GHERMANDI, Quinto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 53 (2000)

GHERMANDI, Quinto

Marta D'Amato

Figlio di Smeraldo e Sofia Cremonini, nacque a Crevalcore (Bologna) il 28 sett. 1916. Nel 1934 si iscrisse al liceo artistico di Bologna, dove ebbe come insegnante C. Tomba che influenzò la sua scultura dandogli un'impronta grottesca e ironica, e proseguì gli studi presso la locale Accademia di belle arti, sotto la guida dello scultore E. Drei.

I primi lavori del G. risalgono alla fine degli anni Trenta e nelle opere di quel periodo appare chiaro come referente culturale la scultura di Arturo Martini. Del 1939 sono il Ritratto del padre e il Ritratto della madre in gesso (Bologna, eredi Ghermandi). Il G. cominciò a esporre partecipando nel 1940 ai Littoriali dell'arte a Bologna, dove presentò il bassorilievo La gioventù continua la marcia della rivoluzione e la statua Vittoria legionaria (catal., pp. 83, 126; tavv., pp. n.n.), che risentono della retorica fascista e dei canoni stilistici della scultura di impegno monumentale di quel periodo.

Con l'entrata in guerra dell'Italia il G. si arruolò come bersagliere e combatté in Albania, in Grecia e in Africa, dove nella battaglia di El Alamein (1942) gli Inglesi lo fecero prigioniero. Durante i quattro anni di prigionia passati in Egitto, ebbe modo di conoscere l'arte di P. Picasso e di H. Moore attraverso le riviste inglesi, come il G. stesso ricordò in occasione dell'antologica del 1983.

Rientrato a Bologna, si dedicò alla caricatura e realizzò alcune sculture di piccole dimensioni caratterizzate da arguzia psicologica e grottesca, come il Ritratto di Giorgio Morandi del 1949 (Bologna, eredi Ghermandi). Alla fine degli anni Quaranta iniziò a dedicarsi alla ceramica e nel 1953 vinse un premio per Una pila da acqua santa all'XI Concorso nazionale della ceramica a Faenza (catal., p. 16). Espose per la prima volta alla Biennale di Venezia nel 1950 e l'anno seguente partecipò alla VI Quadriennale di Roma con opere legate ancora a una figurazione di tradizione novecentista.

Da questo momento il G. iniziò a sperimentare nuovi materiali, come il ferro saldato; ma il cambiamento definitivo, che gli diede una nuova identità artistica, è dovuto all'incontro con il collezionista C.G. Baldisserra, che lo portò a misurarsi con il bronzo. Negli ultimi anni Cinquanta le opere del G. propongono un mondo zoomorfo e fitomorfo che risente delle esperienze di G. Richier e dell'inglese L. Chadwick, con legami e aderenze con l'ambiente informale italiano, in particolare con quello bolognese. Nel 1957 lo scultore espose alla mostra "14 + 2", al Circolo della cultura a Bologna, presentata da F. Lodoli, alla quale parteciparono i nuovi artisti informali, tra cui A. Frasnedi, V. Mascalchi, R. Rimondi, e i cosiddetti ultimi naturalisti (S. Vacchi, V. Bendini, B. Pulga, G. Ferrari), sostenuti dal critico F. Arcangeli. Il G. dimostrò delle affinità con la poetica arcangeliana, che sosteneva un ritorno alla natura inquieta, tormentata, vitale contro le certezze della ragione, fuori dai confini dell'intelletto, a favore, invece, dell'imprevedibilità e del caso; i temi, allora, delle opere dello scultore divennero le "ali", le "foglie" e "i voli".

Furono anni di intensa attività. Nel 1958 ricevette il premio del Comune di Bologna per la scultura Uccello di bronzo (Bologna, Galleria comunale d'arte moderna). L'anno seguente tenne una personale alla galleria Il Cancello a Bologna e con La grande foglia (Roma, Galleria nazionale d'arte moderna) prese parte a Rimini al premio Morgan's Paint, cui aveva già partecipato nel '57 e a cui esporrà ancora nel '61. Sempre nel '59 ottenne il secondo premio alla Biennale di Carrara per la scultura Momento di volo (Brescia, Galleria d'arte moderna). L'anno seguente gli fu dedicata una personale alla Biennale di Venezia, alla quale aveva preso parte anche nel '56. Sull'onda del successo riscosso alla mostra veneziana, nel 1961 partecipò alla Biennale di San Paolo del Brasile e tenne una personale alla galleria l'Obelisco a Roma.

