Quando

Enciclopedia Dantesca (1970)

quando

Ugo Vignuzzi

Congiunzione (e, introducendo proposizioni interrogative, avverbio interrogativo) temporale di frequenza alquanto elevata nell'opera dantesca, in particolare nel Convivio (quasi 250 occorrenze) e nella Commedia (oltre 300 casi).

La tradizione manoscritta non pone al riguardo particolari problemi ecdotici: per alcuni scambi tra q. e ‛ come ' nella Vulgata della Commedia si può confrontare quanto rileva il Mäder, alla n. 35 di p. 46 (anche per altre ' interpretazioni ' copistiche, come ‛ poiché ', ' mentre ', ecc. in luogo di ‛ quando ').

Per quanto concerne l'impiego stilistico formale della congiunzione; è da rilevare, in poesia, la collocazione di essa a principio di verso, in posizione ‛ forte ', con un'accentuazione che ne sottolinea la presenza e quindi il valore funzionale; si tratta di un accorgimento formale non infrequente in D., e in verità il solo presente nella Vita Nuova e nelle Rime (il Fiore e il Detto vanno considerati a parte). Nella Commedia, d'altro canto, se tale procedimento non solo non è assente, ma anzi viene ripreso e sviluppato al punto da far coincidere, al fine del potenziamento dell'effetto che così se ne ritrae, il principio del verso con il principio del canto (si vedano i casi di Pg IV 1, VI 1 [Quando si parte il gioco de la zara ... ], XXX 1, Pd XX 1 e XXIX 1; da rilevare, en passant, che fuori della Commedia il tipo si ritrova solo in Rime dubbie XXX 1, la cui paternità dantesca è estremamente controversa), purtuttavia si presenta un impiego nuovo, quello di q. in rima, con un valore estremamente pregnante per i fortissimi enjambements cui dà origine (e ancora, se possibile, più forte, se la prima parola del verso successivo è costituita dal verbo della subordinata: si cfr. ad es. If XIX 76), il che ne spiega l'estrema limitatezza d'uso (oltre al caso citato, solo ancora in If XV 77, XXI 3, XXVI 90, XXXI 16, Pg IV 16, XXI 100, XXIV 52, XXXI 67, Pd X 82, e anche Pg XXV

126 e Pd XXI 46, XXVII 16 e XXIX 12).

1. Nella stragrande maggioranza dei casi, in D. q. ha un preciso valore di elemento di collegamento temporale reale (come dato oggettivo e anche talora soggettivo, ma pur sempre visto come fattuale) nella infinita successione lineare di eventi che, secondo la concezione filosofica medievale propria anche del poeta, costituisce, per le creature, il ‛ tempo ', la dimensione temporale (cfr. più oltre quando, categoria, e si veda anche Cv IV Il 6 Lo tempo... è " numero di movimento, secondo prima e poi ").

Una riprova di una siffatta collocazione ideologica si può ricercare appunto nell'uso che D. fa della congiunzione: " nel campo della contemporaneità, quando esprime la coincidenza; mancano le amplificazioni formali caratteristiche della lingua del Boccaccio; assenti anche gli altri usi semantici... tranne le funzioni temporali (periodicità, posteriorità) " (R.C. Mäder, p. 136, e cfr. Herczeg, pp. 64-65); inoltre, va aggiunto che, nella quasi totalità degli esempi, il modo verbale della dipendente temporale (nonché in genere della reggente) è l'indicativo, modo ‛ oggettivo ' per eccellenza, e che rinvia costantemente a eventi reali o pensati come tali.

Un tipo in cui tale aspetto è facilmente verificabile è quello nel quale la concomitanza del presente nella reggente e nella subordinata dà alla correlazione temporale un valore aoristico, in quanto gnomico e assoluto: in poesia, Vn .XX 4 5 Amore e 'l cor gentil sono una cosa / ... e così esser l'un sanza l'altro osa / com'alma razional sanza ragione. / Falli natura quand'è amorosa, e XXXI 11 32, che da un più scialbo " tutte le volte che ", per cui v. oltre, assurge ad affermazione atemporale, com'è ben chiaro in XL 9 5 Deh peregrini che pensosi andate / ... che non piangete quando voi passate / per lo suo mezzo la città dolente...?, e in alcuni altri dei casi seguenti; Rime L 18 buon signor già non ristringe freno / per soccorrer lo servo quando 'l chiama; LXXX 20, CII 41, CXVII 2; If XX 28 Qui vive la pietà quand'è ben morta; XXIV 4 In quella parte del giovanetto anno / che 'l sole i crin sotto l'Acquario tempra / e già le notti al mezzo di sen vanno, / quando la brina in su la terra assempra / l'imagine di sua sorella bianca (abbastanza interessante, in quanto la '21 interpunge col punto e virgola dopo il v. 6, separando così tutto il periodo iniziale da quello successivo - lo villanello... / si leva -, mentre il Petrocchi preferisce una semplice virgola, per cui la temporale, parentetica, viene a collegarsi con quest'ultimo in un rapporto logico-sintattico più evidenziato), e 115, XXXIV 118, Pg II 6, IV 21 Maggiore aperta molte volte impruna / con una forcatella di sue spine / l'uom de la villa quando l'uva imbruna; XV 135, XVIII 81; XXVI 69, XXX 45 [il] respitto / col quale il fantolin corre a la mamma / quando ha paura o quando elli è afflitto (il valore di tutto il passo risulta assai pregnante, ben più del semplice aspetto iterativo: da rilevare anche una connotazione, contestuale ma non per questo secondaria, in senso condizionale-causale); Pd X 68, XXX 4 Forse semilia miglia di lontano / ci ferve l'ora sesta, e questo mondo / china già l'ombra quasi al letto piano, / quando 'l mezzo del cielo, a noi profondo, / comincia a farsi tal, ch'alcuna stella / perde il parere infino a questo fondo; e anche Fiore CXXIII 5 [l'ipocristo] Agnol pietoso par quand'uon l'ha visto, / di fora sì fa dolze portatura; / ma egli è dentro lupo per natura.

1.1. Più spesso l'ambito temporale, con il presente dell'indicativo, è più ristretto, ma quasi mai puntuale: il riferimento non viene a istituirsi con un singolo fatto, dato una volta per tutte, ma con tutta una serie di fatti analoghi, ripetibili e ripetuti nel tempo, l'insieme dei quali costituisce in questo caso il secondo termine della relazione temporale. In tale impiego q. assume un valore iterativo (il Mäder lo chiama anche ‛ periodico '), venendo a equivalere a " tutte le volte che ", " ogni volta che ", e simili.

