PAGLIACCETTI, Raffaele

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 80 (2014)

PAGLIACCETTI, Raffaele

Francesco Franco

(Raffaello). – Nacque a Giulianova, nel Teramano, il 31 ottobre 1839 da Andrea, commerciante, e da Chiara Trifoni.

Fin da piccolo incominciò a disegnare e a modellare con la creta (Bindi, 1916, p. 2); le prime lezioni di disegno gli furono impartite dal pittore concittadino Flaviano Bucci.

Nel 1856 entrò nell’Accademia di S. Luca, dove seguì gli insegnamenti di Pietro Tenerani, ottenendo più volte premi nei quattro anni di permanenza (Parroni, 1927, pp. 5 s.). Nel 1859 ritornò a Giulianova e realizzò alcuni lavori fra i quali il gesso Testa di baccante (1859-61; Giulianova, Sala Pagliaccetti). Nel 1860 decise di cambiare il nome in Raffaello, in omaggio al celebre pittore (Magazzeni, 2001, p. 96). Nel 1861 l’amministrazione provinciale di Teramo elargì una sovvenzione per consentirgli di recarsi alla I Esposizione nazionale di Firenze, città in cui decise di stabilirsi. Del 1863 è il busto di Melchiorre Delfico, donato nel 1869 dall’artista alla città di Teramo (ora a Teramo, Convitto nazionale Melchiorre Delfico); l’opera, ancora contrassegnata dalla marcata influenza di Tenerani, per l’estrema levigatezza e la perfezione dei particolari, fu giudicata dalla critica troppo accademica (Parroni, 1927, pp. 6-8, 63). Risale probabilmente al 1864 il busto di Galileo Galilei in gesso (Teramo, Pinacoteca civica; De Micheli, 1989, p. 81).

Come risulta dai cataloghi dell’epoca, partecipò frequentemente alle esposizioni della Società promotrice di belle arti di Firenze; nel 1866, in particolare, vi fu presente con varie opere fra le quali la scultura, in gesso, Cappellini alla battaglia di Lissa (Teramo, Pinacoteca civica; Parroni, 1927, pp. 10-13, 66). Nel 1867 è documentata una sua visita a Firenze nello studio dello scultore Salvatore Grita (Damigella, 1998, p. 205). Precedentemente al 1868, eseguì in creta, utilizzando come modello una fotografia, il busto della Principessa Margherita di Savoia.

Il ritratto fu accolto con grande favore dalla stessa effigiata che concesse allo scultore di posare per lui per la replica in marmo (Firenze, Palazzo Pitti, Appartamenti reali); dall’opera Pagliaccetti derivò in seguito varie versioni (De Micheli, 1989, pp. 85 s.), fra le quali una in terracotta esposta alla Promotrice di Firenze del 1869 e un’altra, in alabastro, presentata alla stessa manifestazione l’anno seguente (ubicazioni ignote).

Fra le altre opere che ritraggono esponenti della Casa reale, si ricorda la statua a grandezza naturale del Duca d’Aosta (Giulianova, Sala Pagliaccetti) identificabile, molto probabilmente, con il gesso patinato a bronzo raffigurante Il Duca d'Aosta in costume da torneo (ricordo delle feste date in Firenze dalla Principessa Margherita in occasione del suo matrimonio col Principe Umberto di Savoia), presentato anch’esso alla Promotrice di Firenze del 1869.

Nel 1868 realizzò un busto di Gioacchino Rossini (una versione in bronzo si conserva a Giulianova nella Sala Pagliaccetti); un busto colossale, probabilmente in gesso patinato, raffigurante lo stesso soggetto, venne esposto alla Promotrice di Firenze dell’anno successivo in previsione di una sua traduzione in marmo che arrivò quando Cesare Correnti, allora ministro della Istruzione Pubblica, vide l’opera nello studio dell’artista (Parroni, 1927, pp. 13-16). Conseguenza dell’apprezzamento per questo lavoro fu il conferimento allo scultore dell’onorificenza di cavaliere dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro (ibid.).

Fra il 1870 e il 1874 la critica ha datato il gesso Nudo di donna (Teramo, Pinacoteca civica), identificato con Zena la schiava (De Micheli, 1989, p. 86), un’opera presentata sia all’Esposizione nazionale di Venezia del 1887, sia alla Promotrice di Firenze dell’anno dopo; non è da escludere, pertanto, una diversa datazione del gesso, compiuto forse in un’epoca più vicina alle due manifestazioni.

Fra il 1873 e il 1876 realizzò, in marmo, il Cenotafio di Angelo Antonio Cosimo De Bartolomei (Giulianova, piazza della Libertà) caratterizzato dalla minuta descrizione dei particolari decorativi; da segnalare, all’interno del monumento, il medaglione in alto rilievo raffigurante Luigi De Bartolomei e il busto di Giovanni De Bartolomei.

Nel 1873 partecipò all’Esposizione universale di Vienna in occasione della quale la manifattura Ginori (diretta allora da Lorenzo) fu premiata con medaglia d’oro per una tazza di porcellana raffigurante il Trionfo di Venere e Amore (ubicazione ignota), realizzata su modello di Pagliaccetti; in occasione della stessa manifestazione, lo scultore fu premiato con medaglia d’oro per il busto del Generale Moltke; quest’opera fu replicata in varie versioni (Parroni, 1927, pp. 17 s.; De Cesare, 2007, p. 60 n 79), fra le quali si segnala la traduzione in bronzo del 1875 presentata alla Esposizione veneziana del 1887 e acquistata, in questa occasione, dalla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, dove tuttora è conservata.

Intorno al 1873 realizzò il busto in gesso Autoritratto e nel 1875 quello della poetessa Giannina Milli, in gesso patinato a bronzo (entrambi a Giulianova, Sala Pagliaccetti; De Micheli, 1989, pp. 92 s.).

