Puerperio

Universo del Corpo (2000)

Puerperio

Lucio Zichella
Renzo D'Amelio

Si definisce puerperio il periodo che intercorre tra la fine del parto e il ritorno degli organi genitali femminili alla condizione pregravidica. La durata del puerperio non è costante e varia, secondo i soggetti e la normalità o meno della pregressa gravidanza, da un minimo di 4 a un massimo di 8 settimane. Fenomeni tipici di questo periodo sono l'amenorrea, cioè l'assenza di flusso mestruale che termina con il cosiddetto capoparto, e la montata lattea, che si verifica tra il 3° e il 4° giorno dopo l'iniziale secrezione di colostro (una sostanza ricca di aminoacidi, sali minerali, vitamine e grassi che costituisce il primo alimento del bambino).

Fisiologia

Il processo mediante il quale l'utero torna alla condizione e alle dimensioni pregravidiche viene definito involuzione. Tale processo è sostenuto dalla digestione di una parte delle cellule che erano aumentate di volume in gravidanza (autolisi) e dalla chiusura (trombizzazione) dei vasi sanguigni. L'utero si riduce a circa 1/25 delle dimensioni raggiunte durante la gravidanza; generalmente, tuttavia, l'aumento della componente fibrosa fa sì che il suo volume non torni mai a essere uguale a quello pregravidico. Circa 24 ore dopo il parto il fondo dell'utero può essere palpato un dito al di sotto dell'ombelico e dal 2° giorno in poi l'utero discende di circa un dito ogni 24 ore. Al 6°-7° giorno di puerperio esso è rilevabile in una zona situata a metà tra l'ombelico e la sinfisi pubica, mentre dal 12° torna a portarsi dietro la sinfisi pubica e non è quindi più palpabile dall'esterno. Contemporaneamente all'involuzione dell'utero, anche la mucosa che riveste la cavità uterina (endometrio) subisce alcune modificazioni: dopo 3-4 giorni dal parto le normali perdite ematiche, i lochi, si trasformano da francamente ematiche a sieroematiche e dopo circa 7 giorni assumono un aspetto più sieroso. Nella 2ª settimana di puerperio i lochi diminuiscono di quantità e diventano biancastri; nella 3ª assumono una colorazione giallastra, in quanto prevalentemente costituiti da cellule di sfaldamento e cellule adipose; scompaiono infine intorno alla 4ª settimana. Durante il puerperio la donna torna alle condizioni pregravidiche anche sotto il profilo metabolico: si riduce gradualmente l'emodiluizione e diminuisce l'impegno cardiaco, mentre i valori pressori erano tornati nella norma già dalla 38ª settimana di gestazione. Anche la secrezione dell'insulina torna ai normali valori ristabilendo l'equilibrio glucidico.

Igiene e dieta

Molte convinzioni popolari inducono le donne in puerperio a osservare comportamenti in realtà privi di fondamenti clinici. La doccia può essere fatta immediatamente, ma per il bagno si devono aspettare circa 5 giorni dopo il parto. Le lavande vaginali, invece, non devono essere effettuate prima della cessazione delle lochiazioni. Per la ripresa dell'attività sessuale è necessario attendere la fine delle lochiazioni e, nel caso sia stata effettuata l'incisione episiotomica, è opportuno attendere il consolidamento cicatriziale della ferita. La normale attività fisica può essere ripresa subito dopo il parto; sarebbe inoltre opportuno praticare esercizi fisici atti a restituire elasticità e tono ai muscoli dell'addome e del bacino. Anche per l'allattamento al seno è necessario seguire alcune norme igieniche, consistenti in alcuni semplici principi, quali lavarsi le mani prima di allattare, detergere il capezzolo prima e dopo la suzione, impiegare a protezione dello stesso una garza sterile durante l'intera giornata, limitare la suzione del neonato a non più di 20 min per parte e usare sempre, anche di notte, un reggiseno in grado di sostenere bene il seno. È infine opportuno ricordare che l'allattamento non esplica azione contraccettiva. L'incremento calorico necessario per l'allattamento è di circa 300 cal/die; è quindi sufficiente continuare la stessa dieta a elevato contenuto proteico prescritta per la gravidanza, impiegando preferibilmente grassi vegetali, in special modo olio di oliva, in quanto i grassi ingeriti influenzano la qualità del latte. Durante l'allattamento, inoltre, si consiglia di consumare frutta in quantità superiore a quella assunta abitualmente, allo scopo di assicurare un giusto apporto vitaminico al latte. Un adeguato consumo di frutta, infatti, fa sì che non sia necessaria l'integrazione della dieta con sali minerali e similari. Talvolta, se la puerpera non beve latte o ne beve poco, può essere utile un'integrazione con calcio, in presenza di anemia con ferro. Fondamentale per una corretta lattazione è l'assunzione di liquidi in abbondante quantità. Alcuni alimenti, per es., cavolo, melanzane, asparagi, aglio, cipolla, vanno evitati in quanto conferiscono al latte un sapore sgradevole per il neonato.

