ANDRELINI, Publio Fausto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 3 (1961)

ANDRELINI, Publio Fausto

Robert Weiss

Nacque a Forlì verso il 1462. Nulla si sa circa la sua prima educazione, che ebbe luogo probabilmente nella sua città natale; si può, però, escludere con sicurezza che fosse allievo del Filelfo, come fu erroneamente ritenuto. Nello Studio bolognese si laureò in diritto canonico e a Bologna scrisse pure versi d'amore in latino per una certa Livia non meglio identificata. Sempre a Bologna strinse amicizia con i fratelli Bessarione e Nestore Malvezzi, al secondo dei quali dovette con ogni probabilità la sua assunzione al servizio dei vescovo di Mantova Ludovico Gonzaga, allora residente a Roma. Nella primavera del 1483 l'A. era già da tempo a Roma: si fece presto notare nell'Accademia Romana di Pomponio Leto, dove assunse il nome di Publio, da lui prefisso a Fausto d'allora in poi, e dove, oltre a distinguersi come verseggiatore in latino, strinse amicizia con vari umanisti. Fu in rapporto oltre che con Pomponio Leto, anche con il fiorentino Naldo Naldi e con il cesenate Francesco Uberti, i quali gli indirizzarono un epigramma latino, nonchè con Antonio Urceo detto Codro.

I versi amorosi scritti dall'A. a Bologna ebbero gran successo nell'Accademia Romana. Pomponio Leto era riuscito ad ottenere per l'Accademia dall'imperatore Federico III il privilegio di conferire l'alloro poetico. Nel 1483 tra coloro che recitarono versi alla festa annuale dell'Accademia in occasione del Natale di Roma era l'Andrelini. Appunto allora venne deciso di dargli la laurea poetica, che, rimandata per quell'anno, gli fu certamente conferita nel 1484, quando risulta che recitò un carme sul Natale di Roma durante la festa annuale dell'Accademia dopo che gli era stato conferito tale onore. Durante quest'anno l'A. era già diventato uno dei familiari del vescovo di Mantova Ludovico Gonzaga. Nel giugno del 1484 egli raggiunse infatti il suo signore a Bracciano, dove si era rifugiato per la peste che infuriava a Roma. Più tardi, non si sa con sicurezza quando, seguì il suo protettore a Mantova. Ma il servizio del Gonzaga non era l'ideale per lui e l'idea di emigrare in Francia venne a maturarsi nell'A., che verso la fine di settembre del 1488 varcò le Alpi munito di commendatizie del vescovo per il conte Gilberto di Montpensier e la sua consorte Chiara Gonzaga.

Non si sa precisamente se l'A. si trattenne presso i Montpensier. È invece certo che durante l'autunno dello stesso anno egli comparve a Parigi. Il suo arrivo fu più o meno contemporaneo a quello di un altro umanista italiano, venuto come lui a cercare fortuna oltr'Alpe, il cortonese Cornelio Vitelli. La venuta dei due italiani a Parigi dispiacque ad un altro umanista già trasferitosi lì, il veneziano Girolamo Balbi, che vide nel loro arrivo la fine del proprio monopolio umanistico nella capitale francese. Sbarazzarsi dei due nuovi rivali sembrò necessario al Balbi, che cominciò ad aizzare l'A. contro il Vitelli. I tre italiani fecero poi domanda alle autorità accademiche parigine per insegnare pubblicamente le umanità: il che venne concesso loro il 5 sett. 1489, a condizione però che l'insegnamento non eccedesse un'ora giornaliera e che avesse luogo "post prandium", cioè seralmente. L'obiettivo del Balbi venne presto raggiunto. Dopo scambi di fiere invettive tra l'A. ed il Vitelli, quest'ultimo finì per darsi per vinto e partì per l'Inghilterra al più tardi durante i primi mesi del 1490. Ma l'A. non tardò a diventare il bersaglio della ostilità del Balbi, al punto che durante il 1490 o al più tardi nel 1491 fu costretto a lasciare anch'egli Parigi, mentre il trionfante Balbi si preoccupava di sparger per l'Italia la voce che l'A. aveva finito i suoi giorni sul rogo per eresia.

