SALVANI, Provenzano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 89 (2017)

SALVANI, Provenzano

Roberta Mucciarelli

– Figlio di Ildebrandino di Salvano, attivo nella vita politica cittadina fra 1220 e 1247 e di madre ignota, non abbiamo notizie sulla sua data di nascita, collocata presuntivamente nella seconda decade del Duecento, a Siena.

I primi atti che lo riguardano sono del 1246-47, quando rivestì l’incarico di provveditore di Biccherna (magistratura che avrebbe di nuovo occupato negli anni 1252 e 1259). È da questo momento che la documentazione comincia a restituire il ruolo crescente, e di rilievo, che Salvani giocò nella vita politica senese («il maggiore del popolo di Siena» lo definì Giovanni Villani: Nuova Cronica, a cura di G. Porta, 1990, l. VII, cap. LXXVII, 19) arrivando, negli anni cruciali del regime ghibellino, «a recar Siena tutta alle sua mani» (Purgatorio, XI, 123). Un deciso protagonismo nei consigli di Popolo e del Comune (dal 1249, anno del primo registro conservato), il moltiplicarsi di attestazioni di incarichi politici a diversi livelli consentono infatti di attribuire a Salvani una continuità di presenza nell’arena politica e nelle istituzioni a partire appunto dalla fine degli anni Quaranta. Nel 1249 fu infatti incaricato di un’ambasciata a Lucignano d’Arbia, insieme con un delegato dell’imperatore; a seguire nel 1250 fu tra i membri del Consiglio di credenza, fece parte della commissione di boni homines deputata «ad statuendum et ordinandum penas maleficiorum» (Archivio di Stato di Siena, Biccherna, 10, c. 70) e di quella per la redazione dell’ordinamento per il biado; nello stesso anno è documentata un’ambasciata a Volterra. Poi, nel 1251 fu fra i preposti «super malis postis artium» (Archivio di Stato di Siena, Biccherna, 11, c. 100; 12, c. 119).

La sua affermazione personale va ricollegata anche a quella della sua casata. Con l’affermazione della magistratura popolare dei Ventiquattro (1240), vari membri dei Salvani ne occuparono i seggi risultando, nel ventennio 1250-70, la famiglia con il maggior numero di riseduti: Provenzano stesso, che nel 1255 era fra i sei boni homines populi, ne fece a più riprese parte fino al 1261 (1255, 1258, 1259, 1260, 1261).

Nel corso degli anni Cinquanta Salvani avrebbe ricoperto anche altri incarichi (l’ordinamento della nuova ‘lira’ nel 1254, una commissione incaricata di provvedere ai bisogni finanziari del Comune nel 1258), ma fu appunto il 1251 l’anno chiave per la sua ascesa politica. In vista di un nuovo conflitto con i guelfi capeggiati da Firenze, Salvani si distinse infatti come uno tra i più attivi fautori della rete di alleanze tessuta da Siena con altri esponenti della causa filoimperiale toscana: a questa causa si deve l’ambasciata a Perugia in funzione antifiorentina e la missione diplomatica presso gli Aldobrandeschi per ottenere aiuti militari. L’anno successivo fu ambasciatore a Poggibonsi ne auxilium darent Florentinis contra nos (Archivio di Stato di Siena, Biccherna, 13, c. 130) e nel 1254, in pieno scontro con Firenze, fu di nuovo incaricato di una missione diplomatica, questa volta a Pisa. Poi, nelle settimane successive alla pace che Siena e Firenze vollero confermare nel luglio del 1255, Salvani fu protagonista di una febbrile attività diplomatica nel contado.

