantile e di varie organizzazioni civili (Croce rossa, Soccorso alpino del CAI, ACI, ecc.). L'organizzazione territoriale del SAR, in Italia, è articolata in vari centri e sottocentri di coordinamento e in diverse cellule di allarme dotate di mezzi di pronto intervento (elicotteri). Nello specifico, i mezzi a disposizione sono comprensivi di unità aeree (aeromobili ed elicotteri), unità navali e unità terrestri (pattuglie di alpinisti o di paracadutisti specializzate nella ricerca e nel soccorso).

Quanto alle attività di p.c. nel settore della lotta agli incendi, le cui gravi emergenze sono particolarmente ricorrenti in Italia, va ricordato, dato il ruolo determinante degli aerei in questo tipo di intervento, l'attività svolta dall'Aeronautica militare che a tal fine dispone di aerei C-130 e G-222 e di elicotteri HH-3F, per due distinte modalità di intervento.

In un caso si tratta dell'attacco diretto al fronte di fiamma, con scarico di acqua (o più di frequente di una miscela di acqua e di ritardante chimico) direttamente dal velivolo sulle fiamme, il che richiede un riversamento di grandi quantità su piccole zone. L'elevata concentrazione di acqua riversata e il conseguente grande spostamento d'aria, determina infatti un efficace effetto spegnente e per tale strategia sono adatti gli elicotteri i quali consentono un'elevata precisione dello scarico in tempi rapidi e quindi un'elevata frequenza di interventi ripetuti. Gli elicotteri risultano indispensabili quando le condizioni atmosferiche non consentono l'intervento alternativo di velivoli anfibi adatti all'ammaraggio e all'imbarco d'acqua, mentre denunciano limitazioni nei confronti degli aerei quando la distanza tra incendio e punto di rifornimento è elevata.

In un secondo caso si tratta di interventi di sbarramento del fronte di fiamma e tale strategia prevede lo scarico di liquido da parte del velivolo sulla fascia immediatamente anteriore al fronte di fiamma. In questo caso i sistemi di carico e scarico devono consentire sia l'imbarco e il trasporto di un'elevata massa d'acqua (eventualmente frazionabile in più scarichi successivi) sia la regolazione della pressione di scarico in modo da poter variare la densità della striscia di sbarramento. In tali casi, in cui non è richiesta precisione ma piuttosto la disponibilità di una notevole quantità unitaria di liquido, i mezzi più usati sono gli aerei C-130 e G-222.

L'evoluzione e il perfezionamento dell'organizzazione della p.c. sono avvenuti anche sulla base delle esperienze maturate in seguito alle catastrofi che hanno colpito l'Italia. Il terremoto che il 23 novembre 1980 colpì parte della Campania e della Basilicata fu affrontato in un primo momento con una serie di misure urgenti mirate al reperimento dei mezzi per il soccorso e l'assistenza della popolazione e per il ripristino del territorio; successivamente fu redatto un piano generale per la ricostruzione e lo sviluppo: a tal proposito furono fissati i fondi per la ricostruzione e il ruolo delle regioni e dei comuni per il riassetto socio-economico delle zone disastrate (l. 14 maggio 1981 n. 219). In seguito il D.L. 27 febbraio 1982 n. 57 affidò a G. Zamberletti, allora ministro per il Coordinamento della p.c., il compito di garantire il completamento delle opere iniziate nella prima fase dell'emergenza, oltre alla gestione dei fondi stanziati per la ricostruzione. Furono poi adottate altre norme in seguito al terremoto del 21 marzo 1982, che colpì la Basilicata, la Calabria e la Campania, a quello del 17 ottobre 1982 verificatosi in Umbria, alla frana del 13 dicembre 1982, avvenuta ad Ancona, all'eruzione dell'Etna del 28 marzo 1983, alla frana in Valtellina del 22-23 maggio 1983, ai terremoti che si verificarono in Umbria il 29 aprile 1984, in Abruzzo, Molise, Lazio e Campania l'11 maggio 1984 e infine in Sicilia il 19 e 25 ottobre 1984. Nel 1982 fu rilevata una ripresa del bradisismo nella zona di Pozzuoli che indusse il ministro a preparare piani d'intervento e di evacuazione della popolazione; in seguito al perdurare del fenomeno fu istituito a Pozzuoli un centro operativo di p.c. per assistere la popolazione e provvedere ai piani di previsione e di emergenza.

Il 29 luglio 1985 si verificò la frana di fango che distrusse completamente la frazione di Stava, nel comune di Tesero (Trento), provocando la morte di trecento persone e danni per decine di miliardi. L'intervento del ministro per il Coordinamento della p.c. garantì i soccorsi più immediati, che poi furono proseguiti dalla provincia autonoma di Trento alla quale furono assegnati 30 miliardi per il 1985; la stessa provincia di Trento stanziò con una propria legge (l. prov. 5 agosto 1985 n. 9) 5 miliardi per la ricostruzione.

