Psicologia analitica

Dizionario di filosofia (2009)

psicologia analitica


Locuz. con la quale, a partire dal 1913, Jung (➔) designò la sua teoria psicologica e la connessa pratica psicoterapeutica, per distinguerla dalla psicoanalisi (➔) di Freud.

Il processo di individuazione

P. a. e psicoanalisi condividono una concezione della vita psichica fondata sull’interazione dinamica tra una sfera cosciente e una sfera inconscia; ed entrambe riconoscono nella libido l’energia che anima la vita della psiche. Tuttavia, mentre per Freud la libido è un’energia di tipo sessuale, per Jung è un’energia psichica che si esprime sia nella sfera pulsionale, sia in quella culturale, con finalità creative. Se la concezione freudiana della libido ha una connotazione naturalistica, quella junghiana introduce in essa la dimensione storica: dietro ogni sofferenza psichica c’è una storia personale, che contiene il segreto della sofferenza stessa e che il terapeuta deve scoprire. I disturbi psichici, quindi, non possono essere sempre ricondotti a una causa di tipo sessuale, ma vanno compresi nel più generale processo di individuazione attraverso il quale l’intera personalità di un individuo viene progressivamente alla luce. Tale processo ha, per un verso, un carattere ‘involontario’, ma, per altro verso, può realizzarsi pienamente e in modo equilibrato soltanto se la sfera cosciente vi prende parte, integrando progressivamente le istanze che emergono dalla sfera inconscia. Guidato dalla ‘logica’ della personalità nella sua interezza (il Sé), il processo di individuazione può tuttavia essere avvertito come pericoloso o inaccettabile dalla coscienza, che rappresenta soltanto una parte della personalità (e quindi segue una logica ‘parziale’, condizionata anche dall’adattamento al contesto sociale). Quando la coscienza resiste all’emergere di nuove componenti della personalità, il processo di individuazione viene ostacolato o interrotto e questo genera la sofferenza psichica, le cui manifestazioni non vanno lette in modo semeiotico (cioè come ‘segni’ che stanno al posto di qualcos’altro, già noto), ma in modo simbolico, ossia come immagini dense di significati che indicano una trasformazione da effettuare. Di qui la differente impostazione tra psicoanalisi e p. a.: mentre la prima utilizza un metodo ‘riduttivo’, ossia cerca di comprendere le cause dei sintomi ‘riducendoli’ a qualcosa d’altro, la p. a. adotta un metodo ‘prospettico’, considerando i sintomi come simboli che indicano oscuramente una direzione futura.

Inconscio collettivo e archetipi

La rappresentazione topografica della psiche, a partire dalla fondamentale polarità tra coscienza e inconscio, è nella p. a. particolarmente complessa e articolata. Vi è anzitutto la distinzione tra inconscio personale e inconscio collettivo. Il primo è legato alla storia personale di ogni individuo e contiene non solo le idee e le esperienze penose che sono state rimosse, ma anche tutti i pensieri, le percezioni, le volizioni e i ricordi che sfuggono alla coscienza, nonché quel che si ‘prepara’ nelle profondità della psiche e che in futuro emergerà a livello conscio. Il secondo, che coincide con gli strati più profondi della psiche, contiene invece una serie di immagini e di motivi, detti archetipi, comuni a tutta l’umanità (l’Amore, la Morte, l’Avversario, il Terrore, l’Unione, l’Inizio, il Tradimento, ecc.), i quali si manifestano regolarmente (accompagnate da un’intensa tonalità affettiva) tanto nei sogni, nelle fantasie e nelle allucinazioni dei singoli quanto nei miti, nelle fiabe, nelle religioni, nelle produzioni artistiche delle varie culture. Uno degli archetipi più importanti è il Sé, che rappresenta la vita psichica come totalità e ne costituisce il centro ordinatore, rappresentando al contempo la base archetipica dell’Io o Ego, ossia di quel complesso di rappresentazioni che coincide con la coscienza individuale.