Nel 1877 portò a compimento la statua in gesso di Pio IX (Giulianova, Sala Pagliaccetti), esposta l’anno seguente con grande successo nello studio fiorentino dell’artista; in questo stesso anno l’opera fu presentata all’Esposizione universale di Parigi, ricevendo numerose recensioni positive da parte della stampa soprattutto nazionale (Tentarelli, 2001, pp. 43 s.).

La statua, probabilmente ispirata al marmo di Vincenzo Vela (Id., 1986, pp. nn.) Gli ultimi giorni di Napoleone (Musée national du Château de Bois-Préau, deposito dal Musée de Versailles), per interessamento di Augusto Conti e a seguito di una pubblica sottoscrizione (Bindi, 1916, pp. 4 s.), venne riprodotta in bronzo nel 1885 e donata a papa Leone XIII (ora Roma, Casa generalizia del Pontificio Istituto missioni estere).

Nel 1879 a Giulianova, secondo quanto riferito dai cronisti contemporanei (Di Felice, 2001, p. 40), diede inizio alla realizzazione della terracotta policroma dipinta a olio, Cieca orfanella abruzzese (Teramo, Pinacoteca civica), terminata poi a Firenze, una delle più importanti opere dell’artista.

È probabile che conoscesse il lavoro del suo collega fiorentino Grita intitolato La cieca leggitrice, un gesso portato a compimento dieci anni prima e in seguito tradotto in marmo (1870; Roma, Centro regionale S. Alessio-Margherita di Savoia, sede di S. Alessio). Se il tema era stato comunque già trattato da Pagliaccetti nella terracotta intitolata L’orfana abruzzese (ubicazione ignota) presentata alla Promotrice fiorentina del 1870, l’opera di Teramo, è particolarmente significativa nella capacità di coniugare i moduli compositivi della scultura quattrocentesca toscana con un notevole realismo esaltato dal prezioso ed essenziale cromatismo bitonale (ibid.).

Al 1880 risale l’esecuzione del busto in terracotta, Virgo, tradotto poi in marmo (Teramo, Pinacoteca civica; Parroni, 1927, pp. 31-33) e presentato alla Promotrice di Firenze del 1890 e a quella di Torino nel 1896.

Nel 1883 fu nominato professore di scultura all’Accademia di Firenze; in questo stesso anno partecipò anche alla Promotrice fiorentina con il gesso intitolato Galvani (Teramo, Pinacoteca civica) che, tradotto in bronzo, fu presentato alla Promotrice di Firenze del 1896.

Intorno alla metà degli anni Ottanta scolpì la statua di S. Andrea realizzata per la facciata di S. Maria del Fiore a Firenze (il gesso, datato 1884, si conserva nella Sala Pagliaccetti a Giulianova; Parroni, 1927, p. 35).

Nel 1886 realizzò il modello in gesso per la statua in bronzo di dimensioni colossali di Vittorio Emanuele II, fusa nel 1889 (De Micheli, 1989, p. 97) e collocata al centro della piazza principale di Giulianova.

Il modello (Giulianova, Sala Pagliaccetti) esposto nello studio dell’artista, aveva suscitato giudizi positivi, riportati nelle cronache del tempo, nei quali si esprimeva vivo apprezzamento per l’immagine del re, rappresentato nel momento del suo arrivo a Giulianova, in atto di salutare il popolo acclamante (Parroni, 1927, pp. 39-44). Non mancarono, invece, le critiche, espresse sui giornali e da Pagliaccetti stesso, riguardanti la realizzazione del piedistallo che, per necessità economiche, non aveva rispettato nelle proporzioni la volontà dell’artista ma, molto più basso del previsto, privava di slancio l’opera. L’amarezza dello scultore fu tale da fargli più volte esprimere l’intenzione di distruggere la statua (ibid., pp. 44-46).

Nel 1890 sposò Maria Niccoli e nel 1897 fece ritorno a Giulianova.

Le ultime opere, caratterizzate dalla consueta attenzione alla fisionomia e al carattere dei personaggi, sono il busto in marmo di Maria Trifoni (1899; ora a Giulianova, villa Ascolani) e quello del padre Andrea Pagliaccetti (Giulianova, Collezione Adamoli; il gesso si conserva nella Pinacoteca civica di Teramo), entrambi destinati alle cappelle delle rispettive famiglie nel cimitero di Giulianova.

Alcuni disegni a inchiostro dell’artista si conservano presso la Pinacoteca civica di Teramo.

Morì a Giulianova il 10 maggio 1900.

Fonti e Bibl.: Roma, Galleria nazionale d’arte moderna, Archivio Bio-iconografico, s. v., Raffaele Pacini; V. Bindi, R. P. scultore, Roma 1916; G. Parroni, Un caposcuola fiorentino del verismo: R. P., Milano 1927; F. Tentarelli, R. P., in Artisti teramani dell’Ottocento (catal.), Francavilla al Mare 1986, pp. nn.; M. De Micheli, R. P., Teramo 1989; A.M. Damigella, Salvatore Grita e il realismo nella scultura, Roma 1998, p. 205; G. Magazzeni, Biografia, in R. P. (catal.), a cura di F. De Santi, Giulianova 2001, pp. 95-101; P. Di Felice, La cieca orfanella abruzzese…, ibid., pp. 37-40; F. Tentarelli, La fortuna critica di R. P., ibid., pp. 41-49; A. De Cesare, La lotteria dell’Esposizione nazionale di Napoli del 1877, in Napoli nobilissima, s. 5., VIII (2007), pp. 45, 49, 60 n79; R. P.: cronaca di un recupero… (catal., Teramo), a cura di P. Di Felice, Colonnella 2010.

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