Ruolo diplomatico, funzione militare e attività politica si intrecciarono continuamente come dimostrano i contemporanei impegni di miles del Comune in operazioni di controllo del territorio; come rettore, al governo delle comunità dello Stato; come capo popolare di primo piano nei lavori «super emendando et faciendo constitutum seu ordinamentum popoli comunis Senarum» (c. 104): fu proprio in quegli anni segnati da un acuirsi delle rivendicazioni popolari che l’attività di Salvani per il rafforzamento istituzionale della pars populi conobbe i primi successi. La missione più significativa, finalizzata all’istituzione di un presidio antiguelfo in Toscana, fu senza dubbio quella che nel 1257 lo vide alla corte di Manfredi. Da quel momento Siena si legò alla causa del principe di Taranto impegnandosi, nel 1259, in un giuramento di fedeltà nei suoi confronti. Dopo l’arrivo dei primi contingenti di cavalleria tedeschi tra la fine dell’anno e l’inizio del 1260, a febbraio Salvani partì per una nuova ambasciata al re di Sicilia per chiedere, in previsione del conflitto con i fiorentini che frattanto si erano portati nei pressi di Siena, ulteriori rinforzi militari di cui si pose a capo.

Il 4 settembre 1260 a Montaperti Siena ebbe la meglio su Firenze e si trovò a capeggiare la Lega toscana per consolidare il predominio filoimperiale nella regione. Il successo conseguito incoronò Provenzano: «dopo la vittoria ch’ebbe a Montaperti guidava tutta la città e la parte ghibellina fece capo a lui» (G. Villani, Nuova Cronica, cit., l. VIII, cap. XXXI, 64-67), ma la dura reazione della Sede apostolica alla politica filo-imperiale senese innescò la crisi. L’interdetto lanciato sulla città da Urbano IV nel gennaio del 1262 – che decretava la cancellazione dei debiti dei mercanti senesi e l’intransigenza di Salvani, il quale ribadì la ferma decisione del governo di tener fede ai patti con Manfredi – provocò un serio contraccolpo sugli equilibri politici cittadini e un acceso malcontento, come dimostra la rivolta di piazza scoppiata il 30 aprile 1262. Ciò nonostante, a ottobre il governo inviò una delegazione a Manfredi per rassicurarlo sulla fedeltà del Comune e di Salvani stesso, cui gli oppositori risposero, a novembre, con l’assassinio di un esponente dei Ventiquattro per mano di Salimbeni e Rinaldini. Un mese più tardi un gruppo qualificato di cives, in disaccordo con la politica ghibellina dei Ventiquattro tanto influenzata da Salvani, lasciò Siena e si rifugiò nel borgo papale di Radicofani. Alle azioni di controllo dell’inquieta Maremma (Salvani si recò a Pitigliano nell’ottobre del 1262) si sommarono quelle contro i fuorusciti.

Intanto Salvani manteneva i contatti con re Manfredi; nel settembre del 1263 si recò a Pisa, dove il re, preparandosi a combattere Carlo d’Angiò, aveva convocato i rappresentanti delle città ghibelline. La sconfitta e l’uccisione di Manfredi, nel febbraio del 1266 a Benevento per mano di Carlo d’Angiò, se provocò un contraccolpo nel ghibellinismo senese non impedì a Salvani di contrastare il tentativo di mediazione del vicario pontificio inviato a Siena perché la città negoziasse l’abbandono della causa filoimperiale. Alla ribellione nel 1267 dei tre castelli dell’Alta Val di Cecina (Belforte, Monteguidi e Radicondoli) che il Comune di Siena gli aveva donato alcuni anni prima, il capo di parte ghibellina rispose con un’ulteriore prova di forza, mobilitando le istituzioni comunali. Tuttavia, il precisarsi e il rafforzarsi di un orientamento filopapale in Toscana, con Siena e Pisa ormai isolate protagoniste dell’opposto schieramento, doveva metter fine alle ambizioni politiche di Salvani: all’indomani della battaglia di Tagliacozzo (1268) l’esercito senese di cui era a capo fu sconfitto il 12 giugno 1269 a Colle Val d’Elsa dalle forze riunite del partito angioino capitanate da Guido da Monforte. Salvani (che non lasciò discendenza diretta se non un figlio, Bindo) fu catturato e ucciso.