Questo è appunto il caso (sempre in poesia) di Vn XV 4 2 Ciò che m'incontra, ne la mente more, / quand'i' vegno a veder voi; XXI 4 12, XXVI 5 2 Tanto gentile e tanto onesta pare / la donna mia quand'ella altrui saluta (come si vede, in molti di questi esempi il valore iterativo e quello assoluto giungono spesso a confondersi, sino a essere inscindibili e a dipendere da tutto il contesto nel suo complesso), XXXI 13 44; Rime CVI 152, CXIII 10, due volte, CXVII 6 quella torre [che " è a difesa dell'entrata della mente, per sicurezza di chi vi è già dentro ", Barbi-Pernicone] / che s'apre quando l'anima acconsente (anche qui una connotazione tra condizionale e causale); Rime dubbie XIII 13; Cv III Amor che ne la mente 26 (ripreso in XIII 5); If VII 44, XI 92 O sol che sani ogne vista turbata, / tu mi contenti sì quando tu solvi, / che, non men che saver, dubbiar m'aggrata; XIV 138, XVII 50, XXIV 108; XXXI 45 li orribili giganti, cui minaccia / Giove del cielo ancora quando tuona; Pg XV 138, XXI 58 [in Purgatorio] Tremaci quando alcuna anima monda / sentesi; XXVI 86, XXVIII 21, Pd IV 73 Se vïolenza è quando quel che pale / nïente conferisce a quel che sforza, / non fuor quest'alme per essa scusate (per il sintagma ‛ esser q. ', assai diffuso nella prosa del Convivio, v. oltre); VII 69, XXVIII 24; Fiore CXLV 10, CXLVI 9, CLIV 8, CLXXVI 13 tropp'ho del su' quand'i' l'ho tra le braccia.

1.1.1. Un tipo particolare, con il presente indicativo, è costituito dalla congiunzione correlata a ‛ come ' (spesso anche ‛ e come '), in genere precedente, in una similitudine, o, più in generale, in un raffronto analogico: Pg XXV 91; XXXI 16 Come balestro frange, quando scocca / da troppa tesa, la sua corda e l'arco; XXXII 52, Pd VIII 18 E come'in fiamma favilla si vede, / e come in voce voce si discerne, / quand'una è ferma e l'altra va e riede; XII 12, XXII 56 (con ‛ fare ' come verbo vicario), XXVII 68 (Sì come... quando, e cfr.. qui sotto), XXVIII 80 e XXX 111 (diversi sembrano invece i casi di If XXXII 32 E come a gracidar si sta la rana / col muso fuor de l'acqua, quando sogna / di spigolar sovente la villana, e Pg XVII 4).

Qui anche il caso simile di If XXII 131 non altrimenti l'anitra di botto, / quando 'l falcon s'appressa, giù s'attuffa.

Con questo modulo, spesso la proposizione introdotta da ‛ (e) come ' è ellittica: Rime CIII 71 farei com'orso quando scherza; If II 48 come falso veder bestia quand'ombra; III 30; XXII 19 Come i dalfini, quando fanno segno / a' marinar con l'arco de la schiena..., e anche Pg VI 66 solo sguardando / a guisa di leon quando si posa; sino a giungere a ‛ come q. ': If XXXI 34, XXXIV 4 e 5 Come quando una grossa nebbia spira, / o quando l'emisperio nostro annotta / par...; Pg II 124, XV 16, XXVII 1 (Sì come quando, come in Pd I 20 e XXV 19).

1.2. Anche nella prosa si ritrovano in genere gli stessi impieghi esaminati nella poesia, e anche qui, con il presente indicativo, si affianca al valore iterativo, predominante, quello gnomico e assoluto (spesso indistinguibile dal primo, specie nelle definizioni): Cv I I 3 Dentro da l'uomo possono essere due difetti... l'uno da la parte del corpo, l'altro da la parte de l'anima. Da la parte del corpo è quando le parti sono indebitamente disposte... Da la parte de l'anima è quando la malizia vince in essa (il modulo ‛ esser q. ' ha nel Convivio una frequenza d'uso abbastanza elevata: si vedano in particolare I II 13 e 14, VIII 14, due volte, II I 6, III XIII 4 - La prima si è quando dice -, 5 e 7, IV XVI 8, e anche II VII 12), V 13 (due volte), VII 9 (quattro volte di cui una in integrazione), III IV 7, V 8 (mentre l'aspetto iterativo sembra preminente ai §§ 14 e 18), III IX 2 è una figura questa, quando a le cose inanimate si parla, che si chiama da li rettorici prosopopeia (con un impiego tra il limitativo e l'esplicativo, in funzione quasi parentetica; si confronti l'uso di ‛ cioè q. ' in X 6, XIII 7 e IV XVI 7, e anche Vn XIV 14 dubbiose parole, cioè quando dico...); IV VIII 12 Puote l'uomo disdicere la cosa doppiamente: per uno modo... offendendo a la veritade, quando de la debita confessione si priva, e questo propriamente è ‛ disconfessare '; per un altro modo... non offendendo a la veritade, quando quello che non è non si confessa, e questo è proprio ‛ negare ' (con una connotazione condizionale-ipotetica); XI 7.

Altrove invece il valore iterativo è assai più perspicuo: Vn XV 1 tu pervieni a così dischernevole vista quando tu se' presso 'di questa donna, e 8, XIX 16; Cv I VIII 15 E allora sì guarda lo dono a. quella parte, quando si diriga al bisogno de lo ricevente (lo stesso rinvio a un ‛ allora ' anaforico in IV XVI 7, XXVII 12 e 16; III XII 11 Iddio... non vede tanto gentil cosa quanto... quando mira... questa Filosofia; IV II 18, XIII 11 li miseri mercatanti... le foglie che 'l vento fa menare, li fa tremare, quanto seco ricchezze portano (e si confronti l'e quando immediatamente seguente, con la stessa sfumatura causale-ipotetica); XIV 6 (con reggente implicita).

