GAETANI, Ranieri

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 51 (1998)

GAETANI, Ranieri

Mauro Ronzani

Figlio di Gerardo di Ugo, chiamato abitualmente dalle fonti con il soprannome di Gaetano (donde il patronimico del G. e dei suoi fratelli, e il cognome dei discendenti), e di una Druda di cui si ignora il casato, nacque probabilmente a Pisa intorno al 1130-40.

Il padre, attivo fra il 1108 e il 1140, discendeva a sua volta da Dodo di Teperto, il capostipite (vissuto nei decenni centrali del sec. XI) di un'ampia progenie che si articolò nei rami dei Dodi, dei Gusmari e - appunto - dei Gaetani; ebbe altri quattro figli maschi: Marzucco, già console nel 1153, Pellegrino, già defunto nel 1167, Cercone, attestato fra il 1186 e la fine del secolo, e Galgano, canonico della cattedrale pisana, documentato fra il 1171 e il 1195.

La più antica notizia riguardante il G. è offerta dalla cronaca di Bernardo Maragone. Nell'ottobre 1160, quando i consoli del Comune di Pisa obbligarono gli abitanti di Vicopisano a sottoporsi alla loro autorità, il G. fece parte di una commissione incaricata di recarsi in quel centro per farvi pronunciare i relativi giuramenti. Con l'esplicito appellativo di advocatus è definito il 23 maggio 1161, allorché, presso la pieve "de Aquis" (oggi Casciana Terme), fece da testimone alla sentenza di due consoli pisani sulla controversia fra l'abate di S. Maria di Morrona e i consoli di quel piccolo centro. Il G. è di nuovo presente nei mesi successivi a una sentenza pisana del 9 nov. 1161, riguardante il monastero di Monteverdi, e a due atti emessi il 30 apr. 1162 nel duomo di Siena: il lodo in merito ai diritti sul castello di Gerfalco, contesi fra il vescovo di Volterra e Ildebrandino (VII) Novello Aldobrandeschi e l'impegno assunto da costoro di rispettare le disposizioni ivi contenute. Subito dopo, nel maggio del 1162, l'Aldobrandeschi si recò a Pisa, dove "iuravit fidelitatem" al Comune di Pisa (Maragone, p. 25).

Un analogo giuramento di fedeltà era stato pronunciato dallo stesso conte già due anni prima, nel settembre 1160, in favore dell'arcivescovo Villano; nel frattempo, però, l'assetto istituzionale della città era cambiato, in quanto un diploma dell'imperatore Federico I Barbarossa del 6 apr. 1162 aveva dato pieno e definitivo riconoscimento giuridico al Comune, garantendo alla città ampi privilegi giurisdizionali sul territorio circostante. Ildebrandino s'impegnò perciò a far pronunciare lo stesso giuramento d'obbedienza a un certo numero dei suoi "homines", "per ogni città o castello o villaggio del territorio da lui dominato" (ibid.). Per dare esecuzione a tale impegno egli cavalcò, in compagnia del G. e di altre autorità cittadine, per i territori maremmani del suo distretto.

Pochi mesi dopo, il 7 ag. 1162, il G. si recò a Torino come membro di un'ambasceria del Comune di Pisa, guidata dai consoli Pietro di Albizello ed Enrico di Cane, inviata al Barbarossa per giustificare la guerra navale condotta fra il giugno e il luglio contro i Genovesi. Alla fine dei colloqui il G. rimase - con il console Enrico - accanto al Barbarossa, accompagnandolo da Torino a Saint-Jean de Losne (sulla Saona), dove egli s'incontrò con il re di Francia Luigi VII, allo scopo di convincerlo a riconoscere Vittore IV quale papa legittimo al posto di Alessandro III. L'obiettivo non fu conseguito, ma il re non mancò d'intrattenersi cordialmente con i due ambasciatori pisani (Maragone, p. 28). Nel 1163, mentre il fratello Marzucco ricopriva l'ufficio di console, il G. fu uno dei tre pisani deputati al seguito di Rinaldo di Dassel, arcivescovo di Colonia e arcicancelliere per l'Italia, il quale, giunto a Pisa alla fine di marzo, se ne partì per percorrere "tutta la Tuscia, la Marca e la Romagna", facendo giurare obbedienza all'imperatore. La missione si concluse a Pisa il 20 sett. 1163, non senza che Rinaldo elargisse "munera magna" (ibid., p. 29) ai suoi tre accompagnatori.