Sulle modalità della morte di Salvani le uniche testimonianze vengono dai cronisti: «il conte Guido Novello si fuggì e messer Provenzano Salvani signore e guidatore dell’oste de’ Sanesi fu preso e tagliatoli il capo, e per tutto il campo portato fitto in su una lancia» scrive Villani (Nuova Cronica, cit., l. VIII, cap. XXXI, 50-53). Del tutto fantasiosa la versione dell’Anonimo cronista senese secondo cui la sconfitta sarebbe stata imputata dal governo al tradimento di Provenzano, ucciso da Cavolino Tolomei su richiesta dei Ventiquattro.

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Siena, Biccherna 7, cc. 3, 4, 82v; 8, cc. 3; 10, cc. 82-83; 11, cc. 16, 86; 12, cc. 18, 64, 93; 13, cc. 36, 79-80; 15, cc. 78, 187; 16, cc. 46-47, 55, 63; 17, cc. 63, 72, 84-85, 98, 112; 18, cc. 26v, 116, 135, 157; 20, cc. 22v, 44; 21, cc. 81v; 28, c. 46v; 29, c. 3; 42, c. 88r; Consiglio Generale 1, cc. 2, 4, 39,78; 2, c. 49; 3, cc. 6, 11, 25, 35v; 5, cc. 3-3v, 18; 6, cc. 2-2v, 16, 20, 47, 122, 147, 184v-185; 7, cc. 19, 29v, 46v; 8, cc. 2v, 38, 40, 46v, 52, 57rv, 53, 55v, 72v, 74v-75, 76-76v, 79-80; 9, cc. 9v-10, 71v, 83, 88, 91; 10, cc. 20, 29r-30v, 48v, 78v, 82-82v, 83, 84v; 12, cc. 27-28, 39; Diplomatico, Archivio Riformagioni (30 ottobre 1262 - 23 settembre 1263); Diplomatico, Ospedale Santa Maria della Scala (23 settembre 1263); Siena, Biblioteca comunale degli Intronati, Codice senese, I.VI.31 c. 95v; Il Constituto del Comune di Siena dell’anno 1262, a cura di L. Zdekauer, Milano 1897 (rist. anast. Sala Bolognese-Siena 1974), d. IV.6, p. LXXXXIX; Cronaca senese di autore anonimo del secolo XIV, in Cronache senesi, a cura di A. Lisini - F. Jacometti, in RIS, Bologna 1931-1939, pp. 41-171 (in partic. pp. 66 s.); Giovanni Villani, Nuova Cronica, a cura di G. Porta, Parma 1990, t. 1, l. VII, cap. LXXVII, 19; ibid., l. VIII, cap. XXXI, 2-3, 50-51, 64.

A. Lisini, A proposito di una recente pubblicazione sulla Sapia dantesca, in Bullettino senese di storia patria, XXVII (1920), 1, pp. 61-89; P. Rossi, Dante e Siena, Siena 1921; F. Tempesti, Provenzan Salvani, in Bullettino senese di storia patria, n.s., VII (1936) pp. 3-56; D. Waley, Siena and the Sienese in the thirteenth century, Cambridge 1991 (trad. it. Siena 2003, pp. 148 s., 152); A. Giorgi, “Quando honore et cingulo militie se hornavit”. Riflessioni sull’acquisizione della dignità cavalleresca a Siena nel Duecento, in Fedeltà ghibellina, affari guelfi. Saggi e riletture intorno alla storia di Siena fra Duecento e Trecento, a cura di G. Piccinni, I-II, Pisa 2008, I, pp. 133-207 (in partic. p. 174); R. Lugarini, Il ghibellino Provenzano S. tra mito e dimensione storica, ibid., I, pp. 467-497; D. Balestracci, La battaglia di Montaperti, Roma-Bari 2017, ad indicem.

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