Un modulo peculiare della prosa, per la sua frequenza, è quello in cui il verbo della temporale, per lo più al presente indicativo, è costituito da ‛ dire ' o analogo verbum dicendi; in questo caso si tratta di un rinvio che non è strettamente temporale, ma che si allarga su di un piano ‛ localistico ', con un riferimento cioè che è, soprattutto, un'(auto)citazione (e anzi, la maggior parte delle volte, un'auctoritas), fin quasi ad avere un valore come " nel passo in cui ", e simili; così in Cv II V 14 (interessante la variatio con l'ove del passo immediatamente precedente, analoga a quella di III XV 11 con dove, e di III II 17; si vedano anche IV XXVII 18 e 19); II VI 3 questa ragione tocco quando dico... (con riferimento ai passi delle canzoni del Convivio: tra gli altri, ancora al § 5 [due volte], VII 6, IX 1, III II 1, III 14, IV 13, VI 7 - soggiungo quando dico -, VII 1, con un valore localistico assai accentuato, come in VIII 20 e 4, IX 3 [due volte], X 2, e IV X 7); II VIII 10 (cfr. XIII 6, IV VIII 15 e XVI 7, e anche III III 11 e IV XVII 8), IX 6 e 8 (ambedue riferiti alla canzone, personificata: quando dice; cfr. X 4, IV X 2, XI 3 [prima occorrenza], XIV 2 [due volte], XV 1, 5 e 18, XVII 2, XVIII 3, XXV 11 - lo testo -, e anche IV XX 4); XIII 10, III II 5 e 17, VI 2 queste ore usa la Chiesa, quando dice Prima, Terza, Sesta e Nona, VIII 10 (come in XI 16), IV IV 11 (anche in XXVI 13), V 16 (leronimo... nel proemio de la Bibbia, là dove di Paolo tocca), XI 3 (cfr. XXVIII 13), XIV 3 (quando dicono, riferito agli erranti), XV 7 (anche XVI 5 e XXIV 14), XVI 10.

Con altri verba dicendi, come ‛ trattare ' (Cv III III 11), ‛ diffinire ' (IV XVII 8), e anche ‛ commendare ', ‛ ritrarre ' (XIII 12), o, infine, come XXIX 4 A la prima questione risponde Giovenale ne l'ottava satira, quando comincia quasi esclamando.

Andrà confrontato con i casi in esame anche Cv IV XXIV 14 E però dice Salomone, quando intende correggere suo figlio.

1.3. In numerosi casi l'ordine ‛ normale ' tra la proposizione sovraordinata, che precede, e la temporale, che segue, viene invertito allo scopo di un preciso effetto stilistico, che è, più in generale, quello di porre un maggiore rilievo sul secondo membro del riferimento (la subordinata) così da metterlo quasi ‛ in primo piano ' rispetto agli altri eventi con esso collegati. Si confronti al riguardo quanto afferma il Mäder (pp. 32-33): se " Si nota un certo accento sul fatto coincidente [la subordinata temporale] posposto all'azione principale (v. l'esempio di Dante, Purg. III 19-21) " è pur vero che " la subordinata temporale in posizione di protasi prepara l'azione principale " (segue l'esempio di If XV 25), e " in conclusione... la protasi temporale ha una funzione essenzialmente deittica, mentre l'apodosi temporale ha una funzione piuttosto esplicativa e porta un accento più o meno espressivo ".

Si può aggiungere soltanto che tale giudizio pare esser legato soprattutto alla considerazione di casi con verbi al passato (come risulta anche dagli esempi forniti dallo stesso Mäder), nei quali, come ha chiaramente mostrato F. Brambilla Ageno (1971), il valore funzionale dell'aspetto e del tempo verbali forma un tutto inscindibile con il valore funzionale della congiunzione temporale, condizionandone l'impiego in tipi bene (e si sarebbe tentati di dire, rigidamente) determinati; tale uso, invece, con il presente dell'indicativo, di cui ci occupiamo qui, è assai più sfumato, ‛ opzionale ', cioè assai meno ‛ obbligatorio ' (nel senso di ‛ predeterminato '). Inoltre, vanno sempre tenute presenti le esigenze così radicalmente diverse che sottostanno alla prosa, specialmente se prosa d'arte come quella del Convivio, da un lato, e dall'altro alla poesia, in particolar modo quando si tratti di una poesia stilisticamente così composita e multivocale com'è quella dantesca.

Ecco alcuni tra gli esempi più interessanti (come si vede, il loro impiego, a parte quanto notato sopra, non si discosta sostanzialmente dagli esempi con ordine ‛ normale '): Vn XIV 12 7, XXVII 4 4 quando [Amore] mi tolle sì 'l valore, /... allor sente la frale anima mia / tanta dolcezza (per il rinvio ad ‛ allora ' si veda anche IV XXV 12); Rime C 2 Io son venuto al punto de la rota / che l'orizzonte, quando il sol si corca, / ci partorisce il geminato cielo; Rime dubbie XI 7; Cv I IV 7 quando questi cotali [i viziosi] veggiono la persona famosa, incontanente son invidi; IV X 8 Quando una cosa si genera da un'altra, generasi di quella, essendo in quello essere (citazione da Arist. Metaf VII 8, 1033b 21-24); If V 34 Quando [gli spirti] giungon davanti a la ruina, / quivi le strida, il compianto, il lamento; Pg IV 1 Quando per dilettanze o ver per doglie, / che alcuna virtù nostra comprenda, / l'anima bene ad essa si raccoglie, / par... (da notare la coincidenza del principio del verso con il principio del canto, come in VI 1 e in Pd XX 1 e XXIX 1; si confronti anche l'occorrenza al v. 7); Fiore LVII 1, Detto 243 quando la boce lieva, / ogne nuvol si lieva.

E ancora: Vn XIX 9 32 (‛ che q. ', un modulo che in questo impiego viene quasi a formare un sintagma unitario: cfr. Rime LXXX 11, Rime dubbie XI 7, già citato, Cv IV XXI 4, XXII 5, limitativa, come XXVIII 12; If V 7 e, notissimo, Pg XXIV 52 I' mi son un che, quando / Amor mi spira, noto; Fiore CXXXV 3) e 17 (‛ q. dico ', riferito a un passo testuale, con connotazione ‛ localistica ' più o meno forte, per cui cfr. 1.2.: ancora tra gli altri in § 21, XXI 7 e 8, XXXI 5 e 7, Cv II VII 9, III VI 4, 6, 9 e 11, VII 8, 14 [due volte] e 15, VIII 21 Ultimamente quando dico - come in IV II 17 e VII 10 -, IV II 5, X 7, XX 20; anche ‛ q. dice ', riferito alla canzone, in II XV 11, III IV 4, XV 6 e 11); Rime CXVI 41, CXVII 12, Rime dubbie III 15 23; Cv I VII 4 (parentetica), II VI 4, VII 3; III Amor che ne la mente 81, IX 14 (con una connotazione condizionale ipotetica), XIII 6, IV II 12, XX 1 (Quando appresso seguita), XXIII 4 (Poi quando comincia).