Nel 1164 il G. fu chiamato per la prima volta al consolato, ricoprendovi un ruolo di primo piano. Alla guida di una nuova ambasceria presso l'imperatore, lo invitò a visitare Pisa, ma Federico dovette rinunciarvi per un'infermità inviando in sua vece l'arcivescovo Rinaldo, che, giunto in città l'11 aprile, convocò poco tempo dopo a San Genesio (ai piedi dell'attuale cittadina di San Miniato) una dieta. Pisa vi fu rappresentata proprio dal G., e a lui - il 2 maggio 1164 - il cancelliere imperiale assegnò un funzionario imperiale che lo accompagnasse in un ampio giro attraverso il contado per stabilire l'effettivo dominio del Comune di Pisa sui luoghi attribuitigli dal diploma federiciano del 1162. La missione fu compiuta immediatamente dal G. insieme con un altro console e due giurisperiti, uno dei quali era Bernardo Maragone, che ne ha lasciato una vivace ed entusiastica descrizione nella sua cronaca.

Pochi giorni prima, a Pavia, il Barbarossa aveva però inferto un duro colpo all'egemonia pisana sulla Sardegna, assegnando la corona di re dell'isola a Barisone, giudice d'Arborea e alleato di Genova. Pisa reagì sulle prime inviando a Cagliari sei galee e all'inizio dell'anno seguente organizzò una missione diplomatica in Germania, affidata a una legazione composta dal console Uguccione di Lamberto di Bonone, dal G. e da un altro legum doctus. Partiti da Pisa il 24 febbraio, i tre ambasciatori furono onorevolmente ricevuti da Federico e il 17 aprile, a Francoforte, ne ottennero un diploma con il quale l'intera Sardegna fu concessa in "feudo" al "Comune pisane civitatis". Una volta ritornati a Pisa, il 17 maggio, il diploma fu letto alla cittadinanza riunita in pubblica assemblea e i tre "ricevettero l'immenso ringraziamento di tutto quanto il popolo" (ibid., p. 35).

Il nome del G. compare nuovamente nella cronaca maragoniana nel 1167, nel corso del racconto dell'attacco estivo portato da Federico I alla città di Roma. Trovatosi in difficoltà a passare da S. Pietro all'altra sponda del Tevere per la resistenza dei Romani, l'imperatore chiese l'intervento urgente dei Pisani, che inviarono in tutta fretta verso Roma otto galee al comando di due consoli, assistiti dal G. e da suo fratello Marzucco. L'aiuto si rivelò, stando le parole del cronista, efficace e gli otto navigli rientrarono a Pisa il 21 agosto.

Con il fallimento della spedizione federiciana del 1167 le prospettive della politica pisana mutarono e nelle successive pagine della cronaca maragoniana il nome del G. resta a lungo assente; né si hanno altre notizie di un suo coinvolgimento nella vita pubblica cittadina. Verso la fine del 1171 - certo in previsione del prossimo arrivo in Toscana del legato imperiale Cristiano, arcivescovo di Magonza - il G. fu di nuovo chiamato a far parte del Collegio consolare entrato in ufficio il 1° genn. 1172. A lui (e ai suoi colleghi) spettò così il difficile compito di trattare con il legato imperiale, accolto a Pisa il 3 febbraio. Cristiano si mostrò assai maldisposto verso la città al punto da decretare contro di essa il bando imperiale (18 marzo), con l'annullamento di tutti i privilegi concessi nei due decenni precedenti.

Dopo il 1172 il G. si ritirò per un lungo periodo dalla vita pubblica; il silenzio documentario sul suo operato sarebbe veramente totale, se non vi fosse la notizia della sua partecipazione alla delegazione che il 13 nov. 1178, a Savona, stipulò a nome del Comune di Pisa un trattato di pace e d'amicizia con il Comune d'Albenga.

