OVIDIO NASONE, Publio

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1998)

OVIDIO NASONE, Publio

C. Rabel

Poeta latino (43 a.C.-17 d.C.) autore di numerose opere che nel Medioevo vantano una nutrita tradizione manoscritta illustrata.A partire dall'epoca carolingia, i due poeti dell'Antichità più letti e imitati nel Medioevo, Virgilio e O., vennero spesso tra loro associati. Nelle loro opere si individuarono premonizioni di verità cristiane: nelle Metamorfosi di O. venne visto il riconoscimento dell'esistenza di un Dio unico creatore e i testi da lui dedicati agli amori tra dei e umani furono sottoposti a interpretazioni allegoriche. Insieme a Lucano, O. e Virgilio furono i modelli espliciti di Pietro da Eboli, che li fece effigiare nel suo Liber ad honorem Augusti, prodotto in Italia meridionale alla fine del sec. 12° (Berna, Burgerbibl., 120 II, c. 95r). In seguito, i manoscritti illustrati della Divina Commedia presentano O. insieme con Omero, Orazio e Lucano tra i pagani virtuosi che Dante, guidato da Virgilio, incontra nel Limbo (Inf. IV, vv. 88-90).Gli scritti di O. in latino furono illustrati quasi esclusivamente in Italia, con immagini che in molti casi aderiscono allo spirito dei versi antichi, ma rimasero senza influenza sull'iconografia successiva. Una tradizione iconografica nacque invece in Francia a partire dagli adattamenti medievali del testo antico. Impregnata dallo spirito gotico e cortese, essa costituì un'importante fonte di ispirazione per gli artisti del Rinascimento (Lord, 1968).L'interesse principale si concentrò sulle Metamorfosi, mentre le Eroidi conobbero in Francia solo un tardivo successo grazie alla traduzione compiuta nel 1496 da Octovien de Saint-Gelais. Ne rimangono quattordici manoscritti, spesso di gran lusso e assai illustrati, con la scena principale che si riferisce sia al tema della lettera sia a un episodio della vita delle eroine (Durrieu, Marquet de Vasselot, 1894; Thoss, 1986). Un esemplare del 1430-1440 ca., scritto in latino e originario forse dell'Italia settentrionale, pone nel margine le figure di dieci coppie di amanti, che, intente al colloquio, inquadrano l'inizio di una lettera (Roma, BAV, Ross. 893, c. 48v).In una raccolta di opere ovidiane del 1301, prodotta forse ad Arezzo, solo le Pontiche sono introdotte da un'iniziale istoriata che mostra O. intento a scrivere, seduto per terra nella postura del trovatore infelice e abbandonato (Roma, BAV, Vat. lat. 1600, c. 37r). Un'immagine dell'autore eseguita secondo i canoni antichi è la sola illustrazione contenuta nell'esemplare dei Fasti prodotto forse in Italia settentrionale nel 1427 e appartenuto a Ciriaco d'Ancona (Roma, BAV, Vat. lat. 10672, c. 2r).Dei quasi quattrocento manoscritti in latino delle Metamorfosi conosciuti, solo una dozzina vennero illustrati, quasi tutti nell'Italia settentrionale. Nell'esemplare più antico, forse prodotto a Bari intorno al 1100 (Napoli, Bibl. Naz., IV F. 3; Orofino, 1993), l'illustrazione marginale combina fonti bizantine, elementi occidentali e forme decorative islamiche. Due manoscritti bolognesi della fine del sec. 14° adottano il sistema di iniziali istoriate all'inizio dei libri (Cesena, Bibl. Com. Malatestiana, S.XXV.6; Venezia, Bibl. Naz. Marciana, lat. Z. 449a; Mattia, 1990-1991). Lo stesso avviene in un manoscritto prodotto a Roma o a Napoli intorno al 1480 e conservato a Parigi (BN, lat. 8016), dove l'iconografia, che riprende forme e motivi dell'arte greco-romana, evoca lo spirito dell'Antichità piuttosto che illustrare puntualmente il testo.Dell'Ovidio Maggiore toscano di Arrigo Simintendi, una delle migliori traduzioni delle Metamorfosi, eseguita intorno al 1333-1334, esiste una sola copia, prodotta a Firenze negli anni 1370-1380, illustrata con ca. settanta disegni acquarellati (Firenze, Bibl. Naz., Panciatichi 63).Gli adattamenti delle Metamorfosi risalenti al sec. 14° si inscrivono in un vasto movimento culturale mirante a rendere accessibili gli autori antichi a un nuovo pubblico laico. Due iniziative francesi pressoché contemporanee conducono al parossismo la cristianizzazione dell'opera di O., spiegando in questo senso ogni narrazione mitologica mediante l'aggiunta di apposite appendici, ma le illustrazioni, inizialmente aderenti in parte a questa moralizzazione, andarono rapidamente distaccandosene, in uno con la progressiva riduzione delle appendici.L'Ovidius moralizatus di Petrus Bercorius - un adattamento latino in prosa, prodotto ad Avignone intorno al 1340, originariamente concepito dall'autore come il XV libro del suo Reductorium morale e in seguito diffuso con grande fortuna in forma indipendente, con un'apposita introduzione - descrive e commenta diciassette divinità pagane, definendone l'iconografia in forme caricaturali che sono state spiegate con il ruolo mnemotecnico dell'opera (Legaré, 1991). I due esemplari illustrati dell'Ovidius moralizatus risalgono alla seconda metà del sec. 14° e sono originari dell'Italia settentrionale. L'apparato illustrativo del manoscritto conservato a Gotha (Forschungsbibl., I 98) è composto da oltre cento miniature dipinte; lo stile espressivo dell'artista, forse lombardo, fa risaltare l'aspetto drammatico della narrazione ovidiana. L'illustrazione dell'altro manoscritto, eseguito a Padova (Bergamo, Bibl. Civ. A. Mai, Cassaf. 