1.3.1. Un modulo la cui presenza rende quasi ‛ obbligatoria ' (nel senso sopra specificato) l'inversione tra temporale e reggente è costituito dal sintagma ‛ e q. ': Vn XV 4 3 (ripreso al § 7); XXXI 14 49 E quando 'l maginar mi ven ben fiso, / giugnemi tanta pena d'ogne parte; Rime XCI 43 Io son servente, e quando penso a cui / ... di tutto son contento; Cv III V 15 E quando queste rote sono compiute, lo suo montare è a Maria, e 17 (con un ‛ e ' paraipotattico), X 7 (due volte), di ripresa del q. precedente, come in XV 13, IV XIII 11 (confronta la citazione più sopra), XXV 12 (con rinvio ad ‛ allora ' nella reggente), XXVI 11 (ellittica della reggente, che quindi in un certo senso viene a precedere); Pd VI 115 e quando li disiri poggian quivi / ... pur convien...; Fiore CVII 1 E quand'io veggo ignudi que' truanti / .., el più ch'i' posso lor fuggo davanti; Detto 38 E quand'ella m'appare / sì grande gioia mi dona, 125 e 233.

Analogo è il caso di ‛ ma q. ': Rime LXXXIII 130, Pg XVII 100, XXXI 40 Ma quando scoppia de la propria gota / l'accusa del peccato, in nostra corte / rivolge se' contra 'l taglio la rota; Fiore CVIII 1. Una volta con ordine proposizionale ‛ normale ', dovuto probabilmente alla presenza del ‛ non ' precedente: Cv III XIII 3 la gente che s'innamora.., in questa vita, la sente nel suo pensiero, non sempre, ma quando Amore fa de la sua pace sentire.

1.4. Il presente indicativo nella subordinata può aversi anche in concomitanza con una forma imperativale nella reggente: Vn XII 12 15 Con dolse sono, quando se' con lui, / comincia este parole; If XXXI 72 Anima sciocca, / tienti col corno, e con quel ti disfoga, / quand'ira o altra passïon ti tocca!; Pg IX 114 Fa che lavi, / quando se' dentro, queste piaghe. In luogo dell'imperativo può trovarsi il congiuntivo presente in funzione esortativa: Cv I X 13 chi vuole ben giudicare d'una donna, guardi quella quando solo sua naturale bellezza si sta con lei; Pg III 114 io ti priego che, quando tu riedi, / vadi a mia bella figlia, e XXXIII 55; Fiore CXCI 9.

2.1. La presenza, nella temporale o anche nella reggente, di verbi al passato (facendo rientrare in tale categoria anche l'imperfetto dell'indicativo) provoca un diverso atteggiarsi dei valori funzionali d'ella congiunzione, che vengono appunto a dipendere dalla differente consecutio verbale, esprimendo di volta in volta eventi (parzialmente o totalmente) coincidenti; ripetuti nel tempo, durativi, anteriori o posteriori rispetto ad altri, e così via: va peraltro tenuto presente che il valore fondamentale della congiunzione resta in ogni caso immutato (" nel momento in cui ", e simili), e che le variazioni semantiche, determinate sempre contestualmente, non costituiscono altro che delle specificazioni aggiuntive, anche se di grande interesse per l'analisi dei rapporti logico-sintattici interproposizionali.

Lo studio di tali ambiti di variabilità è stato intrapreso con esaustività altrove (si veda F. Brambilla Ageno, 1971, pp. 73-80 e 92-94; si confrontino inoltre gli studi dell'Herczeg, pp. 64-70, e anche pp. 29-31 e 49-58, e del Mäder, pp. 30-42 e 104-107); per tale motivo ci si limiterà qui a una semplice analisi dei rapporti tra i diversi tempi verbali nell'ambito del passato.

Il rapporto temporale di gran lunga più diffuso è quello che s'istituisce in seguito alla presenza del perfetto tanto nella principale quanto nella dipendente: in tal caso i rapporti possono oscillare da una semplice coincidenza (anche parziale) dei due eventi fino alla completa anteriorità dell'uno (quello della subordinata, quando in essa si presentino dei verbi resultativi) rispetto all'altro.

Ecco alcuni tra gli esempi maggiormente significativi: Vn III 14 questo fue quasi lo principio de l'amistà tra lui e me, quando lui seppe che io era quelli che li avea ciò [cioè il sonetto A ciascun'alma presa] mandato (il sintagma ‛ essere q. ' ritorna anche in Cv IV XXVI 8 e 9, e in Fiore III 2); IX 11 9 Amore... / Quando mi vide, mi chiamò per nome (ripreso al § 13; questo è un tipo di ‛ ripresa ' diffusissimo nella poesia, specie nelle parti narrative: si vedano i casi di If I 64, V 17, 109 e 112, XXIII 85 e 112, XXVII 79 e 130, XXVIII 52 e 127, XXXIV 38 quanto parve a me gran meraviglia / quand'io vidi, 76, 101 e 110; Pg I 121, II 10 e 20, XV 115, XXVII 14 e 34, XXX 62, XXXII 36, Pd VIII 48, XXVII 96, Fiore CXXXVII 4, CCIV 2, CCVI 9; in prosa, in Vn XXIV 2); Rime LXXXVII 9 non mi fu in piacer alcun disdetto / quando natura mi chiese a colui / che volle, donne, accompagnarmi a vui; Cv IV V 7 (‛ allora... quando '); XXVIII 2 la nobile anima ne l'ultima etade... ritorna a Dio, sì come a quello porto onde ella si partio quando venne ad intrare nel mare di questa vita; If V 133 Quando leggemmo il disiato riso / esser basciato da cotanto amante, / questi... / la bocca mi basciò; XV 77, in rima; Pg V 127 la croce / ch'i' fe' di me quando 'l dolor mi vinse; XXII 70, 38 e 83; Pd II 18 Que' glorïosi che passaro al Colco / non s'ammiraron come voi farete, / quando Iasón vider fatto bifolco; XXI 6 S'io ridessi / ... tu ti faresti quale / fu Semelè quando di tener fessi; Fiore CLXXXIII 4 [le donne] son franche nate; la legge sì le tra' di lor franchezza, / dove natura per sua nobilezza / le mise, quando prima fur criate.

