Radicale libero

Dizionario di Medicina (2010)

radicale libero


Specie chimica proveniente dalla rottura omolitica di un legame chimico molecolare, per la quale cioè ognuno dei due elettroni di legame rimane associato (elettrone spaiato) a ciascuno dei due frammenti molecolari. I r. l. sono specie con altissima reattività ma comunque in grado, seppur per tempi brevi, di esistere in modo autonomo. I r. l. posso avere origine endogena, come prodotti del metabolismo cellulare, oppure esogena. I r. l. esogeni provengono dalle radiazioni ionizzanti, dai raggi ultravioletti, dai pesticidi, dal benzene, dai grassi saturi e da molti prodotti dell’industria; tali fattori favoriscono la formazione in eccesso di r. l. nell’organismo, responsabili di numerosi processi patologici, per es. quelli che conducono all’invecchiamento, a malattie cardiovascolari e neurodegenerative e alle neoplasie. I r. l. più diffusi sono quelli che si originano dall’ossigeno (superossido, perossido di idrogeno e radicale ossidrile), indicati con l’acronimo inglese ROS (Reactive Oxygen Species). Un’altra famiglia di specie radicaliche è caratterizzata dalla presenza, oltre che dell’ossigeno, di un atomo d’azoto, e pertanto questi r. l. sono indicati come RNS (Reactive Nitrogen Species); capostipite è l’ossido d’azoto o nitrico (NO). Anche per lo ione radicale carbonato ・CO3 − è stato scoperto un ruolo biologico, nell’attività aggiuntiva dell’enzima superossidodismutasi (SOD 1) che si esplica in alcune situazioni patologiche (sclerosi laterale amiotrofica).

Danni ossidativi al tessuto nervoso

Il tessuto nervoso è partic. suscettibile al danno ossidativo, per l’intenso metabolismo aerobio e la relativa carenza di difese antiossidanti, come mostrato dai rilievi autoptici nella malattia di Alzheimer e in quella di Parkinson. Nell’Alzheimer, il legame improprio di alcuni ioni metallici con una determinata proteina neuronale dà luogo a reazioni con l’ossigeno (autossidazione) che innescano la catena radicalica dei ROS. Nel Parkinson l’autossidazione riguarda i metaboliti della dopammina, neurotrasmettitore presente normalmente in alte concentrazioni proprio nelle aree cerebrali interessate dalla malattia.

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