QUINARIO

Enciclopedia Italiana (1935)

QUINARIO (quinarius, quinarius nummus)

Secondina Lorenzina Cesano

Numismatica. È in origine la moneta di argento della repubblica romana del valore di 5 assi, la metà del denaro che valeva 10 assi, secondo dice Plinio (Nat. Hist., XXXIII, 3, 44): "argentum signatum anno urbis CCCCLXXXV..... et placuit denarium pro decem libris aeris valere, quinarium pro quinque, sestertium pro dupondio ac semisse". Ma di poi diventa nome generico per indicare la moneta romana d'argento e poi d'oro che è la metà del pezzo intero, onde si ha il quinario d'argento e d'oro dell'impero romano.

Nella repubblica il quinario porta il segno del valore V = 5 e poi Q abbreviazione della parola quinario; i suoi tipi sono primieramente quelli del denaro anonimo, cioè la effigie di Roma e i Dioscuri; di poi assume simboli e monogrammi come il denaro; quindi anche il nome dei monetarî che lo coniano, che sono pochi, onde le emissioni sono sporadiche, a intervalli irregolari, molto distanziate e scarse.

Tre sono i periodi in cui tale nominale viene coniato: il periodo del primitivo denaro (268-200 a. C.), il periodo circa il 104-84 a. C., che segue al momento della promulgazione della legge Claudia che demonetizzò il vittoriato sostituito dal quinario che ne assunse anche i tipi; quindi il periodo 49-25 a. C., cioè l'età di Cesare, di M. Antonio e poi di Augusto.

Nell'alto impero sono egualmente rari i quinarî sia in oro sia in argento, coniati non da tutti gl'imperatori e in emissioni scarse sempre; solo dopo Costantino il quinario d'oro, detto preferibilmente "semisse", è coniato in grande numero di emissioni e rappresenta circa la metà di tutta la produzione aurea degli ultimi due secoli dell'impero romano.

Bibl.: E. Babelon, Traité des monn. grecques et rom., I, i, Parigi 1901, s. v.; S. L. Cesano, Denarius, in E. De Ruggiero, Dizionario epigr. di antichità rom.; id., Monetazione e circolazione aurea dell'impero romano, in Bollettino del Museo dell'Imp., I (appendice al Bollettino arch. com. di Roma, LVIII), 1930, passim.

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