Nulla sappiamo circa l'insegnamento dell'A. a Poitiers e a Tolosa, se non che durò circa un biennio. Intanto l'A. non aveva mancato di appoggiarsi a protettori influenti, tra cui primeggiavano il generale dei trinitari Roberto Gaguin, uno dei personaggi più in vista del mondo intellettuale parigino, che più tardi gli dedicò una elegia latina ed al cui compendio di storia francese egli contribuì con distici laudativi, e Guglielmo di Rochefort, il gran cancelliere di Francia, a cui dedicò la Livia, cioè la raccolta delle sue poesie latine giovanili, per lo più amorose, pubblicata a Parigi nel 1490. Il matrimonio di Carlo VIII con Anna di Bretagna, che ebbe luogo il 6 dic. 1491, diede occasione all'A. di comporre la sua quarta ecloga latina, modellata sulla terza ecloga di Virgilio e sulla sesta di Calpurnio, ed attrarre così l'attenzione dei circoli di corte.

Grazie ai suoi protettori e principalmente al Gaguin, l'A. riuscì a tornare a Parigi, probabilmente nel 1493. Poco dopo il Balbi, i cui attacchi contro il grammatico Guglielmo Tardif gli avevano reso ostile l'ambiente accademico parigino, era costretto addirittura a fuggire dalla città, mentre l'A., trionfante, ne celebrava la partenza con l'ecloga De fuga Balbi, che indirizzava al Gaguin. Con la scomparsa del Balbi, che troviamo a Vienna già nell'estate del 1493, l'A. rimase padrone del campo. Naturalmente il suo insegnamento parigino fu soprattutto umanistico e retorico. Ma oltre a Livio, Svetonio e Virgilio, si sa che commentò pubblicamente la Sphaera dell'astronomo inglese John Hollywood (Sacrobosco), uno dei classici dell'astronomia medievale, e perfino i Salmi. Al tempo stesso non dimenticava di tener d'occhio i potenti.

Così lo troviamo curare nel 1494 una edizione delle sue elegie latine, che dedicò al cancelliere Guglielmo di Rochefort e, poiché costui morì prima che la stampa fosse completata, l'A. vi aggiunse una dedica a Tommaso Ward, allora rappresentante del re d'Inghilterra alla corte francese. Le Elegiae sono una specie di palinodia. Vi si esaltano non più l'amore, ma Cristo e la Vergine nonché i teologi parigini, mentre i versi giovanili vengono ora ripudiati dal poeta. Ma ciò che premeva soprattutto all'A. era il favore di Carlo VIII. La spedizione italiana del 1494-95 gli fornì occasione per comporre un poemetto in esametri in due libri sull'impresa napoletana e la battaglia di Fornovo, dedicato al re e celebrante le sue gesta, dove tra l'altro difese calorosamente Carlo VIII contro Battista Mantovano, che nel suo Trophaeum pro Gallis expulsis aveva considerato la battaglia di Fornovo come una vittoria italiana. Questo componirnento, che gli procurò i rimproveri di Pietro Crinito, fu pubblicato a Parigi nel 1496e recitato dall'autore innanzi al re, che lo ricompensò con una generosa pensione nonché col titolo di poeta regio, che l'A. cominciò infatti ad usare per la prima volta quest'anno ed al quale aggiunse più tardi anche quello di poeta della regina. Al 1496 appartiene pure un poemetto astrologico in latino dedicato a Guglielmo Budé, il grande umanista francese, il De influentia siderum, in cui l'A. non ammette l'influsso delle stelle, eccetto quello climaterico sulla natura morale e fisica degli uomini e sulla flora e fauna dei vari paesi; nonché la Querela Parisiensis pavimenti, dove l'autore si lamenta della sporcizia delle vie di Parigi. A quest'anno o al 1497appartiene il De moralibus et intellectualibus virtutibus, indirizzato a Pietro di Couthardy ed a Guglielmo Briçonnet, dove l'A. parafrasò in versi alcune sentenze dell'Etica nicomachea, seguendo così l'esempio dell'Ars moralis del Lefèvre d'Étaples; e ancora durante il 1497 l'A. contribuì con tre distici all'edizione del testo latino della storia ecclesiastica di Eusebio a cura di Goffredo Boussard, mentre probabilmente curava l'edizione delle sue undici ecloghe, composte tra il 1488 e il 1496.

La morte di Carlo VIII nel 1498 occasionò naturalmente altre opere poetiche. Oltre a lamentare la morte del re in un poemetto latino in esametri, l'A. ripeté lo stesso tema in una epistola metrica e in alcuni epigrammi latini indirizzati a Guido di Rochefort.