E ancora Vn XXIII 14 (‛ e q. ', con anteposizione della subordinata; si vedano anche i casi di XXIII 20 28, If XII 14, XXX 13, Pg IX 133, XXIX 151, XXXI 74, Pd VI 94 e XV 43), Rime LXVII 8 e 71, XCI 23, Rime dubbie XXX 1, Cv II V 4, IV V 18 e 19, due volte (si confronti per contrasto l'altra occorrenza di q. al § 18, con l'imperfetto a sottolineare la duratività e l'incompletezza dell'azione), XI 12, XXV 6 (con rinvio ai casi analoghi dei §§ 8 e 10), XXVI 9 e 14; If IV 43, VIII 27 (‛ sol q. '), XV 25 (in cui la notazione di posteriorità dell'evento della principale rispetto a quello della secondaria è nettissima), XX 41 (Tiresia, che mutò sembiante / quando di maschio femmina divenne), XXV 37 (‛ se non q. '), XXVI 36, 82 e 90 (in rima); Pg I 90 (quella legge / che fatta fu quando me n'usci' fora), IX 24 e 37 (‛ non altrimenti q. '), X 17 (‛ ma q. ', come in XII 4 e in Fiore CC 10), e 135, XXIII 30 (la gente che perdé lerusalemme, / quando Maria nel figlio diè di becco), 75 e 119 (da notare l'enjambement), XXX 1 (a principio di canto); Pd XIII 47 e 93 (la cagion che 'l mosse, / quando fu detto " Chiedi ", a dimandare); Fiore XVI 1 (a inizio di sonetto, come in XXVI 1, XXIX 1, XXXVI 1, LXXXI 1, CCIII 1, CCXXI 1, CCXXVI 1, CCXXVIII 1, CCXXXI 1) e XVII 9.

2.1.1. Un tipo analogo (e alquanto diffuso) è quello in cui al perfetto della secondaria si associa l'imperfetto della principale, a indicare la duratività (e comunque la non perfettività) di quest'ultima rispetto al riferimento temporale puntuale: Vn III 11 70 Già eran quasi che atterzate l'ore / del tempo ch'onne stella n'è lucente, / quando m'apparve Amor (per la presenza di già si vedano If XXIII 21, XXVII 4, Pg XV 10, V 3; anche i casi di ‛ non ancora q. ', in If IV 68, Pg XIX 26; si veda l'articolo cit. dell'Ageno, a p. 75); Cv IV XXIII 11 dice Luca che era quasi ora sesta quando [Cristo] morio; If I 39, IV 53, XXI 3 (in rima), XXVI 107 Io e ' compagni eravam vecchi e tardi / quando venimmo a quella foce stretta (in questo esempio il valore durativo-risultativo è assai perspicuo), XXVII 32 (‛ ancora... q. '); Pg IV 43 Io era lasso, quando cominciai (di ‛ ripresa ', come in VIII 7 Era già l'ora che volge 'l disio...; IX 10, riferito a tutto il passo precedente; Pd XXIII 52), XI 112; Pd XII 40, XXII 117, Fiore CXLIX 9 Ma quand'i' me n'avvidi, egli era tardi.

2.1.2. Analogamente, ma con i rapporti scambiati, quando nella principale si presenti il perfetto e nella dipendente l'imperfetto: Cv II XI 3 fecila [la tornata della canzone] quando alcuna cosa in adornamento de la canzone era mestiero a dire (con connotazione causale); IV V 18 (come notato più su, contrapposto ad altri esempi di temporali introdotte da q., ma con il perfetto, in quanto l'azione, qui durativa e incompleta, è là vista come momentanea e in sé conclusa); If XXXII 123 Tebaldello, / ch'aprì Faenza quando si dormia; Pg IX 54 e 133 (‛ e q. '); Pd XIX 12 io vidi e anche udi' parlar lo rostro, / e sonar ne la voce e " io " e " mio ", / quand'era nel concetto e ‛ noi ' e ‛ nostro ', e XXXII 138.

2.2.1. In luogo dell'imperfetto può aversi il trapassato prossimo " che esprime rispetto al passato l'azione conclusa e lo stato derivatone " (così l'Ageno, nell'articolo cit., p. 76): Vn II 1 Nove fiate già appresso lo mio nascimento era tornato lo cielo de la luce... quando a li miei occhi apparve prima la gloriosa donna de la mia mente (si veda Cv II II 1 e If XXVI 133; anche qui si osservi quanto detto per ‛ già... q. ', e si vedano i casi di Vn XXIII 13, If XV 16, XXV 71, XXXII 106, XXXIII 26, Pg XII 76, XX 127; per ‛ non ancor... q. ', If XIII 2); If XIII 111 (di ‛ ripresa ', come in Pg IV 16 [in rima], V 3, Pd I 46, e Fiore CCXIII 1); XXIV 44 La lena m'era del polmon sì munta / quand'io fui sù, ch'i' non potea più oltre; Pg XXX 127 Quando di carne a spirto era salita, / e bellezza e virtù cresciuta m'era, / fu'io a lui men cara e men gradita.

2.2.2. Anche con il trapassato remoto (che accentua la duratività nel passato, ma come un fatto ormai del tutto concluso): Vn XVIII 2, XXIII 3 E quando ei pensato alquanto di lei, ed io ritornai pensando a la mia debilitata vita (da notare l'e ‛ paraipotattico ': per altri casi di ‛ e q. ' si vedano If XVI 20, Pg XXIV 100 e Fiore CC 3); If XII 79 Quando [Chirone] s'ebbe scoperta la gran bocca, / disse a' compagni... (tipo ‛ di ripresa ': ancora in XIII 136, XXXIII 76 Quand'ebbe detto ciò, con li occhi torti / riprese 'l teschio misero co' denti; XXXIV 16, Pg III 109, Fiore IV 2); Pg XIII 55, Pd IX 102 più non arse... Alcide / quando Iole nel core ebbe rinchiusa; Fiore CCX 11 (‛ ma q. '), CCXXX 11.

2.3. La compresenza dell'imperfetto (indicativo) nei due membri della relazione temporale sta a indicare come la coincidenza di due eventi non sia vista come un fatto momentaneo, ma durativo, e che anzi uno di essi (quello espresso dalla dipendente) venga quasi a conchiudersi nell'altro costituendo come un arco di tempo unico: Vn IV 3 E quando mi domandavano " Per cui l'ha così distrutto questo Amore? ", ed io sorridendo li guardava (‛ e q. ' anche in XI 3 e XXIII 28 81); XI 1, XVI 4; Cv III V 5 Pittagora... dicea che 'l fuoco, quando parea salire, secondo lo vero al mezzo discendea (con valore gnomico); XV 16, quattro volte (citazione da Prov. 8, 27-30); If XXX 109 e 111 Quando tu andavi / al fuoco, non l'avei [il braccio] tu così presto; / ma sì e più l'avei quando coniavi; Pg XXXI 84 Beatrice... / Sotto 'l suo velo e oltre la rivera vincer pariemi più sé stessa antica, / vincer che l'altre qui, quand'ella c'era; Pd XI 10 e XXXI 16; Fiore CXLVII 10, CL 1 (con sfumatura tra la causale e la condizionale).

