RADIO

Enciclopedia Italiana (1935)

RADIO (fr., ted., ingl. radium)


Elemento radioattivo appartenente alla famiglia dell'uranio. Numero atomico 88, peso atomico 226. Venne isolato dai coniugi P. e M. Curie subito dopo la scoperta del fenomeno della radioattività fatta nel 1896 da H. Becquerel nei minerali di uranio. Viene generato dall'ionio con un'emissione di particelle α e a sua volta si trasforma in radon (o nito, v. nito) con emissione di particelle α e una debole emissione β e γ.

Il percorso nell'aria delle particelle α emesse nella disintegrazione del radio è di 3,389 cm. a pressione e temperatura ordinarie; esso corrisponde a una velocità di 1,511 × 109 cm/sec. La debole radiazione β che accompagna la disintegrazione del radio è una radiazione secondaria, che si ritiene dovuta ai raggi γ. Il suo coefficiente di assorbimento è μAl = 312 cm-1. La radiazione γ che accompagna i preparati di radio, e della quale, come vedremo, ci si serve per la loro misura, è in massima parte dovuta ai suoi prodotti di disintegrazione. La radiazione γ del radio puro è solamente l'1% di quella totale all'equilibrio.

Un grammo di radio puro nel senso radioattivo emette 3,72 × 1010 particelle α al secondo. In un anno si decompongono quindi da un grammo di radio circa 1,2 × 1018 atomi, quantità che in confronto al numero totale di atomi contenuti in un grammo è ancora molto piccola. La vita media è dunque molto grande e non può quindi essere misurata direttamente osservando il decremento della sostanza.

Il periodo di riduzione a metà (T) va perciò ricavato indirettamente e questo si può fare per due vie diverse: o contando le particelle α emesse da una certa quantità di radio, o misurando l'accumularsi del radio dal suo genitore ionio. Il primo metodo ha dato valori fra 1580 e 1730, il secondo fra 1660 e 1690 anni. Il valore più recentemente ammesso è 1580 anni. La vita media (τ) è 2280 anni. La costante di disintegrazione λ = 1,39 × 10-11 sec-1. Il radio è uno dei pochi radioelementi di cui si è potuto determinare il peso atomico. La determinazione è stata eseguita prima da Mme. Curie (valore medio ottenuto 226,45), poi su maggiori quantità e con mezzi più moderni da O. H. Hönigschmid. Questi trovò il valore di 225,960 ± 0,012. Se a questo numero si apporta la correzione per l'innalzamento di temperatura dovuto allo sviluppo energetico, si ha 225,97 numero più vicino a quello che si ricava dal valore più recente dell'uranio diminuito di tre volte il peso dell'elio, essendo tre le emissioni che intercorrono fra uranio e radio [238 − (3 × 4) = 226]. Con l'analisi spettroscopica si stabilì che nei preparati di Hönigschmid il bario (unica impurezza possibile) non era presente in quantità maggiori del 0,002%.

I sali di radio colorano la fiamma in rosso carminio brillante e mostrano uno spettro di fiamma, il quale accanto a due belle bande rosse (6700-6350 e 6230-6130 Å) presenta anche una linea particolarmente brillante nel verde-azzurro e due nel violetto. È stato studiato anche lo spettro di scintilla e quello di arco. Riportiamo le intensità relative delle linee dello spettro di arco.

Con le linee 3814 e 4682 si poté individuare il radio fino alla concentrazione di 0,001%.

I preparati di radio, a causa dello sviluppo di energia che accompagna la disintegrazione, producono continuamente calore e perciò hanno temperatura superiore a quella ambiente. Misure calorimetriche hanno stabilito che un grammo di radio sviluppa 1378 calorie/ora quando è in equilibrio con i suoi prodotti di disintegrazione. Il valore per il radio puro sarebbe 25,2 calorie/ora. Il valore calcolato trasformando tutta l'energia delle sue radiazioni in calore è 137 calorie/ora, valore in ottimo accordo col dato sperimentale. Le 137 calorie/ora sono dovute per l'88% alla radiazione α, per il 2% agli atomi di rinculo, per il 4% ai raggi β, e per il 6% ai raggi γ.

Nell'oscurità i sali del radio sono fosforescenti. Anche questo fenomeno è dovuto all'intensa radiazione che da essi si sprigiona.

Dal punto di vista chimico il radio appartiene ai metalli alcalino-terrosi e precisamente trova posto nella tabella periodica sotto il bario e accanto agli altri elementi pesanti radioattivi: torio e uranio. Esso rassomiglia molto al bario. Il solfato di radio è meno solubile di quello di bario; è anzi il solfato più insolubile che si conosca. Anche il cloruro e il bromuro sono difficilmente solubili in acqua e in HBr o HCl, e in maniera più spiccata che i corrispondenti sali di bario: e su questa diversità si fondano i metodi di separazione del radio dal bario. Al contrario poca diversità esiste nella solubilità dei nitrati, ed una separazione dei due elementi per cristallizzazione a mezzo dei nitrati non è possibile. Solfato, carbonato, nitrato e alogenuri di bario rassomigliano nell'aspetto esterno a quelli di radio, quando siano preparati di fresco (invecchiando, le radiazioni alterano il colore dei sali di radio). Gli alogenuri del radio rassomigliano anche per l'abito cristallino e per il numero di molecole di acqua di cristallizzazione a quelli del bario.

L'estrazione del radio e la separazione dagli altri elementi è essenzialmente un problema di separazione dal bario, al quale esso si accompagna in tutte le reazioni. La separazione si effettua a mezzo della cristallizzazione frazionata del cloruro o del bromuro.