Tra gli amici che l'A. contava a Parigi figura anche Erasmo, che, giunto nell'estate del 1494, non mancò di appoggiarsi subito a lui ed al Gaguin. Erasmo si legò presto all'A., che tra l'altro, scrivendo alla fine del 1498 a Guglielmo Herman, tesseva le lodi dell'umanista olandese per mostrare la stima che Erasmo godeva a Parigi. Più tardi, nel 1499, quando si trovava in Inghilterra, Erasmo cercò di attrarre l'A. oltre Manica. A questo invito l'A., che proprio allora allestiva e pubblicava una edizione del De coetu poetarum di Ottavio Cleofilo, replicò con un rifiuto. Invece aiutò Erasmo per gli Adagia, ed infatti quando questi uscirono a Parigi nel 1500 includevano una lettera dell'A., in cui si esaltavano l'eleganza e l'utilità dell'opera.

Il titolo di poeta regio venne ricoperto dall'A. anche sotto Luigi XII, di cui non tardò ad acquistare il favore già goduto sotto Carlo VIII ed a cui offrì, tra l'altro, un lussuoso codice contenente varie sue opere, accompagnato da una lettera di dedica piena di elogi. La notizia data da Leandro Alberti circa una coronazione poetica dell'A. da parte del re è invece priva di fondamento, il che non impedì che durante il Settecento formasse il soggetto di un affresco monocromo di Giuseppe Marchetti, tuttora esistente nell'aula consigliare del municipio di Forlì. Naturalmente, le imprese di Luigi XII nel Milanese e la sconfitta e la cattura di Ludovico il Moro nel 1500 diedero spunto all'A. per altri versi di circostanza.

A quest'anno appartiene infatti il De captivitate Ludovici Sphortiae, i cui esametri attaccano ferocemente l'ex duca di Milano e celebrano Luigi XII. Né pare che, nonostante il favore regio, tralasciasse la sua attività didattica, nella quale si sa che godé un immenso successo. Il trattatello di storia romana di Pomponio Leto fu pubblicato a sua cura a Parigi nel 1501; nel 1502 uscì un suo poemetto, il De secunda victoria Neapolitana, dove si esaltavano le imprese dei Francesi di Luigi XII nell'Italia meridionale: il che non gli impedì più tardi di stringere amicizia col Sannazzaro, durante il soggiorno parigino di quest'ultimo dopo la morte a Tours nel 1504 di re Federico di Napoli, col quale il Sannazzaro aveva condiviso l'esilio.

Nel 1502 l'A. ricevette la naturalizzazione francese, privilegio allora raro. Proprio in questo, periodo egli cercò di conquistarsi la protezione del cardinale Giorgio d'Amboise, in cui onore scrisse i De gestis Legati, pubblicati probabilmente nel 1503, dove mise particolarmente in rilievo gli intenti di riforma ecclesiastica del prelato. Sempre nel 1502 l'A. corse il pericolo di essere ferito da Alfonso d'Este, allora a Parigi, per alcuni versi diretti contro Battista Mantovano nel poemetto sulla battaglia di Fornovo, versi che erano spiaciuti anche al marchese di Mantova. Al punto che nel 1504 il D'Atri e l'Equicola visitarono l'A. e gli fecero promettere di sopprimere tali versi in future edizioni. Grazie al favore reale l'A. diventò verso il 1505 canonico di Bayeux. Al 1508 appartengono le Epistolae morales, cioè una serie di lettere latine ad uso degli studenti con esempi di latinità classica e discussioni morali, dove è evidente l'influsso degli Adagia di Erasmo e del commento all'Etica aristotelica del Lefèvre d'Étaples, ed all'anno seguente il poemetto in tre libri sulla conquista di Genova, nonché quello dove la regina Anna lamenta l'assenza del marito impegnato nelle guerre d'Italia.

