Racemizzazione

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In chimica, la trasformazione di un composto organico otticamente attivo nella forma otticamente inattiva (racemo); solitamente la r. si ottiene per blando riscaldamento della specie otticamente attiva: in tali condizioni si determina un equilibrio tra i due antipodi ottici che risultano presenti in uguale misura; in pratica si ha la trasformazione di metà del composto nel suo antipodo ottico. A volte si hanno r. parziali. Il primo a osservare la r. fu L. Pasteur nei suoi studi sull’acido tartarico. Ottenne infatti, riscaldando l’acido D-tartarico, una miscela degli isomeri destro- e levogiro in parti uguali, insieme ad acido mesotartarico.

Il composto racemico è una miscela di uguali quantità dei due antipodi ottici di uno stesso composto. Poiché essi presentano uguale potere rotatorio specifico, ma di segno contrario, la miscela risulta otticamente inattiva. Per indicare questa caratteristica, si antepongono al nome del composto chimico le lettere DL; così, per es., l’acido DL-tartarico (detto esso stesso acido racemico) è costituito da una miscela equimolare di acido D-tartarico e di acido L-tartarico. Si ottiene sempre una miscela racemica quando si prepara per sintesi un composto a molecola asimmetrica; in natura invece si riscontra di norma una delle due forme otticamente attive. Poiché gli antipodi ottici hanno le medesime proprietà chimiche, non ci si può basare su di esse per separare i componenti otticamente attivi (risoluzione ottica); per tale scopo si ricorre di solito alla formazione di un sale (o di altro composto) per reazione con una base (generalmente un alcaloide) o con un acido (per es., l’acido molico) otticamente attivo. Si ottengono così due composti diasteroisomeri aventi proprietà differenti, per es., diversa solubilità, cosicché diviene possibile separarli per cristallizzazione frazionata.

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