QIMCHI

Enciclopedia Italiana (1935)

QIMCHI (Qimḥī)

Umberto Cassuto

Famiglia ebraica di origine spagnola, notevole per aver dato alla scienza diversi filologi ed esegeti. È dubbio se la vocalizzazione Qimḥī sia esatta, o se sia invece da preferirsi quella con a, Qamḥī; entrambe sono attestate nel Medioevo, e la stessa tradizione famigliare conservatasi fino ad oggi è oscillante, presentandoci la forma Qamḥī nel ramo orientale della famiglia, e la forma italianizzata Chimichì o Chimichi (presupponente un ebraico Qimḥi) nel ramo italiano. I più importanti Qimḥī sono:

sēf b. Yiṣḥāq, nato nella Spagna meridionale all'inizio del sec. XII, trasferitosi poi a Narbona, ove morì verso il 1170. Contribuì efficacemente, con Abrāhām ibn ‛Ezrā (v.), a far conoscere agli ebrei dei paesi cristiani, con le sue opere scritte in ebraico, i risultati degli studî di filologia ebraica compiuti dai dotti ebrei dei paesi islamici, che avevano scritto le loro opere in arabo. La distinzione da lui fatta delle vocali ebraiche in cinque lunghe e cinque brevi (forse non senza influsso della grammatica latina), restò poi tradizionale nella grammatica ebraica fin quasi ai nostri giorni. La sua esegesi biblica, basata sulla scienza linguistica, ricerca ed espone il semplice senso letterale dei testi.

Scrisse: 1. Sēfer ha-Zikkārōn (Libro della ricordanza; cfr. Mal., III, 16) grammatica ebraica; 2. Sēfer ha-Gālūy (Libro del palesato; cfr. Ger., XXXII, 14), opera polemica diretta contro le Hakrāōt (Decisioni) o Sēfer ha-Hakrāāh (Libro della decisione) di Ya‛qōb Tām e costituente un'ampia critica del vocabolario ebraico (Mahoeret) di Mĕnaḥēm b. Sarūq; 3. Sēfer ha-Tōrāh (Libro della Legge; cfr. Deut., XXXI, 26, ecc.), commento al Pentateuco; 4. Sēfer ha-Miqnāh (Libro dell'acquisto; cfr. Ger., XXXII, 11), commento ai Profeti; 5. un commento ai Proverbî; 6. un commento a Giobbe; 7. un commento al Cantico dei Cantici; 8. Sēfer ha-Bĕrīt (Libro del patto, cfr. Es., XXIV, 7, ecc.) opera di polemica religiosa; 9. Sheqel ha-Qōdesh (Siclo del Santuario; cfr. Es., XXX, 13, ecc.), rifacimento metrico della Scelta di perle attribuita a Shĕlōmōh ibn Gĕbīrōl; 10. poesie liturgiche. Assai dubbio è se abbia o no composto un commento al formulario delle preghiere ebraiche. Tradusse dall'arabo in ebraico i Doveri dei cuori di Baḥyà ibn Pāqūdāh.

Edizioni. - Sēfer ha-Zikkārōn, a cura di W. Bacher, Berlino 1888; Sēfer ha-Gālūy, a cura di H. J. Mathews, Berlino 1887; commento ai Proverbî, col titolo, forse non originale, di Sēfer Ḥuqqāh, a eura di B. Dubrowo, Breslavia 1868; commento a Giobbe, in gran parte presso Schwarz, Tiqwat Ĕnōsh, Berlino 1868, II, pp. 149-166, completato da Eppenstein, in Revue des études juives, XXXVII (1898), pp. 86-102; la parte pervenutaci del Sēfēr ha-Bĕrīt, nella raccolta Milḥemet Ḥōbāh (Guerra doverosa), Costantinopoli 1710; Sheqel ha-Qōdesh, a cura di H. Gollancz, Oxford 1919 (ve ne ha un'altra redazione manoscritta);. poesie liturgiche, in diversi formularî di preghiere; un frammento della traduzione di Baḥyà, a cura di A. Jellinek, nell'edizione Benjakob della traduzione di Yĕhūdāh b. Tibbōn (Lipsia 1846). Il commento al Cantico è conservato manoscritto; del commento al Pentateuco abbiamo estratti mss. e citazioni; di quello ai Profeti citazioni.

sheh, figlio del precedente, dimorò in Narbona, e ivi morì veno il 1190. Redasse, seguendo le orme del padre e di Abrāhām ibn ‛Ezrā, un breve compendio sistematico della grammatica ebraica, designato di solito con le parole iniziali Mahălak Shĕbīlēha-Daat (il cammino delle vie della conoscenza; l'acrostico di questi tre vocaboli dà il nome dell'autore), che ebbe ampia diffusione e tra l'altro fu, nell'originale e nella traduzione latina di Sebastiano Münster, uno dei manuali più largamente adoperati nella prima metà del sec. XVI dai dotti cristiani desiderosi d'imparare la lingua ebraica.

Scrisse inoltre: un altro riassunto di grammatica ebraica intitolato Sekel Ṭob (Buon intelletto; cfr. Salmo CXI, 10, ecc.), un opuscolo sulle forme irregolari, Taḥbōshet (La cura), citato nel dizionario del fratello Dāwīd, brevi commenti a diversi libri biblici (Proverbî, Giobbe, Esdra-Nehemia), e alcune poesie liturgiche. Gli è attribuita anche un'operetta morale, Taănūg Nefesh (Delizia dell'anima).