Nel 1963 ebbe un periodo di ripensamento e sentì l'esigenza di un'ulteriore ricerca espressiva, che lo portò a guardare l'arte egizia e a scegliere la frontalità come punto di vista privilegiato per le proprie sculture. Nacquero così opere come Pepete a piombo, Il miro e la goccia, Giselda e Timoteo, conservate in collezione privata a Maranello (Modena). Partecipò alla IX Quadriennale di Roma (1965) con una delle sue sculture più significative, La mantide atea (Bologna, coll. priv.) e prese parte con tredici bronzi alla XXXIII Biennale di Venezia (1966). Dalla fine degli anni Sessanta iniziò a lavorare ai "giardini", luoghi immaginari e simbolici realizzati in bronzo argentato (Giardino coltivato d'argento, 1969, Modena, coll. Salvaterra). Realizzò diverse opere destinate a luoghi pubblici, in cui gli venne data la possibilità di esprimere in grande scala le sue tematiche formali. La fontana dai pomi d'oro (1971) per l'ospedale policlinico S. Orsola a Bologna e il Monumento alla Resistenza (1972) per la città di Brescia. Fu nominato titolare della cattedra di scultura, dapprima all'Accademia di belle arti di Firenze, poi, dal 1972 al 1986, a Bologna. Ricoprì anche la carica di direttore dell'Accademia bolognese dall'anno accademico 1981-82 al 1984-85.

Dalla fine degli anni Settanta tornò alle origini riprendendo a lavorare la terracotta e diede spazio alla satira. Realizzò delle piccole sculture raffiguranti esponenti della classe politica, mettendoli alla berlina. Nel 1983 la città di Ferrara e il Comune di Crevalcore gli dedicarono una grande mostra antologica. Nel 1986 partecipò alla Quadriennale romana e nel 1993 fu il vincitore del IV Premio nazionale Pericle Fazzini.

Il G. morì a Bologna il 18 genn. 1994.

Fonti e Bibl.: G. Marchiori, Q. G., Bologna 1962 (con bibl.); L.P. Finizio, La mantide atea di G., Milano 1968; L. Lambertini, Voli volute e talleri, sculture di Q. G. (Quaderni della Biennale internazionale Premio del Fiorino), Bologna 1970; G. Ballo, La linea dell'arte italiana dal simbolismo alle opere moltiplicate, II, Roma 1964, ad indicem; P. Bucarelli, Scultori italiani contemporanei, Milano 1967, ad indicem; E. Crispolti, Ricerche dopo l'informale, Roma 1968, ad indicem; Q. G. (catal.), Ferrara 1983; L'informale in Italia (catal.), a cura di R. Barilli - F. Solmi, Milano 1983, pp. 48, 73-75, 323; fig. n. 108 p. 198; L. Somaini, Q. G. Due foglie, in Arte svelata. Collezionismo privato a Como dall'Ottocento a oggi (catal.), a cura di L. Caramel, Milano 1987, n. 189 p. 281; L'Accademia di Bologna. Figure del Novecento (catal.), a cura di A. Baccilieri - S. Evangelisti, Bologna 1988, pp. 210-215, 219, 311; figg. pp. 161-168; G. Di Genova, Storia dell'arte italiana del '900. Generazione anni Dieci, Bologna 1990, ad indicem; L. Di Maio, in Il lauro e il bronzo. La scultura celebrativa in Italia 1800-1900 (catal.), a cura di M. Corgnati - G.L. Mellini - F. Poli, Torino 1990, pp. 159 s.; A. Morucci, ibid., n. 73 p. 147; P. Sega Serra Zanetti, Arte astratta e informale in Italia (1946-1963), Bologna 1995, p. 186; H. Vollmer, Künstlerlexikon des XX Jahrhunderts, II, p. 236.

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