Scarse sono le notizie sull'A. durante l'ultimo decennio della sua vita. Gradualmente egli era diventato poeta religioso, e la sua elegia sulla Vergine col corpo di Cristo morto fu pubblicata dal suo allievo Giacomo Toussaint, a Parigi nel 1513, insieme con carmi religiosi del Pontano e del Sannazzaro. La sua Ecloga moralisssima, dedicata a Luigi XII, uscì nel 1512 con il suo Hecatodisticon, quest'ultimo una raccolta di cento epigrammi sentenziosi in distici, mentre al 1513 appartengono i Pia et emuncta opuscula. All'A. fu pure attribuita la nota satira su Giulio II, il Iulius exclusus, ma è inconcepibile, come fu ben notato dal Renaudet, che egli possa esser l'autore di uno scritto così vigoroso e vivace. Le nozze del duca d'Angouléme, il futuro Francesco I, con Claudia di Francia nel 1514 diedero modo al vecchio poeta di comporre un panegirico d'occasione, mentre nel 1517 videro la luce le sue Praefationes duae, altera de vivente altera de mortua Anna Francorum Regina, la regina di cui aveva già scritto un panegirico.

Due anni dopo, nel 1519, l'A. si spense a Parigi.

L'attività e le opere dell'A. ci rivelano un arrivista incapace di sollevarsi dalla mediocrità. Alla ricchezza del suo latino ed alla scioltezza dei suoi versi egli accoppia una certa confusione nelle idee ed uno sviluppo di pensiero piuttosto debole. Ciononostante il suo successo in Francia fu veramente notevole ed è da cercarsi soprattutto nel fatto che egli rappresentò una cultura umanistica più progredita di quella francese contemporanea.

Il suo merito consiste nel contributo offerto allo sviluppo dell'umanesimo in Francia, dove fu considerato il maggior esponente della nuova poesia latina. I contemporanei l'acclamarono "principem poetarum nostrorum temporum", e le uniche critiche che gli furono rivolte in vita furono dirette non contro i suoi versi, ma contro i suoi costumi troppo liberi e contro i motti ed i giochi di parole con cui ravvivava le lezioni. Tra coloro che ne lodarono i versi vi furono Marco Antonio Sabellico, Lilio Gregorio Giraldi e Giulio Cesare Scaligero, mentre l'influsso delle ecloghe dell'A. è evidentissimo in quelle dell'Arnolleto. Erasmo, il quale aveva molto lodato ed adulato l'A. vivo, non esitò ad attaccarlo una volta morto ed a chiamarlo immorale, petulante, pieno d'arroganza e di poca dottrina.

Opere: Livia, Parisiis 1490; Elegiae, Parisiis 1494; Distici in R. Gaguin, Compendium de origine et gestis Francorum, Parisiis 1495; De fuga Balbi ex urbe Parisia, Parisiis 1496; De Neapolitana Fornoviensique victoria, Parisiis 1496; De influentia siderum et Querela Parisiensis pavimenti, Parisiis 1496; Distici in Historia ecclesiastica di Eusebio tradotta da Rufino, Parisiis 1497; Carmen panegyricum ad Carolum Francorum regem, Parisiis s. d.; Bucolica, Parisiis 1497; De obitu Caroli octavi deploratio, Parisiis s. d. [1550?]; De moralibus et intellectualibus virtutibus, Parisiis s. d. [1500?]; De Cancellarii ingressu in urbe Parrhisia, Parisiis s. d.; De captivitate Ludovici Sphortiae, Parisiis 1500; De secunda victoria Neapolitana, Parisiis 1502; Fausti ad sanctam Eucharistiam carmen, eiusdem do Virgine Christum crucifixum in gremio suo deflente carmen, Parisiis 1502; Deploratio de morte Petri Coardi, Parisiis 1505[?]; Tetrasticon ad beatam Virginem, in P. Bury, Paeanes, Parisiis 1505; De gestis Legati, Parisiis s. d., traduzione francese del suddetto di Jehan d'Ivry, Paris 1508; Carmen de expugnatione Genuensi, Parisiis 1507; De infelicitate poetarum. Carmen Fausti. De eximiis laudibus theologorum praecipue Parhisiensiurn carmen, in H. de Assia, Speculurn animae seu soliloquium, Argentorati 1507; Epistolae proverbiales et morales, Parisiis 1508; De regia in Genuenses victoria libri tres, Parisiis 1509; Epistola in qua Anna gloriosissima Francorum regina exhortatur maritum regem Ludovicum duodecimum ut expectatum in Galliam adventum maturet posteaquam de prostratis a se Venetis triumphavit, Parisiis 1510, traduzione francese del suddetto di Guillaume Cretin, Paris s. d.; Fausti Aegloga moralissima eiusdem Hecatodistichon, Argentorati 1512; Sententiae, in Viridarium illustrium poetarum, Parisiis 1513; Pia et emuncta opuscula, Parisiis 1513; Epithalamium Fausti de Claudia regia et Francisco Valesiorum duce, Parisiis 1514; In Annam Francorum reginam panaegyricon, Parisiis1515; De Sciolorum arrogantia proverbialis epistola, Parisiis 1517; Praefactiones duae, altera de vivente altera de mortua Anna Francorum regina, Parisiis 1517.