L’Ego e la sua Ombra

La dialettica tra coscienza e inconscio, nonché tra individuale e collettivo, è mediata da una serie di ‘complessi funzionali’: l’Ombra, la Persona, l’Anima/us. L’Ombra è la ‘faccia oscura’ (ossia inconscia) dell’identità, un vero e proprio alter-Ego che si forma man mano che l’Ego emerge alla luce. La strutturazione di un Ego solido e affidabile si compie infatti ‘selezionando’ le tendenze e le caratteristiche della personalità che appaiono più accettabili e vantaggiose ai fini dell’adattamento. Tale processo di ‘selezione’ implica l’esclusione di una serie di caratteristiche e tendenze, che ‘precipitano’ nell’inconscio dando vita a una sorta di personalità relativamente autonoma, con tendenze contrarie a quelle coscienti. Nell’età adulta tale esclusione può essere fonte di disagio, perché esse fanno parte dell’identità personale e quindi ‘reclamano’ una loro (parziale) integrazione nella vita psichica del soggetto.

Persona, Anima/us e complessi

Se Ego e Ombra sono ‘strutture di identità’, Persona e Anima/us sono ‘strutture di relazione’, nel senso che mediano il rapporto dell’Io con il mondo esterno e con quello interno. La Persona (nel senso etimologico di ‘maschera’) rappresenta il ‘sistema di adattamento’ dell’individuo alle esigenze collettive del mondo esterno: essa è il ruolo o copione che ognuno deve saper svolgere in determinate circostanze. Nell’Anima/us si raccolgono tutte le qualità ritenute inadeguate allo sviluppo dell’Ego ai fini della sua identità sessuale; esse non vanno a costituire l’Ombra – che è strettamente connessa all’identità, anche sessuale, dell’individuo – ma si raccolgono intorno a un’immagine di sesso opposto. In sostanza, l’Anima è il femminile inconscio dell’uomo, la personificazione di tutte le tendenze psicologiche femminili, positive e negative: ricettività, irrazionalità, emotività, irritabilità; mentre l’Animus è il maschile inconscio della donna e personifica tutti gli elementi psichici ‘maschili’: razionalità, spirito di iniziativa, coraggio, obiettività, freddezza, distruttività. Infine, nell’inconscio personale si presenta una serie di immagini fra loro correlate, legate da una forte valenza emotiva, che Jung definì «complessi».

Tipi psicologici e interpretazione dei sogni

La concezione dialettica della psiche è alla base della teoria dei ‘tipi psicologici’ e dell’interpretazione dei sogni. La teoria dei tipi è fondata, in primo luogo, sulla distinzione tra estroversione e introversione: negli estroversi la libido è rivolta prevalentemente verso il mondo esterno, negli introversi verso il mondo interiore. A questa distinzione va poi aggiunta quella fondata sulle funzioni psichiche fondamentali (pensiero, sentimento, intuizione, sensazione), a ognuna delle quali corrisponde un tipo. Combinando il tipo-funzione con il tipo-atteggiamento si ottengono otto ‘tipi psicologici’, dei quali Jung ha dato anche una ricca esemplificazione filosofica e teologica. Con il riconoscimento di una insopprimibile differenza tipologica, che determina un diverso modo di orientarsi nel mondo e di comprenderlo, la p. a. si distanzia nettamente dalle teorie psicologiche che si rifanno al modello epistemologico delle scienze naturali. Le mutevoli strutture del soggetto osservante condizionano lo studio della psiche, che non può quindi pretendere di individuare uno schema di funzionamento universale e perenne, ma deve rimanere sempre aperto alla comprensione del molteplice, del singolare e dell’irripetibile. Per quanto riguarda l’interpretazione dei sogni, la p. a. vede in essi la rappresentazione simbolica della situazione inconscia del sognatore in relazione a quella conscia. Scopo del sogno è regolare l’equilibrio della psiche, compensando le unilateralità della sfera cosciente e permettendole quindi un maggiore adattamento al processo di individuazione. Il sogno può avere anche una funzione prospettica, quando la trama simbolica presente in esso indica la possibile soluzione di un conflitto psichico.

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