2.3.1. Anche qui in luogo dell'imperfetto nella dipendente può comparire il trapassato prossimo, che, lasciando intatto l'aspetto durativo dell'azione verbale, la fa tuttavia risultare conchiusa: Vn III 6 E quando elli [Amore] era stato alquanto, pareami... (‛ e q. ', anche in XII 3, XXIII 10, e 26 67, XXXVII 3, con ‛ e ' paraipotattico, XXXVIII 2); If VII 34 Così tornavan per lo cerchio tetro / ... poi si volgea ciascun, quand'era giunto.

2.3.2. Il trapassato remoto solo in Pg XXIX 46 Poco più oltre, sette alberi d'oro / falsava nel parere il lungo tratto / ... ma quand'i' fui sì presso di lor fatto / ... sì com'elli eran candelabri apprese.

2.4. Il rapporto temporale di anteriorità, quando il termine di riferimento è il presente, viene istituito in genere dal verbo al passato prossimo, che esprime anche la durazione dell'evento anteriore: Vn XLI 11 5 Quand'elli è giunto là dove disira, / vede una donna (anticipato al § 8); Rime LXV 12 Quando son giunto, lasso!, ed e' son chiusi; CXVII 5 (‛ e q. ', come in If X VII 34); Cv III IV 1 (analogamente in V 11), IV XII 8 coloro che dietro ad esse [le ricchezze] vanno, come vivono sicuri quando di quelle hanno raunate; If VII 107 In la palude va c'ha nome Stige / questo tristo ruscel, quand'è disceso / al piè de le maligne piagge grige, e XXVIII 40; Fiore CVIII 7 Quand'egli [il ricco usuraio] è morto, il convio a sotterrare, e CLXXIX 12 (Si veda anche, con il verbo della principale al futuro, in funzione imperativale, Rime LXIII 6).

2.4.1. Più di rado nella dipendente si trova il perfetto (con valore puntuale): Pg XV 96 quell'acque / giù per le gote che 'l dolor distilla / quando di gran dispetto in altrui nacque; XXII 55 Or quando tu cantasti le crude armi / de la doppia trestizia di Giocasta / ... non par... (l'evento passato è visto a grande distanza di tempo, così da essere considerato a tutti gli effetti puntuale); in Fiore XLVII 1 (Ragion si parte, quand'ella m'intese) si tratta invece di un caso di presente ‛ storico '.

2.4.2. In qualche caso, all'opposto, al presente nella temporale fa riscontro il perfetto nella reggente: Cv II III 11 Questa è quella magnificenza, de la quale parlò lo Salmista quando dice a Dio (non pare che si possa interpretare come presente storico; piuttosto, il presente qui sembra quasi ‛ aoristico ', cioè svincolato dal tempo, e dato una volta per tutte, come se fosse sottinteso " nel passo in cui "); If XXIII 48 Non corse mai sì tosto acqua per doccia / a volger ruota di molin terragno, / quand'ella più verso le pale approccia, / come 'l maestro mio (qui il presente può anche essere dovuto al fatto che la temporale è vista come valida in ogni tempo; si veda Pg XIV 131, e XXXII 110 Non scese mai con sì veloce moto / foco di spessa nube, quando piove / da quel confine che più va remoto); e Pg XXVI 97 Quali ne la tristizia di Ligurgo / si fer due fagli... / tal mi fec'io... / quand'io odo nomar sé stesso il padre / mio.

2.4.3. Infine, per le relazioni temporali tra perfetto e passato prossimo, si veda il caso di Fiore CXLIX 2 Molti bravi uomini i' ho già ingannati, / quand'i' gli tenni ne' miei lacci presi.

3. L'uso della congiunzione temporale con una proposizione che abbia il verbo al futuro (semplice) non presenta particolarità rilevanti, per quanto riguarda i valori che essa assume; una certa distinzione d'impieghi si può per altro istituire in base ai tempi (e ai modi) che cooccorrono con tale congiunzione (analogamente a quanto già esaminato per il passato). Il caso più generale è quello in cui al futuro semplice nella dipendente corrisponde lo stesso tempo nella reggente: Rime LXII 5 quando fie stagion, coi dolci impiastri / farà stornarvi ogni tormento agresto (si cfr. Rohlfs, Grammatica § 532, e si veda anche If III 77); If II 73 Quando sarò dinanzi al segnor mio, / di te mi loderò sovente a lui; V 76, X 11 e 130, XIX 76 (da notare la posizione in rima); XXII 104 per un ch'io son / ne farò venir sette / quand'io suffolerò; Pd XIX 110 tai Cristian dannerà l'Etïòpe, / quando si partiranno i due collegi, e 129; Fiore CXL 10, CLXXII 9 E quand'e' ti farà più pregheria, / tu gli dirai, CLXXXII 1. Notevole anche, per l'ellissi della reggente, If VI 96 Più non si desta / di qua dal suon de l'angelica tromba, / quando verrà la nimica podesta.

3.1. Spesso l'idea di futuro si associa, nella reggente, a una frase imperativale (e per questo stesso proiettantesi o estendentesi nel futuro): Cv IV Le dolci rime 142; Pg VIII 70 quando sarai di là da le larghe onde, / dì a Giovanna mia che per me chiami; Fiore LX 1 (analogamente in CLX 1), e anche If VI 88 Ma quando tu sarai nel dolce mondo, / priegoti ch'a la mente altrui mi rechi, e Pg XVI 51.

In due casi la comparsa del presente è attribuibile alla compresenza di ‛ dovere ' (che di per sé stesso implica l'idea di futuro): Fiore CLXXX 2 Sì de' la donna... / quando ricever dovrà quell'amante, / mostralli di paura gran sembiante, e CLXXXI 2.

3.1.1. Con la stessa funzione si ha il congiuntivo esortativo in Fiore CLXXII 1 E quando tu udirai la sua domanda, / già troppo tosto non sie d'accordanza, e CLXXXVII 13.

3.2. L'anteriorità di un evento futuro rispetto a un altro è naturalmente espressa dal futuro perfetto (o, appunto, anteriore), presente nella temporale: Vn XIX 13 58 Canzone, io so che tu girai parlando / a donne assai, quand'io t'avrò avanzata; Cv II X 11, Pg XII 121, Fiore XXVI 7 ma quando vo' m'avrete ben provato, / e' sarà certo di ciò ch'or non vede, CLXIV 2, e CCXXI 14.