Edizioni curate dall'A.: O. Cleofilo, De coetu poetarum, Parisiis 1499; Ovidio, Fasti, Parisiis 1499; P. Leto, Romanae historiae compendium, Parisiis 1501.

Ediz. moderne: Querela Parisiensis pavimenti, in P. Lacombe, La malproprieté des rues de Paris à la fin du XVe siècle, in Bull. de la Soc. de l'hist. de Paris, 1903, pp.173-175; Egloghe, in The Eclogues of Faustus Andrelinus and Ioannes Arnolletus, a cura di W. P. Mustard, Baltimore 1918.

Codici: Una importante silloge di scritti è raccolta nel cod. Lat. 8134 della Nazionale di Parigi, esemplare di dedica a Luigi XII. Il cod. Cotton Vitellius A. XIV del British Museum contiene il De Neapolitana Fornoviensique victoria ed i componimenti in morte di Carlo VIII. Alcuni dei suoi carmi giovanili sono nel cod. Lat. misc.c. 62 della Bodleiana di Oxford e nel cod. Ottob. Lat. 2280 della Biblioteca Vaticana.

Fonti e Bibl.: Epistola Claudii Budini Vultonis Carnotensis ad P. Faustum Andrelinum hac vita funcrum, Parisiis 1520; P. Crinitus, Opera, Basileae 1532, pp. 525-531; R. Gaguin, Epistolae et orationes, a cura di L. Thuasne, I-II, Paris 1904, passim; Opus epistolarum Des. Erasmi Roterodami, a cura di P. S. Allen, I, Oxford 1906, pp. 220 s., 235 s., 238 s., 297, 311-313; G. V. Marchesi. Vitae illustrium Foroliviensium, Forolivii 1723, pp. 230-236; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, I, 2, Brescia 1753, pp. 714-719; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, VI, 3, Milano 1824, pp. 1638-1642; V. Lancetti, Memorie intorno ai poeti laureati, Milano 1839, pp. 198-201; C. D'Arco, Delle arti e degli artefici di Mantova, II, Mantova 1857, p. 19; C. Malagola, Della vita e delle opere, di Antonio Urceo detto Codro, Bologna 1878, pp. 202-203; L. Geiger, Studien zur Geschichte des französischen Humanismus, in Vierteljahrsschrift für Kultur und Literatur der Renaissance, I(1886), pp. 2-48; A. Luzio e R. Renier, Francesco Gonzaga alla battaglia di Fornovo, in Arch. stor. ital., s. 5, VI (1890), p. 240; R. Renier, Qualche documento su F. A., in Giorn. stor. d. letter. ital., XIX (1892), pp. 185-193; P. S. Allen, Hieronymus Balbus in Paris, in English Historical Review, XVII(1903), pp. 418-428; Il Diario Romano di Iacopo Gherardi da Volterra, a cura di E. Carusi, Città di Castello 1904-06, p. 117; A. Pasini, F. A. - Memorie e saggi poetici, Forlì 1918; E. Carrara, La bucolica di Fausto, in Giorn. stor. d. letter. ital., LXXVI (1920), pp. 20-81; Naldus Naldius Florentinus. Epigrammaton Liber, a cura di A. Perosa, Budapest 1943, p. 25; R. Weiss, Cornelio Vitelli in France and England, in Journal of the Warburg Institute, II (1939), pp. 221-223; A. Renaudet, Préréforme et humanisme à Paris pendant les premières guerres d'Italie (1494-1517), Paris 1953, passim.

I vari giudizi sull'A. sono raccolti in The Eclogues of Faustus Andrelinus and Ioannes Arnolletus', a cura di W. P. Mustard, Baltimore 1918, pp. 16-19. L'epigramma di Francesco Uberti indirizzato all'A. è nel cod. D. I. 2 della Malatestiana di Cesena, f. 303 r.

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