Dopo l'alluvione che il 19 luglio 1987 colpì la Valtellina si verificò un'enorme frana che dal monte Copetta precipitò nella Valpola distruggendo diversi paesi, ostruendo il deflusso dell'Adda e formando un nuovo bacino. In tale occasione fu fondamentale il ruolo di esperti i quali avevano previsto il rischio della frana e avevano predisposto l'evacuazione delle zone più esposte limitando così il numero delle vittime. Fu poi attuata un'operazione di tracimazione controllata del bacino fino alla regolarizzazione dell'afflusso e del deflusso delle acque. Parallelamente si diede inizio alle operazioni di soccorso e ricostruzione per le quali furono stanziati ingenti capitali.

Struttura della protezione civile in altri paesi. - L'organizzazione della p.c. fuori d'Italia presenta consistenti differenze da paese a paese, tuttavia, in generale, essa può essere ricondotta a due modelli fondamentali: nel primo essa è gestita direttamente dal governo (per es. in Francia, Lussemburgo, Belgio, Olanda, Grecia), mentre nel secondo i poteri sono concentrati nell'ambito delle autonomie locali (per es. in Danimarca, Irlanda, Gran Bretagna, Svizzera).

In Gran Bretagna le competenze primarie sono affidate alle autorità locali che devono preparare i piani d'intervento e coordinare i soccorsi con la partecipazione del governo solo in casi eccezionali; largo spazio viene dato al volontariato reclutato presso centri operativi locali. In Svizzera la p.c. è essenzialmente intesa come protezione della popolazione in caso di guerra; in condizioni ordinarie le attività di p.c. vengono svolte direttamente dalla popolazione; il servizio di p.c. è obbligatorio per gli uomini di età compresa tra i venti e i sessant'anni che non prestano il servizio militare; inoltre, tutti i cittadini dopo i sedici anni possono svolgere le funzioni di volontariato. Negli Stati Uniti gli organi di p.c. sono presieduti dal presidente degli Stati Uniti e dai governatori dei singoli stati: al primo compete il coordinamento degli interventi e la predisposizione di piani generali contro le calamità oltre all'azione di controllo sui governatori, affinché predispongano le strutture adatte; è da notare che l'organizzazione della p.c. non prevede l'intervento delle forze armate. In Giappone l'organismo centrale è a livello ministeriale e le operazioni di soccorso si fondano su una struttura specializzata alla quale concorrono tutti gli enti pubblici e privati, le forze armate e il volontariato. In Belgio il coordinamento è svolto dal governatore della provincia e solo in casi più gravi interviene il governo attraverso il ministero dell'Interno e altri ministeri; è previsto anche l'intervento dell'esercito. In Francia a livello centrale la p.c. è assicurata dal ministero dell'Interno, mentre a livello periferico è svolta dai prefetti; essa si fonda sull'azione dei Vigili del fuoco e dell'esercito. In Norvegia non esiste un vero e proprio organismo di p.c., e in caso di calamità le operazioni sono dirette dal ministero della Giustizia e dalla polizia. In Portogallo l'autorità centrale di p.c. è il primo ministro che affida i compiti al ministro dell'Interno; le strutture permanenti di p.c. sono i pompieri e la polizia, mentre in casi particolari interviene l'esercito; l'azione delle autorità locali è supportata da un centro operativo allestito all'atto dell'emergenza. In Cina il governo predispone i piani di prevenzione che vengono attuati dai ministri competenti con la collaborazione delle autonomie locali: in particolare i comuni hanno la funzione di stimolare la partecipazione dei cittadini alle operazioni di soccorso.

Bibl.: G. Forlani, La protezione civile, Firenze 1982; A. Lovati, Guida alle tematiche di base della protezione civile, Padova, fondazione Emanuela Zancan, 1984; F. Santoianni, La protezione civile, Firenze 1985; E. Pastorelli, La protezione civile oggi, Milano 1986; V.F. Bresacchio, Il soccorso aereo nell'emergenza sanitaria e civile, Perugia 1987; R. Di Passio, Protezione civile: funzione, organizzazione, Rimini 1987; P. Padoin, La protezione civile in Italia, funzioni, competenze, rischi e prassi d'intervento, Roma 1988; F. M. Battisti, La città e l'emergenza: organizzazione della protezione civile e della sicurezza nelle aree metropolitane, Milano 1991; L. Giampaolino, Il servizio nazionale di protezione civile, Milano 1993.

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