Complicanze e patologie

Frequenti complicanze del puerperio sono relative all'allattamento. Ogni volta che la produzione di latte supera la quantità sottratta, le mammelle vanno incontro a un ingorgo (ingorgo mammario), il loro drenaggio linfatico e venoso si ostruisce e quindi appaiono edematose e talmente dolenti da non consentire in nessun modo lo svuotamento dal latte. Raramente l'ingorgo può essere causato dall'ostruzione dei dotti galattofori da parte del colostro ispessito. La terapia consiste nel sostenere i seni con opportuni bendaggi e reggiseni, nello svuotamento dal latte appena possibile e, soprattutto, nella somministrazione di farmaci in grado di inibirne la produzione. Il quadro descritto si può complicare e dare luogo alla mastite, l'infezione delle ghiandole mammarie, perlopiù sostenuta da Staphylococcus aureus che generalmente penetra attraverso ragadi e abrasioni dei capezzoli. L'infezione evolve quasi sempre verso la formazione di un ascesso mammario, che si manifesta con febbre settica molto elevata e accompagnata da brividi, mentre sul seno compare un'area rossa a contorno raggiato non fluttuante. A questo stadio, talvolta, la somministrazione di antibiotici può far recedere il processo settico, ma quando la forma infettiva evolve verso la formazione dell'ascesso si rendono necessari, in tempi brevi, la sua incisione e il drenaggio. Una delle complicanze più temibili del puerperio è l'infezione puerperale, con quadro clinico caratterizzato da quattro sintomi inequivocabili: febbre alta (sino a 38,5-39°), polso frequente (100-120 battiti/min), utero poco involuto e lochiazioni ematiche e maleodoranti. In questi casi è necessario individuare il germe responsabile dell'infezione mediante un esame batteriologico e, in attesa della risposta, iniziare una terapia antibiotica ad ampio spettro. L'inadeguata terapia di questa condizione può condurre allo shock settico che assai spesso provoca la morte della donna. Un'altra possibile complicanza è la trombosi delle vene femorali e safene, che può originare per diffusione diretta dall'utero sotto forma di tromboflebite, cioè di trombosi associata a infezione della vena. Nelle sue forme più lievi la tromboflebite può essere poco più di un'infiammazione di una varice superficiale, mentre nelle forme di maggiore gravità si configura il quadro della phlegmasia alba dolens: la gamba appare gonfia, dolente e fredda a causa dell'occlusione venosa e dei conseguenti edema e spasmo arterioso. Un'altra patologia vascolare del puerperio è la malattia tromboembolica. Anche se nella quasi totalità delle puerpere si verifica una microembolizzazione di liquido amniotico senza segni clinici, in almeno il 50% dei casi più gravi la malattia non presenta sintomi specifici e provoca la morte improvvisa. Nei casi sintomatici, invece, compare difficoltà respiratoria, colorito bluastro e turgore delle vene del collo. In queste evenienze si rivelano utili specifici test di laboratorio, la scintigrafia polmonare, nonché un'opportuna terapia anticoagulante da somministrare in ambiente di terapia intensiva.

Bibliografia

g.b. candiani, v. danesino, a. gastaldi, La clinica ostetrica e ginecologica, Milano, Masson, 1996.

g. pescetto et al., Manuale di ginecologia e ostetricia, Roma, SEU, 1989.

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