3.2.1. Il futuro perfetto compare anche con un congiuntivo esortativo: Pg V 130 quando tu sarai tornato al mondo, / e riposato de la lunga via ... ricorditi di me, che son la Pia; Fiore CLXXXVII 1 (con ‛ dovere '), CLXXXVI I 9 e CXCI 11.

4. Nella proposizione reggente può talora comparire il congiuntivo, richiesto da una dipendenza proposizionale di ordine superiore; se la relazione temporale è di coincidenza con l'evento della subordinata (che può essere anche ripetuto nel tempo), si ha il presente: Vn XIV 11 4 non pensate, donna, onde si mova / ch'io vi rassembri sì figura nova / quando riguardo la vostra belate; Cv III I 8 avvegna che lo servo non possa simile beneficio rendere a lo signore quando da lui è beneficiato, dee però...; Pd V 27 Or ti parrà, se tu quinci argomenti, / l'alto valor del voto, s'è sì fatto / che Dio consenta quando tu consenti.

Se la relazione temporale si svolge nel passato, in genere nella reggente si ha il congiuntivo imperfetto, e nella subordinata il perfetto indicativo: Cv IV XXVI 11, e analogamente in If XVII 107 e 109 Maggior paura non credo che fosse / quando Fetonte abbandonò li freni / ... né quando Icaro misero le reni / sentì spennar; Pg XXXIII 18 non credo che fosse / lo decimo suo passo in terra posto, / quando con li occhi li occhi mi percosse (la relazione s'istituisce con l'imperfetto indicativo, che indica la durata dell'azione, in Fiore CL 10 Or convenia che di dolor morisse, / quand'i' vedea que' giovani passare).

Al posto dell'imperfetto congiuntivo in alcuni casi si presenta il piuccheperfetto, quando l'azione si sia ormai conclusa: Pg XXIII 27 Non credo che così a buccia strema / Erisittone fosse fatto secco, / per digiunar, quando più n'ebbe tema, e anche V 80 Ma s'io fosse fuggito inver' la Mira, / quando fu' sovragiunto ad Orïaco, / ancor sarei di là dove si spira (con l'imperfetto indicativo nella temporale, in Fiore CXLVI 2).

4.1. L'indicativo nella temporale si presenta correlato al condizionale nella reggente solo in Pd I 33 parturir letizia in su la lieta / delfica deità dovria la fronda / peneia, quando alcun di sé asseta.

5. La temporale introdotta da q. viene talora assunta nella sua globalità, come elemento complessivo di riferimento; ciò si verifica nel caso in cui essa costituisca il secondo termine di una comparazione: If XXIV 135 Più mi duol che tu m'hai colto / ne la miseria dove tu mi vedi, / che quando fui de l'altra vita tolto; Pd XXIX 89 e 90 ancor questo qua sù si comporta / con men disdegno che quando è posposta / la divina Scrittura o quando è torta.

Analogo è il caso di ‛ a q. ' in Pg XXXII 70 Però trascorro a quando mi svegliai.

6. La congiunzione può funzionare da semplice relativa qualora si riferisca direttamente a un evento della reggente rappresentato sintatticamente da un sostantivo (e vale semplicemente " in cui "): Rime C 67 che sarà di me ne l'altro / dolce tempo novello, quando piove / amore in terra da tutti li cieli; Pg XIX 4 Ne l'ora... quando i geomanti lor Maggior Fortuna / veggiono in orïente; Pd XII 119 la ricolta / de la mala coltura, quando il loglio / si lagnerà che l'arca li sia tolta (si veda anche If XV 84).

7. Come si è visto, in D. il valore temporale è quello predominante, mentre gli altri valori logico-sintattici si presentano in genere come connotazioni contestuali.

Vi sono tuttavia dei casi (anche se assai limitati di numero) in cui siffatti valori son ben riconoscibili, così da risultare concomitanti (quando non addirittura predominanti) con l'aspetto temporale; in tal caso la congiunzione può assumere valori diversi.

Si ha un valore causale (equivalente a " dal momento che ", ecc.), in Rime L 31 i' sono al fine de la mia possanza. / E ciò conoscer voi dovete, quando / l'ultima speme a cercar mi son mosso; Cv IV XII 10 com'è manifesto... [le ricchezze] essere del tutto imperfette, quando di loro altro che imperfezione nascere non può; If XXII 111 Malizioso son io troppo, / quand'io procuro a' mia maggior trestizia; Pg XXI 135 Or puoi la quantitate / comprender de l'amor ch'a te mi scalda, / quand'io dismento nostra vantate, / trattando l'ombre come cosa salda; Fiore CLXXXI 7 Molt'ho lo 'ntendimento rud'e grosso, / quando il me' core s'è sì forte ismosso / d'esser di voi così innamorata, e CCXXVI 11.

Con valore condizionale-ipotetico (ed equivale a ‛ q. ' + ‛ se '; cfr. J. Schmitt-Jensen, pp. 484-488), in Vn XII 15 43 Gentil ballata mia, quando ti piace, / movi in quel punto che tu n'aggie onore (si veda il caso simile al § 16); Cv IV XXX 5 Allora si troverà questa donna nobilissima quando si truova la sua camera, cioè l'anima in cui essa alberga; Pg XXXI 67 Quando / per udir se' dolente, alza la barba; Fiore CCXX 12 Quando vi piace, intrate al lavorio; inoltre, meno chiari, Rime LXXX 18 (quando le piace), Pg, XIV 104, XXVIII 116, Pd VII 50, Fiore CCXVII 8.

Con questo impiego si può trovare nella subordinata anche il congiuntivo (con connotazioni che vanno dalla semplice ipotesi all'ottativo di cortesia): Vn XII 12 19 quando vi piaccia (cfr. Barbi-Maggini: " formula di cortesia: ‛ se v'è in piacere, se permettete ' "), Cv I VIII 5 dare cose non utili al prenditore... non è perfetto bene... come quando uno cavaliere donasse ad uno medico uno scudo, e quando uno medico donasse a uno cavaliere... li Aphorismi d'Ipocràs (l'imperfetto è richiesto dall'exemplum fictum); Fiore VIII 13 quando gli piacesse, e CIII 2; Detto 255 ben seria foll'o re' / quand'io il pensasse punto.

Qui anche, come formula ormai stereotipa, quando che sia, in If I 120 e Pg XXVI 54 (e si noti il nesso ‛ q. che ', in D. altrove sconosciuto).