3.4), è composta da duecentonove disegni acquarellati che seguono il testo con immagini vivaci, la cui densità è ancora aumentata dalla duplicazione e in qualche caso dalla triplicazione dei protagonisti all'interno di una stessa immagine (Codici e incunaboli, 1989).L'Ovide moralisé in versi è un poema in francese redatto a quanto pare tra il 1316 e il 1328 per iniziativa di una regina di Francia, forse Giovanna di Borgogna, moglie di Filippo V (1317-1322). I due manoscritti più antichi, cronologicamente assai vicini alla data del poema, vennero prodotti in uno scriptorium parigino specializzato nell'illustrazione estensiva di testi in volgare. Il manoscritto conservato a Rouen (Bibl. Mun., 1044 [O.4]) potrebbe essere l'originario esemplare regale; nel codice di Parigi (Ars., 5069) l'apparato illustrativo è consacrato ai momenti più drammatici della narrazione. In entrambi i manoscritti le immagini relative alle favole antiche si alternano a quelle dedicate alle loro moralizzazioni.L'Ovide moralisé appare la risposta profana del sec. 14° alla Bible moralisée del secolo di s. Luigi IX (1226-1270), altro progetto regale, più austero, di un gigantesco libro d'immagini. Le scene òrtodosse' a soggetto biblico o morale o storico o scientifico sembrano sottolineare gli elementi più condannabili del testo di O.: le metamorfosi, i mostri e i demoni e le scene del culto pagano. Per contro, gli dei e gli eroi antichi vengono trasformati in re e regine contemporanei, integrando in qualche modo l'Antichità nella storia nazionale di Francia, in cui la regalità pretendeva di avere prestigiose origini troiane (Dupic, 1945-1950; Lord, 1975; 1985). Ma già l'esemplare dell'Ovide moralisé di Jean de Valois, duca di Berry, prodotto a Parigi intorno al 1380 (Lione, Bibl. Mun., 742), omette numerosi passaggi delle moralizzazioni e non illustra gli altri, mentre scompaiono le immagini relative a metamorfosi, al culto antico e all'intervento degli dei nella vita degli uomini. Le sue cinquantasette miniature in grisaille colorata sottolineano l'aspetto umano della narrazione ovidiana (Lord, 1975). Nella copia illustrata più tarda, prodotta in Francia settentrionale intorno al 1470-1480, il poema è preceduto dall'introduzione di Petrus Bercorius, tradotta in francese e accompagnata dalle immagini degli dei, due delle quali compaiono anche tra le trentadue miniature che seguono (Copenaghen, Kongelige Bibl., Thott 399.2°).Diversi manoscritti delle Metamorfosi si aprono con un ritratto convenzionale dell'autore, raffigurato come un sapiente che tiene tra le mani un libro o scrive. L'immagine di O. che implora Dio acciocché ispiri la sua opera (Cambridge, Magdalene College, F.4.34, c. 16r) costituisce il caso estremo della sua assimilazione cristiana, assai marcata nei manoscritti dell'Ovide moralisé. La miniatura di frontespizio del più antico manoscritto di Rouen riunisce in otto medaglioni una galleria delle vittime delle metamorfosi, esseri metà umani e metà animali. Ma l'insistenza su questo elemento pagano è controbilanciata dalle immagini successive, tratte dalla Genesi e precedute da tre miniature che associano strettamente Dio e Ovidio. Nella prima (c. 16v), il creatore-architetto del mondo, che misura con un compasso la sfera dell'universo, è seduto di fronte a O., intento a comporre la sua opera. Nel corso di tutto il Medioevo si moltiplicarono interpretazioni del nome Ovidius, che deriverebbe dal fatto che O. spiega la struttura dell'universo confrontandola con quella di un uovo. Questo dà ragione delle due miniature successive del manoscritto di Rouen (c. 17r): Dio crea l'universo, rappresentato da quattro cerchi concentrici che simboleggiano gli elementi, e O. fa lezione a un gruppo di sapienti tenendo in mano un uovo.In alcuni frontespizi miniati parigini del sec. 14° appare tradotta in immagine la visione sincretistica che caratterizza l'approccio medievale all'opera. Nel manoscritto di Lione (c. 4r), Dio con il nimbo crucifero trattiene, al limite del mondo creato, il caos della narrazione ovidiana, massa indistinta in cui cominciano a disegnarsi delle forme. Egli volge la schiena a Prometeo - raffigurato come personaggio dell'Antichità e anche come mago per il fatto che indossa un turbante -, che reca una torcia simbolo del fuoco che dà vita all'uomo. Nel contemporaneo Ovide moralisé conservato a Parigi (BN, fr. 871, c. 1r) questa sequenza si completa con la creazione di Eva, che Dio trae dalla costola di Adamo; l'alternanza dei due demiurghi suggerisce la loro sostanziale identità.Nel Medioevo alcuni episodi delle Metamorfosi ebbero una tradizione iconografica di particolare importanza: così la storia di Narciso, illustrata alla fine del sec. 13° nel Roman de la Rose, così il mito di Orfeo, che appare in una raccolta di opere poetiche di Guillaume de Machaut, prodotta a Parigi intorno al 1370-1377 (Parigi, BN, fr. 1584, c. 174r).Anteriormente e poi parallelamente alla tradizione manoscritta, alcuni soggetti mitologici delle Metamorfosi appaiono, a vario titolo, in altri manufatti: in età romanica nella scultura e su coppe di bronzo istoriate; in epoca gotica sugli avori; alla fine del Medioevo, nell'Europa settentrionale su arazzi e in Italia su frontali di cassoni.