Ediz. e traduz. - Mahălak Shĕbīlēha-Daat, Soncino 1488, e molte volte di poi, per lo più insieme col commento di Elia Levita (ne esiste manoscritta una redazione anteriore ancora più breve); con traduz. latina di S. Münster, Basilea 1531, e ivi 1536; traduzione latina e italiana interlineare in un manoscritto della Marciana; traduz. ted., ms. Berlino n. 77 del Catal. Steinschneider; Sekel Ṭōb, a cura di D. Castelli, in Revue des études juives, XXVIII (1894), p. 212-227; commento a Giobbe, presso J. Schwarz, Tiqwat Ĕnōsh cit., II, p. 71 segg.; gli altri commenti surricordati, editi nelle bibbie rabbiniche, furono a lungo considerati opera di Abrāhām ibn ‛Ezrā.

wīd, figlio minore del suddetto Yōsēf, noto anche come RDQ o RaDaQ (iniziali di Rabbī Dāwīd Qimḥī), nato a Narbona verso il 1160 e ivi morto verso il 1235. Istruito dal fratello Mōsheh dopo la morte del padre, continuò e perfezionò l'opera di entrambi tanto nel campo linguistico quanto in quello esegetico, superandoli per le sue doti di espositore e di divulgatore.

Nel suo manuale della lingua ebraica, Miklōl (Opera completa), diviso in due parti, grammatica e lessico (più tardi, considerandosi il lessico come libro a sé, Sēfer ha-Shorāshīm, o Libro delle radici, il titolo di Miklōl designò in modo particolare la grammatica), egli raccolse e ordinò, non senza una rielaborazione personale un ampio materiale tratto dalle opere di Abū'l-Walīd Marwān ibn Ganāh e di Yĕhūdāh Hayyuǵ, rendendo così superfluo l'uso di queste. L'opera sua divenne subito, nonostante gli attacchi di alcuni avversarî, il testo classico per lo studio della lingua ebraica, e servì di modello a molte opere successive. L'anonima grammatica, di poco posteriore al Miklōl, conosciuta col nome di Petaḥ Dĕbāray (L'inizio delle mie parole), mostra già la decisiva influenza di lui, se pur non è, come alcuno pensa, anch'essa opera sua. La stessa considerazione di cui egli godeva nelle cerchie giudaiche si diffuse, grazie a Elia Levita, anche fra gli studiosi cristiani, i quali pure si valsero delle sue opere come modello e come fonte precipua; anche i grammatici del sec. XIX risentono grandemente dell'influenza di lui. Nel campo grammaticale dobbiamo ancora a lui un opuscoletto, ‛Ēṭ Sōfēr (La penna dello scriba; cfr. Salmo XLV, 2), circa la grafia del Pentateuco, e circa la vocalizzazione e l'accentuazione. Anch'egli scrisse commenti a diversi libri biblici: al Pentateuco (ne abbiamo solo la prima parte, relativa al Genesi, né è escluso che l'opera restasse incompiuta), ai Profeti, ai Salmi, alle Cronache. Sono attribuiti a lui anche commenti ai Proverbî, a Giobbe e a Rhut. Come quelli del padre e del fratello, così anche i suoi commenti si basano sopra un accurato esame grammaticale dei testi e ne ricercano razionalmente il significato letterale: notevole è il senso storico di cui egli dà prova, particolarmente nel commento ai Profeti. In opuscoli a parte commenta allegoricamente il racconto della creazione dell'uomo (Gen., II, 7-V, 1) e la visione di Ezechiele (Ezech., I). Come i suoi scritti linguistici, così i suoi commenti biblici godettero di grande popolarità non solo nel campo ebraico ma anche presso gli studiosi cristiani, e in parte vennero tradotti in latino. Abbiamo inoltre col suo nome varie opere minori, alcune delle quali però di dubbia autenticità.

Ediz. e traduz. - Grammatica, Costantinopoli 1532-34 (una ediz. in-folio e una in 8°) e molte volte di poi (con versione latina di R. Guidacerio, Parigi 1540); moderna traduzione inglese di W. Chomski, I, Filadelfia 1933. Vocabolario, s. l. né a. [in Italia, prima del 1480], e molte volte di poi (da notarsi l'ediz. di J. K. R. Biesenthal e F. Lebrecht, Berlino 1847). ‛Eţ Sōfēr, Lyck 1864. Commento al Genesi, a eura di A. Ginzburg, Presburgo 1842; Commento ai Profeti, Soncino 1485 (Profeti anteriori), Guadalaiara 1482 (Profeti posteriori), e molte volte di poi; nelle Bibbie rabbiniche, ed. di Venezia 1516-17 e successive; ediz. moderne: Isaia, I, a cura di L. Finkelstein, New York; Nahum, a cura di W. Windfuhr, Giessen 1927; Osea, a cura di H. Cohen, New York 1929. Commento ai Salmi, s. l. 1477, e molte volte di poi; nella Bibbie rabbiniche ediz. di Venezia 1516-17 e successive; ediz. moderna del primo libro, a cura di M. S. Schiller-Szinessy, Cambridge 1883. Commento alle Cronache, nella Bibbia rabbinica, Venezia 1546-48, e molte volte di poi Commento a Gen., II, 7-V, 1, a cura di L. Finkelstein, in appendice al volume I della citata ediz. del commento a Isaia, pp. LVI-LXXV. Il commento a Ezech., I, in appendice al commento a Ezechiele nelle Bibbie rabbiniche. Per le trad. dei commenti biblici vedi Steinschneider, Cat. Bodl., coll. 869-871.

Bibl.: L'ampia bibliografia sui Qimḥī è registrata in Encyclopaedia Judaica, IX (1932), coll. 1233-1248.