EMERSON, Ralph Waldo

Enciclopedia Italiana (1932)

EMERSON, Ralph Waldo

Giuseppe Gabetti

Scrittore americano, nato a Boston il 25 maggio 1803, morto a Concord il 25 aprile 1882: celebre moralista e poeta, la cui opera potentemente contribuì alla formazione della moderna coscienza americana e - da Nietzsche a Maeterlink, a Bergson - non fu senza risonanza anche in Europa. Discendente di un'antica famiglia puritana, cresciuto in mezzo all'illuministico spirito di libertà critica con cui gli unitariani (v.) avevano scosso le basi della ortodossia calvinistica, E. incominciò assai presto a riporre in un'esigenza d'assoluta verità verso sé stesso l'imperativo religioso della coscienza, senza del quale gli sembrava inutile vivere. Dopo tre anni di esperimento come insegnante nella scuola aperta dal fratello William a Boston, entrato nella carriera ecclesiastica, assunto a esercitare cura d'anime nel 1829, nella Second Church di Boston, disdegnoso di compromessi fra i suoi convincimenti e la sua attività, sviluppò fino in fondo i principî di libero esame che gli Unitariani non avevano osato portare alle ultime conseguenze. Giunto così a negare altro valore se non puramente simbolico alla comunione, dichiarata dal pulpito la sua convinzione, si ritirò nel 1832 dall'esercizio del suo ministero. L'anno prima aveva perduto la moglie, Ellen Luisa Tucker.

Ma, come alle sue idee egli non giungeva per via di ragionamento ma direttamente attraverso le proprie esperienze, così anche l'esperienza gli divenne sorgente di una maggiore chiarezza su sé medesimo: soltanto entro di sé egli doveva cercare le forze della sua vita; perché la sola realtà della vita è quella interna dell'uomo. A considerare la natura spirituale della realtà, già lo aveva condotto la lettura dei poeti romantici inglesi e tedeschi e dei filosofi idealisti; e poiché solo a quegli uomini egli si sentiva ora spiritualmente vicino, parti per l'Europa per conoscerli. Sbarcato a Malta nel gennaio del 1833, attraversò l'Italia e la Francia, senza trarne altre impressioni che d'esteriore ammirazione, tutto preso dal problema di vita che portava entro di sé; e né il Landor che vide a Fiesole, né il Coleridge e il Wordsworth che visitò in Inghilterra, né il Carlyle gli apparvero come "il Maestro, il Rivelatore" che egli aveva sognato. Stabilitosi, dopo il ritorno in autunno, a Concord e passato nel 1835 a nuove nozze con Lydia Jackson di Plymouth, raccogliendo nella rapida sintesi d'una prima effusione il suo pensiero (v. Nature, 1836), lanciò risolutamente ai connazionali il suo appello verso una nuova spiritualità. Nel 1837 la sua conferenza su The American Scholar con l'aperto invito a farla finita con l'Europa e con tutte le morte culture del passato, per esplorare le possibilità nuove del nuovo mondo nell'età presente, ebbe grandissima ripercussione. L'anno dopo, un attacco a fondo contro il cristianesimo storico, in un discorso al Divinity College dell'università Harvard, segnava la sua rottura definitiva con la chiesa costituita.

Senza che egli stesso l'avesse provocato, E. si venne così a trovare al centro di quel vasto movimento che, sotto il nome di trascendentalismo, movendo da Coleridge, da Schleiermacher e dalla filosofia idealistica, risolto il problema religioso in senso soggettivo e immanentistico, mirava a rinnovare in America, intellettualmente e socialmente, tutta quanta la vita. Era legato da vincoli personali con i maggiori interpreti della nuova fede: B. Alcott, O. Brownson, C. Clarke, Margareta Fuller, Th. Parker, N. Hawthorne, J. Very, Ch. P. Cranch, W. E. Channing, ecc., e pur segnando netto sotto certi aspetti il proprio distacco, fu l'anima del movimento, collaborando assiduamente all'organo del gruppo, il Dial, di cui assunse anche la direzione dopo che la Fuller l'ebbe lasciato. Nel 1841-44 la pubblicazione degli Essays imponeva, d'un colpo, il suo nome in tutta l'America e in Europa.

Il resto della sua vita trascorse nella quieta intimità famigliare, fra gli studî, la redazione dei suoi scritti, con la sola interruzione di conferenze e di viaggi di propaganda. Prese parte alle pubbliche vicende della sua patria, e durante la guerra di secessione fu a fianco di Lincoln. Nel 1847 era stato chiamato, per una serie di conferenze, in Inghilterra; e venne ancora in Europa un'ultima volta nel 1872. Poi, lentamente, la mente gli si andò affievolendo.