Il G. non è comunque del tutto assente dalla documentazione. Lo ritroviamo infatti a far da testimone il 21 ag. 1174 a un atto del visdomino (ovvero amministratore) dell'arcivescovato; mentre il 13 ag. 1176 assistette all'atto con cui il nuovo arcivescovo Ubaldo rinunziò al censo ricognitivo di due libbre di cera dovutogli dall'abate del monastero di S. Michele d'Orticaia. Il 21 ott. 1179, il G. presenziò alla transazione fra il presule e suo fratello Marzucco, volta a regolare una pendenza finanziaria risalente al decennio precedente, quando costui aveva prestato una somma di denaro al Comune, e riguardante anche il castello di Piombino.

Nell'estate del 1182 quasi tutta la cerchia famigliare dei Dodi, Gaetani e Gusmari fu coinvolta nell'iniziativa di costruire un nuovo ponte sull'Arno allo sbocco della via di S. Maria (dove appunto si trovavano le loro case e torri), scatenando una sommossa cittadina per l'opposizione delle famiglie che controllavano gli accessi all'unico ponte cittadino esistente. L'episodio è narrato da Salem, figlio e continuatore di Bernardo Maragone, ma nemmeno in quest'occasione il G. è menzionato, giacché il cronista attribuisce il ruolo di capo della "casa" a suo fratello Marzucco (Maragone, p. 73).

Il ritorno del G. al servizio del Comune è testimoniato da un documento genovese del febbraio 1188, contenente il lungo elenco dei cittadini che, unitamente ai propri consoli, giurarono di osservare la tregua fra Genova e Pisa testé stabilita da papa Clemente III. Due anni dopo, Tedice Della Gherardesca conte di Castagneto fu investito dell'ufficio podestarile (mai prima d'allora sperimentato a Pisa) per coordinare la politica cittadina con quella del figlio e successore del Barbarossa, Enrico VI. Il 1° marzo 1191, quando il re dei Romani, a Pisa, rinnovò in favore del Comune il diploma paterno del 1162, nel piccolo e scelto gruppo di nove cittadini menzionati singolarmente come giuranti troviamo - subito dopo Tedice - il Gaetani. Il prestigio goduto dall'ormai anziano G. presso il podestà Tedice è attestato dall'importante missione che costui gli affidò verso la fine dello stesso 1191. Insieme con il giudice Sigerio di Gualfredo Grassi il G. fu inviato presso l'imperatore bizantino Isacco Angelo, il quale, nel febbraio del 1192, concesse ai due ambasciatori un'amplissima crisobolla, nella quale erano riportati per intero i precedenti privilegi nonché le nuove elargizioni accordate. Subito dopo il suo rientro dal lungo viaggio il G. ottenne il suo terzo ufficio consolare: fu di durata insolitamente lunga, certo superiore a un anno solare, visto che egli e i suoi otto colleghi sono attestati in ufficio ancora il 2 febbr. 1194 e i loro successori compaiono solo il 29 marzo 1195. Fra questi ultimi, rimasti in carica fino al settembre 1196, era anche suo figlio, Marzucco (di un altro figlio del G., chiamato anch'egli Ranieri, abbiamo pochissime notizie).

Subito dopo il G. dovette trasferirsi a Firenze come podestà di quel Comune per l'anno 1195: l'identificazione del "Rainerius de Gaitano" in questione con lui non è assolutamente certa, ma è concordemente accettata dagli studiosi, che vedono nella sua podesteria un segno della forte influenza esercitata in quel momento da Enrico VI su Firenze.