Il radio metallico si è ottenuto elettrolizzando una soluzione di cloruro con un catodo di mercurio e distillando l'amalgama fluida così ottenuta in corrente d'idrogeno. Resta indietro il radio metallico, bianco lucente, con punto di fusione a 700° e che si altera rapidamente all'aria. Il radio metallico è stato anche ottenuto per scomposizione del nitruro secondo la reazione Ra (N3)2 = Ra + 3N2; però il prodotto in questo caso è sempre impuro per bario. Il radio metallico scompone energicamente l'acqua.

Metodi di dosaggio. - Il dosaggio del radio si esegue quasi sempre con mezzi fisici anziché chimici, data l'enorme sensibilità dei mezzi radioattivi e le piccole concentrazioni del prezioso elemento sulle quali si deve generalmente operare. S'impiega a questo scopo l'elettroscopio, in varie forme: a) in misurazioni rozze, come quelle che si eseguono per la scelta dei minerali in miniera, si può impiegare l'elettroscopio a raggi α, un elettroscopio cioè nel quale penetra la radiazione totale; si può vedere così in maniera relativa se un minerale è più attivo di un altro; b) in misurazioni accurate, come quando si voglia stabilire il tenore in radio di un preparato, si ricorre ai raggi γ o al metodo dell'emanazione.

Il primo metodo consiste nel confronto fra un campione di radio sigillato e all'equilibrio (del quale si conosce il tenore di radio) con il campione da misurare, pur esso chiuso da oltre un mese e all'equilibrio. Si confrontano allora le radiazioni γ dei due campioni, radiazioni che provengono quasi tutte dai prodotti di disintegrazione, ma che sono proporzionali al radio presente. Nel metodo dell'emanazione si approfitta del fatto che il primo prodotto della disintegrazione del radio è un gas, il rado o emanazione di radio. Questo è un gas inerte, che anche in minima quantità si può separare bene dal preparato e misurarne poi in un elettroscopio l'attività. Siccome si conosce la legge di diminuzione col tempo dell'attività del rado, si può ricavare la quantità di emanazione presente dalla misura dell'attività stessa e dal tempo intercorso fra misura e separazione. Una volta stabilito questo valore, si confronta con quello di un preparato campione.

È necessario, se non si è tenuto chiuso il preparato di radio per un mese prima di prelevare il rado, di fare la correzione per la mancata accumulazione di questo; e risalire, sempre, alla quantità di rado che si sarebbe avuta all'equilibrio.

In natura il radio si ritrova principalmente nei minerali di uranio e poi allo stato disperso. Tutte le rocce dei minerali comuni lo contengono in minima quantità. Il suo tenore nelle rocce ignee varia da 0,3 × 10-12 a 4,78 × 10-12, nelle rocce sedimentarie da 0,12 × 10-12 a 2,92 × 10-12. Anche nell'acqua del mare è contenuto radio: dalla massa d'acqua degli oceani (circa 1,5 × 1020 tonnellate) e dalla concentrazione di radio osservata, si calcola che in essa sono disciolte non meno di 20.000 tonnellate di radio (calcolato come metallo). Molto più ricche in radio sono le acque sorgive, dove lo si trova in quantità grandemente variabili. La maggioranza però delle acque cosiddette radioattive devono la loro attività rilevante al rado e soltanto in minima parte a sali di radio disciolti.

Nei minerali di uranio il radio è invece presente in concentrazioni maggiori. Se si tratta di minerali primari, date le relazioni genetiche che intercorrono fra uranio e radio e avendo il minerale raggiunto l'equilibrio, il rapporto Ra/U è costante ed uguale a 3,2 × 10-7.

Nei minerali secondarî ìl radio può essere concentrato, e sono possibili tenori anche più alti del valore corrispondente al rapporto di equilibrio.

Nella tabella seguente sono riportati i tenori percentuali in radio dei principali minerali di uranio.

Oggi quasi tutto il radio viene estratto dalla pechblenda e suoi minerali derivati (Curite e Casolite) nelle miniere belghe dell'alto Katanga (Chinkolobve, Kasalo), dove si hanno produzioni dell'ordine di varî grammi di radio al mese. La bontà di questo minerale e la facilità di estrazione hanno fatto ridurre grandemente il prezzo del radio (nel 1935, lire it. 670 al milligrammo) ed hanno fatto chiudere gran parte delle vecchie miniere, fra le quali è storicamente importante quella cecoslovacca di Jáchymov (St. Joachimstal), che fornì il primo minerale dal quale il radio è stato estratto. In Italia esistono giacimenti di Autunite a Lurisia (Piemonte). V. radioattivi, minerali.

Se si tiene conto delle piccole quantità di radio contenute nei minerali dai quali esso viene estratto, si capisce che l'operazione della separazione è lunga e costosa. In un minerale dove il rapporto radio-uranio ha raggiunto il massimo, si avranno due grammi di radio per 10 tonnellate di minerale. Dal punto di vista chimico la separazione del radio, come si è visto, è parallela alla separazione del bario. Tutti metodi atti ad isolare questo elemento valgono anche per il radio. Fortunatamente non sono presenti nei minerali di uranio isotopi che possano dare fastidio nel processo di separazione del radio.

Il processo comunemente impiegato si può riassumere generalmente in 5 fasi: a) dissoluzione o trattamento del minerale di uranio; b) separazione dei solfati insolubili; c) conversione di questi in sali solubili; d) purificazione del radio e bario dalle altre impurezze; e) arricchimento per frazionamento del radio dal bario.

Il radio è posto in commercio sotto forma di cloruro o bromuro di radio a tenore più o meno grande di bario. Il prezzo è riportato alla quantità di radio elementare contenuta.

Si conservano per confronto due campioni internazionali (International Radium Standards), uno a Parigi (21,99 milligrammi di RaCl2 anidro) e uno a Vienna (31,17 milligrammi di RaCl2 anidro).

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