Nella sua opera si può riconoscere il segno di un'evoluzione stilistica dal denso e un poco oscuro ma lampeggiante lirismo di Nature (1836), alla matura chiarezza degli Essays (1841-44), di Representative Men (1850), di The Conduct of life (1860), di Society and Solitude (1870), giù fino alla più stanca prosa di taluni più tardi saggi riuniti in Letters and social aims (1876); a cui s'aggiunsero in seguito i tre volumi postumi: Lectures and biographical Sketches (1884), Miscellanies (1884), The natural history of Intellect (1893). Nessuna evoluzione è nel pensiero; nessun influsso vi esercitarono le letture innumerevoli, e nessun movimento vi si operò dall'interno: i dieci volumi del Journal, in cui giorno per giorno segnava le sue osservazioni, mostrano che cosa fu la sua opera: una continua confessione di sé medesimo, al centro della quale è non un pensiero logicamente articolato, ma uno stato d'animo: un modo di pensare che è, prima di tutto, un modo di sentire, di vivere.

Vissuto in mezzo fra due epoche, fra l'idealismo della prima metà del secolo e il successivo generale ritorno alla realtà; americano di mentalità, istintivamente legato alla considerazione della vita nella sua concreta realtà psicologica e, d'altra parte, non meno istintivamente portato a un puritano, religioso fervore, fu uno di coloro che, pur lasciandone cadere tutte le superstrutture ideologiche, mantennero viva la passione spirituale da cui il romanticismo era nato. Mentre il materialismo storico riduceva al fattore economico le ragioni del divenire sociale, E. esaltò le forze morali; mentre il positivismo applicava il metodo sperimentale allo studio dell'uomo, egli continuò a chiedere alla rivelazione interiore la verità che "è al di là della scienza perché è essa stessa la vita"; mentre la reazione antiteologica minacciava di avvelenare alle sorgenti la vita religiosa, egli - scomparso Iddio dai cieli - lo ritrovò nella propria coscienza. Aderì ai suoi tempi nel sentire con orgoglio la propria umanità, nel chiudere entro i limiti della realtà umana gl'interessi del suo spirito; ma essere uomini voleva dire per lui "prender coscienza del divino entro di noi, nel nostro sentimento morale". L'uomo era per lui "un ruscello che scende da sorgenti nascoste", da altezze che noi ignoriamo, e da ogni oggetto della natura, da ogni fatto della vita, da ogni pensiero dell'anima" egli sentiva echeggiare "l'appello dall'alto che ci chiama e ci invita". Ed è per questo che la vita gli appariva "una cosa grande": così grande che i suoi "uomini rappresentativi", a differenza degli "eroi" di Carlyle, hanno nel loro "essere veramente, profondamente uomini" la loro grandezza: vivere così era infatti "vivere in comunione con lo spirito (oversoul)" che è la sola universa realtà, esser partecipi della sua "vita infinita, come ogni singola onda è partecipe del palpito infinito del mare".

Certo la vita colta tutta così, esclusivamente, in questi suoi sviluppi interiori, suscita talvolta nel lettore di E. il desiderio - come diceva Carlyle - "di avere anche qualcosa da mettere sotto il dente": se ne riceve l'impressione come di un fluttuare continuo di luci evanescenti, inafferrabili. Soprattutto risentono di questo atteggiamento le liriche (Poems, 1847; May-Day and other Poems, 1868), le quali sono sempre di alta elevazione, ma soltanto in singoli momenti - come nella Threnody in morte del figlio, in The Snowstorm, in The Humblebee, ecc. - hanno la piena vita della poesia.

Opere: The Complete Works, ed. del centenario, voll. 12, Boston 1903-1904; Journals, voll. 10, Boston 1909-14; Letters from R.W.E. to a Friend (S. Gray Ward), Boston 1899; Correspondence between R.W.E. and H. Grimm, Cordova 1903. V. inoltre la corrispondenza con W.H. Furness, in Records of a lifelong Friendship, Boston 1910; Correspondence of Th. Carlyle and R.W.E., ed. Ch. E. Norton, Boston 1883.

Per le traduzioni italiane v., fra altro: Il carattere e la vita umana, trad. V.A. Perussia, Milano 1886; La guida della vita, trad. Pettoello, Torino 1923; Uomini rappresentativi, trad. M. Pastore Mucchi, Torino 1904, e trad. G. Ferrando, Firenze 1927; L'anima, la natura e la saggezza, trad. M. Cossa, Bari 1911; Energia morale, trad. G. Ferrando, Palermo 1922; Eterne forze, trad. G. Fanciulli, Milano 1917; Saggi: L'anima suprema, trad. F. Zampini Salazar, Milano 1904.

Bibl.: J. E. Cabot, Memoir of R. W. E., voll. 2, Boston 1887 (fondamentale per la biografia); E. W. Emerson, E., in Concord, Boston 1889; G. W. Cooke, R. W. E., Londra 1881; A. Ireland, R. W. E., Londra 1882; O. W. Holmes, R. W. E., Boston 1884; id., The Genius and Character of E., Londra 1885; D. G. Haskins, R. W. E.: his maternal ancestors, Boston 1887; Cary, E. Poet and Thinker, New York 1904; Eliot, E. as Seer, Boston 1904; M. Dugard, R. W. E., sa vie et son øuvre, Parigi 1907; W. Herzog, E., Berlino 1913; P. Sakmann, E. s Geeisteswelt, Stoccarda 1927; D. J. Snider, Biogr. of E., Londra 1925. Cfr. per una bibliografia completa fino al 1908. G W. Cooke, A bibliogr. of R. W. E., New York 1908.

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