Bibl.: P. Durrieu, J.J. Marquet de Vasselot, Les manuscrits à miniatures des Héroïdes d'Ovide, traduites par Saint-Gelais, et un grand miniaturiste français du XVIe siècle, Paris 1894; M.D. Henkel, De houtsneden van Mansion's Ovide Moralisé. Bruges 1484 [Le xilografie dell'Ovide Moralisé di Mansion. Bruges 1484], Amsterdam 1922; J. Dupic, Ovide Moralisé. Manuscrit du XIVe siècle, Précis analytique des travaux de l'Académie des sciences, belles-lettres et arts de Rouen, 1945-1950, pp. 67-78; E. Panofsky, Renaissance and Renascences in Western Art, Stockholm 1960 (trad. it. Rinascimento e rinascenze nell'arte occidentale, Milano 1971); C. Lord, Some Ovidian Themes in Italian Renaissance Art (Mediaeval Ovidian Imagery), New York 1968, pp. 28-60; id., Three Manuscripts of the Ovide Moralisé, ArtB 57, 1975, pp. 161-175; K.L. Scott, The Caxton Master and his Patrons, Cambridge 1976, pp. 3-24, 72-76; A.M. Francini Ciaranfi, Appunti su antichi disegni fiorentini per le ''Metamorfosi'' di Ovidio, in Scritti di storia dell'arte in onore di Ugo Procacci, a cura di M.G. Ciardi Dupré Dal Poggetto, P. Dal Poggetto, Milano 1977, I, pp. 177-183; A. Derolez, The Library of Raphael de Marcatellis, Abbot of St. Bavon's, Ghent, 1437-1508, Gent 1979, pp. 161-168, 255-260; B. Degenhart, A. Schmitt, Corpus der italienischen Zeichnungen 1300-1450. II. Venedig. Addenda zu Süd- und Mittelitalien, II, Berlin 1980, pp. 359-369, tavv. 177-184; C. Lord, The Ovide Moralisé and the Old Testament, in Tribute to Lotte Brand Philip, Art Historian and Detective, New York 1985, pp. 95-102; D. Thoss, Publius Ovidius Naso, Héroïdes, traduites en vers français par Octovien de Saint-Gelais (Österreichische Nationalbibliothek, Wien, Codex 2624), München 1986; G. Amielle, Recherches sur des traductions françaises des ''Métamorphoses'' d'Ovide illustrées et publiées en France à la fin du XVe siècle et au XVIe siècle, Paris 1989, pp. 31-76, tavv. 1-21; Codici e incunaboli miniati della Biblioteca Civica di Bergamo, a cura di M.L. Gatti Perer, Bergamo 1989, pp. 286-310; E. Mattia, Due Ovidio illustrati di scuola bolognese, Miniatura 3-4, 1990-1991, pp. 63-72; A.M. Legaré, Le livre des Echecs amoureux, a cura di F. Guichard Tesson, B. Roy, Paris 1991; G. Orofino, L'illustrazione delle Metamorfosi di Ovidio nel ms. IV F 3 della Biblioteca Nazionale di Napoli, Ricerche di storia dell'arte 49, 1993, pp. 5-18; M. Buonocore, Aetas Ovidiana. La fortuna di Ovidio nei codici della Biblioteca Apostolica Vaticana, Sulmona 1994; C. Lord, Illustrated Manuscripts of Berchorius before the Age of Printing, in Die Rezeption der 'Metamorphosen' des Ovid in der Neuzeit. Der antike Mythos in Text und Bild, a cura di H. Walter, H.J. Horn, Berlin 1995, pp. 1-11, tavv. 1-4; J.B. Trapp, Portraits of Ovid in the Middle Ages and Renaissance, ivi, pp. 252-277, tavv. 57-64.C. Rabel

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