Al termine dell'incarico il G. tornò a Pisa, dove riprese a collaborare con Tedice Della Gherardesca, nuovamente podestà di Pisa: il 18 luglio 1198 lo troviamo fra i "senatori" riuniti insieme con costui nella chiesa di S. Pietro in Palude. È questa l'ultima attestazione del G., ricordato come defunto solo in un atto del 4 genn. 1207: in questo arco cronologico si deve collocare la data della sua morte.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Pisa, Diplomatico, S. Lorenzo alla Rivolta, 21 ag. 1174 (1175 stile pisano); Olivetani, 13 ag. 1176 (1177 stile pisano); Opera della Primaziale, 4 genn. 1207; Pisa, Arch. capitolare, Diplomatico, n. 679; B. Maragone, Annales Pisani, a cura di M. Lupo Gentile, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., VI, 2, pp. 22, 25, 28 s., 31 s., 34, 43 s., 53 s., 73 s.; Statuti inediti della città di Pisa dal XII al XIV secolo, a cura di F. Bonaini, I, Firenze 1854, pp. 23-42, 313; Documenti sulle relazioni delle città toscane coll'Oriente cristiano e coi Turchi fino all'anno 1531, Firenze 1879, pp. 40-58, 61, 73; Annali genovesi di Caffaro e dei suoi continuatori, I, a cura di L.T. Belgrano, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], XI, Roma 1890, pp. 71 s.; Constitutiones et acta publica imperatorum et regum, a cura di L. Weiland, in Mon. Germ. Hist., Legum sectioIV, I, Hannoverae 1893, pp. 472-477; Documenti sull'antica costituzione del Comune di Firenze, a cura di P. Santini, Firenze 1898, p. 227; Regestum Volaterranum, a cura di F. Schneider, Roma 1907, pp. 67-69; Codice diplomatico della Repubblica di Genova, a cura di C. Imperiale di Sant'Angelo, II, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], LXXIX, Roma 1938, pp. 321 s.; Regesto della Chiesa di Pisa, a cura di N. Caturegli, Roma 1938, pp. 397, 480 s., 487, 624; Documenti inediti relativi ai rapporti economici tra la Sardegna e Pisa nel Medioevo, a cura di F. Artizzu, I, Padova 1961, pp. 5-7; D. Hägermann, Die Urkunden Erzbischof Christians I. von Mainz als Reichslegat Friedrich Barbarossas in Italien, in Archiv für Diplomatik, XIV (1968), pp. 250-253; M.L. Ceccarelli, Un inedito documento dell'Archivio arcivescovile di Pisa, riguardante il monastero di Monteverdi e i conti di Castagneto (Pisa, 1161 nov. 9), in Boll. stor. pisano, XL-XLI (1971-72), pp. 42-44; Il cartulario di Arnaldo Cumano e Giovanni di Donato (Savona, 1178-1188), a cura di L. Balletto, Roma 1978, pp. 49-54; Friderici I diplomata, a cura di H. Appelt, in Mon. Germ. Hist., Dipl. regum et imper. Germ., X, 2, Hannover 1979, pp. 198-203, 389-392; P. Santini, Studi sull'antica costituzione del Comune di Firenze, in Arch. stor. italiano, s. 5, XXVI (1900), pp. 201-203; G. Rossi Sabatini, Pisa e lo scisma del 1159, in Bollettino storico pisano, II (1933), 2, pp. 7-28; G. Volpe, Studi sulle istituzioni comunali a Pisa, Firenze 1970, pp. 111, 312, 329, 331; C. Sturmann, La "domus" dei Dodi, Gaetani e Gusmari, in Pisa nei secoli XI e XII: formazione e caratteri di una classe di governo, a cura di G. Rossetti, Pisa 1979, pp. 223-336; G. Ciccone - S. Polizzi, "Liburna" e "Planum Portus". Ricerche sul territorio livornese…, in La Canaviglia - Livorno nella storia nella narrativa nell'arte, IV (1984), p. 168; M.L. Ceccarelli Lemut, Nobiltà territoriale e Comune: i conti Della Gherardesca e la città di Pisa (secoli XI-XIII), in Progetti e dinamiche nella società comunale italiana, a cura di R. Bordone - G. Sergi, Napoli 1995, pp. 55-57; D. De Rosa, Alle origini della Repubblica fiorentina. Dai consoli al "Primo Popolo" (1172-1260), Firenze 1995, p. 20.

CATEGORIE