Con valore concessivo-avversativo: Rime C 69 Canzone, or che sarà di me ne l'altro / dolce tempo novello, quando piove / amore in terra da tutti li cieli, / quando per questi geli / amore è solo in me...?; Cv III XIV 8 E perché di questi parliamo, quando troviamo li altri che per questi pensieri la loro vita disprezzaro...?, e anche Pd XX 53 (mentre è soltanto oppositivo in Pg IV 74).

7.1. In certi casi, q. può equivalere a ‛ ora ' correlativo (nel senso di " talora "): Cv IV XV 17 può essere la mente non sana: quando per difetto d'alcuno principio da la nativitade... quando per l'alterazione del cerebro; If XVII 48 di qua, di là soccorrien con le mani / quando a' vapori, e quando al caldo suolo, e XXII 7.

Si possono esaminare inoltre Cv II XIII 21 Marte... pare affocato di colore, quando più e quando meno (cfr. III VI 4 e 8, IV IV 5), e Pg XXV 126 io guardava a loro e a' miei passi, / compartendo la vista a quando a quando (" ora alle anime, ora ai miei passi ", Sapegno).

8. Il congiuntivo nella temporale, oltre ai casi già esaminati (con valore ipotetico-condizionale), si presenta solo in poche altre occorrenze: Vn XI 2 E quando ella fosse alquanto propinqua al salutare, uno spirito d'amore... pingea fuori li deboletti spiriti del viso (qui come altrove il congiuntivo accentua l'aspetto eventuale, non oggettivo, del fatto); XVI 2, XXVI 1 Questa gentilissima donna... quando... fosse presso d'alcuno, tanta onestade giungea nel cuore di quello, che...; I f XV 39 qual... / s'arresta punto, giace poi cent'anni / sanz'arrostarsi quando 'l foco il feggia; Pg IX 144 Tale imagine a punto mi rendea / ciò ch'io udiva, qual prender si suole / quando a cantar con organi si stea; Pd XVIII 65 'l trasmutare in picciol varco / di tempo in bianca donna, quando 'l volto / suo si discarchi di vergogna il carco.

8.1. Il condizionale compare solo in Cv I VII 6 allora è la obedienda interamente comandata... quando quello che fa chi fa obediendo non averebbe fatto sanza comandamento.

9. Nelle proposizioni interrogative che introduce, q. ha la funzione di avverbio interrogativo: Pg XIV 100 e 101 Quando in Bologna un Fabbro si ralligna? / quando in Faenza un Bernardin di Fosco...?; XX 15 e 94 O Segnor mio, quando sarò io lieto / a veder la vendetta...?; XXIV 75 Quando fia ch'io ti riveggia?

L'interrogativa può essere anche indiretta: Pd XXIX 46 Or sai tu dove e quando questi amori / furon creati e come (per coppie diediche analoghe si veda Pg II 95 quando e cui, e cfr. qui di seguito).

10. Si ha l'impiego di q. sostantivato in Pd XXI 46 quella ond'io aspetto il come e 'l quando / del dire e del tacer, dove indica un momento reale ma generico, perché non specificamente determinato, mentre precisi eventi che nel loro susseguirsi seriale costituiscono, dall'interno, la durata temporale, sono quelli di XXIII 16 poco fu tra l'uno e l'altro quando, / del mio attender dico (a tutta la categoria del ‛ tempo ', opposta a quella spaziale, si riferisce Pd XXIX 12 ogne ubi e ogne quando, chiaramente in latino, come sottolinea il Petrocchi; per una trattazione più esaustiva dal punto di vista della filosofia medievale si veda qui sotto QUANDO, CATEGORIA).

Bibl. -B. Weise, Altitalienisches Elementarbuch, Heidelberg 1904, 187 § 114 (per ‛ quando ' con valore condizionale); J. Schwabe, Der Konjunktiv im italienischen Adverbialsatz, Basilea 1918 (in partic. alle pp. 73-76); J. Vising, Observations sur les rapports de temps dans certaines phrases temporelles françaises comparées aux phrases analogues italiennes, espagnoles, portugaises, latines, in " Studia Neophilologica " XI (1938-39) 237-250; L. Sorrento, Sintassi Romanza. Ricerche e prospettive, Milano 1949; P. Imbs, Les propositions temporelles en ancien français, Parigi 1956 (in partic. alle pp. 35 ss. e 110 ss.); J. Herczeg, Sintassi delle proposizioni subordinate nella lingua italiana, in " Acta Academiae Scientiarum Hungaricae. Serie linguistica " IX (1959) 261-333 (in partic. ai §§ 33 e ss.); R. Ambrosini, L'uso dei tempi storici nell'italiano antico, in " L'Italia Dialettale " XXIV (1960-1961) 13-124; J. Herman, La formation du système roman des conionctions de subordination, Berlino 1963; F. Brambilla Ageno, Il verbo nell'italiano antico, Milano-Napoli 1964, 186-212; H.P. Ehrliholzer, Der sprachliche Ausdruck der Kausalität im Altitalienischen, Berna 1965, 36 e passim; Rohlfs, Grammatica 515, 694, 767, 775, 780, 791, 795, 944; R. C. Mäder, Le proposizioni temporali in antico toscano, Berna 1968; C. Castelfranchi-D. Parisi, Analisi semantica dei locativi temporali, in La sintassi, a c. di W. D'Addio e, R. Simone, Roma 1969, 193-217; A. Puglielli, Strutture sintattiche del predicato in italiano, Bari 1970, 117-129; J. Schmitt Jensen, Subionctif et hypotaxe en Italien, Odense 1970, 483-488 (e anche 434-439); M. Alinei, Primi appunti per una descrizione generativo-trasformazionale del nesso temporale, in Grammatica trasformazionale italiana, a c. di M. Medici e R. Simone, Roma 1971, 13-22; M. Crisari D. Parisi A. Puglielli, Le congiunzioni temporali, spaziali e causali in italiano, ibid. 117-134; F. Brambilla Ageno, Osservazioni sull'aspetto e il tempo nella " Commedia ", in " Studi di Grammatica Italiana " I (1971) 61-100 (in partic. pp. 73-80 e 92-94); G. Herczeg, Sintassi delle proposizioni subordinate temporali nel Due e Trecento, in Saggi linguistici e stilistici, Firenze 1972, 27-105 (da confrontare con Appunti per una sintassi delle proposizioni temporali nel Trecento, in " Lingua Nostra " XXIII [1962] 104-109).

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